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Full text of "Le Esposizioni del 1911 : Torino, Roma, Firenze"

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I Presidenti delle Esposizioni di Roma e Torino* 



Conte Enrico di San Martino 

Presidente del Comitato Esecutivo dell’Esposizione di Roma. 


Se la scelta degli uomini che devono dirigere ha un’importanza de¬ 
cisiva sull’esito delle imprese, bisogna riconoscere che le due grandi 
esposizioni di Roma e di Torino non potevano essere affidate a migliori 
guidatori, del conte Enrico di San Martino e del senatore 1 omaso \ illa, 
l'uno e l’altro per temperamento, posizione sociale, esperienza, adatta- 
tissimi a dare vigoroso impulso a cosi complesse iniziative. 

Il conte Enrico di San Martino, di antichissima illustre famiglia si¬ 
ciliana, sebbene poco più che quarantenne, è da anni l’anima delle grandi 
esposizioni di belle arti che si tengono a Roma; a tutte le grandi ma¬ 
nifestazioni artistiche è mecenate; ha rappresentato più volte all’estero 
degnamente l’Italia nella organizzazione di speciali esposizioni; artisti 
d’ogni scuola, interessi artistici d’ogni specie, pel teatro lirico come pel 
drammatico, lo hanno avuto propugnatore e patrocinatore generoso, illu¬ 
minato efficace, e la grande Esposizione di Roma, dedicata prevalenti- 
vamente a tutte le svariate e più alte manifestazioni d’arte, ha in dui 


il presidente naturale, designato per i suoi gusti, la sua cultura, le sue 
attitudini c la sua esperienza. Egli ha sposata recentemente a Parigi una 
bella e distintissima dama. 

Il senatore I omaso Villa, antico giornalista battagliero, avvocato 
eminente, uomo politico, educatosi alla scuola di Angelo Brofferio, di 
cui sposò la figlia, salito nel parlamento e nel governo ai sommi gradi, 
emerse sempre come spirito vigorosamente organizzatore nelle grandi 
esposizioni susseguitesi con prospera fortuna in Torino, e nella orga¬ 
nizzazione delle sezioni italiane nelle grandi esposizioni internazionali 
all’estero. La sua scelta come presidente del Comitato esecutivo del- 
1 Esposizione Internazionale in 1 orino avvenne per acclamazione. Torino 
ha piena coscienza delle proprie forze, ma non è esagerazione dire che 
sull’entusiasmo col quale fu deliberata tre anni or sono la grande ini¬ 
ziativa che ora si esplica, influì per un tanto il poter dire: abbiamo 
l'omaso Villa che ci condurrà, come sempre, al successo!... 



Senatore Tomaso Villa 

Presidente del Comitato Esecutivo dell’Esposizione di Torino. 





































































































































2 


LE ESPOSIZIONI DEL 191 t 





COME NACQUE 

L'ESPOSIZIONE di ROMA 




wvrvnffwisi 



i 



L’idea di celebrare con una grande Esposizione internazionale in 
Roma il cinquantesimo anniversario della proclamazione del Regno 
d’Italia era corsa per i giornali più volte, a lunghi interval 1, assai puma 
che se ne parlasse ufficialmente in Campidoglio. Ma — diciamolo pine 

— non aveva suscitato eccessivi entusiasmi. 

Roma, in generale, non è città di grandi iniziative : ne 1 Romani si 
accendono facilmente per imprese ardue, di complicata attuazione, e la 
cui buona riuscita dipende da una preparazione lunga e laboriosa e da 
energie multiple e assidue e sopra 
tutto — per ripetere una parola che 
ha avuto il suo momento di fortuna 

— lungimiranti. 

Nè in verità si potrebbe farne 
giustamente rimprovero ai cittadini 
dell’Urbe. Essi hanno per tradizione 
atavica ben lucido e chiaro il senti¬ 
mento dell’ammirazione universale 
che la loro città suscita soltanto 
col nome gloriosissimo, in tutto il 
mondo : nè vedono che ci sia opera 
o industria di uomini moderni che 
valga a rendere questa ammirazione 
o più intensa o maggiore. Essi san¬ 
no e sentono e ripetono volentieri 
che il Campidoglio e San Pietro 
sono per gli stranieri tali meravi¬ 
gliose attrattive che è vano pensare 
di aggiungerne altre — quali che 
sieno — per rinforzar quelle: e non 
amano di farlo nè di tentarlo. Di 
tanti nobili e magnanimi versi con 
cui il Poeta civile della terra Italia 
ha celebrato Roma, questo, forse, 
più che ogni altro i Romani hanno 
apprezzato : 

Chi le farfalle cerca sotto l’arco di Tito? 

O sia, chi può pensare a pic¬ 
cole cose moderne entro la cinta 
dei sette colli? 

Cosi che l’idea di celebrare con 
qualche cosa di visibile e di tan¬ 
gibile la data memoranda acquistò 
favore solo quando fu attribuito 
ad essa un significato politico; (pian¬ 
do abbandonato, o almeno messo 
in seconda linea, il proposito di 
far delle feste, grandiose sin che 
si vuole, per chiamar gente, si pro¬ 
clamò che degna cosa era soltanto 
quella di dare alla commemora¬ 
zione un significato civile e patriot¬ 
tico. 

Allora soltanto Roma compre¬ 
se e approvò l’idea dell’Esposizio¬ 
ne: la quale si volle che fosse non 
un’ impresa che si proponesse un 
qualsiasi scopo di pratica utilità o 

privata o pubblica, ma una festa nazionale con cui l’Italia celebra so¬ 
lennemente la più gloriosa delle sue date politiche. 


E nell’autunno del 1900, essendo sindaco il senatore Cruciani Ali- 



Erxesto Nathan, Sindaco di Roma. 



zione diceva: 


Il Consiglio Comunale di Roma, memore della data solenne in cui il primo Par¬ 
lamento italiano convertendo in legge il grido d’entusiasmo nazionale, proclamava il 
Regno d’Italia con Roma capitale; 

delibera di celebrare con adeguata solennità il 5o.° anniversario di quella data, 
che ricorrerà nella primavera del 1911 ; invita l’onorevole sindaco a fare le opportune 
premure presso il (>o\eino del Re perchè sia assicurata nella fausta ricorrenza, l’inau¬ 
gurazione del gran monumento che la riconoscenza nazionale ha decretato al Padre 
della latria sul Campidoglio, ed a costituire e presiedere un Comitato di eletti cittadini 
al fine di avvisare tempestivamente alle modalità e ai mezzi per la celebrazione deli¬ 
berata ; 

“stanzia una somma a cominciare dall’esercizio corrente, quale contributo della 
citt*i di Koina nelle spese occorrenti alle solenni manifestazioni. 

. ^ questa, mozione non si parlava ancora esplicitamente di Esposi¬ 

zione. Ma 1 idea^ di celebiaie la data solenne con una serie di grandi 
mostre nazionali ed internazionali cominciava a farsi strada nelle con- 
v ci sazioni pri\ate nei ciocchi politici e più clic tutto nella stampa: ond’è 
che quando, sei mesi dopo, e cioè il 5 febbraio 1906 la mozione fu di¬ 
scussa in Consiglio comunale, 1 idea dell’Esposizione parve così ma¬ 
ttila da non meritar piu discussione. E poiché in quella sera il Con¬ 


siglio Comunale di Roma seppe non essere inferiore alla nobiltà del¬ 
l’argomento, e le parole furono degne del luogo in cui erano pronun¬ 
ciate, vale la pena di riferire le parole con cui il consigliere Trompeo, 
a nome dei suoi colleglli, propose la grande Esposizione del J911 
in Roma. 

" La universalità dei consensi sull’opportunità della solenne commemorazione cin¬ 
quantenaria dei memorandi avvenimenti nazionali nella storica primavera del 1861, ha 
perfetto riscontro nella unanimità dei sentimenti convergenti all’idea nazionale, che 

moveva gli eminenti uomini d’ogni parte 
d’Italia convenuti in Torino, e che hanno 
preluso ai detti avvenimenti o li hanno 
compiuti. 

“ Ed è debito di gratitudine ricordare 
qui sul Campidoglio alla vigilia del cinquan¬ 
tenario, la classica ovazione pronunziata da 
Riccardo Sinco l’8 ottobre 1860 in una 
delle ultime sedute di quel glorioso Par¬ 
lamento subalpino, che stava per trasfor¬ 
marsi in primo Parlamento italiano, quando 
a proposito del progetto di legge sull’an¬ 
nessione di nuove provincie, esordiva escla¬ 
mando : E dato agli uomini dei tempi 
nostri di assistere al più grande al più 
sublime fenomeno sociale che la Storia 
abbia mai potuto registrare. Sollevato il 
marmo che copriva il suo avello, l’Italia 
risorge colla sua aureola di sapienza e di 
gloria, innalzando quella face che sparse 
sul mondo intero così vividi raggi di luce. 
E concludeva dicendo: Vi sono delle ve¬ 
rità nell’ordine morale come nell’ordine 
fisico che non hanno bisogno di dimostra¬ 
zione. Tale è l’unità nazionale. A questa 
verità non solo l’Italia ha dichiarato di 
assentire, ma a quest’ora ha assentito 
l’Europa intiera. 

“ Ed è debito di gratitudine ricordare la 
esecuzione così eloquente nella sua sem¬ 
plice espressione data da Camillo Cavour 
al detto voto, quando pochi mesi dopo, 
durante la prima legislatura del primo 
Parlamento italiano, il 14 marzo i86r, 
presentava il famoso progetto di legge, o 
sìa un articolo così concepito: Il Re lit¬ 
torio Emanuele II assume ptr se e per i 
suoi successori il titolo di Re d'Italia; pro¬ 
getto di legge che il Parlamento italiano 
votava alla unanimità dicendo colle parole 
del venerando Giorgini, glorioso superstite 
della gloriosissima falange, che in lai modo 
si convertiva in legge un grido di entu¬ 
siasmo nazionale. 

“ Ed è anche debito di gratitudine ri¬ 
cordare oggi sul Campidoglio clic Camillo 
Cavour, pochi giorni dopo quella memoran¬ 
da ed unanime votazione, il 27 marzo dello 
stesso anno 186r, rispondendo all’Audinot 
al Boncompagni al Bixio al Pepoli e ad al¬ 
tri eminenti parlamentari che volevano l’af¬ 
fermazione su Roma Capitale naturale del 
nuovo Regno, diceva : Ho detto, 0 signori, 
e affermo ancora una volta che Roma, 
Roma sola deve essere la Capitale d’Italia. 
E la Camera a immensa maggioranza vo¬ 
tava l’affermazione su Roma Capitale, 
intiera per mezzo di innumerevoli rappre- 
del 1898, quando la vecchia e gloriosa 


“ E devesi ancora ricordare che l’Italia 
sentanze riunita in dorino nella primavera 

Capitale subalpina commemorava il cinquantenario dello Statuto, acclamava con indicibile 
entusiasmo la rappresentanza di Roma, quando questa si presentò reverente sotto la 
storica loggia, dalla quale fu promulgato lo Statuto e fu bandita la guerra dell’Indi¬ 
pendenza. 

In quel giorno al rappresentante di Roma sorse l’idea di proporre per il 1911 
la solennità di cui si tratta : e di qui ha origine questa mozione. , 

La quale dopo eloquenti discorsi di altri consiglieri fu approvata a 
grandissima maggioranza. 

\ olle poi anche il municipio di I orino accogliere il medesimo pro¬ 
posito, portando un significativo contributo, e quasi il necessario com¬ 
pletamento, all’ idea che era partita dal Campidoglio. 

Le due città infatti sono unite indissolubilmente nella storia nuova 
della Grande Patria comune: ciò clic nell’una politicamente si inizia con 
mirabile virtù di prudenza e di ardimento, nell’altra si compie tra for¬ 
tuna di eventi e sapienza di popolo. 


h issato concordemente il proposito, nessun modo parve per attuarlo 
più degno che quello di indire delle grandi Esposizioni, le quali riassu¬ 
messero, quasi documentandolo, il cammino fecondo percorso dall’Italia 
nello spazio di tempo in cui essa è ridiventata una Nazione. 

Lnico dunque era lo scopo, e unica la meta; ma nettamente sepa¬ 
rata doveva essere 1 opera, perchè all’iniziativa felicemente rispondesse 
1 effetto. E parve logico che a dorino spettasse di accogliere la prova 
del progresso compiuto nelle industrie : a Roma di preparare e di ban- 





































































A Roma procedono attivamente i lavori per la grande Esposizione internazionale del 1911, 
nei due cantieri di Piazza d’Armi e Villa Cartoni. Oltre 25 oo operai lavorano alla costruzione 
dei padiglioni, dei chiostri, delle passarelle, che dovranno, a lavori compiuti, produrre l’ef¬ 
fetto di una nuova città. Piazza d’Armi, ove sorgeranno le mostre Etnografica e Regionale, è 


ormai tutta una selva di pali e di legname, intersecata dai piccoli treni pel trasporto dei 
materiali. Dall’alto dell'ingresso monumentale, che sale a 40 m., si può abbracciare tutta l’esten¬ 
sione dei lavori: il Poro delle Regioni, la Galleria delle Feste, i Padiglioni regionali, e in 
fondo le prime costruzioni della Mostra Etnografica. Un insieme di lavori grandioso e nuovo. 


OJ 


LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 11 





































































































































4 


LE ESPOSIZIONI DEL 19 11 


dire, più che una Esposizione, una grande festa 
dell’arte, anzi di tutte le arti : poiché tutte ugual¬ 
mente a traverso i secoli, hanno tratto da Roma 
esempio inspirazione e conforto. I Sindaci di 
Roma e di Torino pubblicarono, il i 5 gennaio 
1908, il seguente manifesto: 

Italiani ! 

11 27 Marzo 1861 c data tra In più memorande nella 
vita della Patria nostra. 

La terza Italia, nella balda sicurezza dei suoi fati, nel¬ 
l’audacia d’ineluttabile volontà, di fronte al Mondo intero, 
per bocca dei suoi rappresentanti solennemente affermava 
l’essere suo, l’unità sua, con a capo Roma, la Città Eterna 
culla della sua civiltà, centro e cuore dei suoi nuovi 
destini. 

Gompironsi i fatti ; e il cinquantenario del memorabile 
giorno ya degnamente celebrato, perchè 1 ’ Italia dell’oggi 
renda omaggio ai precursori e s’affermi quale essa è in 
cospetto della civiltà. 

Nò doveva nè poteva compiersi la solenne afiermazione 
d’italianità senza unire, nel pensiero e nell'azione, il pas¬ 
sato e il presente, la capitale d’allora — Torino — quella 
d’oggi — Roma — insieme congiunte per commemorare 
i fasti consegnati alla storia, e trarne gli auspici per l’av¬ 
venire. 


E Roma e Torino nell’intento affratellate, simbolo e 
affermazione della Patria unita, si accingono ad illustrare 
nel 19'i la fausta data, segnalando alle novelle genera¬ 
zioni il cammino che il Paese percorse dal giorno in cui 
il Parlamento subalpino lo proclamò ricomposto ad unita 
di Nazione. 

Alla metropoli del forte cd industre Piemonte racco¬ 
gliere in una Esposizione Internazionale industriale le ma¬ 
nifestazioni varie della attività economica: a Roma, faro 
del pensiero italiano, riassumere con le esposizioni pa¬ 
triottiche, storiche, artistiche, il concetto che a quelle at¬ 
tività economiche presiedette, armonizzandole con la pro¬ 
sperità e con il progresso della Nazione. 

Alla festa commemorativa e patriottica le due città so¬ 
relle associeranno i popoli, che s’inoltrano sulla via delia 
civiltà umana, si che i concorrenti ed emuli della gaia 
pacifica e feconda delle scienze, delle arti c delle industrie, 
siano essi stessi partecipi e spettatori dei fastigi della Na¬ 
zione risorta. 

In nome dell’Italia, della sua risurrezione ad una terza 
civiltà, sicuri dei destini nazionali, memori della via per¬ 
corsa, invitiamo gli Italiani, invitiamo il con-orzio delle 
genti civili a commemorare, nel 1911, a Roma ed a 1 o- 
rino, il cinquantenario del 27 marzo 1861. 

I Sindaci 

E. Nathan - S. Frola 


Il disegno generale delle Mostre e delle feste 
di Roma fu in breve compilato; nè vi furono 
poi apportate modificazioni sostanziali. 

Esso fu ed è quale verremo ora brevemente 
e sinteticamente esponendo. 

ARTE MODERNA. 

Esposizione Internazionale. 

Nessuna critica, certo, può esser mossa al 
proposito di indire a Roma una mostra inter¬ 
nazionale dell’arte moderna. Roma non è sol¬ 
tanto, infatti la Capitale politica d’Italia: ma è 
anche la meta eterna degli studi delle aspira¬ 
zioni e dei desideri per gli artisti di tutto il 
mondo. L’Esposizione internazionale di Belle 
Arti sarà disposta entro un edificio che, secondo 
il disegno espressamente compiuto dall’archi¬ 
tetto Bazzani, è già costruito in un’area pros¬ 
sima alla Villa Borghese. 

E comprenderà Sale internazionali, Sale ita¬ 
liane e Padiglioni speciali : e sarà disciplinata 
da uno speciale Regolamento ; le sono assegnate 
200,000 lire di premi. 



Roma. 


Esposizione d’Architettura. - La casa moderna. 

Un concetto essenzialmente pratico ha presie¬ 
duto all’ordinamento di questa Esposizione. Si 
è voluto richiamar l’attenzione degli architetti 
di tutto il mondo sul grave problema che affa¬ 
tica — fra tanti — la nostra civiltà: quello del 
tipo della “ Casa-moderna „ : una Casa che, ne¬ 
cessariamente, dev’essere modesta, ma deve of¬ 
frire e riunire in sé tutti i comodi che le nostre 
civili abitudini rendono ormai non solo deside¬ 
rabili ma indispensabili; c tutto ciò, senza che 
in essa manchi un raggio di quella bellezza ar¬ 
tistica, che i nostri Padri non vollero mai esu¬ 
lasse dalle loro costruzioni. 

Questa Mostra, che deve rispondere a criteri 
praticamente utili, sarà divisa in Concorso in¬ 
ternazionale e Concorso nazionale. 

Concorso Internazionale. 

Gli architetti e i costruttori stranieri sono 
invitati a dar saggi di un villino moderno, che 
sostituisca alla ricca grandiosità delle nostre 
ville antiche, la grazia e l’eleganza di un signo¬ 
rile edifizio moderno, in cui possano trovar li¬ 
bera facile e pratica esplicazione tutti gli agi 
della vita moderna. E poiché il luogo ove sor¬ 
gerà la Mostra, il terreno adiacente alla Villa 
Borghese, si presta meravigliosamente col suo 


Come sarà il Padiglione delle Feste in Piazza 


magnifico sfondo, a costruzioni di piena bellezza, 
è lecito pensare che questa Mostra riunirà una 
serie di villini veramente interessanti, e sarà 
una delle più grandi attrattive dell’Esposizione 
romana. 

Concorso Nazionale. 

Questo mira alla costruzione della “ Casa „ 
propriamente detta, e, in modo particolare, alla 
Casa moderna da costruirsi a Roma. Perciò il 
concorso è bandito per tre tipi: la casa di lusso, 
quella di speculazione o d’affitto e la casa ope¬ 
raia. Questi edifìci sorgeranno nella grande area 
della Piazza d’armi, alla quale recentemente fu 
esteso il nuovo piano regolatore della città di 
Roma. 

Da questo concorso il Comitato spera otte¬ 
nere risultati assai utili all’edilizia romana. 

Lna grande mutazione sta infatti avvenendo, 
sotto gli occhi nostri, nel modo di concepire, sia 
esteticamente che praticamente, “ l’abitazione „. 
11 diffondersi e il progredire dell’ igiene e le 
nuove norme della scienza e dell’educazione 
non possono non esercitare una influenza note¬ 
volissima sull’arte costruttiva, la quale deve pur 
corrispondere a questa somma di nuove esi¬ 
genze ed uscirne a sua volta o rinnovata o 
trasformata. 

L’Italia fino ad ora non è all’ avanguardia di 


d’Ar.mi, 


questa rinnovazione o trasformazione: altre na¬ 
zioni, forse perchè meno preoccupate dai glo¬ 
riosi monumenti del passato, l’hanno pressoché 
compiuta. Era dunque utile darne un solenne 
saggio in Italia: e non è troppo audace pensare 
che l’emulazione e il desiderio di trionfare in¬ 
nanzi al grande pubblico che si adunerà nella 
Capitale in occasione delle feste del .1911, ci 
mostrino una “ Casa moderna „ quale ò nelle 
aspirazioni pratiche ed artistiche del nostro 
popolo. 

ESPOSIZIONI 
DAR T E R E T R O S P E T TI VA. 

La Mostra Archeologica. 

Un’Esposizione di questo genere non poteva 
mancare a Roma: nè a diminuire l’importanza 
può valere il fatto che dell’arte antica Roma c 
già una magnifica Esposizione permanente. Sarà 
infatti cosa di sommo interesse per il visitatore 
trovare riunite e disposte con rigorosi criteri 
scientifici, insigni collezioni di cose antiche e 
nuoye e pratiche illustrazioni del meraviglioso 
patrimonio archeologico che a Roma fa capo e 
che dalla insigne città trae forza e consistenza. 

La Mostra archeologica ha sede — nè po¬ 
trebbe averla più degna — nelle Terme Dio- 




























LE ESPOSIZIONI DEL i 9 ii 


m 

D 



Roma. — I lavori dell’Esposizione 


FOTOGRAFATI DAL DIRIGIBILE MILITARE. - La Pi AZZA d'ArMI E 1 PADIGLIONI IN COSTRUZIONE. 


cìezianc, finalmente liberate dalle sconce super¬ 
fetazioni con cui secoli tristi le avevano deturpate. 
Primo e imponentissimo nucleo di questa Mo¬ 
stra sarà il geniale contributo delle antiche 
Provincie dell’Impero alla Madre" Roma. In ogni 
Provincia sono stati scelti quei monumenti archi- 
tettonici o figurati che maggiormente portano 
l’impronta del Genio romano, o meglio attestano 
il vigore della grande civiltà che esso ha dif¬ 
fuso in tutto il mondo. Questi monumenti sa¬ 
ranno riprodotti in calchi e disegni apposita¬ 
mente eseguiti da archeologi e da artisti, e i accen¬ 
neranno praticamente, pur entro ai brevi confini 
in cui dovranno esser contenuti, alla smisurata 
estensione di spazio su cui imperarono glorio¬ 
samente le aquile romane. 

Dalla Provincia Asia all’Hispania, dalla Mau- 
retania aH'Illirica, tutti i paesi in cui si atten¬ 
darono vittoriosi i castra dei romani saranno 
chiamati a dare il loro contributo : e così ac¬ 
canto alla rozza arte dei legionari nel 'Propalimi 
di Adomklissi risplenderà quella raffinata dei 
sepolcri della Provenza; accanto agli avanzi 
del Monumentimi Ancyrannm figureranno le in¬ 
scrizioni dedicatorie alla Dea Roma, sparse per 
tutto il mondo antico. 

Le sale delle diverse Provincie costituiranno 
come una cornice intorno alla Sala di Roma, 
in cui saranno raccolte le riproduzioni di pitture 
di sculture di gemme di monete in cui appaiono 
i miti particolari dell’Urbe, e che mostreranno 
come nella Mitologia e nella Storia, si sia for¬ 
mato il concetto della divinità di Roma. 

Ma dovrà inoltre questa Esposizione signifi¬ 
care l’operosa e multiforme energià che gli ar¬ 
cheologi italiani hanno spiegata in patria e fuori, 
dovunque li abbia tratti l’amore della scienza. 
Si avrà perciò una Sala destinata agii scavi che 
gli archeologi italiani hanno, col plauso di tutto 
il mondo civile, diretti a Creta, e una Sala per 
gli scavi compiuti nell’Eritrea. 

In questa saranno raccolti i risultati degli 
scavi fatti nel luogo dell’antica Adulis; in quella 
i documenti della civiltà preellenica tornati alla 
luce nei Palazzi di Festos e di I Iaghia Triada, 
e i documenti della civiltà classica di Gortyna 
e di Prinia. 

Un posto importante terranno anche nella 
Mostra le riproduzioni, scientificamente severe, 


di alcuni fra i più cospicui monumenti classici 
dei quali ci restano solo meravigliosi frammenti: 
tra questi saranno l’Ara di Domizio Enobarbo, 
il Frontone dei Niobidi negli Orti sallustiani, e 
fra tutti eccelsa, l’Ara. 

Museo di Topografia Romana. 

Sarà una Paccolta pazientemente tratta dalle 
biblioteche pubbliche e private e scientifica- 
mente ordinata di tutti i documenti grafici della 
città attraverso i vari periodi della sua magni¬ 
fica storia. Le vicende della sua trasformazione 
edilizia sono ricordate e rese tangibili da stampe 
da incisioni da disegni da fotografie da quadri : 
come, nei secoli, sia mutata la sua topogra¬ 
fia, quali monumenti sieno scomparsi, o sieno 
stati trasportati altrove, o sieno stati modifi¬ 
cati, tutto ciò che finora è noto, e solo par¬ 
zialmente, a pochi studiosi, sarà invece materia 
d’una completa e certo popolarissima Mostra. 
Anche questo Museo avrà la sua sede in Castel 
Sant’Angelo. 

Medio Evo, Rinascimento, Settecento. 

La grande Città che dopo qualche secolo [di 
decadenza, intorno al mille, tornò a fiorire di 
potenza e di gloria attrasse sempre, da tutto il 
mondo, gli artisti più eletti: così che l’arte 
nelle sue molteplici manifestazioni ebbe qui una 
continuità non turbata. Ecco la ragione di que¬ 
ste tre Mostre speciali: del Medioevo, del Rina¬ 
scimento e del Settecento. 

Era facile, a queste Mostre, fare una critica 
aprioristica: non si sarebbe dunque tatto una 
specie di imperfetto duplicato delle nostre Gal¬ 
lerie pubbliche e private? L’obbiezione fu sin 
da principio preveduta: ma in verità, dato il 
concetto ordinatore di queste Mostre, essa non 
regge. Lo scopo di queste Mostre non è quello 
di esporre le singole opere d’arte che apparten¬ 
gono ai tre periodi: ma è quello di ricostruirne, 
per quanto è possibile, l’ambiente. Se, per esem¬ 
pio, si sarà ottenuto di ricostruire, anche in 
parte, uno dei grandi Palazzi del Patriziato ro¬ 
mano nel medioevo, di farla rivivere questa 
epoca straordinaria, piena di fasto e di miserie, 
nei mobili nelle armi nei quadri nelle sculture 
nella decorazione negli arazzi nell’insieme gran¬ 


dioso e nei particolari suoi* più squisiti, si ot¬ 
terrà certo [un successo di curiosità che nè 
meno sarà privo di interesse scientifico.. 

Così per il Settecento: c si vedrà senza 
uscire dal Castel Sant’Angelo come le miniature 
soppiantassero le grandi tele, e le finissime ce¬ 
ramiche, le statue; e i bastoncini e i ventagli, 
le lande e le spade; e i panciotti adorni di 
pizzi, le maglie d’acciaio: e come ai freddi 
grandi ambienti severi, tappezzati di cuoio, si 
sostituissero le eleganti camerette piene di bi- 
belots, nelle quali le nostre avole incipriate pre¬ 
siedevano gaie conversazioni e, tenendo colle 
dita ingemmate la tabacchiera d’oro, si facevano 
corteggiare dagli abatini. 


Pittura, Scultura e Architettura 
nei cinquant’ anni. 

Ma anche la storia quasi contemporanea ha i 
suoi diritti, e un’Esposizione d’arte retrospettiva 
doveva pur tener conto di questo periodo, po¬ 
liticamente un po’ tumultuoso, che è corso 
dal ’6o sino ad oggi. Bisognava pure mostrare 
in una specie di ordinata sintesi ciò che i più 
forti e geniali artisti hanno prodotto nell’ultima 
metà del secolo XIX, quasi a festeggiare la Ri¬ 
nascenza civile della Patria. A questa singolare 
Mostra che sarà ordinata, come in sede sua 
propria, nel Palazzo delle Belle Arti, saranno 
però ammesse soltanto opere le quali di pien 
diritto e per universale consenso appartengono 
ormai alla storia della pittura della scultura e 
dell’architettura nei cinquantanni trascorsi dalla 
proclamazione del Regno d’Italia. 

Delle altre Mostre dirò nel prossimo fasci¬ 
colo. È 

Arturo Calza. 



FERNET-BRANCA 1 

\ 

SPECIALITÀ DEI 

LgL / 

FRATELLI BRANCA - MILANO 


Amaro tonico , corroborante , digestivo. 


(marciarsi dulie contraffazioni. 







































6 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


I PADIGLIONI DELLE 


REGIONI ITALIANE ALL’ESPOSIZIONE DI 


ROMA. 




COSTRUZIONI CARATTERISTICHE DI ASSISI E ORVIETO 



CASA COLONICA TOSCANA (LUCCHESE) 



FABBRICA DI MAIOLICHE FAENTINE 





PADIGLIONE DELLA PESCA E ACQUARIO 



L’ ACQUARI 0 dettaglio) 


mostra ETNOGRAFICA (orvieto) 


Lo STATO ATTUALE DEI LAVORI 


(fot, A. Gattoni), 

































































LE ESPOSIZIONI DEI 


i 9 i i 


7 


I LAVORI PER IL MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE II IN ROMA. 



Gli operai montano la colossale statua equestre di bronzo del grande Re, ideata dal Chiaradia, compiuta dal Gallori, da inaugurarsi nel 191 i 

(Disegno di Aido Mo'.inari.) 



























































































LA PLANIM 


ETRIA GENERALE DELLE ESPOSIZIONI DELL' INDUSTRIA E DEL LAVORO A TORINO 

(Scala i a 5 500). 


UN MILIONE 
di mq. 
di superfìcie. 

ffS 






280 000 

mq. di area 
coperta. 





1. Ingresso principale. 

2. Arte applicata all’Industria. 

3 . Città moderna. 

4. Palazzi dol a Moda. 

5 . Ungheria. 

6. Colonie francesi. 

7. Ristoranti c padiglioni diversi. 


8. Orto botanico della R. Università. 

9. Castello del Valentino (R. Politec¬ 

nico). 

io. Istrumenti di precisione, 
ri. Ingresso secondario. 

12. Ristoranti e padiglioni diversi. 

1 3 . Insegnamento professionale. 


14. Strumenti musicali. 

1 5 . Sala delle feste. 

16. Elettricità. 

17. Ingresso secondario c monumento al 

Principe Amedeo. 

18. Galleria delle macchine in azione. 

19. Giornale ed Arte della Stampa. 


20. Inghilterra. 

21. Colonie inglesi. 

22. Borgo c Castello medioevale. 

23 . India. 

24. Sottopassaggio al corso Dante. 
25 Ingresso secondario. 


27. Ristorante popolare. 

28. Ministero uiei Lavori Pubblici. 

29. Locomozione. 

3 0. Materiale ferroviario. 

31. Ponte provvisorio sul Po. 

32 . Scalo dei canotti automobili. 

33 . Industrie manifatturiere. 


34. Agricoltura e macchine agrarie. 

35 . Guerra e marina. 

36 . Italiani all’estero. 

37. Ingresso secondario. 

38 . Siam. 

39. Passerella sul Po. 

40. Germania. 


41. Scalea d’accesso al Ponte nionu- 46. 

mentale. 47- 

42. Ponte monumentale sul Po. 48. 

43. Gran fontana monumentale sulla 49. 

collina. 5 o. 

44. Francia. 5 i. 

45. Belgio. 


Brasile. 

America Latina (Uruguay, Equatore). 
Repubblica Argentina. 

Ingresso secondario. 

Passerella sul Po. 

Stazione arrivo merci. 



11 palazzo della Francia, sulla riva destra del Po. 



11 palazzo della Germania; 


;ulla riva destra del Po. 



11 palazzo del Belgio, sulla riva destra del 1 o. 


Costruzioni più avanzate ne l 


l’£ S P O S 1 Z I O X E D I Torino (fot. X. Pomari). 






































































































































































































































































IO 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



deir Esposizione di Torino 


origini 


In fatto di esposizioni d orino ha belle e felici tradizioni. Senza risa¬ 
lire alle mostre delle industrie subalpine, attuate fino da quando, sotto 
re Carlo Alberto, Torino non era che la capitale del piccolo Piemonte; 
basta ricordare la prima sua esposizione artistica del 1880; la gran 
mostra nazionale del 1894; l'altra pure nazionale del 1898 e quella inter¬ 
nazionale di arte decorativa moderna, tenuta nel 1902, la prima del ge¬ 
nere in Italia, per noverare altret¬ 
tanti completi successi, di cui To¬ 
rino è giustamente altera. Cosi, era 
ben naturale che la patriottica città, 
accingendosi a celebrare il cinquan¬ 
tesimo anniversario della proclama¬ 
zione del Regno d’Italia con Roma 
Capitale, pensasse ad indire una 
grande esposizione internazionale, 
nella quale si rinnovassero, in più 
vaste proporzioni, i successi di quel¬ 
le anteriori. 

I giornalisti L’idea prima di 
questa nuova espo¬ 
sizione cominciò a germogliare in 
Torino nel 1900, i giornalisti tori¬ 
nesi avendo deliberato di festeg¬ 
giare il centenario della nascita di 
Cavour, nel 1910, con una mostra 
del giornale. Poi il progetto si al¬ 
largò, sul finire del 1906, dopo che 
Milano aveva appena chiusa, con 
buoni risultati, la sua esposizione 
internazionale dei trasposti; e dopo 
un breve periodo di incubazione, 
l’idea venne effettivamente concre¬ 
tata in una memorabile riunione di 
cittadini tenuta in Torino la sera 
del 14 febbraio 1907. 

Tutti i presenti — che erano 
quanto di più scelto e benemerito 
novera la Capitale Subalpina nella 
politica, nell’industria, nei commer¬ 
ci, nel patriziato, nel mondo banca¬ 
rio, nella classe degli artisti, dei 
professionisti e della stampa — de¬ 
liberarono con entusiasmo di co¬ 
stituirsi in Comitato Generale per 
organizzare una esposizione inter¬ 
nazionale, da tenersi in Torino dal¬ 
l’aprile al novembre del 1911. 

A Presidente di 
11 Comitato quel numeroso Co¬ 
generale mi tato generale 
venne acclamato il 
senatore Secondo Frola, che era al¬ 
lora sindaco, operosissimo, di To¬ 
rino; ed alla carica di vice-presi¬ 
denti furono chiamati i quattro ex- 
sindaci, per tanti titoli benemeriti, 
senatori Rignon, di Sambuy, Casana 
e Ladini Confalonieri. 

La deliberazione della elettissima assemblea fu immediatamente co¬ 
municata a Sua Maestà il Re, che, formulando gli auguri più espressivi, 
accettò l’alto patronato dell’Esposizione. 

11 senatore Frola ebbe dall'assemblea l’incarico di provvedere a co¬ 
stituire la Commissione Esecutiva, la quale tu immediatamente compo¬ 
sta così : 

Tomaso Villa, presidente; Antonio Inanelli, Enrico Boyer, Delfino Orsi, Teolìlo 
Rossi, vicepresidenti ; Giacomo Albertini, Ferdinando Bocca, Edoardo Rossi, Riccardo 
Brayda, Emanuele Cara predon d’Albareto, Riccardo Cattaneo, Alberto Canvin, Emanuele 
Costa di Poionghera, Edoardo Daneo, t esare Ferrerò di Cambiano, Paolo Gazzelli Brucco, 
Ignazio Marsengo Bastìa, Felice Panie, Giovanni Sacheri, Lodovico Scarfiotti, Vittorio 
Sclopis. 

Tutti nomi chiarissimi nella storia o nella attività contemporanea 
del Piemonte, tutti uomini validamente esperimentati alla vita pubblica, 
nelle industrie, nelle amministrazioni locali, e con alla testa Tomaso Villa, 
un veterano delle battaglie vittoriose che l’industria italiana ha combattute 
in Torino, in Italia e all’estero sui laboriosi campi delle Esposizioni. 

La Commissione Esecutiva non perdeva tempo; co¬ 
ll primo appello stituivasi immediatamente, e già il 4 marzo 1907 

diramava questo patriottico appello: 

Egregio Signore. 

" Ne' giorno memorando del 27 marzo i86r, acclamata dal plauso unanime delle 
Camere legislative, si levava dall’antica Reggia di Torino la voce poderosa di Vittorio 
Emanuele 11 a proclamare in faccia al mondo l’avvento dell’Unità Nazionale e per essa 


la risurrezione di un popolo che dopo di aver lasciate impresse nella storia orme prò 
fonde della sua grandezza, giaceva da secoli avvilito c travolto fra le vaste sue rovine. 

“ All’atto solenne — che il Conte Camillo di Cavour, nella viva esultanza del 
conseguito trimfo potè chiamare un irrido di entusiasmo convcrtito in legge — seguiva 
pochi giorni dopo la proclamazione di Roma a capitale del nuovo Regno. 

“Da quel giorno l’Italia ebbe a trovare nel vincolo della solidarietà nazionale tutto 
il tesoro delle rinascenti energie, ed anche in mezzo ai duri sagrifìci ed alle amarezze 

profonde che ebbe a subire per il consoli¬ 
damento della conquistata libertà, non fallì 
mai alla fede che l’aveva sorretta nei più 
fieri cimenti ed alla promessa di voler essere 
messaggera di pace e di civiltà. 

“ Roma e Torino unite in un amplesso 
fraterno, si accingono ora a celebrare nella 
esultanza concorde di tutte le Provincie Ita¬ 
liane la ricorrenza cinquantenaria di quella, 
che sarà per sempre la data più gloriosa 
della loro storia, e pensano che nessun’al- 
tra manifestazione possa essere piti degna e 
rispondente alla loro idealità, quanto quella 
che si concreta in una rassegna generale 
dei prodotti dell’arte, dell’industria e del 
lavoro, alla quale, come già nel recente ma¬ 
gnifico convegno di Milano, abbiano a con¬ 
correre con affettuoso interesse anche gli 
stranieri ed alla quale le due città diano 
accoglienza ospitale, ciascuna per la parte 
che meglio si convenga al carattere delle 
sue tradizioni. A Roma quindi la parte ar- 
fstica ed archeologica, a Torino quella delle 
industrie e del lavoro. 

" Chiamati ora n fi, dal voto dei 110- 
>tri Concittadini e sotto gli auspici della 
Rappresentanza Comunale, all’ordinamento 
ed alla direzione dell'Esposizione ln erna- 
zionale delle industrie e del lavoro che avrà 
luogo in Torino nel 1911, sentiamo di do¬ 
ver rivolgere la nostra prima parola a tutti 
i Comuni Italiani, a tutti gli Istituti scien¬ 
tifici, a tutte le Società economiche, a tutte 
le Assoc azioni industriali ed operaie, alle 
Camere di Commercio, ai Comizi Agrari, 
ad ogni espressione insomma dell’attività 
economica ed industriale, e a quanti amano 
il loro paese, chiedendo ad essi con piena 
fiducia di volere assecondare l’opera alla 
quale attenderemo con tutta l’intensità delle 
nostre forze, e di volerne aiutare lo svol¬ 
gimento con tutti quei mezzi materiali e 
moiali che sono necessari perche riesca de¬ 
gna di Torino e dell’Italia. 

“ Noi ci permettiamo perciò di tras¬ 
mettere alla S. V. 1 unita scheda pregandola 
di voler raccogliere le adesioni degli Enti 
che sono dalla S. V. rappresentati e dare 
Ella stessa quel maggior concorso clic cre¬ 
derà più conveniente sì che ci sia dato di 
inscrivere l’autorevole di Lei nome nell’albo 
dei promotori della patriottica manifesta¬ 
zione. 

“Torino, 4 marzo 1907 „. 

L’accordo Per accordi pre- 
con Roma cedentemente inter¬ 
ceduti in una riu¬ 
nione tenuta in Roma col sindaco di quella città, Ernesto Nathan, dal 
sindaco di Torino, senatore Frola e dal sen. Tomaso Villa, presidente 
della Comissione esecutiva torinese; era stato appunto convenuto che per 
concordare le identiche iniziative sorte in Roma ed in Torino contem¬ 
poraneamente, P Esposizione sarebbe stata, idealmente, una sola, ma 
Roma si sarebbe assunta l’organizzazione della mostra internazionale di 
Belle Arti ed Archeologica, mentre in l'orino sarebbe stata convocata 
soltanto la mostra internazionale dell’industria e del lavoro. 

In base a questo accordo, i sindaci di Roma e di Torino pubblica¬ 
rono il i 5 gennaio 1908 il manifesto collettivo, riprodotto a pag. 4, nel- 
1 articolo dedicato alle origini dell’Esposizione di Roma. 

Come la mostra di 1 orino veniva posta sotto l'alto patronato di Sua 
Maestà il Re, così la Commissione Esecutiva conferiva la propria presi¬ 
denza onoraria al principe Emanuele Piliberto, duca d’Aosta, che Faccet¬ 
tava col maggiore buon volere, continuatore in Torino, come cittadino, 
delle belle tradizioni lasciatevi dal duca Amedeo, suo padre. 

L’Esposizione indetta da Torino sorgeva con tutti i 
Il capitale caratteri di una coraggiosa iniziativa privata : in fatto il 
capitale dell' Esposizione è costituito da azioni da 100 lire 
ciascuna, rimborsabili, per intero o proporzionalmente, a liquidazione fi¬ 
nita, e la cui esazione è avvenuta a rate nel 1908, 1909, 1910. A tutt’oggi 
la sottoscrizione oltrepassa i sei milioni. Inoltre lo Stato ha deliberata 
una sovvenzione di un milione e mezzo; un altro milione e mezzo è 
stato dato dal Municipio di I orino, indipendentemente dalla concessione 
del terreno ; 400 mila lire furono date dal Comitato dell’Esposizione del 



Il Senatore Teofilo Rossi, Sindaco di Torino 
attuale Presidente del Comitato Generale dell’Esposizione. 






































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


11 


1898 ' 200 mila lire .'dalla Provincia, cosicché 
dieci "milioni sono oggi effettivamente nelle mani 
della- Commissione esecutiva; ed occorrendone, 
secondo i preventivi, dodici, per il compimento 
della grandiosa impresa, è certo che i due che 
mancano saranno ben largamente coperti entro 
i pochi mesi che ci separano dall’inaugurazione 
dell’Esposizione. Sono ammesse anche le sotto- 
scrizioni ad obbligazioni a fondo perduto, le 
quali daranno diritto a tessere di libero ingresso 
per gli oblatori e per le persone delle loro fa¬ 
miglie, nella proporzione di una tessera ogni 
cento lire sottoscritte. Oltre al rimborso delle 
azioni vere e proprie, se vi sarà un avanzo, 
verrà erogato a formare un fondo per le future 
esposizioni e per opere locali di beneficenza. 

Quanto ai cespiti dell’impresa, 
I redditi formati dalla tassa di iscrizione 
degli espositori (L. 20 per cia¬ 
scuno) e dalle tasse per occupazione di aree, vi 
saranno, oltre al biglietto giornaliero d’ingresso, 
dei buoni da L. io, i quali garantiranno a chi 
li acquisterà alcuni biglietti di entrata con ridu¬ 
zione per l’esposizione di Torino e per quella di 
Roma, e daranno diritto ad ottenere dalle ferro¬ 
vie dello Stato biglietti per sei viaggi a Torino 
e a Roma, e ritorno alle rispettive città di par¬ 
tenza ; e, per speciale concessione delle ferrovie 
dello Stato, le io lire del buono saranno versate 
interamente alle casse delle 'Esposizioni stesse. 

Lo statuto per la grande espo- 
Lo statuto sizione torinese veniva approvato 
con regio decreto del 3 o mag¬ 
gio 1907 ; e i limiti della esposizione, compren¬ 
dente tutti i prodotti del lavoro Agricolo ed In¬ 
dustriale, ed in generale tutte le espressioni 
correlative della vita economica e civile, veni¬ 
vano fissati nelle seguenti classi: 

a) la Protezione ed Assistenza dell’Infanzia - l’Edu¬ 
cazione e l’Insegnamento - Scuole, Officine e Laboratori di 
perfezionamento - Esercizi sportivi ; 

b) gli Strumenti, Apparecchi e Proci ssi generali 
per le Scienze - Stampa - Fotografia - I ibreria - Carte ed ap¬ 
parecchi di Geografia e di Cosmografia - Strumenti di pre¬ 
cisione - Meteorologia ; 

c) la Meccanica generale - Macchine motrici idrau¬ 
liche, a vapore, a scoppio - Trasmissioni - Strumenti e 
macchine utens li per la lavorazione del legno, del 
ferro, ecc. ; 

d) la Elettricità - Elettrotecnica - Elettrochimica - 
Telegrafia - Telefonia ; 



li. Senatore Frola, ex-Sindaco di Torino 
primo Presidente del Comitato dell’Esposizione. 

c) i Mezzi di trasporto - Strade ordinarie - Ferrovie- 
Filovie - Navigazione marittima e fluviale - Navigazione 
aerea - Servizi postali - Ponti e strade - Tunnels, canali, 
porti, ecc. ; 

f) le industrie sportive e sport; 

g) la Città moderna - Edifizi pubblici e privati - Case 
popolari - Scuole - Ospedali - Teatri, ecc. - Igiene degli abi¬ 
tati - Mobilio e decorazione-Strumenti musicali; 

li) gli Alimenti - Industrie alimentari - Prodotti fari¬ 
nacei - Panifici - Caseifici - Conserve - Prodotti di confetteria 
- Oli - Vini - ! irra - 1 iquori ; 

i) il Regime forestale - Foschi - Caccia c pesca; 

l) l’Agricoltura e le macchine agrarie; 

ìli) le Industrie estrattive e chimiche, arte mine¬ 
raria ; 

n) le Industrie tessili e dell’abbigliamento - del 
Cuoio - dell'Oreficeria - dcll’Orologicria - del Caoutchou - 
delle Spazzole, ecc. 


o) il Giornale e l’Art • della Slampa - Industria 
della erta - Arti grafiche - Tipografia - Litografia - F. togra- 
fia, telegrafia, radiotelegrafia e telefonia qua i arti sussi¬ 
diarie del gior ale - Esposizione speciale del calendario, 
reclame e caricatura ; 

fi) l’Economia sociale - Istituti di ' previdenza e di 
assistenza - Associazioni cooperative di credito, di lavoro 
c di consumo - Associazioni industriali ed operaie; 

q) la Colonizzazione interna ed estera - il lavoro e 
la produzione degli Italiani all’estero - Prodotti destinati 
all’esportazione ; 

r) la li fesa dello Stato - Armi di terra e di mare - 
Cartografia - Idrografia - Ospedali, ( roce rossa e materiale 
sanitario e di igiene. 

Vi saranno inoltre Esposizioni temporanee e 
Concorsi a premi di Zootecnica, di Orticoltura 
e Floricoltura ed altre coltivazioni, e di quei 
prodotti alimentari che non possono essere lun¬ 
gamente conservati; — Esposizioni speciali di 
Antropologia e di Etnografia; - - Concorsi a 
premi per le migliori macchine agricole e per 
apparecchi di Navigazione aerea, per nuove appli¬ 
cazioni della energia elettrica, ed infine un grande 
Concorso fra i Comuni Italiani, per segnalare il 
progresso da essi attuato dal t86t in poi, nelle 
condizioni igieniche delle abitazioni, nello svol¬ 
gimento dei loro sistemi e piani edilizii c nel 
migliore ordinamento dell’azienda comunale nelle 
varie sue parti. 

Vi saranno pure Congressi, Conferenze e 
grandi Festeggiamenti popolari. 

Quanto alla località dove sor¬ 
ba località ’gerà l’Esposizione, è superfluo 
dell’Esposizione dire che sarà nel parco del Va¬ 
lentino e terreni adiacenti sulle 
due rive del Po. Quando una città ha la fortuna — 
come Torino — di possedere una zona verdeg¬ 
giante così variata e così deliziosa, è naturale che 
debba preferirla per le grandi convocazioni na¬ 
zionali ed internazionali consacrate ai tripudi! 
straordinari in onore dell’Arte, dell’Industria, 
dell’Agricoltura e di ogni forma dell’umana at- 
tività. Le esposizioni abbisognano sopratutto 
dell’ambiente, senza il quale la grandiosità e sin¬ 
golarità degli appositi editici non spiegano tutta 
quella vivacità di attrattive che tanto contribui¬ 
scono al successo d’insieme. Torino, con quella 
magnifica zona, sulle due rive del Po, fra la 
città dalla dritte vie, dagli ampii verdeggianti 
viali, da una parte, e le dolcemente degradanti 
amene colline dall'altra, offre alle esposizioni 
una ambientazione incomparabile, clic forma per 



Il grandioso Palazzo dell’Inghilterra, sulla sponda sinistra del Po. 































12 


LEJESPOSIZIONI DEL 1911 


se stessa una grande attrattiva, e sfoggia uno 
scenario che nessuna valentia di artisti riuscirà 
mai ad uguagliare. 

Più di un milione di metri quadrati 
L’area di superficie occuperà l’Esposizione 
sulle due rive del gran fiume ; e circa 
280 mila metri quadrati misurerà l’area coperta. 
L’ideazione delle costruzioni per la mostra è 
stata affidata agl’ ingegneri Pietro Fenoglio, Ste¬ 
fano Molli e Giacomo Salvadori : oltre a ciò le 
nazioni estere, — Francia, Germania, Inghilterra, 
Belgio, Austria-Ungheria, Spagna, Brasile, Argen¬ 
tina, Russia, Giappone, Siam, Cina, Stati Uniti, ecc. 
— hanno inviato a Torino loro speciali architetti 
per i grandi palazzi o padiglioni rispettivi, dei 
quali è già molto inoltrata la costruzione; cosic¬ 
ché la mostra offrirà nella varietà dei suoi nu¬ 
merosi e grandiosi edifici una esposizione com¬ 
parativa di architettura speciale, quanto mai 
originale ed interessante. 

L’ingresso principale sarà al- 
Come sarà l’incrocio del ponte Umberto! col 
l'Lsposizione corso Vittorio Emanuele. Il visi¬ 
tatore, appena entrato, troverà 
alla propria sinistra il palazzo della Moda, ideato 
ed eseguito con forme affatto nuove ed origina¬ 
lissime: quasi di fronte, a destra, sorgerà l’edifi¬ 


cio principale dell’arte applicata all’industria, la 
quale avrà per sé anche un altro edificio di minori 
proporzioni a sinistra. Ma a destra, in appendice 
al primo edificio dell’arte applicata sorgerà la 
Città moderna, cioè l’esposizione di tutto quanto 
interessa, negli aspetti della vita pratica, i pubblici 
servizi di una grande città allo stato attuale delle 
esigenze e delle scoperte scientifiche applicate. 

Dietro alla Città moderna, fra la splendida ve¬ 
getazione del parco, troveranno conveniente col¬ 
locamento le Colonie Francesi, di fronte alle quali, 
inoltrando, si incontreranno le installazioni per¬ 
manenti dell’Orto botanico universitario, dopo le 
quali sorge la superba mole del Valentino, dove, 
come è noto, ha la sua sede l’Istituto tecnico 
superiore ; ed è subito dopo il Valentino che 
sorgono i padiglioni degli apparecchi di preci¬ 
sione. Dall’altra parte del vialone di mezzo, verso 
il Po, trovansi padiglioni diversi e ristoranti, tutti 
costruiti con originalità di stile e disposti in guisa 
da formare altrettante attrattive. 

Sulla riva destra del Po sorgerà quella che 
si potrà chiamare la via delle nazioni; ma l’Un¬ 
gheria, gli Stati Uniti, e l’Inghilterra hanno 
scelta la loro area rispettiva sulla riva destra ; 
e l’Inghilterra con un edificio grandioso, vera¬ 
mente imponente — che supererà tutti i precedenti 


costruiti dalla nazione britannica dal i 855 in poi 
nelle Esposizioni mondiali — ha collocato sé e le 
sue colonie in prossimità del Valentino a fare 
pompa della sua imperiale potenza. Accanto al do¬ 
minante palazzo britannico si spiegano la Galleria 
delle macchine in azione, ed il solido edificio 
del Giornale e dell’Arte della Stampa — edificio 
costruito in cemento armato, e destinato a so¬ 
pravvivere all’Esposizione, per essere poi adibito 
negli anni successivi a speciali mostre tempo¬ 
ranee. In un lato di questo edifìcio sarà impian¬ 
tata una tipografia del secolo XV servita da 
artieri in costumi cinquecenteschi, i quali impri¬ 
meranno con torchi di quel tempo piccoli lavori 
tipografici-artistici, che offriranno il più bizzarro 
contrasto con tutta la moderna arte tipografica, 
che si spiegherà nelle gallerie circostanti. 

Prima di questo gruppo di edifici, sui quali 
grandeggia il palazzo dell’ Inghilterra, sorge un 
altro gruppo, nel quale trovano posto gl’ istru- 
menti musicali, l’elettricità, e fra questa e quelli 
si innalza il magnifico Salone delle leste, latte 
prevalentemente di suoni e di luce. Di fronte al 
palazzo dell’Inghilterra, quasi sul Po, sono i pa¬ 
diglioni delle colonie inglesi, collocati al di là 
del Castello Medioevale, felice creazione tanto 
cara al compianto Giacosa e caratteristico avanzo 



della bella Esposizione nazionale del 1884. Nel 
Castello Medioevale rivivrà la Torino del Medio 
Evo ; ed uscendo da quel lembo di XIII secolo 
si avrà subito di fronte, in pieno contrasto, 
tutto quanto costituisce i prodotti attuali di 'Fo¬ 
rino moderna. 

Proseguendo, a sinistra, verso il fiume, poco 
prima di arrivare all’attuale Ponte Isabella, si 
trova il padiglione dell’India, ed oltrepassato il 
ponte si distende tra il fiume e la città l’amplis¬ 
simo parco dei divertimenti, che sarà per la 
grande varietà delle attractions uno dei successi 
più popolari dell’Esposizione. A temperare, quasi, 
l’allegria di questo parco ha ivi eretto il suo 
palazzo — il palazzo d’Italia dall’alta cupola — 
il Ministero dei lavori pubblici, che occupa 5o 
mila metri quadrati, e vi susseguono, per affinità, 
le gallerie della locomozione e del materiale 
fcr roviario. Di rimpetto al padiglione dei lavori 
pubblici attraversa il Po uno dei ponti provvi¬ 
sori! gittati appositamente, e va a sboccare da¬ 
vanti al grandioso gruppo delle gallerie dove 
troveranno il loro collocamento le industrie ma¬ 
nifatturiere, l’esposizione di agricoltura, le mac¬ 
chine agrarie, l’esposizione della Guerra e Ma¬ 
rina, ed infine il padiglione per le mostre degli 
Italiani all'estero. 

Si passa, retrocedendo, sotto la testata del 
Ponte Isabella, verso la collina, e qui sorge il 
padiglione del Siam ; poi cominciano senz’altro 
le ampie gallerie che la Germania ha fatte co¬ 


struire con caratteristica ampiezza e solidità. 
L’esposizione germanica termina sul piazzale 
dove grandeggia, addossato alla collina, un ma¬ 
gnifico castello d’acqua che forma prospettiva 
al gran ponte monumentale appositamente co¬ 
struito, a metà dell’Esposizione, e destinato a 
sopravviverle, fra i ponti Isabella e Umberto I. 

Subito al di là del piazzale, sull’alta fronte, 
di faccia alla Germania, alza la sua cupola e le 
sue antenne la Francia, dopo il cui fastoso edi¬ 
ficio vengono quelli del Belgio, dell’Ungheria, 
dell’America Latina (Brasile, Uruguay, Equa¬ 
tore) e dell’Argentina. Rieccoci, a questo modo, 
al Ponte Umberto I, dal lato della collina, ed 
ecco passata in rapida rassegna la distribuzione 
degli edifici di questa Esposizione, che già de¬ 
lincasi in tutta la sua grandiosità, e la cui si¬ 
stemazione si svolge con così perfetta organiz¬ 
zazione — tipicamente torinese — da dare si¬ 
curo affidamento che al 3 i marzo 1911 tutto 
sarà perfettamente compito. 

Questo, sinteticamente, ma molto inadeguato, 
nelle parole, inadeguato all’ampiezza, all' impo¬ 
nenza degl’impianti, il quadro d’insieme dell’Espo¬ 
sizione Internazionale, che, nel 1911, farà grande 
onore a Torino e a tutta Italia. Per la riuscita del¬ 
l’ardita impresa sono stati costituiti in tutto il 
Regno un’infinità di Comitati distrettuali e locali, 
solleciti a rispondere agli appelli della Commis¬ 
sione esecutiva perchè la mostra riesca degna 


del grande fatto storico che tutta Italia deve 
voler commemorare con patriottico entusiasmo 
nella benemerita città che fu degnissima culla 
del Risorgimento Nazionale. 

Dopo cinquanta anni, attra- 
Onore verso illusioni, amarezze, dure 
a Torino!... esperienze e contrastate fortune, 
Torino — sempre, in ogni mo¬ 
mento, così intimamente conscia dei propri do¬ 
veri verso la grande Patria, e degli obblighi di 
decoro impostile dal suo passato, dal s.uo pre¬ 
sente, e dalle speranze del suo sicuro avvenire —• 
ripensando sè stessa, e guardandosi nel pre¬ 
sente — può dire di avere mantenuta sempre 
salda la fede in sè e nei destini d’Italia. Città 
bella e cara per la grandiosità dei suoi edifici, 
per l’importanza storica ed artistica di molti di 
questi; bella e cara per la quantità di ricordi 
che parlano alla mente degli italiani nella vi- 



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LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


i 3 


sione dei suoi palazzi, delle sue piazze, dei suoi 
monumenti; centro di vita di un popolo educato, 
disciplinato, laborioso, tenace, fattivo ; devota 
incomparabilmente alla grandezza della Patria, da 
lei sempre servita con abnegazione e con entu¬ 
siasmo alieno da inutili esuberanze e da frastuoni 
volgari, Torino merita di vedere nel 1911 co¬ 
ronati dalla convergenza di tutte le più propizie 
fortune gli sforzi coraggiosi del suo grande 
spirito d’iniziativa. Essa raccolse tutte le spe¬ 


ranze patrie quando la Patria ancora non era ; 
essa merita di raccogliere tutte le adesioni ora 
che la Patria è e sta. 

Gl’italiani delle vecchie generazioni che par¬ 
teciparono alla grande opera del Risorgimento, 
ritornando di quando in quando a Torino, compi¬ 
vano nella patria di Balbo, di Gioberti, di Cavour, 
di Vittorio Emanuele una specie di devoto, com¬ 
movente pellegrinaggio. Altrettanto devono fare 
nel 1911 gl'italiani delle susseguite generazioni, 


traendo nuova fede per l’avvenire della Patria 
da ciò che Torino ha saputo organizzare col 
concorso di tutta Italia e delle nazioni amiche 
per celebrare con grandiosità esemplare il cin¬ 
quantenario di queil’Unità, pel cui compimento 
essa preparò gl'Italiani non badando a sacrifici 
e non temendo pericoli, ed infine le fece con tanta 
nobiltà il sagritìcio di sè stessa!... 

Alfredo Co.mandixi. 


I MANIFESTI ARTISTICI DELLE ESPOSIZIONI DI ROMA E TORINO. 





11 bozzetto del De Karolis è stato affidato, per Tesecu- 
zionc, allo stab limento Cliappuis di Bologna, ed è stato 
riprodotto, di preferenza nei formati minori, convenienti 
per sale di alberghi, di ristoranti, di circoli, per carrozze 
ferroviarie e tramviarie, e simili. 

Il bozzetto del Metlicovitz, è stato impresso nelle offi¬ 
cine Ricordi in Milano negli amplissimi formati richiesti 
dalle estese affissioni murali in Italia ed all’estero. 


ivdvsirji: 

: DI I. LAVORO ?m\. % L AN1 VfìKSARJO DUI-A 


Manifesto dell’Esposizione di Torino 
di A. De Karolis. 


ROMA ™* 10 


NOVEMBRE 191! 

FESTE C 0 MMEM 0 RATVE del* PRO 
DAMATONE del REGNO d ITALIA 

L.Vi >\t IM. 0 \K’.E-COSeOKso !N(KI;S \/ o MtlHTv R V 
t".OSVR-\ tlMK.KM ie \ PVWUOV !• i OlOSAl 1 -\Kff Kl- UJ\ '• 

w*CHPOUJon- Mttt: .nvstCAU. i DKVMMàn v \\T:c\t m; ■n ,\n 
• ■■ ’ , 

Manifesto dell’Esposizione di Roma 
di Duilio Cambellotti. 


Sono appena venti anni che l’arte, nelle sue più geniali 
espressioni, è stata applicata con successo in Italia ai car¬ 
telloni per la reclame. Il progresso crescente di questo 
ramo dell’applicazione dell’arte all’industria ha fatto con¬ 
quistare all’arte italiana un posto notevolissimo in Europa 
ed anche in America, anzi, per la verità storica, conviene 
dire che i [ rimi ardimenti artistici in questo genere fu¬ 
rono tentati da artisti italiani all’Estero, dove, ot enuto 
il non dubitabile battesimo, trovarono largo sviluppo anche 
in patria. 

Oggi ogni esposizione, ogni circuito aereo, ogni convegno 
sportivo, ogni pubblica manifestazione solenne, chiedono 
all’arte italiana una geniale consacrazione in forma di car¬ 
tello-; che poi si trasmuta in cartolina illustrata, 

in francobollo, tutte forme di d flfusione della geniale con¬ 
cezione arrisica e di > celarne all’avvenimento, all’impresa 
che si vuole celebrare e far conoscere. 

Per l’esposizione di Torino fu indetto un concorso fino 
dal 1907, con premi rispettabili, ma senza soddisfacenti 
risultati. Per conseguenza fu aperta una gara privata fra 
Ditte Editrici, che presentarono al Comitato eccellenti boz¬ 
zetti di artisti ben noti. La scelta della Commissione ese¬ 
cutiva cadde poi definitivamente sui bozzetti dei valenti 
pittori Metlicovitz e De Karolis, inspi¬ 
ratisi entrambi al concetto di esaltare là 

bandiera nazionale, sventolante sulla fe- PER ![. f> 0 ? Aft N ! VERSARJO DELLA PR O CL A/H AZIONE 

sta del lavoro. 

Il Metlicovitz ha ideato due tipi vigo¬ 
rosi d’uomini in atto di ergere e piantare 
su un’altura sovrastante al campo gene¬ 
rale dell’Esposizione la bandiera tricolore 
italiana per invitare alla nobile gara del¬ 
l’intelligenza e del lavoro le nazioni ci¬ 
vili. Una vivida luce gialla, raggio pode¬ 
roso del sole che tramonta, illumina tutto 
lo sfondo del quadro, sul quale distcn- 
donsi gli edifici dell’Esposizione, le colline 
fino a Superba c la Capitale Subalpina 
col caratteristico profilo lontano della mole 
Antonelliana. 

Il De Karolis ha ideato in gruppo tre 
robusti lavoratori : uno di essi raccoglie 
gli strumenti del lavoro, stringendoli in 
fascio unitamente a ramo d’ulivo, sim- 
boleggiante la pace che giova allo svi¬ 
luppo di ogni progresso ; un altro lavo¬ 
ratore regge l’asta della bandiera guar¬ 
dando in alto allo sventolante drappo 
tricolore; mentre dietro a lui il terzo 
compagno, avente nella sinistra il caduceo 
alato, simbolo del commercio, eleva con 
la destra la simbolica vittoria alata, con¬ 
seguita da ci.i ha fede nelle idealità della 
patria e nel lavoro. 


Altro manifesto dell’Esposizione di Torino 
del [littore A. Metlicovitz. 


Cartolina commemorativa dell’Esposizione di Iorino. 


E l’uno l’altro hanno poi avute multiple riproduzioni 
nei formati di cartoline c di francobólli, con le diciture 
nelle diverse lingue vive, venendo cosi affidato ai nomi di 
due valerti artisti e di due apprezzate officine litografiche 
italiane di mandare per tutto il mondo, in belle ed espres¬ 
sive forme d’arte, l’annuncio c l’invito ai popoli per il 
grandissimo avvenimento pel quale Torino ha raccolto in¬ 
torno a sè le più salde energie della patria. 

Per l’Esposizione di Roma il cartello -;celarne tu dise¬ 
gnalo dall’artista egregio Duilio Cambellotti. ed ha un 
alto significato storico e patriottico: all’inizio di una d Ile 
grandi ère che si dipartirono da Roma, spingendo i nostri 
gloriosi antenati alla conquista del mondo, è piantata una 
pietra miliare. Su di essa ò incisa la data della fondazione 
dall’Urbe — mmdclxiv, e verso la pietra miliare accorrono 
e sovra essa posano e stanno le aquile romane in superbo 
atteggiamento. 

L’artista ha genialmente espresso con un simbolo di 
chiara significazione e di originale verità, 
la s Tenne commemorazione patriottica 
che Roma celebrerà nel 1911, compien¬ 
dosi i cinquanta anni dalla sua procla¬ 
mazione a Capitale della patria italiana 
unificati. La riproduzione tipografica di 
questo cartellone nei diversi formati fu 
affidata allo stabilimento Chappuis di Bo¬ 
logna, su ricordato. 

Oltre ai suaccennati manifesti, i Comi¬ 
tati di Roma e di Torino hanno emesso 
una serie artistica di Cartoline reclame 
per le rispettive esposizioni, fiorino inol¬ 
tre, ha bandito un concorso tra artisti 
italiani per una serie di soggetti patriot¬ 
tici che ricordino i principali episodi 
della proclamazione del Regno d’Italia. I 
disegni premiati verranno riprodotti a 
colori in formato di cailolina ed avranno 
cosi larga diffusione all’Italia e all’estero. 
Un’altra interessante serie di cartoline 
emesse dal Comitato Torinese è quella 
che reca nitidamente riprodotte a colori 
l’effigie dei fattori dell’indipendenza ita¬ 
liana. Anche l’Esposizione del Ritratto Ita¬ 
liano di Firenze — di cui ci occuperemo 
nel prossimo fascicolo — ha un bellissimo 
manifesto di Galileo Chini — che ripro¬ 
durremo a suo tempo. Alla reclame gra¬ 
fica delle Esposizioni del 1911 hanno 
dunque lavorato i nostri migliori artisti. 

























14 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 





Le Esposizioni.... attraverso i secoli 


$ 


VICO MANTEGAZZA 


^[5] 0 (sKs 3 ‘ == ^i= 



Delle Esposizioni Internazionali, che oramai 
si succedono a cosi brevi intervalli di tempo, 
non si può dire, come di tante altre cose, che 
la loro origine si perde nella notte dei tempi. 
Non si può nemmeno ricorrere ai soliti cinesi 
che, realmente, pare abbiano preceduto in tante 
scoperte od applicazioni questa nostra vecchia 
Europa. Vi è soltanto uno storiografo greco del 
li secolo, il quale racconta che sotto Tolomeo 
Filometor fu data una grande festa nella quale 
questo Faraone fece esporre dai negozianti di 
Tebe e di Wempi tutto quello che allora pro¬ 
duceva l’Egitto. Con uno sforzo di buona vo¬ 
lontà, si potrebbe far rimontare al sullodato 
Faraone l’origine prima delle esposizioni. Però 
bisognerebbe riconoscere anche che l'esempio 
non lia avuto imitatori; poiché bisogna varcare 
il Mediterraneo e lasciar passare molti secoli 
per arrivare non già alle esposizioni, ma alle 
fiere, dalle quali è poi sorta l’idea delle espo¬ 
sizioni come oggi le intendiamo. 

La prima esposizione, della quale si ha qualche 
notizia esatta pare sia quella tenuta a Praga 
verso la fine del secolo decimottavo. Fu da 
quella esposizione nella capitale boema che Fran¬ 
cois de Neuf-chateau ministro dell’Interno sotto 
il Direttorio ebbe l’idea di fare qualche cosa di 
simile a Parigi. 

Una Esposizione che costa 60 mila franchi!! 

Veramente l’Esposizione doveva essere il com¬ 
plemento di grandi feste che si celebrarono nel¬ 
l’anno VI. Ne fu invece la parte principale. Fu 
edificato con una costruzione provvisoria un 
tempio dell’industria, certamente il primo della 
serie di tutti quei palazzi dell’Industria, di 
quelle Gallerie delle Macchine immancabili in 
tutte le esposizioni moderne. A quell’epoca si 
facevano ancora le cose con poca spesa. Il de¬ 
creto di Napoleone col quale si fissavano le linee 
generali dell’Esposizione, e si stanziavano i fondi 
relativi stabiliva una spesa di 60 mila franchi. 
A Napoleone l'idea dell’Esposizione era piaciuta 
tanto che aveva già stabilito di ripeterla ogni 
tre anni. Gli avvenimenti politici e le guerre nelle 
quali la Francia si trovò impegnata, impedirono 
al grande capitano di creare, fino da allora, le 
esposizioni triennali. 

Da quell’epoca, altro salto fino al 1849, quando 
venne l’idea di ripetere ciò che si era fatto nel¬ 
l’anno VI in proporzioni maggiori chiamando a 
raccolta non solamente gli industriali e i pro¬ 
duttori francesi, ma anche quelli dell’Algeria e 
delle Colonie. L’esposizione, diremo cosi Napo¬ 
leonica, aveva avuto poco più di un centinaio 
di espositori. In quella del 1849 il loro numero 
fu piu del doppio. Ma per la prima volta, in 
quella esposizione organizzata dopo la rivolu¬ 
zione, furono distribuite delle ricompense, e fe¬ 
cero la loro comparsa i diplomi e le medaglie 
per i premiati, dei quali si è fatto di poi tanto 
abuso. 

Ma eravamo ancora nel campo delle piccole 
esposizioni nazionali. A nessuno era venuto in 
mente d’invitare gli stranieri ad esporre i loro 
prodotti. Tutta la classe commerciale avrebbe 
protestato e minacciato di lapidare chi ave se 
osato mettere innanzi una simile proposta. Data 
la situazione economica dell’Europa, vi era un 
solo paese che poteva farlo: l'Inghilterra che, 
sicura della sua, poteva senza preoccupazioni invi¬ 
tare l’industria straniera. 

Le prime internazionali. 

E fu diffatti l’Inghilterra che organizzò la prima 
esposizione internazionale. Una esposizione che 
adesso sarebbe una ben povera cosa, dopo che 
abbiamo veduto, come a Saint Louis, improvvi¬ 
sare in pochi mesi delle vere città per farne 
sede di una esposizione, ma che parve allora 
più che grandiosa ed ebbe un enorme successo. 
A Londra fu costruita per quella Esposizione 
del 1802 il Palazzo di Cristallo; e, per la prima 
\olta, in alcune gallone, il pubblico potò rendersi 
conto del modo come procede la fabbricazione 
di parecchi prodotti. 

L'Esposizione internazionale del 1882, alla quale 
pai teciparono quasi tutti gli Stati europei, ebbe 
conseguenze al di là di quello che si poteva 
prevedere, ed esercitò una grande influenza 
sulla politica doganale dei vari stati. I grandi 


industriali, i grandi produttori ebbero in quella 
circostanza, occasione di conoscersi,^ scambiare 
delle idee, e, poscia, di far pressione sui loro 
rispettivi governi per modificare nel reciproco 
interesse le tariffe. 

Tantoché la Francia segui ben presto l’esempio 
dell’ Inghilterra, organizzando una esposizione 
alla quale partecipò anche l’estero nel i 855 . E 
a questa esposizione che si istituì, per la prima 
volta, il biglietto d’ingresso, e che queste im¬ 
prese incominciarono a prendere anche un certo 
carattere di operazione finanziaria, che non sem¬ 
pre è andata bene, ma nella quale il pubblico 
è chiamato in tal modo a partecipare e a co¬ 
prire la spesa. Il biglietto d’ingresso costava 
un franco nei giorni di lunedi, martedì, merco¬ 
ledì, giovedì e sabato, cinque franchi il venerdì 
e 28 centesimi alla domenica. La tradizione del 
giorno elegante, a prezzo assai elevato, si è 
mantenuta. Anche nel 1900, il venerdì, l'ingresso 
era a cinque lire. 

L’apoteosi del secondo Impero. 

Ma la vera, la grande Esposizione Universale 
alla quale tutte le nazioni del mondo hanno par¬ 
tecipato in forma solenne, sia per il numero 
degli espositori, come per i padiglioni speciali 
che vi costruirono e per le spiccate personalità 
mandate come commissari generali, fu quella 
di Parigi del 1867, considerata come la grande 
apoteosi del Secondo Impero. 

In quella circostanza Parigi apparve realmente 
la capitale dell’Europa, e Napoleone III l’arbitro 
dei destini del Vecchio Continente. Sovrani e 
Principi fecero a gara nel recarsi a rendere o- 
maggio all’Imperatore e all’Imperatrice Eugenia 
allora in tutto il fulgore della bellezza. Fu una 
serie continuata di feste splendide, aristocratiche 
c popolari, che, evidentemente illusero, e in Fran¬ 
cia e fuori, sulla solidità del regime imperiale, 
che doveva precipitare, poco dopo, e, all'indo¬ 
mani di un’altra festa grandiosa in onore della 
Francia e dell’Impero: la inaugurazione del Ca¬ 
nale di Suez. 

Il Principe Napoleone che era stato il relatore 
di quella precedente dal i 855 aveva proposto 
il piano che fu adottato delle gallerie concen¬ 
triche intorno a un gran corpo di fabbrica cen¬ 
trale. Gli espositori passarono i quarantamila 
e va annoverato lo stesso Imperatore che pre¬ 
sentò delle case popolari delle quali aveva egli 
stesso disegnato i piani. Fra gli ospiti coro¬ 
nati vi fu anche lo Czar, e nessuno pensò cer¬ 
tamente allora che il gio\ane repubblicano, il 
quale sul passaggio dello Czar gettò il famoso 
grido: Vive la Pologne, Monsieur, sarebbe di¬ 
ventato un giorno ministro, e ministro della 
Repubblica alleata della Russia. 

^ Al Bois de Boulogne , onde questa folla di 
Sovrani e di Principi non fosse troppo a contatto 
col pubblico, si era loro riservato un viale, ove 
non potevano entrare che le carrozze nelle 
quali vi erano sovrani o principi ai quali il pic¬ 
chetto di guardia rendeva gli onoii militari. Era 
l’epoca nella quale facevano furore le operette 
di Offenbach e, tanto sulla scena che fuori del 
teatro, aveva un grande successo di donna e di 
artista una celebre cantante, la Schneider. La 
bella attrice aveva da poco creato la parte della 
protagonista nella Grande Duchesse de Gercl 
stelli. 11 teatro e le alte amicizie che la proteg¬ 
gevano permettevano alla bella artista di avere 
degli equipaggi splendidi, che per eleganza e 
correzione potevano perfettamente rivaleggiare 
con quelli dei principi e dei sovrani. Un giorno 
ebbe la strana idea di voler essere Grandu¬ 
chessa.... anche di giorno e di fare la trottata 
nell 'altee des Priuces. Quando si presentò al can¬ 
cello d’ingresso, il funzionario di pubblica sicu¬ 
rezza che non la conosceva, fermò la vettura 
con l’evidente intenzione di dire alla bella si¬ 
gnora che quel viale non era per il pubblico. 

Ma la Schneider, con fare naturale e disin¬ 
volto, senza dargli tempo di aprir bocca gli 
disse : 

— La Grande Duchesse de Gerolstein. 

11 funzionario fece il saluto militare, e la car¬ 
rozza proseguì. 

L esposizione del 1867 fu organizzata con un 
capitale di garanzia di 20 milioni, dei quali otto 
sottoscritti da una società di grandi industriali 
e di commercianti, e dodici, in parti uguali, 


dallo stato e dalla città di Parigi. Ri quella espo¬ 
sizione è rimasto come ricordo un opera in 20 
volumi, il famoso Rappaci sur I etat des lettres 
et des Sciences en I rance, al quale hanno col- 
laborato le più spiccate individualità della I* rancia 
intellettuale di quclTepoca. f ra le altre vi è 
anche una relazione di I colilo Gautier. 

Nei tre continenti. 

Caduto l’Impero e scemata la situazione della 
Francia in Europa, Vienna pensò subito di ap¬ 
profittarne per bandire a sua volta una grande 
Esposizione internazionale, nella speranza^ di ve¬ 
dere ritornare la capitale dell Impero all antico 
splendore. Ma l’Esposizione di \ ìenna del 1878 
non ebbe successo. Le esposizioni perché rie¬ 
scano debbono essere un pretesto, un grande 
pretesto se volete, per chiamare della gente, 
ma quando la gente trova da divertirsi o da 
interessarsi anche in altro modo. Ed a \ ienna il 
forestiere non si divertiva allora, come, del resto, 
non si diverte oggi, malgrado tutte le attrattive 
della simpatica città. 

A nessun forestiere, se non ha delle ragioni 
speciali, viene in mente di andare a passare 
qualche mese a Vienna, come va invece a Pa¬ 
rigi a Roma 0 a Londra. Così, non potevano 
avere un successo, parlo di quello che chiamert i 
il successo cosmopolita, né quella di Filadelfia 
del 1876, nè quella di Sidney (1879) e di Mel¬ 
bourne (1880) cosi lontana. 

Ne ebbe invece uno grandissimo quella di 
Parigi del 1878, che segnò il primo relrveincnt 
della Francia dopo la disfatta. Tutte le nazioni 
del mondo vi parteciparono. L’Italia, quasi a te¬ 
stimoniare solennemente la sua amicizia che so¬ 
pravviveva al mutamento di regime, destinò 
alla Presidenza della Commissione organizza¬ 
trice del concorso un principe del sangue: il 
duca d’Aosta, e nominò Commissario Generale 
l’uomo politico che aveva in quel momento, al¬ 
l’indomani dell’avvenimento della Sinistra al po¬ 
tere, la più alia posizione parlamentare: Cesare 
Correnti. 

Qualche anno dopo le relazioni fra i due paesi 
diventarono tese e l’Italia non partecipò ufficial¬ 
mente alla esposizione successiva del 1889. Del 
resto, non lo avrebbe forse potuto anche se le 
relazioni fossero state diverse, perchè gli stati 
monarchici, e specialmente quelli che avevano 
veduto rovesciate le dinastie dalla rivoluzione 
francese, 0, come per l’Austria, decapitata una 
principessa uscita dalla sua casa regnante, non 
potevano partecipare a un festa per solennizzarne 
il centenario. 

L’Italia partecipò per iniziativa privata, per 
opera di un comitato presieduto dal Villa, oggi 
presidente del Comitato per quella di Torino e, 
in Italia, il veterano di tutti coloro pei quali, in 
Francia è trovato anche il nome, chiamandoli 
honuncs d’expositiou. 

Ogni undici anni. ’) 

La frase veramente è del Picard; il Commis¬ 
sario generale dell'Esposizione del 1900 che sor¬ 
passò in grandiosità tutte le altre organizzate 
sulla riva della Senna, tanto che, persuasi di 
non poter fare di più, per un certo tempo pare 
si sia rinunziato alla tradizione di indire tali 
esposizioni internazionali ogni undici anni. Il 
Picard, mente vastissima, era veramente l’uomo 
indicato per ben condurre un’opera così gigan¬ 
tesca. Poiché a lato alla coltura tecnica unisce 
anche tutte quelle altre qualità così necessarie 
per chi diresse un’impresa nella quale deve es¬ 
sere sempre a contatto col pubblico, e che è 
fatta per il pubblico. 

I lo ritrovato negli uffici del Comitato di Roma 
un antico collega, il signor Duprè, il quale, a- 
vendo avuto col Picard un’intervista due o tre 
anni prima, per sapere che cosa si doveva dire 
dell’ esposizione nell’ interesse dell’ impresa, ne 
ebbe una risposta la quale mostra come l’espo- 

U Ecco la cronologia delle grandi esposizioni interna¬ 
zionali : 

1852 Londra. 

1856 Parigi. 

1862 Londra: 

1867 Parigi. 

1873 Vienna. 

1876 Filadelfia 

1878 Parigi. 


1879 Sidney. 

1880 Melbourne. 
1885 Anversa. 
1889 Parigi. 

1893 Cicago. 

1897’ Bruxelles. 
1898 Torino. 


1900 Parigi. 

1904 St. Louis. 

1905 Liegi. 

1906 Milano. 
l'IlO Bruxelles. 

l'orino. 


1911 


Sii 


Roma. 




































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


i5 


sizione, specialmente per Parigi, sia il pretesto 
per chiamare più gente. 

— Che cosa sarà l'Esposizione, non so ancora 
bene nemmeno io; ma se fate un bell’articolo 
sull'esposizione.... parlate, parlate di Parigi, del 
boulevard, e sopratutto du monde oh l'on s’a- 
muse. Perchè, andranno certamente tutti all’espo¬ 
sizione: ma verranno sopratutto per questo.... 

All'Italia che ho avuto l’onore di rappresen¬ 
tare a Parigi nel 1900 con Fon. Villa fu consen¬ 
tita una larga partecipazione. 11 nostro padiglione 
era il primo della Rite des Nations, e il più grande. 
11 Commissariato generale e il Governo della 
Repubblica nella persona del Millerand, allora 
ministro del Commercio e col quale avevamo 
relazione per l’Esposizione che dipendeva da lui 
furono sempre oltre ogni dire cortesi, fino al 
punto — come appunto per il grande spazio 
accordatoci per il nostro Padiglione — da solle¬ 
vare le gelosie e le proteste dei rappresentanti 
degli altri stati. 

Ix Italia. 

Con quella del igoo Parigi, come diceva, ha 
chiuso la serie delle sue grandi esposizioni. 
Qualche anno dopo fu organizzata quella di 
Saint Louis; nel 1900 quella di Liegi; nel 1906 
quella di Milano, e quest’anno quella di Bruxelles. 
Il Belgio, il piccolo ed industre paese, con quella 
ora aperta, è già alla sua quarta esposizione 
internazionale. Le esposizioni belghe, han sempre 
avuto tutte quante un gran successo, special- 
mente per la larghissima partecipazione della 
Francia, che per la lingua, e per i frequentissimi 
contatti si considera un po’ come in casa sua. 
L’esposizione di Liegi, per esempio, dovuta alla 
iivziativa privata, poiché, soltanto dopo un certo 
periodo il Governo intervenne direttamente, fu 
dapprima accolta con grande diffidenza. Fu so¬ 
lamente quando si seppe assicurato un largo 
concorso della Francia che tutti gli altri paesi 
acconsentirono a partecipare. Della esposizione 
di Torino del 1898 c di quella di Milano sono 
troppo recenti i ricordi perchè sia il caso di par¬ 
larne qui. Torino ripete ora l’esperimento, e 
Roma invece per l.i prima volta vede una espo¬ 
sizione, che, però, è internazionale solamente 
per le belle arti. 

Era difficilè, per un complesso di circostanze 
organizzare una esposizione che comprendesse 
tutto nella capitale del Regno, e il problema è 
stato sciolto con genialità, lasciando a Torino 
tutta la parte industriale, e riservando a Roma 
la parte artisticà e quelle mostre di archeologia, 
l’etnografica, c la parte musicale che trovano a 
Roma il loro ambiente naturale, e che ne assi¬ 
curano il successo, anche perchè l’esposizione 
di Roma ha un carattere completamente diverso 
da tutte quelle che l'hanno preceduta. 

Vico Manti.(.azza. 


SUL GRANDI: MONUMKNTO IN CAMPIDOGLIO. 

Roma preparandosi con fervore per le grandi comme¬ 
morazioni del 19 ri, non appresta soltanto le molte e diverse 
esposizioni. Grandiose feste civili saranno compiute nella 
gloriosa città; e vi saranno inaugurate opere edilizie su¬ 
perbe, compiute dallo Stato ad attestare che anche l’Italia 
nuova ha pieno e degno il concetto della grandezza di 
Roma. 

La più imponente di queste opere nuove sarà, senza 
dubbio, il monumento, senza uguali, edificato sull’alto colle 
capitolino a ricordare in eterno il nome del Re Liberatore, 
di Vittorio Emanuele II, che incarnò il sogno di tanti 
secoli, e raccolse attorno a sè tutte le maggiori energie 
nazionali per il compimento del gr&nde voto — l’unifica- 
zionc d’Italia con Roma capitale. 

Del monumento grandioso, complesso, imponente, ideato 
da Giuseppe Sacconi, avremo agio di parlare. Oggi diamo 
qui una fotografia caratteristica, pittoresca, eseguita per noi 
nell’immenso cantiere, dove, poche settimane sono ò stata 
trasportata dalla fonderia Bastianelli, a Ripa Grande, la 
bronzea statua equestre colossale che deve essere collocata 
nel centro della platea del monumento. 

Questa fotografia, dalla quale si rileva come il montaggio 
della sfatua sia oramai compiuto, ne documenta in modo 
impressionante tutta l’imponenza delle proporzioni. Quegli 
operai che, collocati a lavorare Ira il busto del Re c il 
collo del cavallo vi appaiono come minuscole figure in¬ 
fantili, sono il più espressivo termine di confronto, dal 
quale si può dedurre che cosa sarà, nel suo complesso 


questa statua, nel ventre del cui cavallo si riunirono, nella 
fonderia Bastianelli, a convito una trentina di artisti, 
mentre nell’interno della testa del Gran Re poterono rac¬ 
cogliersi a brindare alla grande opera otto persone. 

La nostra fotografia dà con grande efficacia l’impres¬ 
sione vera del che cosa sia questo colosso: tutto c in 
proporzione intorno ad esso; c l’insieme del monumento 
incomparabile riuscirà senza dubbio una delle meraviglie 
di cui tutto il mondo dovrà parlare, nelle solenni feste 
commemorative del 1911. 

La statua del Gran Re fu ideata dal genialissimo scul¬ 
tore udinese Chiaradia, morto giovanissimo, poco dopo 
vinto il due volte disputato concorso, e fu portata a com¬ 
pimento dal vigoroso artista romano Emilio Gallori, autore 
del magnifico monumento di Garibaldi, eretto fra il Vati¬ 
cano e San Pietro in Molitorio lungo la splendida pas¬ 
seggiata del Gianico o. 


I TRE SI NI) A CI DELLE ESPOSIZIONI. 

Le Esposizioni di Torino c di Roma sono nate c si 
vengono preparando sotto la direzione dei rispettivi Co¬ 
mitati Esecutivi; ma in questi hanno parte cospicua i 
sindaci delle due grandi città, mandatarii dei rispettivi 
Consigli Comunali, interpreti dei due Municipii che alla 
migliore riuscita delle due grandi mostre hanno impegnato 
il proprio contributo finanziario, tutta la propria energia 
amministrativa, tutto il proprio prestigio. 

Quando, nel 1907 aTorino la iniziat.va fu decisa e lanciata, 
era sindaco della città l’avvocato Secondo Frola, uomo di 
larghe idee liberali, attivissimo, felicemente facondo, sim¬ 
patico, popolare, già deputato al Parlamento per ben sei 
legislature, dal 1886 al 1900, pel collegio li di Torino e 
per Chivasso, due volte so.tosegretario di Stato al Tesoro 
con Luzzatti, e da ultimo senatore. Il Frola figura negli 
annali municipali di Torino come sindaco riformatore; egli 
portò tutta l’energia della sua volontà a trasformare l’am¬ 
ministrazione finanziaria di Torino in armonia col suo 
maggiore sviluppo edilizio, e nel momento in cui si ritirò 
dal sindacato il suo vasto piano riformatore aveva già 
avuta estesa applicazione, c non rimanevano da superare 
che ultime e parziali difficoltà. Egli fu il primo presidente 
del Comitato Generale dell’Esposizione, ed ora nc ò uno 
dei vicepresidenti, sempre operoso e plauditissimo. 

Non minore zelo spiega il suo successore in sindacato, 
l’avvocato Teofilo Ro,s , anch’egli già deputato, di Car¬ 
magnola, per tre legislature, dal 1897 al 1909, già sotto¬ 
segretario di Stato alle poste, e dimessosi da deputato per 
accettare la carica di sindaco, conferitagli con piena fiducia 
d dia maggioranza liberale della sua Torino, e, poco dopo, 
nominato senatore. Come sindaco della Capitale Subalpina 
Tcofilo Rossi ha assunto la presidenza del Comitato Ge¬ 
nerale dell’ Esposizione, portandovi tutta la operosità del 
suo vivace temperamento, e preparando la patriottica città 
a corrispondere nel modo più degno al grande avveni¬ 
mento che rimarrà certamente memorabile. 

Roma, che per la prima volta, dopo quaranta anni dalla 
sua liberazione, si accinge al cimento di una grande Espo¬ 
sizione internazionale, è rappresentata, come ente munici¬ 
pale, da un uomo che ha imparato fino da fanciullo l'amore 
all’Italia ad una scuola i cui insegnamenti non potevano 
fallire — la scuola di Giuseppe Mazzini Ernesto Nat han, 
sindaco di Roma, portato in Campidoglio dal blocco po¬ 
polare, abbracciante uomini di tutte le gradazioni liberali, 
ha di Roma moderna, di Roma capitale d’Italia, un altissimo 
ideale, e la sua amministrazione ha un radicale programma 
riformatore, trasformatore che coincide opp rtunamente con 
la grande Esposizione destinata a commemorare il cinquan¬ 
tennio dal giorno in cui l’Urbe fu proclamata nel Parla¬ 
mento Subalpino la capitale storica, fatale, del nuovo 
Regno d’Italia. Egli è impegnato a tutt’uomo perché Roma, 
nel 1911, possa accogliere degnamente le rappresentanze 
di tutta Italia, di tutto il mondo, ad una festa la quale 
deve provare, anche col rigoglio di vita e con lo sviluppo 
moderno edilizio a quale allo livello di progresso i tempi 
nuovi abbiano portata la città ideale di tutti gli spiriti 
nobili e colli. 


jfc & IL SECONDO FASCICOLO 
USCIRÀ A METÀ DICEMBRE A A 



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QuestoJkjUOrG rinomato 
non dovrebbe mancare 
a nessuna mensa. 



Conferenze fiorentine (1909). Un magnifico volume in-8, 
con 24 riproduzioni fotografiche (tirate a parte) dei ca- 
J polavori di Leonardo, e il ritratto di Leonardo. Lire 8 


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ESPOSIZIONI 1 

(Album, Giornali, Numeri unici, riccamente illustrati, 

riproduzioni di quadri e statue, con ritratti d'artisti). 

1873. Album dell’Esposizione Universale di 
Vienna. Un voi. in-4 grande, con 109 ine. 5 — 
Testo di R. Bonghi, De Cesare, Filippi, Ga¬ 
belli, ecc. 

1880. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 
nale di Belle Arti a Torino. Con 5a quadri e 
29 statue, e coi ritratti degli artisti premiati 12 — 

Legato alla bodoniana.14 — 

1881. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 

nale di Milano. In-folio con i5o grandi quadri 
tirati a parte in carta sopraffina . . . 20 — 

Legato alla bodoniana.22 — 

Legato in tela c oro.- 

1881. Milano e l’Esposizione Nazionale. 320 pa¬ 
gine in—4 grande, con i3o incisioni . . IO — 

1883. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 

nale di Belle Arti a Roma. In-folio con 49 
quadri e 16 statue.1° — 

Legato alla bodoniana.12 — 

1884. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 
nale di Torino, diviso in quattro parti: 

La storia c le feste dell’Esposizione, di G. Armandi. 

Con i3 grandi disegni e ritratti ... I 
Il Castello Medioevale, descritto da Camillo Boito. 

Disegni di Sezanne, Bonamore e Matania. 2 - 
L’Esposizione Industriale, di G. Robustelli. Con 

40 incisioni.4 — 

L’ Esposizione Artistica, di Luigi Chirtani. Con 
45 quadri e 14 statue e gruppi . . . 4 — 

Le 4 parti riunite in un volume formano uno stupendo 
Album in-folio illustrato da i53 incisioni • II ~ 

Legato alla bodoniana.l3 — 

Legato in tela. 

1884. Torino e l’Esposizione Nazionale. Un vo¬ 
lume in-4 di 480 pagine, con i5o incisioni. IO - 

1887. Venezia e l’Esposizione Nazionale Arti¬ 
stica. 48 pagine in-folio, con 5o incisioni I 20 

1887. L’Esposizione Internazionale di Macina¬ 

zione e Panificazione in Milano. Con 22 
grandi incisioni.— 7^ 

1888. Bologna e le sue Esposizioni. 48 pagine 
in gran formato, con 19 ritratti c 3o incis. 2 — 

1888. L’Esposizione Italiana a Londra. 32 pa¬ 
gine in-folio, con 36 incisioni .... I 20 

Testo di R. Bonghi, Vico Mantegazza, Luigi 
Chirtani. Ne fu fatta un’edizione inglese. 

1889. Parigi e l’Esposizione Universale. 320 pa¬ 
gine in-4 grande, splendidam. illustrato . 8 — 

1891-92. Palermo e l’Esposizione Nazionale. 
332 pagine in-4, con 22 ^ incisioni. . .IO — 

1893. Chicago e l’Esposizione Universale Colom¬ 
biana, di E. Bruwaf.rt, con 62 incisioni 3 — 

1898. Ricordo dell’Esposizione Generale Ita¬ 
liana e d’Arte Sacra a Forino. In-folio di 

40 pagine con copertina a colori . . . I 20 

1899. Terza Esposizione Internazionale d’Arte 

a Venezia. In tre fascicoli .... 3 75 

1901. Venezia eia IV Esposizione Internazionale 

d’Arte. In-4, con 88 riproduzioni delle principali 
opere e relativo testo illustrativo ... 2 5o 

1902. L’Arte Decorativa a Torino. In-4, di 32 pa 

gine, in carta di gran lusso, con 44 incisioni e 
coperta a colori.2 — 

1903. Venezia e la V Esposizione Internazionale 
d’Arte. Tre fascicoli in 4, riproducenti 118 delle 
migliori opere esposte e testo illustrativo 4 — 

1905. Venezia e la VI Esposizione Internazionale 
d’Arte. Tre album in-4, riproducenti 120 delle 
migliori opere esposte e testo illustrativo. 5 — 

1906. Esposizione Internazionale del Sempione 

a Milano. Un magnifico volume di 656 pagine 
a 3 colonne, con oltre 85o incisioni . . 2D — 

1907. Venezia e la VII Esposizione Internazio¬ 
nale d’Arte. Tré fascicoli in-4, riproducenti no 
delle migliori opere esposte c testo illustr, 6 — 

1909. Venezia e la Vili Esposizione Internazio¬ 
nale d’Arte. Contiene la riproduzione fotcgrafica 
di iipopere d’arte,con testo di UgoOjetti. Album 
in-4, su carta matata, legato in una cartella IO — 

1910. Venezia e la IX Esposizione Internazio¬ 
nale d’Arte. Contiene la riproduzione fotografica 
di 125 opere d’arte con testo d UgO Ojetti. Album 
in-4, su carta matata, legato in una cartella IO — 

|Dirigere commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, editori. 

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ricco d’incisioni di mode e di la¬ 
vori con annesso ad ogni numero 
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supplemento letterario, comp >sto 
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interessanti del giorno, c un Fi¬ 
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Nel Regno L. 5 l’anno (Kst.,jr.S). 


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teca Amena a scelta e un Calenda¬ 
rio illustralo pel 1911. (A prezzo 
d’issiiciaz. aggiungi re cei.t. 25 
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Illustrazione 


AnnoXXXVIII- J 911 


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Anno XXXVIII -19 JI 


Esce ogni domenicà in 24 pàgine in-folio à 3 colonne e copertinà 

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L’ Illustrazione Italiana è una rivista che tiene i lettori perfettamente al coricntc del mo¬ 
vimento politico, letterario, artistico e scientifico. Ogni fascicolo presenta la stoiia contempo¬ 
ranea dell’Italia, ed anche dell’estero: il tutto illustrato con grande impronta aitistica. Ila pe: 
collaboratori costanti i principali scrittori ed artisti italiani. Abbiamo il piacere di annun¬ 
ziare che nel 1911 FERDINANDO MARTINI ripiglierà la serie 

delle sue Confessioni e Ricordi. — I 52 fascicoli stampali in carta di lusso, formano in line 
d’anno due magnifici volumi di oltre 1200 pagine, illustrati da oltre 600 incisioni; ogni 
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Anno, L. 35 — Semestre, L. 18 — Trimestre, L. 9 ( Estero, Franchi 48 l'anno). 
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Lo splendido numero di N ATA LE E CAPO DANNO. Quest’anno 
__ lo manderemo franco <li i> or t o a tutti gli associati annui. 

Cr R AN PRFMTO STRAORDINARIO * Clli IIianda direttamente all t Casa Treves L. 100, 

CrfCmN riVC.lVJ.lW OINAUNUIINMIVIU. ricev.rà in pr mio 'edizione principe dia 
divina COMMEDIA, in - folio grande, illustrata da 67 tavole e 283 incisioni di Michelangelo. 
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secondo la legatura prc- f ~ T\ na * in associazioni 

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gurini colorali dei quali uno in prima pagina, 
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annessi e ricchezza di figurini. Nella parte let¬ 
teraria, racconti c romanzi dovuti alla penna 
dei migliori scrittori italiani e stranieri. Con¬ 
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e la gioventù. Disegni per ricalilo di stilt mo¬ 
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Questa rivista, tanto diffusa, per la sua 
italianità c la varietà degli articoli, il va¬ 
lore dei collaboratori, e l’abbondanza e la 
bellezza delle illustrazioni, è, si può dire, 
lo specchio fedele della vita di progresso 
che anima il nostro Paese in ogni campo 
dell’attività umana. Sono suoi collabo¬ 
ratori i piti celebri letterati italiani. Tutti 
i progressi della scienza c dell’industria 
sono studiati e spiegati da illustri specia¬ 
listi in forma popolare e con grande ric¬ 
chezza di illustrazioni. Un illustre letterato 
scriveva ultimamente: “ Io definirci 11 Se¬ 
colo XX come il Tesoro delle Famiglie, 
tanto vi s'impara dello svolgimento delta 
vita moderna, senza che il scuso morale c le 
buone idealità ci abbiano la menoma offesa 


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per l’anno iqu sono stale affidale ai migliori 
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Anno XLII - 1911 


Anno XXXIII - J9J1 



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tiene circa 80 magnifiche incisioni di mode e 
lavori, una grandissima tavola di ricami c mo¬ 
delli, oppure un modello tagliato d’oggetti d’al¬ 
tissima novità. Spiegazioni delle incisioni e de¬ 
gli annessi chiare c precise. L’Ei.f.ganza unisce 
alla ricchezza e alla varietà delle incisioni uno 
straordinario buon mercato. Tutti quelli che 
veggono il nostro giornale rimangono sorpresi 
di tanta ricchezza por prezzo cosi mite, c si af¬ 
frettano ad associarsi. In ogni fascicolo, Cor¬ 
riere di Parigi; notizie di mode e lavori; ar¬ 
ticoli di varietà; utili consigli nella Piccola cor¬ 
rispondenza; economia domestica, ecc. Disegni 
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FASCICOLO 


LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


*7 



ROMA. Veduta prospettica dei. Padiglione dei Congressi, 


L'Esposizione etnografica e Y Esposizione regionale a Roma, 


Su queste due, principalissime fra le Mostre 
romane del 1911, si è scritto parecchio, e non 
sempre bene, e specialmente da chi, non aven¬ 
done un’idea chiara, pareva non comprendere 
il concetto che ha guidato il Comitato nel ban¬ 
dire queste due Esposizioni che da taluno fu¬ 
rono giudicate come un artificiale raddoppia¬ 
mento di un unico programma. 

Ma in verità non è così. 

L'Esposizione Etnografica è una cosa e quella 
Regionale c un’altra: c se ambedue muovono 
dallo stesso concetto informativo, quello di il¬ 
lustrare le varie parti d’Italia in ciò che esse 
hanno di più caratteristico, non è meno vero che 
lo svolgimento e l’ordinamento delle due Mostre 
è assolutamente diverso. 

Occorre prima di tutto spiegare ben chiara¬ 
mente che cosa si propone l’una e che cosa si 
propone l’altra: di ambedue cercherò poi di dare 
un'illustrazione sommaria. 

11 concetto di Esposizione regionale è certa¬ 
mente nell’ima e nell’altra: ma quella che si in¬ 
titola Regionale mira a stabilire il peculiare ca¬ 


rattere storico e artistico del Paese, a fissarne, 
per così dire, la fisonomia esteriore ed estetica: 
mentre l'Etnografica vuol mostrare non l’aspetto 
del Paese, ma i suoi costumi, vuole indicare e 
riassumerne la vita. 

Bene perciò si potrebbe dire che quella Re¬ 
gionale è un’Esposizione statica, e quella Etno¬ 
grafica è dinamica : che l’ima può assomigliarsi 
ad un quadro, l'altra ad una cinematografìa. 

L’ Esposizione Regionale. 

Ognuna delle nostre regioni italiane ha avuto 
e sempre gloriosamente — una produzione 
artistica sua propria; ognuna custodisce monu¬ 
menti in cui è fedelmente rispecchiato un pe¬ 
riodo della sua vita passata, quando soltanto un 
debole legame univa tra loro le “cento città,,: 
legame che specialmente in alcuni secoli parve, 
ed era, così rilassato da non aver più se non 
un contenuto storico, da non esser più che un 
felice movimento letterario. Tristi tempi per la 
politica italiana, sebbene lietissimi per l’arte! 


Orbene: questa Mostra vuole riunire quasi in 
una rapida sintesi i monumenti o gli edifici pub¬ 
blici più significativi che esistono in ciascuna 
regione, c corredarli e completarli, per quanto 
è stato possibile, con le ceramiche coi mobili 
con le armi con gii strumenti musicali coi tes¬ 
suti con la stampa con la pittura. 

Certo fra tante Esposizioni fatte e da farsi, 
nessuna presentò c presenterà per gli ordinatori 
difficoltà maggiori che questa: c le difficoltà 
derivano — è ben ovvio pensarlo — dall'ab¬ 
bondanza del materiale. L’esplorazione degli 
avanzi storici e artistici in un Paese come l'I¬ 
talia in cui l'arte parve esser sempre — anche 
nei piti cupi secoli dell’alto medioevo — la pa¬ 
drona di casa, offre un numero infinito di saggi, 
un tesoro inesauribile di preziosi cimeli, fra i 
quali la scelta, che pur deve esser fatta, è ol¬ 
tremodo diffìcile. Ma facile, in compenso, è pre¬ 
dire che la Mostra offre un interesse estetico di 
prim'ordine, e non soltanto, come potrebbe cre¬ 
dersi, per chi conosce poco e male l’Italia. Anche 
coloro per i quali l’arte italiana non ha segreti, 



ROMA. li. PONTE DI CEMENTO ARMATO AD ARCO UNICO CHE COLLEGHERÀ LE DUE ESPOSIZIONI DI PlAZZA d’ArMI E 1)1 VlGNA CARTONI. 























































































































































































L E ESPOSIZIONI DEL 1911 


18 


trovano un nuovo e raro diletto in questo riav- 
vicinamento di forme d’arte cosi diverse, in que¬ 
sto confronto che, rapido e sicuro, può esser 
fatto tra monumenti così vari e inspirati a così 
vari ideali e derivanti da così varie origini. 

L’ Esposizioni: etnografica. 

È sopra tutto, come ho accennato, un’Esposi¬ 
zione di costumi. Per ciascuna regione italiana 
essa presenta un gruppo di edifici caratteristici 
per gli usi a cui servono : gruppo, nella sua to¬ 
talità, inventato, ma riproducente nei particolari 
questo o quell’edificio. E per ogni gruppo, la ri- 
produzione non è frammentaria, ma al possibile, 
completa: se c’è la casa si vedrà pure il telaio 
che vi lavora; se c’è la fabbrica, vi sarà pure la 
fornace; se vi si trova la strada o il canale, vi 
sarà pure il carro e la barca che li percorrono. 

È una serie di scene animate, proiettate su 


sfondi caratteristici, e nelle quali tutto è armo¬ 
nicamente combinato e disposto così da dai 
l’illusione perfetta; e se nell’Esposizione regio¬ 
nale il diletto deriva dal poter confrontare ra¬ 
pidamente, poniamo, l’arte toscana con la nor¬ 
manna, o la gotica con l'araba, qui la curiosità 
è vivamente eccitata dal fatto che in pochi mi¬ 
nuti si può passare da un campielli di Venezia 
alla strada di una città siciliana, da una fattoria 
romagnola a una casa rustica sarda. 

E poiché, insieme, tutto l’arredamento è in¬ 
tonato e originale, quale fonte di ricerche e di 
studi possono offrire i confronti! La grande 
varietà e ricchezza di forme che dimostra visi¬ 
bilmente la singolare varietà della fantasia ita¬ 
liana può servire però a deduzioni non meno 
curiose che scientificamente utili: e la Stona 
parlerà piti vivacemente agli osservatori che 
vedranno, per esempio, prevalere ancora oggi 


in Friuli le forme longobarde, e in Romagna le 
bizantine e le franche, e in Sicilia le normanne 

le arabe e le greche. . . .. , 

L’anima delle diverse popolazioni italiche non 
è soltanto nei proverbi negli stornelli nelle can¬ 
zoni che le valli e le montagne raccolgono e 
trasmettono di generazione in generazione: ma 
è anche nei mobili, negli arredi domestici, negli 
utensili delle cucine, nelle vesti, negli ornamenti, 
in tutto ciò che ha vaghezza d arte o è docu¬ 
mentazione di una gente c di un età. 

Lf. Mostre retrospettive. 

Ci sono fra i visitatori di una grande Espo¬ 
sizione coloro i quali ^interessano quasi unica¬ 
mente del passato. Essi ricercano con ansia tutto 
ciò che non è manifestazione di \ita modi ina, 
ma che è documento dell antico, il nome c 1 o- 
pera dell’artista contemporaneo non li interessa ; 



ROMA. Progetto del padiglione Regionale Lombardo (architetto Adolfo Zocchi). 


ma appena il quadro o la statua son vecchi al¬ 
meno di qualche decina d’anni essi acquistano 
quasi per ciò solo, importanza. Son questi gli 
esagerati laudatores temporis ai :ti : ma non si può 
negare che senza arrivare a questi eccessi mi¬ 
soneisti, è assai grande il numero di coloro cui 
diletta assai più una raccolta di cimeli e di 
memorie che non una meravigliosa mostra del¬ 
l'attività umana contemporanea. 

E a costoro che sono specialmente dedicate 
le Mostre d’arte retrospettiva clic avranno la 
loro sede in Castel Sant'Angelo. 

La superba mole 
Che fè Adrian sull’onda tiberina 

c che poi le varie vicende della storia romana 
e papale trasformarono nella più famosa delle 
fortezze medievali accoglie nelle sue ampie sale 
nei suoi lunghi corridoi nei suoi terrazzi una 
sene di Mostre che han tutte lo scopo di far 
conoscere le varie forme nelle quali, dal cin¬ 
quecento sino alla metà del secolo passato, la 
\ita si manifestava in Roma e nelle città vicine. 


Ricordi vari di arte pura e di arte applicata, I 
statue, busti, gemme, pizzi, capitelli, ferri bat¬ 
tuti, arazzi, stoffe, mobili, quadri, incisioni, af¬ 
freschi, acquerelli: tutto ciò, ordinatamente, e 
direi quasi storicamente, è distribuito nei sug¬ 
gestivi ambienti ove attese la morte Beatrice 
Cenci e languì per lunghi mesi Benvenuto Cellini. 

E più specialmente questa rarissima Mostra in¬ 
tende dare una visione e una rappresentazione 
ben distinta della influenza che ebbe in Roma 
1 arte di Michelangelo, la quale, secondo la fe¬ 
lice espressione di uno storico, aveva voltata la 
testa a tutti : quell'arte che riprodotta e conti¬ 
nuata dagli scolari e dagli imitatori, segnò la 
sua impronta in tutte o quasi le manifestazioni 
del tardo cinquecento e del seicento. 

Questa mostra d’arte retrospettiva è ordinata 
nel maschio del Castello; e il contenente, se è 
lecito dir così, è non meno attraente del conte¬ 
nuto. Perchè non si tratta qui di una Raccolta 
di oggetti preziosi quanto si vuole, ma distri¬ 
buiti monotonamente in una fuga noiosa di sale 
e di gallerie : si tratta di una mostra di cose 


antiche ordinata in un ambiente antico, in ca¬ 
mere in gabinetti in sale che sono ancora quali 
erano tre o quattro secoli fa. Perchè, inoltre, 
una parte di questa mostra, e non certo la meno 
interessante, è esposta in appartamenti del Ca¬ 
stello ora appositamente arredati con mobili del¬ 
l’epoca: alcune camere dell’appartamento privato 
dei Papi daranno un saggio autentico e completo 
di quello che era un grande Palazzo romano dei 
secoli XIV e XV. 

Mostre militari. 

Com’è noto, v'era già in Castel Sant’Angelo un 
Museo del Genio militare: ma in occasione del- 
1 Esposizione esso ha ricevuto un incremento 
notevolissimo. I bastioni della fortezza sono, 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI • Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO 7AE/ABRO DELLA GIURIA 




































L E ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 



La GABBIA PER 1 LEONI (fot. T. Mariani). 



1 GHIACCIAI PER GLI ORSI. 


Ingresso monumentali:. 


come veramente erano nei secoli scorsi, armati 
di artiglierie che sono fedeli riproduzioni delle 
artiglierie dell’età di Nicola V di Alessandro VI di 
Pio IV di Urbano Vili, dell’epoca francese, del 
periodo moderno. Vi sono anche curiose ripro¬ 
duzioni di cavalieri del 400 e del 5 oo, e di fan¬ 
terie medievali e romane: in originale sono 
esposti anche alcuni dei celebri cannoni a me¬ 
scolo della repubblica genovese e il cannone di 
Rignano e la spada di Cesare Borgia e scudi e 
corsaletti ed elmi ed armi da offesa, che rap¬ 
presentano tutto il cammino percorso dall'indu¬ 
stria e dall’arte in questo ramo, dai più antichi 
tempi ai giorni nostri. 

Mostra dell’arte salutare. 

Mostra di topografia romana. 

Per creare e ordinare quella serie di piccole ma 
veramente originalissime mostre che si aggirano 
intorno all’arte salutare nei secoli XVI e XVI 1 , 
sono stati messi a contributo tutti gli ospedali 


■ - ■ 

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FERNET-BRANCA 

specialità dei 

FRATELLI BRANCA - MILANO 

Amaro tonico , corroborante , digestivo. 

Guardarci dalle contraffazioni. 


di Roma, la Congregazione di carità, l’Univer¬ 
sità e specialmente ìe vecchie farmacie romane. 
Tanto che, essendo gli oggetti così raccolti non 
solo preziosissimi ma numerosissimi si è potuto 
anche aggiungere una sezione speciale di storia 
dell’arte ceramica nell'Italia centrale: arte che 
con la farmacia ebbe relazioni intime, perchè 
su speciali ordinazioni di questa, quella costruiva 
e forniva vasi istoriati e decorati che trasfor¬ 
mavano le botteghe dei farmacisti in veri e pro¬ 
pri gabinetti di ceramica. 

Ma la più curiosa di queste Mostre è senza 
dubbio un gruppo di locali riferentisi ad una 
farmacia della line del cinquecento o del prin¬ 
cipio del seicento, ad bottega una di flebotomo, 
barbiere e cerusico, e ad un gabinetto di astro¬ 
logo od empirico, che è poi precisamente quello 
del Borri milanese che, prigioniero in Castel 
Sant’Angelo, vi esercitò con licenza dei supe¬ 
riori, la medicina. Singolarissima storia questa, 
della quale parleremo quando si tratterà di illu¬ 
strare Castel Sant’Angelo. Naturalmente queste 
botteghe e questi gabinetti sono completamente 
forniti della loro originale suppellettile, ferri 
chirurgici amuleti ex voto medaglie ritratti per¬ 
gamene ecc., ecc. 

La mostra topografica consiste in una Rac¬ 
colta di documenti preziosi e rarissimi, che ri¬ 
guardano piante di Roma, vedute di monumenti 
romani, epigrafi, bassorilievi monumentali e, come 
complemento, avanzi e ricordi preziosissimi di 


Roma sparita, custoditi nei locali del Comune e 
del Ministero della Pubblica Istruzione. 

Di questa Mostra è quasi una necessaria ap¬ 
pendice quella che per brevità è chiamata la 
Mostra della Vita degli stranieri in Roma ; la 
quale raccoglie le memorie che riguardano più 
specialmente gli artisti i poeti i letterati stranieri 
che vissero in Roma, trasportando c conservan¬ 
dovi costumi speciali e speciali tradizioni. Sto¬ 
ricamente l’interesse di questa mostra è costi¬ 
tuito dal fatto che essa dà un grande rilievo al- 
l'influenza che sull'arte straniera in genere, ma 
specialmente sulla pittura di paesaggio, hanno 
esercitata Roma e la Campagna romana: rilievi 
dei quali non mancherà certo di tener conto chi 
vorrà occuparsi di questa parte, così importante 
e originale, della Storia dell’arte. 

Arturo Calza. 



Bagni Russi e Turchi 

Il miglior bagno del mondo in casa. 

Rimedia naturale infallibile 

contro 

Reumatismi Artriti, ecc. 

Opuscoli gratis - Scrivere: 

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ROMA. Procktto ufi padic.i.ioni di i Cimfi.ii r di i. i.k Scuoi.k 


LE ESPOSIZIONI DE 
































































































































































































LEGGENDA. 

— Macchio del Castello - Deposizioni di «in* 
applicata raodioovAlo © del rinoacijner.to. 

Baat. S Matteo Romano. 

Basi. S. Giovanni • Armi medioevali. 

Baal. S. Luca - Mostre del costume Rumano 
do: Cessati - Raccolte di Oggotti rnedioc* 
vali, o del Ri nascimento. 

Ba.it. S. Marco • Mostro «li affreschi ufce.o- 
cati - Magazzini antichi, mulino ecc. - Ac* 
czzzo zi Passo tto Vaticano. 

Il — Piano terreno • Uffici dei congressi i«cgre* 
Una, posta, telegrafi ccc.). 

1° piano • Mostra «li topografia romana. 

C — Piano torrcno • Sezioni dei congregai. 

1° pieno - Musco di storia deiringoguorta 
militare italiana 

D — Padiglione provvisorio * Sala di ina a gii ra¬ 
ziono dei congresci, conferenze ecc 
E — Padiglione provvisorio • Ristorante». 

F — Raccolto di oggetti modioerali o del Rina» 
.sci monto. 

G — Quadri panoramici di Roma medioevalo 
il — Padiglioni per mostro temporaneo 
K —Mostro retrospettiva degli artisti o stu¬ 
diosi stranieri a Roma 
/ — Direziono doi lavori 
I. — Custodi, giardinieri, lavettes ecc 
M — Monumento misure. 

N — Introni. 




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LE ESPOSIZIONI DEL 1911 













































































22 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


11 Comitato Esecutivo dell Esposizione di Roma. 

PRESIDENZA. 

Presidente d'onore: Baccelli Prof, fluido, Deputato al 
Parlamento. 

Presidinte effettuo: Di San Martino Conte Enrico. 

Vice presidenti : Penti vogna Big. Rosario, Assessore del 
Comune di Roma. De Martino Giacomo, Senatore del Re¬ 
gno. Ferrari Prof. Ettore. Laudani Prof. Rodolfo. Mar¬ 
tini Prof. Ferdinando, Deputato al Parlamento. Salva¬ 
re/za Avv. Cesare, Senatore del Regno, Assessore del 
Comune di Roma. Stringhe! - Prof. Bonaldo. 

Segretario generate: Danza di Scalea Principe Pietro, 
Deputato al Parlamento. 

Vice segretario generale: Dall’Oppio Gio. Battista. 

Sezione !. — ARCHEOLOGIA. 

Presidenti : Baccelli Prof. Guido, Deputato al Pai lamento. 
Lanciani Prof. Rodolfo. 

Apolloni Prof. Adolfo. Gatti Prof. Giuseppe. Ricci 
Prof. Corrado. Tomasetti Prof. Giuseppe. 

Sezione II. — BELLE ARTI ARCHITETTURA 
PITTURA SCULTURA. 

Pres ciente Ferrari Prof. Ettore. — Calderini Prof. Gu¬ 
glielmo. Dell’Olio lng. Pietro. Gallori Prof. Emilio. Gio¬ 
venale Prof. Ing. G. B. Guastalla Prof, Giuseppe. Levi 
Primo. Maccari Prof. Cesare, Sanjust de Teulada lng. Ed¬ 
mondo, Deputato al Parlamento, Sartorio Prof. Aristide. 

Sezione 11!. — MUSICA E DRAMMATICA. 

Presidente : Di San Martino Conte Enrico Barini 

Giorgio. Boutet Edoardo. Cantarli Principe Don Goffredo. 
Contarmi Avv. Salvatore. D’Atri Avv. Nicola. Falchi 
Prof. Stanislao. l'alena Ugo. Lodi Luigi. Manca dell’Asi¬ 
nara Stanislao. Marini Virginia. Mascagni Pietro. Morello 
Avv. Vincenzo. Pompei Avv. Edoardo. Romagnoli Prof. Et¬ 
tore. Salvini Tommaso. Sgambati Prof. Giovanni. Tomraa- 
sini Prof. Vincenzo. 'Bonetti Giovanni. 

Sezione IV. — CONGRESSI. 

Presidente: De Martino Giacomo, Senatore del Regno. 
— Albano Avv. Giovanni. Bissolati Leonida, Deputato al 
Parlamento. Colonna Romano di Cesarò duca D. Giovanni. 
Frascara Avv. Giuseppe. Galanti Prof. Arturo. Po- 
stempsky Prof. Paolo. Roux Luigi, Senatore del Regno. 
Ruspoli Principe Don Enrico. Sanminialelli t onte Donato. 
Segre Prof. Carlo. Vivante Prof. Cesare. 

Sezione V. — FESTE. 

Presidente : Danza di Scalea Principe Pietro, Deputato 
al Parlamento. - Amici Avv. Giovanni. Apolloni profes¬ 
sore Adolfo. Bcntivegna lng. Rosario. Bodrero Avv. Pom¬ 
peo. ( agiati Augusto. Cagli Benvenuto. Caruso Prof. Fran¬ 
cesco. ( el. sia di Vegliasco Barone Alessandro. Colonna 
Principe Prospero. Colonnelli Pompeo. De la I oni - Gordon 
Marchese Vittorio, De Martino Barone Gino Di Paterno 
Principe Pietro. Di Gallese Hardouiou Duca luigi Boria 
Principe Filippo. Fricdl nder Ettore. Giovannelli Principe 
Al erto Deputato al Parlamento. Guastalla Prof Giuseppe. 
A artini-Marcseotti Conte Alessandro Mazzoni Prof. Gae¬ 
tano Montani i arlo. Raimondi Ottorino. Rousseau avvo¬ 
cato Guido. Ruspoli Principe Camillo. Todaro Prof Fran¬ 
cesco, Senatore del Regno. Torlo ni a dì Civitella Cesi 
Principe Augusto. 

Sezione VI. — FINANZE. 

Presidente: Stringhe! - Prof. Bonaldo. — Besso Marco. 
De Angelis lommaso. Gualerzi Antonio. Levi della Vida 
Ettore. Mariani Emilio, Deputato al Parlamento. Miraglia 
avvocato Nicola, Direttore Generale del Banco di Napoli. 
Mironc Michele. l’Ietti Guido. 

Sezione VII. — RISORGIMENTO - COMMEMORAZIONI. 

Presidente: Martini Prof. Ferdinando, Deputato al Par¬ 
lamento. — Uose!li Prof. Paolo, Deputato al Parlamento, 
(inoli Conte Prof. Domenico. Mazziotti Avv. Matteo, Se¬ 
natore del Regno. Mcnghini Prof.'Mario. Pascarella Cesare. 
Seialoja Prot. Vittorio, Senatore del Regno. 

Sezione Vili. — ROMA AL MARE - EDILIZI 
E COMUNICAZIONI 

Presidente: Salvarezza Avv. Cesare, Senatore del Regno 
e Assessore del C amine di Roma. — Ferraris Prof. Mag¬ 
giorino, Deputato al Parlamento, l.uisgi Prof. lng. Luigi. 
Magauzini lng. Italo. Orlando lng. Paolo. 'Gittoni Avv. Ro¬ 
molo. Villa Avv. Giovanni. 


Sezione per i.a MOSTRA ETNOGRAFICA. 


Presidente: Martini Prof. Ferdinando, Deputato al Par¬ 
lamento. - Apollini Prof. Giuseppe Angelo. Dell’Olio In¬ 
gegner Pietro. Di Paterno Principe Pietro. Danza di Scalea 
1 lincipe Pietro, Deputato al Parlamento. Loria Prof I am- 
herlo. Sanjust de Teulada lng. Edmondo, Deputato al 
Parlamento. Vinciguerra Prof. Decio. 

GIUNTA DI CONSULENZA LEGALE. 

Seialoja Prof. Vittorio. Villa Avv. Giovanni. Vivante Av¬ 
vocato Cesare. 


GIUNTA DI CONSULENZA TECNICA. 
Presidente: Bentivegna lng. Rosario e Assessore dt 
C omune d. Roma. - Bcntivegna lng. Rosario. Calderir 
rot. Guglielmo. Dell Olio lng. Pietro. Ferrari Prof. Et 
oie. I.a nei ani Prof. Rodolfo. Levi Della Vida Prof. Fi 
toro Luiggi1 Prof. lng. Luigi. Maganzini lag. Italo.' Oi 

isi dcTcnuda " ,s ' » 


Sottocommissione del COMITATO ROMANO 
rru le MOSTRE RETROSPETTIVE. 
Presidente : Di San Martino Conte Enrico. Vice preside* 

FkresProf°r nn u 0 MarÌan °- Di Fede Marchese Giovar 
P ; 1 T r °- Uermanin Prof. Federico Leonardi doti.’ 
lentmo. Mantelli March. Pietro. Mflnoz Doti. Antonio 


LA COMMISSIONE ESECUTIVA 
dell’Esposizione Internazionale di 1 orino. 

Nel numero scorso, nell’articolo dedicato alla Stori 1 ! 
dell'Esposizione di Torino, furono riportati i nomi dì tutt 
gli onorevoli componenti la Commissione Esecutiva del¬ 
l’Esposizione di Torino. Pubblicammo anche i ritratti del 
senatore Villa presidente di essa Commissione, del sena¬ 
tore Frola presidente del Comitato Generale, e del sena¬ 
tore Tcofilo Rossi, sindaco di Torino, e vice-presidente. 
Diamo in questo numero una pagina contenente sedici ri¬ 
tratti di membri della Commissione Esecutiva, e cioè del 
conte Costa di Polonghcra, del deputato Alberimi, del 
deputato marchese Ferrerò di Cambiano, dell’editore av- 1 
vocato Ferdinando Bocca, del conte Di Pignoli, del sena¬ 
tore ed ex-ministro Severino Cas.ma, dell’on. Badini-Con- 
falonieri, del conte Delfino Orsi, direttore della Eazzelt i , 
del Popolo, del comm. A. Bianchi, del comm. Boyer, del¬ 
l’on. deputato Edoardo l anco, del marchese Campredon 
d’Albaretto, del conte Paolo Gazzelli Brucco, dell’on. dot¬ 
tore Sacheri, del coirmi. R. G. Cattaneo. Completeremo in 
altro numero questa interessante serie iconografica dei be¬ 
nemeriti dedicatisi al successo della grande mostra che 
Torino degnamente prepara. 


IL SENATORE FROLA 

Presidente della Giuria Internazionale. 

La Commissione Esecutiva dell’Esposizione di Torini, 
nella sua ultima adunanza, preoccupandosi dilla necessità 
di avere a capo della Giuria Internazionale persona com¬ 
petente e degna dell’alto incarico, ha pensato clic non po¬ 
teva fare miglior scelta che designare a coprire della ca¬ 
rica il Presidente del Comitato Generale dell’Esposizione 
InVrnazionalr, senatore Secondo Frola, clic tante e tanto be¬ 
nevoli prove di interessamento ha dato finora all’Impresa 
patriottica ; perciò lo ha nominato per acclamazione Presi¬ 
dente della Giuria Internazionale, nomina che Fon. Frola 
ha accettata. 


LA VISITA DEI SOVRANI 

a Castel Sant’Angelo. 

Il 6 dicembre alle 8 e mezza un automobile si fermava 
dinanzi al cancello di Castel Sant’Angelo, di fronte al 
Ponte di Terrò. Ne scendevano il Re, la Regina, il gene¬ 
rale Brasati, l'ammiraglio Garelli e il maggiore Camicia. 

1 Reali furono ricevuti all’ingresso dal conte di San 
Martino, dal colonnello Borgatti, dall’ing. Coari e dall’av¬ 
vocato Fanelli. 

Quindi passarono le due gallerie, già caserme, di Ur¬ 
bano Vili. Nel piano superiore di una c pressoché ulti¬ 
mato l’ordinamento del Musco d’ingegneria militare italiana, 
che antecedentemente era collocato nelle sale del Castello; 
nel piano superiore de l’altra galleria si sta preparando la 
mostra, che riuscirà interessantissima, ili Topografia romana. 

In piccoli fabbricati, adattati con costruzioni antece¬ 
denti, si stanno preparando le curiosità di questa mostra 
retrospettiva: cioè la celli del frate, la celta dell'alchi¬ 
mista, eco. 

La piazza del Castello ampia c sgombra delle baracche 
militari, è ora ridotta ad elegante giardino italiano. Da 
essa, pei la Porta del Soccorso, i Reali entrarono nella 
cinta quadrata e salirono all'antica Armeria, che, ripristi¬ 
nata secondo 1 antico decoro, servirà per la mostra Cosma¬ 
tesca, cioè dei marmorari romani, e per la mostra del 
Costume Romano (abiti, merletti, guanti, tabacchiere, tee) 
Il magnifico appartamento papale è stato richiamato dalla 
genialità del colonnello Borgatti, felicemente assecondato 
da una eletta schiera di artisti, di mobilisti e di decoratori, 
allo splendore dei migliori suoi giorni e opportunamente 
sistemato pei le varie sezioni che vi avranno sede. 



1! manifesto a colori della nostra Rivista, 
dipinto da L. Bompard. 




FESTE COMMEMORATIVE 
DELLA PROCLAMAZIONE 
DEL REGNO D'ITALIA 

verni 

avdstra 

DLL RìlRAlTO ITALIANO 

MARZO - LUGLIO 

ESPOSIZIONI lURNAZIoNÀlE 
rtW DI F1PR1CUCTURA 

MAGGIO 


Manifesto di Galileo Chini per l’Esposizione di Firenze. 


PER L’ESPOSIZIONE DI FIRENZE. 

// Comitato Es.cal vo per le Mostre del Ritratto Italia .o 
e dì Floricoltura che si terranno in Firenze nellaprimave a 
del icjit ci prega di pubblicare: 

Giungono ai nostri uffici in comune lettere c giornali 
nei quali ci si parla di una Esposizione di Belle Arti, di 
una Mostra retrospettiva d’arte e di una Esposizione In¬ 
ternazionale, che dovrebbero avvenire in Firenze nella 
primavera ventura. 

Noi vogliamo rammentare che il Comune di Firen.e 
non dà il suo nome che a due Esposizioni — quella deI 
R fia to titillano dal 1600 al i86r, che si inaugurerà in 
Palazzo Vecchio il i.° di marzo — quella Iatei nazionale 
di ]• fot icolfnro, che si terrà nel maggio nel giardino della 
R. Società 1 oscana di Orticoltura. E solo per queste Mo¬ 
stre lo Stato contribuisce, per la legge del 2 maggio 1910, 
con centomila lire e con facilitazioni ferroviarie. 

Ogni altra Esposizione fiorentina nel 1911 è di iniziatil a 
privata. 


11. Re 


IL 20 APRILE 1011 

inaugurerà i.’Esposizione di Torino. 


I.a domenica, 11 dicembre alle i3, il Re ricevette in 
Roma il senatore 1 omaso Villa, presidente della Commis¬ 
sione Esecutiva dell’Esposizione di Torino, il senatore Se¬ 
condo Troia, presidente del Comitato Generale cd il sona¬ 
tole liofilo Rossi, sindaco di 1 orino, i quali avevano 
chiesto udienza al Sovrano per pregarlo di voler fissare 
la data dell inaugurazione dell’Esposizione internazionale 
di 1 olino e di voler presenziare la c rimonia solenne. Il 
kc dichiarò di accogliere lietamente l’invito ed assicurò 
elu- sai ebbe intervenuto all’nauguraziune per quel giorno 
elio alla commissione esecutiva sembrasse più opportuno. 

Come data di inauguraz one fu perciò fissato il sabato 
29 aprile 1911. 

Il Re lu mol o soddisfatto di sapere clic per quel giorno 
1 Esposizione sarà in completo assetto. Egli si intrattenne 
pi 1 oLic mezz ora con i rappresentanti di Torino, felici¬ 
tandosi dello stato attuale dei lavori e dell’importanza clic 
assume l’Esposizione per la partecipazione di tutte le na¬ 
zioni civili. Egli si disse sicuro che all’Esposizione arri¬ 
derà un grande successo e si compiacque di recarsi a con¬ 
statarlo. 

Subito dopo l’udienza reale, i senatori Villa, Frola e 
Rossi furono ricevuti dal presidente del consiglio, Luz/alti 
per ini ormarlo della decisione presa dal Re per la data 
d inaugurazione, e per invitare ad essa ufficialmente il 
Governo. 

L011. T.uzzati 1 promise che il Governo avrebbe parteci¬ 
pato alla solennità con quell’interessamento vivo che po;ta 
a tutte le manifestazioni di operosità del Paese, e in par¬ 
ilo .a modo a questa, per l’altissima significazione patriot¬ 
tica che assume 


-o— uju muove uà 1 Ol* 

1 * ssc c 11 Sl a d°prerà ad eliminare le altre iniziative 
anche prese con i migliori intendimenti, potessero d 
g ime da lormo c da Roma la viva attenzione dell’Ii 
- del mondo. Il 1 residente del Consiglio fece allusiom 
Esposizione d, ,gi en c navale che si doveva tenere a 
no\a ne 1911 e Che ora, anche per consiglio del Cove 
sara rimandata di un anno. 






























































LE ESPOSIZIONI DEI 


3 


_ 1911 


TO R I N (). I P A I) 1 G L I () N i I) H L L F 


N A Z I O N 1. 



11. Palazzo OKI.la Germania (da un acquerello di Carlo Cassetti). 



Il Palazzo della Francia ( da un acquerello di Carlo Cassetti). 




























































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


2 4 


R O M A. L A C O M M I S S I O N E E S E C U T 1 V A D E L V E S P O S i Z I O N E. 



ETTORE FERRARI 


COMM. B. 5TR1/HGHER 


0N l . E F. MARTI NI 


C0MM.C.5ALVAREZZA 


0M0R L . E 6UID0 BACCELLI 

PRES, D'ONORE 


5EM*. E 5CIAL0JA 


IMS. B EflTI V E GN A 


PROF. R. LANCIA/HI 


CAV. RICCI ER.I 


PRINC'/G. POTENZIAMI 



















































































































































































L E ESPOSIZIONI DEL 1911 


20 


T ORINO. LA CO M M I S S 1 O N E E S E C U T ! V A 1) E L V E S P O S 1 Z I O N E. 



I| COMM. F. BOCCA [| 

/-/-»« » ha n nmo r C" r i— O 


MARCH.C.FERRERO&iCAMBIANO ìB 


CONTE E.COSTA di POLO/MGHERA 
5E6:C0MM'.ESEC: 


COMM.G. ALBERTI All 

S EG'COMM' r^/'VSEjC : 


COMM" COM? ESEC? 


COMM 




SEM. S.CA5AMA 

VICE PRESI COMfGEN? 


5E IN. A.BADINO GONFALONIERI 

VICE PRESI COM? sen! 


CONTE SEM. F. RI GNON 

VICE PRESE COM o GEN e 


CONTE D. ORSI 

VICE PRES?COMM r ESEC 


CAV. E. BOYER 

VICE PRESf COMM? E5EC 


COMM. A. BIANCHI 

VICE PRESI COMM? ESEC 


onor u E. DANEO 

VIGE PRES ( COM" ESEC 


COMM. R.G. CATTANEO 
COMM 15° COM°E5EC? 


IIMG. G. SACHERI 

COMMI5? COM? ESEC 0 


CONTE P GAZELLI-BRUCCO 
commise COM? ESEC? 


CONTE E. CAM PREDON J'ALBAipO 


COMMISE COM? ESEC 

















































































































































































































■ 2.6 


LE ES POSIZIONI DLL 1911 



La sponda sinistra del Po con vista del Castello Medioevale e del Valentino ove sorge l’Esposizione u»l n. Pomari). 

Dove sorge V Esposizione eli Torino. 


IL VALENTINO. 

Dove sorge l’Esposizione? 

A questa domanda io penso che possano ri¬ 
spondere, senza tema d’errare, non solo quanti 
alla prossima Esposizione si interessano, ma 
quanti appena sanno che un’ Esposizione avrà 
luogo nell’anno venturo, a Torino, per celebrare 
il cinquantenario del Regno d’Italia. Tre grandi 
Mostre nazionali, e in qualche loro parte inter¬ 
nazionali, hanno consacrato il Parco del Valen¬ 
tino a sede di tutte forse le grandi Rassegne 
delle industrie, delle arti, del lavoro, che si svol¬ 
geranno nella vecchia capitale del Piemonte; di 
queste rassegne e feste che sembrano divenute 
la caratteristica dei nostri tempi, se pur non 
muteranno tendenze ed ideali dello spirito mo¬ 
derno. 

Ogni volta che di un’Esposizione a Torino 
spunta l’idea, amor di novità e desiderio di ri¬ 
partire in altre zone della città i vantaggi più 
diretti ed immediati che derivano da ogni Mostra 
al commercio locale, fa sorgere in qualcuno il 
consiglio e la proposta di una nuova ubicazione. 
Ma sono voci isolate, o per lo meno non sono 
le voci della maggioranza quelle che invocano 
un’altra sede ; e il fascino del Valentino, dell’an¬ 
tica sede consacrata dalle Mostre precedenti, fini¬ 
sce sempre col vincere anche quella minoranza. 

E si comprende. Nessuna cornice, più gran¬ 
diosa e più attraente di quella che offre quel 
parco meraviglioso, può dare ad un’ Esposizione 
la città di Torino; nessuno spettacolo più pitto¬ 
resco, su cui l’occhio del visitatore possa posarsi 
a contemplare le meraviglie della natura, dopo 
di aver ammirate quelle dell’ ingegno e del lavoro 
umano. 

Osservato, contemplato, ammirato da migliaia 
e migliaia di ospiti durante tre grandi Esposi¬ 
zioni — del 1884 — del 1898 e del 1902 — esal¬ 
tato da scrittori, illustrato da artisti, cantato da 
poeti, il Valentino è divenuto il campo obbligato 
di tutte queste Mostre, appunto per l’ubicazione 
e la disposizione sua, per il vastissimo spazio 
che olire agli edifici, per la bellezza dei suoi viali 

e delle sue masse arbo¬ 
ree, e sovratutto per | 
quella, largitagli da na¬ 
tura, dei dolcissimi colli 
che si profilano innanzi 
e del fiume regale che 
gli scorre accanto. 

Qual più mirabile sfon¬ 
do si potrebbe trovare, 
all’ interno come alla pe¬ 
riferia e nei dintorni stes¬ 
si della città? La Piazza 
d’Armi, forse? 

— Sì, è quella il luogo, 


da cui si può pur godere, se non un più vario e 
pittoresco, certo un grandioso spettacolo di na¬ 
tura, il quale potrebbe anch’esso far da sfondo 
ad una di queste grandi feste del lavoro; uno 
di quegli spettacoli che rapiva d’entusiasmo, alla 
vista di quel maestoso emiciclo di monti, un di¬ 
plomatico inglese di sessant’anni fa, sir Rum- 
bold, il quale ancor lo ricordava — fatto vecchio 
ma non immemore dei giorni trascorsi a Torino 
— in un suo volume di Reminiscenze autobio¬ 
grafiche, pubblicato or sono pochi anni. 



Il Talentino 

con vista dei Cappuccini e di Superga. 


,E difatti fu appunto il gran largo di Piazza 
d Armi, coronato in lontananza dalla maestosa 
distesa delle Alpi, 

dal bianco eterno delle nevi alpine, 

la località che parve per poco contendere nel 
passato 1 onore di ospitare qualcuna di queste 
grandiose Mostre raccolte nella vecchia capitale 
del Piemonte. Certo in quella estremità di Torino 
in quell’immenso anfiteatro delle Alpi, innanzi 
,1 <1 sconfinata, piana c silenziosa, quel 

riflesso di bellezza maestosa e severa, che deriva 
appunto dalla grande catena alpina, coronante 


1 l’orizzonte, avrebbe pur fatto degno contorno 
all’ Esposizione. 

Ma quante altre attrattive e bellezze d’am¬ 
biente, quante comodità di adattamento per gli 
edifici delle varie Mostre, quante maggiori ar¬ 
monie fra l’opera dell’uomo e quella della natura 
circostante, e quante malie di colori, special- 
mente nelle stagioni in cui le esposizioni hanno 
vita, sarebbero mancate, le quali sono invece 
ricchezza ed ornamento del Valentino ! Attrattive 
e bellezze che abbondano nel gran Parco c che 
non potevano colpire il giovane ospite inglese 
dell’austera capitale del piccolo regno subalpino 
nel 1849, per la semplice ragione che il parco 
stesso era allora appena in formazione, come 
quello che conta poco più di mezzo secolo, non 
essendo stato aperto al pubblico che nel i 856 . 

Dico che era appena in formazione, perchè il 
giardino, clic prese nome dal vicino e vetusto Ca¬ 
stello Reale, venne veramente cominciato verso 
il '40, ma non fu che verso il 1860 che, rifatto 
e notevolmente ampliato dal capo giardiniere 
della città di Parigi, Barillet Decamps, apparve 
ai I orinosi leggiadro e splendido ornamento, 
destinato a crescere ancora in ampiezza e bel¬ 
lezza. Oh il magnifico scenario della collina ed 
il fascino del gran fiume, da cui è dolcemente 
lambita, avrà anche allora impressionato l’ospite 
della città, chiusa ancora in non larghi confini; 
ma di fronte a quello scenario non erano allora 
che prati e viali, e mancava l’attrattiva delle 
bellezze, creategli attorno dall’opera ingegnosa 
dell’uomo; mancava, a riscontro della poetica 
scena del Po e della collina, la scena, così varia 
e pittoresca, delle tenui vallette, delle dolci on¬ 
dulazioni del terreno, artificialmente apportatevi 
e la vaghezza delle aiuole, delle macchie d'alberi, 
degli erbosi cantucci pieni di raccoglimento e di 
poesia. 

E.chissà, se la meraviglia del \ alentino, come 
oggi si mostra, fosse apparsa all’ospite britan¬ 
nico, che cominciava allora a Torino la sua car¬ 
riera diplomatica, chissà quale altro inno, non 
mi no entusiastico e quale vago ricordo avrebbe 
contenuto il volume delle sue Memorie! 

Ma se è mancato al Valentino l’inno di sir 
Orazio Rumbold, quanti altri in lode delle sue 
bellezze sono toccati al mirabile Parco in questo 
mezzo secolo delia sua esistenza; quanti gridi 
di ammirazione ha strappato a tanti visitatori, 
venuti da tante parti diverse! 

Erano migliaia c migliaia, che ogni giorno, si 
può dire durante quelle tre grandi Esposizioni, 
1 gì an ai co vedeva riversarsi nel suo seno e 
fluttuare fra le aiuole ed i sentieri, vinte dalle 
sensazioni prime e^ più fresche che in loro su- 
scitava la vista dell immenso e poetico giardino 
anacciantesi al Po, prima ancora che essi si ac¬ 
cingesse! o alla visita delle Mostre disseminate 



LAMPADINE ÉIETTRICME Z 

COMPLE T AMENTI 

FABBRICATI IN ITALIA 




























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 91 i 


fra gli alberi fioriti. Pensate alle esclamazioni di 
meraviglia ed alle voci d’ammirazione, che da 
tanti petti ed in tante lingue irruppero alla vista 
del grandioso e meraviglioso panorama, innanzi 
a cui sorgevano le Esposizioni del 1884, del 1898 
o del 1902, e sorgerà ancora quella del 1911; 
la quale, come è noto, vincerà in estensione 
quelle che 1 hanno preceduta e oltrepasserà an- 
clu il \ alentino, allargandosi sino alla resrione 
del Pilonetto sulla riva del Po. 

Pensate a quello che era il Valentino — questo 
magnifico ospite di Esposizioni — in quell’ inizio 
appunto della nazione composta ad unità politica 
che si vuol commemorare; paragonatelo a quello 
che è oggigiorno cresciuto, ingrandito, arric¬ 
chito; guardate allo sviluppo clic ha preso, alle 
reliquie che vi restarono, delle Mostre passate 
a quelle meraviglie del Castello Medioevale, 


la splendida trovata del 1884, ed al monumento 
magnifico al principe Amedeo di Davide Calan¬ 
dra — e avrete come l’immagine della via per¬ 
corsa in questo mezzo secolo dal vecchio paese, 
al quale verranno gli Italiani d'ogni regione a 
due, nell anno che si avvicina, il grazie di cuore 
giati pei quanto esso ha fatto per la patria co¬ 
mune; verranno, prima di accingersi a quell’altro 
Pellegrinaggio nazionale, a quell’altra visita, non 
meno patriottica, che avrà per meta Roma e le 
sue Esposizioni. La vecchia e la nuova Capitale; 
il prologo e l’epilogo della mirabile opera a cui 
tutte quante le regioni hanno con amore e con fer- 
'■01 e contribuito — avranno così l'omaggio degli 
Italiani e d’ogni altra nazione del mondo civile; 
come 1 avra anch essa, quasi intermezzo geniale 
e gentile, la capitale di pochi anni, Firenze, il 
cui nome, per dirlo con un’immagine di DeAmicis, 


ci fa travedere colla mente delle legioni di scul¬ 
tori, di pittori e d’architetti, che sembrano gri¬ 
darci: — \ iva! — da lontano, agitando scalpelli, 
tavolozze e corone. 

Ld io amo pensare che non pochi fra i visi¬ 
tatori della futura Esposizione, quando stanchi 
pei lunghi giri attraverso alle gallerie ed alle 
sale delle varie Mostre, si soffermeranno a con¬ 
templare lo splendido panorama dalle aiuole e 
dai sentieri del \ alentino, saranno tratti a man¬ 
dare un saluto a quei monti gloriosi, dei quali 
non manca la visione anche dal Valentino, ed 
alla cui immagine ed alla cui forza indomabile 
sembra essersi da secoli e secoli foggiato il po¬ 
polo piemontese. 

Tot t.to, ìicncmbrc jpin. 

Giuseppe De abate. 



TORINO, le Palazzo delle Feste (da acquerello di A. Premoli). 


UNA VISITA ALL’ESPOSIZIONE CHE NASCE. 


La grandiosa “ Esposizione Internazionale delle 
Industrie e del Lavoro „ non è neppure ancora 
in fasce; è appena in gestazione; ma per entrare 
nel recinto dei lavori bisogna già essere muniti 
di un buon biglietto d’ingresso, proprio come 
quando l’Esposizione verrà inaugurata, anche se 
non sarà finita. Del resto, codesto è il destino 
ormai tradizionale di tutte le Esposizioni del 
mondo. A Torino però si lavora alacremente 
per tentare di interrompere la tradizione.... Mi 
sono avviato a fare una prima visita all’ Espo¬ 
sizione che nasce in una mattina grigia c nuvo¬ 
losa per obbedire al consiglio di un amico che 
m’aveva detto: 

— Va in una giornata sempre solo. 

-— Perchè? 

— Te lo dirò dopo. 

L’ingresso principale è e sarà all’imbocco del 
corso Massimo d’Azeglio col corso San Raffaello, 
intorno al monumento del Calandra al Principe 
Amedeo. Infilo una porticina aperta nello stec¬ 
cato, vietata alle persone non addette ai lavori, 
e subito un guardiano non ancora gallonato mi 
ferma con un: 

— Non si può fumare. 

Getto la sigaretta c tento di proseguire. Nuova 
fermata : 


— 11 biglietto? 

— Eccolo. 

11 guardiano appena mi vede il cartoncino fra 
le mani, subito obbietta: 

— E quello rosso, non serve piti. 

— Perche? 

— Perchè è scaduto. Quello rosso valeva pel 
mese scorso. Ora bisogna aver quello giallo.... 

Inutile insistere, inutile protestare, il Comitato 
esecutivo non dà biglietti di entrata nel recinto 
che per la durata di un mese; ed ogni mese 
cambia colore come un qualsiasi comitatp elet¬ 
torale 0 politico. Così ho dovuto rinunziare alla 
I mattina grigia e nuvolosa per visitare l’Esposi¬ 
zione, ritornare alla sede elei Comitato per mu¬ 
nirmi del biglietto giallo e ritornare un altro 
giorno, cioè in una mattina purissima e soleggiata. 

Appena oltrepassato l’ingresso principale da 
poco in costruzione e perciò delineato da un 
intrico di travi, di assiti, di tavolati, di tutto il 
materiale necessario ad una costruzione di legno, 
dopo aver malinconicamente osservato come 
nell’epoca nostra, che qualcuno definì 1’ “ epoca 
dell’acciaio,,, si usa invece con incredibile ab¬ 
bondanza il materiale di costruzione preistorico 
cioè il legno; appena ho potuto gettare uno 
sguardo sulla galleria delle macchine che si stende 


lunga, profonda interminabile a destra dell’in¬ 
gresso principale, mi sono ricordato del consi¬ 
glio dell’amico ed ho chiuso gli occhi abbacinati. 

11 sole batteva lungo la parete bianchissima 
della galleria già finita, col suo intonaco ancora 
fresco come se fosse tagliato nella neve candida 
di una recentissima nevicata, e mille bagliori ne 
sprizzavano accecanti. 

Così, cogli occhi semi-chiusi ho cercato un 
punto di vista più propizio all'igiene oftalmica, 
non senza inciampare in uno dei molti travi al¬ 
lungati qua e là, ed affondare nel fango gial¬ 
liccio e attaccaticcio di un pantano. Queste sono 
le delizie che attendono un visitatore dell’Espo¬ 
sizione che nasce. 

Ma sono appena le prime. Entro nella galleria: 
si lavora. Durante l’Esposizione qui gireranno 
vorticosi volanti, ingranaggi, cinghie di trasmis¬ 
sione, tutti gli ordigni piti complicati della mec¬ 
canica moderna; ora invece si lavora a costruire 
colonne, capitelli, cornicioni e statue tutte di 
gesso. 

Di fuori il sole battendo sulle pareti bianche 
vi accecava; qui dentro una nube leggera e 
bianchiccia si solleva ora di qua ora di là, 
da un deposito di sacelli e da un cumulo di 
gesso in polvere e vi fa sternutire e vi fa tos¬ 
sire e quasi vi soffoca. Nuove meraviglie della 
Esposizione che nasce.... 




































2,8 


LE [ESPOSIZIONI DEL 1911 



Ing. Pietro Fenoglio. 


Ing. G. Salvadori di Wiesenkotì. Ing. Stefano Molli. 

Gli architetti ed ingegneri dell'Esposizione di Torino (tot. Pomari). 


Ing. Riccardo Braida. 


Ad ogni modo tra uno sternuto e l’altro passo 
in rivista una curiosa compagnia allineata su 
due righe: innanzi stanno le “Primavere,, dietro 
le “Estati,, una compagnia immobile e silen¬ 
ziosa di donne simboliche in gesso, alte più di 
tre metri, colle gonnelle corte, coi piedi nudi, 
molto scollate: le “Primavere,, mostrano solo 
una parte delle loro dovizie colme e tonde; ma 
le “Estati,, hanno tutto il loro seno ampio e 
forte, nudo; c, innanzi a quella nudità di gesso 
e molto abbondante, sebbene la mattina sia so¬ 
leggiata» pure si sente un brivido di freddo, so¬ 
lamente invernale e viene la tentazione di rial¬ 
zare il bavero del soprabito. 

Ma gli stuccatori e i “ formatori „ col loro ber¬ 
rettino di carta sul cocuzzolo e le loro soprav¬ 
vesti bianche, s’aggiravano tranquilli fra la si¬ 
lenziosa schiera femminile, ed uno lavora ad un 


braccio, ed un altro ad un piede, ed un terzo 
al viso, al volto, al seno ed al resto; e poi si 
riuniscono e compongono la nuova recluta che 
vien portata in coda, e poi passano alla forma¬ 
zione di una nuova “Primavera,, dopo l’ultima 
“ Estate „, sconvolgendo senza un’esitazione l’or¬ 
dine delle stagioni. 

A quando a quando poi un plotone di uomini 
giunge, e afferra una di coteste seminude donne 
simboliche di gesso, se la carica sulle spalle e 
se ne va; e con anche solamente di gesso la 
donna comincia a compiere nell’Esposizione la 
sua funzione decorativa. 

Ero entrato nella Galleria delle macchine, mu¬ 
tata provvisoriamente in laboratorio di lavori 
di gesso, con un vestito in nero e ne esco in 
grigio. Quando mi accorgo dell'improvviso can¬ 
giamento e mi batto colle mani aperte tutte \e 


parti di me stesso, un operaio bianco se la ride 
e poi mi dice: 

— Vada a visitare “il palazzo stabile,,, quello 
del Giornale e dell’Arte della Stampa; è in mu¬ 
ratura, non si sporcherà.... 

Perchè all’Esposizione, il “ Giornale „ cioè l’or¬ 
ganismo più mobile; 1 ’ “Arte della Stampa,, cioè 
l’arte più varia e mutevole, avranno un palazzo 
stabile in muratura e in cemento armato, che 
rimarrà come sede di Esposizioni d’arte, quando 
tutti gli altri edifici di legno e di gesso saranno, 
ad Esposizione finita, abbattuti. 

Il palazzo del Giornale, secondo una minu¬ 
scola guida che il Comitato ha già fatto stam¬ 
pare illustrata, “è formato da un grande salone 
centrale di metri 80 per 26, attorniato da gal¬ 
lerie e da sale minori; occupa 9000 m.q. ed è 
stato costrutto in cemento armato. E sopra que- 



1 ORINO. Interno della 


grande galleria 


delle macchine. 

















































































LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 T i 


29 


ste preziose notizie possiamo ammirare una bella 
fotografia dell’edifìcio rifinito, imbandierato, ani¬ 
mato dai visitatori ad anche da un’automobile, 
che passa sul piazzale levigato e sodo. Io invece 
di fronte al palazzo, affondo nel fango, vedo 
una selva di travi che sorreggono le armature 
della costruzione in cemento armato; mi spingo 
all’interno, ma debbo guardarmi ora da uno stil¬ 
licidio, ora da una gragnuola di materiale vario, 
ora da un spruzzo cinerino di cemento non an¬ 
cora armato ma pericoloso per ogni vestito. 

Mi ritraggo: m’allontano un poco per abbrac¬ 
ciare con un colpo d'occhio l’insieme della co¬ 
struzione: vedo un bell’arco alto ed audace, una 
cupolina in costruzione intorno alla quale si muo¬ 
vono degli esseri minuscoli, qualche abbozzo di 


torricelle sugli angoli: il tutto legato da travi, 
da armature di legno, da qualche parte in mu¬ 
ratura: un guazzabuglio pittoresco ma incom¬ 
prensibile. 

Riapro la proficua guida: "gli edifici dell’Espo¬ 
sizione sono ispirati, per lo stile, all’architettura 
del Piemonte in genere, e più specialmente di 
Forino al principio del 700. Questo stile è la 
creazione di un solo artista, dell’abate Filippo 
Juvara, messinese (i 685 -t 736 ), che il Re Vit¬ 
torio Emanuele II aveva conosciuto nel suo viag¬ 
gio in Sicilia nel 1714 e condotto con sè in 
Piemonte. Visitando la città noi riconosceremo 
a prima vista fra gli altri edilizi le sue crea¬ 
zioni — il Palazzo Madama, il Palazzo di Giu¬ 
stizia; le chiese di San Filippo, di Santa Croce, 


del Carmine e sopratutto la basilica di Superga 
— nelle quali egli, evitando lo stile barocco 
troppo artifizioso del padre Guarini, che Io aveva 
preceduto, introduceva una eleganza nuova, linee 
insieme semplici e grandiose, e un gran buon 
gusto decorativo nell’architettura generale della 
città „. 

Ciò vuol dire che un gran buon gusto deco¬ 
rativo reggerà l’architettura generale dell'Espo¬ 
sizione. E per esserne convinto interrompo la 
mia prima visita, mi siedo su di una panca che 
avrà molte volte accolto una delle numerose 
coppie crepuscolari e notturne del Valentino, e 
mi metto a visitare l’Esposizione per benino, 
senza correr rischio alcuno, sfogliando la pre¬ 
ziosa aprioristica piccola guida illustrata. 



TORINO. Nei cantieri degli scultori k dei decoratori dot. Pomari). 


E così posso ammirare “ La fontana monu¬ 
mentale „ colle sue torri aguzze, il frontone im¬ 
ponente, le scalee maestose ed anche le colonne 
d’acqua; e poi senza scomodarmi, passare al 
grazioso “ Palazzo della moda „ e improvvisa¬ 
mente fronteggiare il “ Salone delle feste „ e, poi 
con un salto valicare il Po e passeggiare in¬ 
nanzi al “ Palazzo della Francia,,. 

E quello dell’Inghilterra del quale si dicono 
meraviglie e che sarà il più grande dei padi¬ 
glioni esteri occupando una superfìce di venti- 
mila metri quadrati! Sulla “Guida,, non c’è an¬ 
cora, per la semplice ragione che il padiglione 
d’Inghilterra è quasi finito e si può ammirare 
nella sua splendida realtà. Anzi 1 ’intonaco e gli 
ornati di gesso hanno già perduto quell’albore vi¬ 


vido ed accecante delle costruzioni recentissime 
e si sono coloriti di una patina giallo-avorio di 
ottimo effetto. 

In verità il Comitato inglese ha dato un 
esempio di attività e di energia non facilmente 
imitabile. Giunse primo sulla piazza: studiò la 
pianta dell’Esposizione, scelse uno spazio enorme 
di terreno attorno alla fontana monumentale del¬ 
l'Esposizione del 1898 e poi andò dal Comitato 
torinese e disse: 

— Vogliamo questo, questo e questo.... 

— Ma è il più bel punto dell’Esposizione. 

— L'abbiamo scelto per questa ragione. 

— Ma costa caro.... 

— Noi pagare.... 

— C’è un appezzamento di proprietà privata. 


— Noi comperare.... 

— Ma c’è anche una villa. 

— Noi buttare a terra.... 

E così gli inglesi hanno pagato, comperato, 
atterrato per riedificare; e quando incomincia¬ 
rono i lavori, avendo bisogno di una degna sede 
nelle vicinanze, comperarono per soprammercato 
una delle più belle ville del Valentino, quella 
dell’architetto d’Aronco. Si seppe poi che il Co¬ 
mitato inglese dispone solo per il proprio pa¬ 
diglione di una somma maggiore di quella che 
il Comitato generale italiano aveva per tutta 
l’Esposizione. 

Per noi italiani l’esempio è inimitabile.... 

Torino, novembre ipio. 

Nino Berrini. 


Francesco CRISPI: I MILLE 

(da documenti dell'archivio Crispi). — Un grosso volume im8 t col ritratto 
di Francesco Crispi in eliotipia e cinque facsimili: DIECI LIRE. 

MILANO, VIA PALERMO, 12 ; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 04-56-68. 


DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, 

















3o 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 




-~a 

CHE COSA GL’ITALIANI 

“ ^ 


COMMEMORERANNO NEL 1911 


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Non bisogna, purtroppo, illudersi. Gl’italiani 
sono giustamente alteri della loro libera vita na¬ 
zionale, unitaria; ma la storia del come questa 
unità fu voluta, propugnata, raggiunta, non è 
cosi popolare e divulgata come sarebbe davvero 
desiderabile. 

Tanto che, al Congresso della Società per la 
Storia del Risorgimento, tenuto in Firenze nel¬ 
l’ottobre del 1909, il Comitato toscano pose fra 
gli argomenti in discussione anche questo: — 
“ perchè la storia del nostro Risorgimento non 
è popolare?,, 

lo non scrivo qui per rispondere a tale que¬ 
stione; ma dalle molte domande che mi sono 
state rivolte in questi ultimi mesi intorno al 
" che cosa gl’italiani commemoreranno nel 1911 „ 
sono costretto a dedurre che il quesito del Co¬ 
mitato toscano era tutt’altro che campato per 
aria; giacché molti dei miei amici ed assidui mi 
chiedono quali fatti accaddero nel i86r che me¬ 
ritino nel [911 una commemorazione cinquante¬ 
naria tanto solenne?! 

E vero — gli anni storici veramente fattivi 
per l’unità italiana furono il i 85 g ed il 1860, e 
questi li abbiamo concordemente commemorati, 
da Torino a Napoli, da Magenta a Marsala, da 
Solferino e San Martino, a Maddaloni e a Capita. 

Ma non v'ha dubbio che il 1861 fu anch’esso 
un grande anno storico — poiché vide la riu¬ 
nione in Forino del primo Parlamento italiano 

— un Parlamento che raccolse insieme i rappre¬ 
sentati di tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, 
dalla Toscana alle provincie Napoletane, dalla 
Liguria alle Romagnc, dai ducati di Parma e 
Modena alle Marche, dalla Lombardia all’Umbria 

— fatto assolutamente nuovo nella storia. 

Questo nuovo Parlamento Na¬ 
ti primo zionale sorgeva da un Regno 

Parlamento Unico riunente insieme sotto la 
italiano monarchia costituzionale del re 
Vittorio Emanuele II, quasi 22 
milioni di abitanti. Secondo la legge elettorale 
politica vigente in Piemonte ed estesa a tutta 
Italia — la cui unità era stata votata da 3 , 3 18,543 
cittadini nei plebisciti gli elettori politici erano, 
per tutto il nuovo Regno, 394 , 365 . 

Fu un errore di uomini eminenti come Ca¬ 
vour Farmi, Minghctti ed altri non avere allora 
voluto vincere tradizionali paure, chiamando al¬ 
l'elettorato politico tutti coloro che avevano par¬ 
tecipato ai plebisciti degli anni anteriori, o, per 

10 meno, allargando notevolmente il diritto elet¬ 
torale, che allora era ristrettissimo. 

Le elezioni generali politiche furono decretate 
per il 27 gennaio 1861, sebbene la Camera non 
avesse ancora una anno di vita, essendo stata 
eletta il 25 marzo 1860 (VII legislatura). Ma, nel 
marzo del 1860 chi poteva mai supporre che 
quello che era il Regno Italiano dell'Italia Supe¬ 
riore (Piemonte e Liguria, Toscana, Ducati e Ro- 
magne) sarebbe diventato in meno di otto mesi 
tutto il Regno dell’Italia Unita, da Susa al Capo 
Passaro? Così, nel marzo 1860 erasi riunita quella 
Camera a cui Vittorio Emanuele 

I,a Camera aveva detto nel suo discorso 
del ’6<) della Corona del 2 aprile 1860: 

“ In tempo brevissimo un’invasione respinta, libera la 
Lombardia per gloriose gesta di eserciti, libera l'Italia 
Centrale per meravigliosa virtù dei popoli, ed oggi qui 
raccolti intorno a me i rappresentanti del diritto e delle 
spentine della nazione.... 

“....Noi invitiamo a nobile gara tutte le sincere opinioni 
per conseguire il sommo fine del benessere del popolo <• 
della grandezza della patria. La quale non è più l'Italia 
dei Romani, né quella del Medio Evo ; non deve essere più 

11 emi ipo delle ambizioni si rame re, ma deve essere bensì 
l'Italia deg! ’ lialiani. „ 

Perchè fosse davvero l’Italia degl’italiani man¬ 
cavano ancora all’ingrandito Regno, tutta l'Italia 
Meridionale, lo Stato Romano, dalla Cattolica 
al Mediterraneo, il Veneto. 

Per ciò la Camera, rispondendo il 14 aprile 
1860 con apposito indirizzo al discorso della 
Corona, notava che “ non tutte le speranze po¬ 
tevano ora essere esaudite, nè tutti i dolori ve¬ 
nire alleviati,, — e dopo espresso il compiaci¬ 
mento per l’avvenuto ampliamento del Regno 
Sabaudo, accresciuto della Lombardia c dell'Italia 
Centrale, concludeva: 

“ Questa vita novella, Sire, che, mercè vostra s’apre a 
sì gran parte d’Italia; questo si bello esempio dì civili 
virtù; questa sì rara concordia degli animi, se fanno con¬ 


trasto culle commozioni e coi dolori resi piu gran d altre 
provincie italiane , fanno pur fede della maturità dei co¬ 
muni destini e del valore delle acquistate libertà. Noi qui 
raccolti presso a voi, quali membri d’ima dispersa lami- 
glia che si riconoscono e si abbracciano esultando, pur 
colla gioia amareggiala dui pietoso desiderio degli assenti, 
noi sentiamo tutto il pregio di quella vostra parola che 
annunzia un'Italia nuova, l’Italia degl’ Italiani. Questa pa¬ 
rola ci sarà presente in ogni nostra deliberazione, sarà il 
lume di ogni nostro consiglio. Essa varrà a noi di stimolo, 
agli allei, meno di noi fortunali, di confarlo c di augurio.,, 

Mentre la Camera dei Depu- 
I Mille tati cosi parlava in Torino il 
14 aprile 1860 al Gran Re, in 
Sicilia ferveva, dal giorno 4, la rivoluzione accesa 
dall’apostolato di Mazzini, dalla tenacia di Crispi, 
dall’abnegazione disperata di Francesco Riso c 
compagni, dall’ardente iniziativa di Rosalino l’ilo 
e di Corrado. 

Susseguiva il 6 maggio la spedizione leggen¬ 
daria dei Mille; susseguivano eia Cai a tafimi a Mi¬ 
lazzo, da Reggio al Volturno, le vittorie irre¬ 
frenabili di Garibaldi, aiutate dal disfacimento 
(per molta parte abilmente preparato da Cavour) 
delle resistenze borboniche; la Sicilia e le pro¬ 
vincie Napolitane di Terraferma annettevansi al 
Regno dell’Italia Superiore, al quale pure annet¬ 
tevansi le Marche e l’Umbria, liberate dalla do¬ 
minazione papale mercè il pronto spirito insur¬ 
rezionale delle popolazioni ed il sollecito accor¬ 
rere delle truppe di Vittorio Emanuele; e in 
sette mesi il Regno d’Italia, quale all’indomani 
della pace di Villafranca era follìa sperarlo, era 
un fatto compiuto!... 

Questo fatto però — uscito 
Le elezioni dagli avvenimenti rivoluzionari 
del 1861 e militari con una rapidità che 
aveva sorpresa, stupefatta e pa¬ 
ralizzata la diplomazia europea — questo fatto 
abbisognava della consacrazione ufficiale, legale, 
proveniente dalla regolare, plenaria riunione di 
un Parlamento veramente Nazionale; e per ciò 
la Camera fu sciolta il 3 gennaio i86t, i 394,365 
elettori furono chiamati a votare per l’elezione 
dei nuovi deputati il 27 gennaio e, in caso di 
ballottaggio il 3 febbraio 1861, c da queste ele¬ 
zioni uscì la prima Camera veramente italiana, 
nel significato unitario nazionale della parola. 

Non si creda clic vi fosse un grande entu¬ 
siasmo nel ristretto corpo elettorale: le masse 
elettorali, non chiamate al voto, potevansi cal¬ 
colare divise in due correnti — una, quelle delle 
città, entusiasta per l’unità, l’altra, quella delle 
campagne, influenzata dai preti, ostile o per lo 
meno diffidente; Quanto al corpo elettorale, di- 
videvasi anch’esso in due parti — metà, politi¬ 
cante, e metà indifferente e astensionista. Fra i 
politicanti — eranvi i cavouriani, i garibaldini, 
cioè i moderati e i radicali, quelli che trovavano 
che tutto era stato fatto magnificamente dal go¬ 
verno, e quelli che trovavano che la rivolu¬ 
zione era stata ingannata, sfruttata, tradita. Così 
eranvi i mazziniani, che già facevano propaganda 
per l’astensione. E questo proposito dell’asten¬ 
sione era, specialmente negli stati di nuova an¬ 
nessione, propugnato dai cattolici, o meglio, 
clericali, e dai partigiani delle passate domina¬ 
zioni, papale, granducale, ducale o borbonica. 
In conclusione, il corpo elettorale del nuovo 
regno unificato accorse alle urne in proporzione 
di poco più del 5 o per cento, in generale; e i 
risultati furono, in prevalenza favorevoli alla po¬ 
litica cavouriana. In fatto, dai collegi dell’Italia 
Settentrionale venivano eletti in grande maggio- 
1 anza deputati amici di Cavour; in Toscana 
erano cavouriani i quattro quinti degli eletti; 
così pure nel Napoletano ed in Sicilia, cd all¬ 
eile nell Italia Centrale. La Sicilia aveva man¬ 
dati alla Camera di I orino dei lafariniani ; Na¬ 
poli dei costituzionali; la Toscana dei moderati 
riformisti; le Romagne dei cavouriani minghet- 
tiani ; la Lombardia dei cavouriani dell’antico 
partito albertista; il Piemonte dei cavouriani 
classici, cosicché in una Camera, composta nel 
febbraio 1861 di 443 deputati, eletti a scrutinio 
uninominale, Cavour aveva una maggioranza nu¬ 
merica rilevante. 

L’elenco degli eletti presen¬ 
tili eletti del 1861 tava i nomi più belli della storia 
patriottica d’Italia e del pro- 
giesso intellettuale e scientifico; — Agudio, Al¬ 
lucini, Allte\ i, Linei ico Amari, il conte I* rance- 
sco Arnioni, il marchese Giuseppe Arconati Vi¬ 


sconti , Rodolfo Audinot, Giuseppe Avezzana, 
Angelo Bargoni, il conte Pietro Bastogi, Fede¬ 
rico Bellazzì, il conte Pietro Beltrami, Agostino 
Bertani, Domenico Berti, Ludovico Berti, Carlo 
Berti Pichat, il matematico Enrico Betti, Giuseppe 
Biaricheri, Celestino Bianchi, il conte Oreste Bian- 
coli, Nino Bixio, Pier Carlo Boggio, il conte Carlo 
Boncompagni, Ruggero Bonghi, F rancesco Bor- 
gatti, Nicolò Botta, il dottore Bottero, direttore 
della Gazzetta del Popolo, il generale Brignone, 
Francesco Brioschi, Angelo Brofterio, Emilio 
Broglio, Giovanni Cadolini (ancora vivente), il 
generale Raffaele Cadorna, Benedetto Cairoli, 
Salvatore Calvino, Gabriele Camozzi, Federico 
Campanella, direttore deW Unità Italiana di Maz¬ 
zini, Giuseppe Canestrini, il conte Girolamo Can¬ 
telli, Cesare Cantù, il generale Carini, il pena¬ 
lista Francesco Carrara, il barone Domenico Ca- 
rutti, Gian Battista Cassinis, Stefano Castagnola, 
il duca Sigismondo Castromediano, Alberto Ca¬ 
valletto, Giuseppe Checchetelli, Desiderato Chia- 
ves avvocato e commediografo, il generale Cial- 
dini, il medico Emilio Cipriani, Raffaele Conforti, 
il marchese Antonio Colocci, Filippo Cordova, 
Cesare Correnti, Tomaso Corsi, il generale Co- 
senz, Francesco Crispi, il generale Cucchiari, 
Giuseppe Dassi, Mariano D’Ayala, Francesco 
De Blasiis, Filippo De Boni, Agostino Deprctis, 
Francesco De Sanctis, il generale Maurizio De 
Sonnaz, Giuseppe De Vincenzi, il barone Vito 
D’Ondes Reggio, il marchese Dragonetti, Vin¬ 
cenzo Errante, il letterato Bruto Fabricatore, 
Nicola Fabrizi, Luigi Carlo Farini, il banchiere 
Carlo Fenzi, Nicolò Ferracciù, Francesco Fer¬ 
rara, Giuseppe Ferrari, Saverio Friscia, Giuseppe 
Gadda, Antonio Gallenga, Giuseppe Garibaldi, 
Achille Gennarelli, il marchese Lorenzo Ginori, 
Giambattista Giorgini, il generale Covone, il 
conte Carlo Grillenzoni, il generale Griffini, 
Francesco Domenico Guerrazzi, il marchese An¬ 
seimo ed il marchése Carlo Guerrieri Gonzaga, 
Paolo Emilio Imbriani, il conte Stefano Jacini, 
Giuseppe La Farina, il generale Alfonso La Mar¬ 
mora, il generale La Masa, Giovanni Lanza, 
don Ottavio Lanza dei principi di Trabia, Luigi 
La Porta, don Antonio La Terza, Giuseppe Laz¬ 
zaro, Pier Silvestro Leopardi, Giuseppe Liber¬ 
tini, Mauro Macchi, Vincenzo Malenchini, Giu¬ 
seppe Malmusi, il conte Terenzio Mamiani della 
Rovere, Pasquale Stanislao Mancini, Adriano 
Mari, Alberto Mario, Tulio Massarani, Giuseppe 
Massari, Carlo Francesco Mayr, Giacomo Medici, 
Luigi Amedeo Melegari, Filippo Mediana, Achille 
Menotti lratello di Ciro, Luigi Mercantini, Fran¬ 
cesco Mezzacapo, Luigi Miceli, Gian Battista Mi¬ 
chelini, Marco Minghetti, Giuseppe Montanelli, 
Mattia Montecchi, Antonio Mordini, T avvocato 
Antonio Mosca, Giuseppe Natoli, Lorenzo Nelli, 
Giovanni Nicotera, il barone Nisco, il dottor Dio¬ 
mede Pantaleoni, Valentino Pasini, l'abate Carlo 
Passaglia, il conte Carlo Popoli ed il marchese 
Gioachino, Francesco Paolo Perez, il conte di 
Pensano, Ubaldino Peruzzi, Matteo Pescatore, 
Enrico Pessima, il generale Petitti, Pctruccelli 
della Gattina, Giuseppe Pica, il generale Pinelli, 
il professore Raffaele Piria, Michele Pironti, Giu¬ 
seppe Pisanelli, Agostino Fiutino, Carlo Poerio, 
Carlo Proietti, Pugliese Giannone, Matteo Radi, 
Luigi Ranco uno degl’iniziatori del traforo del 
Moncenisio, Antonio Ranieri l’amico di Leo¬ 
pardi, il conte Giovacchino Rasponi, Urbano 
Rattazzi, Oreste Regnoli, Francesco Rcstelli, 
Ignazio Ribotti, Bettino Rieasoli, il marchese 
Matteo Ricci, Giuseppe Robecchi, Liborio Ro¬ 
mano, Aurelio Saffi, Aurelio Saliceti, Giuseppe 
Saracco, il dottor Saragoni, Luciano Scarabelli, 
Antonio Scialoia, Quintino Sella, Luigi Settem¬ 
brini, Paolo Silvani, Riccardo Sineo, il generale 
Sirtori, Bertrando e Silvio Spaventa, Giuseppe 
Speroni, il principe Vincenzo di Scalea, Vin¬ 
cenzo Sprovieri, il generale Stocco, Giorgio d a¬ 
malo, Sebastiano 1 ecchio, Carlo l'enea, il generale 
I orre, monsignor Ugdulena, Lorenzo Valerio, 
Candido Augusto Vecchi, Saverio Vegezzi, Giu¬ 
seppe \ erdi, Emilio Visconti Venosta, Giuseppe 
Zanardelli, Antonio Zanolini, Luigi Zuppetta, etc. 

Si può dire davvero che quella era la Camera 
degli eletti! 

Nè meno scelta era la Ca- 
I senatori del ’61 mera dei Senatori. Il primitivo 
Senato Subalpino, che, dal 48 
al 18.59, aveva noverati i nomi più belli degli an- 



























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


3 r 



La seduta del 27 marzo 1861 della prima Camera Italiana in Torino (disegno di P.'Omegna). 


tichi stati Sardi, crasi accresciuto, pel fatto delle 
rivoluzioni del 184.8-49 e conseguenti emigrazioni 
in Piemonte, dei nomi più chiari d’Italia — come 
il conte Luigi Sancitale, l'avv. Ferdinando Mae¬ 
stri, l’abate Aporti, l’avvocato Gailini, il conte 
Vitaliano Borromeo, il conte Gabrio Casati, il 
conte Francesco Arese. Poi le annessioni del 
1869 e del 1860 avevano portato nella Camera 
Alta uomini come il conte Giovanni Arrivabene, 
il conte Luigi Barbiano di Beigioioso, Gian Bat¬ 
tista Camozzi, il nobile Carlo d'Adda, il generale 
Fanti, il conte Fenaroli, il conte Cesare Giulini 
Della Porta, Alessandro Manzoni, Gian Battista 
Nazari, Giorgio Pallavicino Trivulzio, Alessandro 
Porro, Luigi Torelli, il marchese Bevilacqua, 
Maurizio Bufalini, Ippolito Gamba, Giovanni Goz- 
zadini, il conte Filippo Linati, Carlo Matteucci, 
Antonio Montanari, il conte Giuseppe Pasolini, 
il conte Guglielmo Cambray Dignv, Gino Cap¬ 
poni, Silvestro Centofanti, l’abate Raffaele Lam- 
bruschini, Enrico Poggi, Francesco Puccinotti, 
il marchese Cosimo Ridolfi, Vincenzo Salvagnoli, 
il prof. Ferdinando Zanetti, Michele Amari, An¬ 
nibaie De Gasparis, il conte Pompeo di Cam- 
pello, Filippo Gualterio, Ruggero Settimo, il prin¬ 
cipe Rinaldo Simonetti, il principe Vincenzo 
Strongoli-Pignatelli, il marchese Luigi Favari, 
ed altri ancora. 

Raccoglievasi dunque nel primo Parlamento 
italiano, per IATI Legislatura, quello che si po¬ 
teva veramente dire il fior fiore d'Italia; e le due 
grandi divisioni politiche dominanti in quel Par¬ 
lamento potevansi riassumere così: il partito mo¬ 
derato, col programma vittorioso dell’Unità Ita 
liana, da compiersi per iniziativa esclusiva della 
monarchia di Casa Savoia; il partito d’azione, 
avente per programma anch’esso l’unità d’Italia 
con Casa di Savoia, ma salva la libera iniziativa 
popolare quando la monarchia si fosse mostrata 
lenta e temporeggiatrice. 

Vittorio Emanuele II, presen¬ 
ta seduta Ideale tatosi il 18 febbraio 1861 ad 
del ’61 inaugurare, nell’aula di Palazzo 
Madama in Torino il primo Par¬ 
lamento Nazionale Italiano, salutava i Senatori 
e i Deputati col discorso memorabile, che co¬ 
minciava: 

“ Libera ed unita quasi tutta, per mirabile aiuto della 
Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli, 
c per lo splendido valore degli eserciti, l’Italia confida 
nella virtù e nella sapienza vostra.,, 

Ed aggiungeva, nell'ultima parte del discorso: 

“ Altra volta la mia parola suonò ardimentosa essendo 
però savio cosi Io osare a tempo, come Io attendere a tempo 
(applausi). 

“-Devoto all’Italia, non ho mai esitato a porre a ci¬ 
mento la vita e la corona (applausi cd acclamazioni dì 
tutti i Deputati c Senatori, clic si sono levati in piedi) ma 
ne-suno ha il diritto di cimentare la vita e la sorte di 
una nazione (vivissimi segni di approvazione, interpretan¬ 
dosi la frase come allusione a Garibaldi, incitante gl'ita¬ 
liani a marciare per Venezia e per Roma). 

“ L’armata navale ha dimostrato nelle acque di Ancona 
c di Gaeta che rivìvono in Italia i marinari di Pisa, di 
Genova, di Venezia (applausi). 

“ Una valente gioventù, condotta da un capitano clic 
riempi del suo nome le piii lontane contrade, fece mani- 
t'csto che nò la servitii, nè le lunghe sventure valsero a 
snervare la fibra dei popoli italiani (viviss un applausi). 

" Questi latti hanno inspirato alla Nazione una grande 
confidenza nei propri destini. Mi compiaccio di manifestare 
al primo parlamento italiano la gioia che ne sente il mio 
animo di re e di soldato (salva unanime c prolungata di 
applausi). 

È vero che il discorso reale non accennava 
nemmeno indirettamente a Venezia ecl a Roma; è 
vero che vi era un mònito alla patriottica irre¬ 
quietezza di Garibaldi; ma il fatto di vedere riu¬ 
niti, la prima volta, da che l’Italia esisteva, tutti 
i rappresentanti italiani nella medesima capitale 
di un unico regno, faceva dimenticare per un 
momento ogni altra preoccupazione e riempiva 
gli animi di entusiasmo e di irrefrenabile com¬ 
mozione. 

Il grido unanime uscito dal 
II titolo Parlamento riunito nella seduta 
di “Re d’Italia,, reale, era stato: Evviva littorio 
Emanitele, re d'Italia. Era il grido 
che aveva animato alle battaglie nel 1809 e nel 
t86o, che aveva spinte le masse ai plebisciti 
unitari; e Camillo Cavour, presidente dei ministri, 
raccoglieva quel grido, presentandolo in forma 
di progetto di legge il 21 febbraio 1861, in un 
articolo unico così concepito: 

“ Il Re Vittorio Emanuele li assume per se e suoi suc¬ 
cessori il titolo di Re dhtalia.,, 

L’Ufficio Centrale del Senato riferiva tre giorni 
dopo — il 24 febbraio — su questo disegno di 
legge, e la relazione, dettata dallo scienziato ro¬ 
magnolo Carlo Matteucci (membri della commis¬ 


sione De Gori, Giuliani, Gaetano Giorgini e Niutta) 
diceva, fra l’altro: 

“ Il titolo di Re d’Italia pone in atto il concetto intero 
d Ila volontà nazionale; cancella i simboli delle nostre 
intèrne divisioni, è per l’animo d’ogni italiano un pegno 
di grandezza e di unione, accresce l’autorità del governo 
del Re nei consessi europei, ed offre alle grandi potenze, in 
mezzo alle quali il Regno d’italia prende posto, degna oc¬ 
casione per accettare il risorgimento politico di un popolo 
che ha tanto contribuito alla civiltà universale....„ 

11 disegno di legge fu immediatamente appro¬ 
vato dal Senato — il cui scrutinio segreto diede, 
il 26 febbraio, 129 voti favorevoli e 2 soli con¬ 
trari. . 

Cavour portò Tu marzo alla Camera il pro¬ 
getto, col proposito che la Camera lo, votasse 
il 14, giorno natalizio del Re (1820) ed anche 
del principe ereditario Umberto (1844). 

La Commissione della Camera per riferire su 
tale disegno di legge fu composta di Bettino 
Ricasoli, Cipriani, Paternostro, Gioachino Popoli, 
Macciò, Audinot, Natoli, Baracco e Gian Battista 
Giorgini relatore. 

“ Il diritto di Vittorio Emanuele II al Regno d’Italia — 
diceva la relazione del Giorgini — emana dal potere co¬ 
stituito della nazione; egli vi regna in virtù di quegli 
stessi plebisciti ai quali si deve la formazione del Regno 
d’Italia... „ 

E concludeva invitando la Camera a votare 
la traduzione in legge di “ un’affermazione so¬ 
lenne del diritto nazionale, un grido di entusiasmo 
convertito in legge,, — come aveva detto il conte 
di Cavour nella sua relazione. 

E la Camera il 14 marzo, con 294 voti, sopra 
294 presenti, votava la brevissima legge, procla¬ 
mante littorio Emanuele li Re d'Italia. 

La legge veniva promulgata con decreto reale 
del T7 marzo 1861 — ed è questo uno degli av¬ 
venimenti memorabili che l'Italia è ora chiamata 
a celebrare dopo cinquantanni. 

La Camera il ^ 7 marzo aveva 

La questione anche approvato l’indirizzo, re- 
Romana datto da Luigi Carlo Farini, in ri¬ 
sposta al discorso della Corona. 

Quell’indirizzo, fra altro, diceva al Re: 

“ Voi sapete che il nostro pensiero si volge pietoso alla 
desolala Venezia, e che l’Italia affannosa aspira alla sua 
Roma... „ 

La questione di Roma era la piti complessa: 
le trattative avviate da Cavour presso lo stesso 
pontefice Pio IN, in Roma, facendogli sottoporre 
per mezzo del cardinale Santucci — intermediarii 
il padre Carlo Passaglia e Diomede Pantaleoni 
un progetto di legge di guarentigie, per il quale 
il papa rinunziava al potere temporale, procla¬ 
mandosi il principio della libera Chiesa in libero 
Stato, parevano nel gennaio e nel febbraio riu¬ 
scite; ma d’ un tratto il cardinale Antonelli, per 
un complesso di ragioni interne ed esterne, na¬ 
scondenti la vera ragione — forse i suoi interessi 
personali — le rompeva. 


L'opinione pubblica europea era Lutta^ansio- 
sissima in quei giorni per la Questione Romana; 
la Francia, le cui tru ppe presidiavano ancora, 
Roma, era inquietissima' Napoleone 111 era sem¬ 
pre, di Sentimenti, favo r evolissimo all’Italia; un 
opuscolo La Franco, Rome et l’italie del signor 
de la Guérronicre, inspirato certamente dall’im¬ 
peratore, cercava di ammonire ed addolcire, 
senza risultato, gli animi della Corte Romana, 
presso la quale crasi rifugiato lo spodestato 
Francesco 11, ex-re delle due Sicilie; a Parigi, 
nel riapertosi Corpo Legislativo le discussioni 
accendevansi contro l’Italia mirante a Roma; e 
le legittime aspirazioni italiane venivano difese 
dal principe Napoleone, sposo della principessa 
Clotilde di Savoia, con un discorso formidabile, 
ila lui pronunziato nel Senato francese il i° marzo, 
e rispecchiante in molta parte i sentimenti perso¬ 
nali di Napoleone HI, italofilo sempre, malgrado 
— come scriveva il conte Vimercati — il suo 
“ pessimo contorno „. 

“ Non avrei creduto mai — scriveva 
Il clericalismo il Vimercati a Michelangelo Castelli — 
francese che il clero ed il papa avessero in 
e Napoleone Francia tanto potere. Questa benedetta 
questione di Roma ha qui eccitato 
talmente tutti gli spiriti, che le società sono ora divenute 
impossibili. Vorrei che i nostri esaltati venissero qui, e 
vedessero come le cose stanno; ti assicuro che calmereb¬ 
bero i loro ardori; a meno che si sentissero assai forti da 
lottare contro l’Austria e contro la Francia contempora¬ 
neamente.... Invece di andare a Roma in una sola tappa 
bisogna andarvi in due, ma bisogna accontentar l’Impe¬ 
ratore assolutamente; l’opposizione che ora gli si fa in 
Francia deve cessare, perchè se Napoleone perde la sua 
forza noi siamo fritti!... Cavour è troppo uomo di Stato 
per non comprendere e comprenderà.... „ 

In queste circostanze la prima Camera italiana, 
intraprendeva il 25 marzo ’6i la discussione sulla 
Questione Romana, a proposito di un’ interpel¬ 
lanza presentata dal deputato del V collegio di 
Bologna, Rodolfo Audinot, d’accordo con Ca¬ 
vour, mentre una petizione firmata da alcune 
migliaia di italiani chiedeva al Parlamento un atto 
di protesta ed un richiamo ai governi europei 
contro l’occupazione francese in Roma. 

La discussione, elevata ed ap- 
Cavour e Roma passionante, durò alla Camera 
per tre sedute — 20, 26 e 27 
marzo ’6i : e il conte di Cavour — mentre Mas¬ 
simo d’Azeglio nel suo recente scritto Questioni 
urgenti aveva detto che Firenze poteva ben es¬ 
sere la capitale d’Italia “ contro la fantasticheria 
classica-retorica di Roma capitale,, — il conte di 
Cavour proclamava in piena Camera, in uno dei 
suoi piti inspirati discorsi: 

“ La stella d’Italia è Roma; è dessa la nostra stella 
polare. Bisogna che la città eterna nella quale si accumu¬ 
lano venticinque secoli di gloria sia la capitale d’Italia. 
La nostra Unità, la pace d’Europa sono a questo prezzo. 
Ma perchè l’Italia possa giungere a Roma, bisogna andarvi 
a queste condizioni: d’accordo con la Francia, e sinché 
la grande maggioranza dei cittadini d’Italia c altrove non 





























LE ESPOSIZIONI DEL 19 1 1 


32 


veda nella riunione di Roma al resto d’Italiajl -segnale 
dell'asservimento della Chiesa. Bisogna in altri termini 
che noi andiamo a Roma senza che l’autorità civile estenda 
il suo potere sul dominio dell’ordine spirituale.... Sono 
le forze morali che ci condurranno a questo risultato, è 
il convincimento che la religione non ha nulla a temere 
dalla libertà. Bisogna che il pontefice intenda ed accetti 
questa situazione delle cose, la quale gli darà una libertà, 
quale non ebbe mai la potenza cattolica. L Italia procla¬ 
merà il gran principio della Libera Chiesa in Libero 
Stato.... „ 

Questa discussione, degna pie- 
Roma Capitale! miniente del primo Parlamento 
del Regno d’Italia, si chiuse il 
27 marzo con l’adozione del seguente ordine del 
giorno presentato da Carlo Boncompagni, Bettino 
Ricasoli, Giuseppe La Farina, Stefano Jacini, 
Carlo Poerio, Nicola Fabrizi ed altri, ed accettato 
da Cavour: 

« La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero, con¬ 
fida che, assicurata l’indipendenza, la dignità e il decoro 
del Pontefice e la piena libertà della Chiesa, abbia luogo, 
di concerto colla Francia, l’applicazione del principio del 
non intervento e che Roma Capitale, acclamata dall opi¬ 
nione nazionale, sia resa all’Italia; c passa all’ordine del 
giorno. „ 

Questo voto, che affermava in modo ufficiale 
e solenne il fermo proposito dell Italia, appena 


unificata, di volere la sua Capitale Storica sarà 
commemorato, dopo cinquantanni, dagl Italiani, 
memori e grati, in Roma e mi orino, insieme a 
quello che conferiva al Gran Re il titolo di Re 

d’Italia. . , . r . 

Nella storia si frammischiano ai tatti neces¬ 
sari ed inevitabili dei soffi di poesia; e la poe¬ 
sia commemorativa del 1911 rievocherà 1 sotn 
di poesia che animarono nel 1861 1 voti del 14 
e 27 marzo del primo Parlamento Italiano. 

Alfredo Comandine 


LUXARDO 

MM pHlNOdi ZARA 

Questo]j([llOre rinomato 
non dovrebbe mancare 
a nessuna mensa. 


È USCITO 


La BELLA NAPOLI 

Numero di 

Natale e Capo d Anno 

= deir ILLUSTRAZIONE ITALIANA = 

Quattro grandi tricromie fuori testo da quadri di F. P. Michetti, Antonio 
Mancini, Vincenzo Caprile e Giuseppe De Sanctis. Tredici tricromie nel 
testo. Incisioni a colori e numerose incisioni in nero e in doppia tinta. Cck 
perta in tricromia di V. Caprile. Testo di Ettore Moschino. 2 50 


* 

DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, 1 

N MILANO, VIA PALERMO, 12. 









È USCITO 


PARVULAE 


PAGINE SPARSE 

di 


Paolo Mantegazza 


L'illustre scrittore, di cui la perdita avvenuta poche 
settimane fa, fu deplorata dal mondo letterario come dal 
mondo scientifico, aveva lasciato al suo editore Treves 
questa raccolta di articoli brillanti, a condizione di pub¬ 
blicarli dopo la sua morte. Egli li considerava piccole 
coso, eppcrò li battezzava col corno di Parruhr. - ■ 


ECCONE I. 

Le reliquie di Shelley a San 
Terenzo. 

Una conversazione coll' im¬ 
peratore di Germania a 
Berlino. 

Il nervosismo di alcuni grandi 
italiani. 

Conversazioni con Stanley. 

Ciò che non si sa. 


.'indice: 

La psicologia delle traduzioni. 
Un brodo malsano. 

Da Milano a Colonia e vice¬ 
versa. 

Il battesimo del nostro secolo. 
Il mio primo passo. 

Quattro fiori. 

I miei primi pensieri di quasi 
ventanni (1880-1896). 


Un volume in-16 in carta di lusso: Tre Lire. 

Dirigere raglia agli editori Fratelli Treves, in Milano. 


OPERE DI 

CARLO DOSSI 

VOLUME PRIMO: 

L’ALTRIERI. 

VITA DI ALFREDO PISANI. 

ELVIRA (elegia) 

GOCCI E D’I NCHIOSTRO. 

Con preludio di Primo Levi, c due disegni 

di Tranquillo Cremona: 3,,TO 


VOLUME SECONDO: 

IL REGNO DE’CIELI. 
LA COLONIA FELICE 
AMORI. 

GIORNI DI FESTA 

l n volume in-16 di 280 pagine : Lii*o 
Diligere vaglia ai Fratelli Treves, editori, in Milano. 


SONO USCITE LE 


MEMORIE della Baronessa OLIMPIA SAVIO 


Pubblicato con note doìl’Avv. Prof. RAFFAELLO RICCI. 

Due volumi: Lire 7,50. 


È forse il primo libro di memorie scritto da una donna italiana col 
brio francese. Perciò otterrà un grandissimo successo. 




DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12; E GAI.L. VITT. KMAN., 64-66-68. 




ESPOSIZIONI 

(Album, Giornali. Numeri unici, riccamente 
illustrati, pubblicati dalla Casa Treves.) 

r8 7 3. Album dell’Esposizione Universale di 
Vienna. Un voi. in-4 grande, con 109 ine. 5 — 
Testo di R. Bonghi, De Cesare, Filippi, Ga¬ 
belli, ecc. 

1880. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 
nale di Belle Arti a Forino. Con 52 quadri e 
29 statue, e coi ritratti degli artisti premiati 12 — 

Legato alla bodoniana.14 — 

18 81. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 

nale di Milano. In-folio con i 5 o grandi quadri 
tirati a parte in carta sopraffina . . .20 — 

Legato alla bodoniana.22 — 

Legato in tela e oro. 25 — 

,88r. Milano e l’Esposizione Nazionale. 320 pa¬ 
gine in-4 grande, con i 3 o incisioni . .IO — 

[ 883 . Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 
nale di Belle Arti a Roma. In-folio con 49 

quadri e 16 statue.IO — 

Legato alla bodoniana.12 — 

1884. Album-Ricordo dell’Esposizione Nazio¬ 
nale di Forino, diviso in quattro parti: 

La storia e le feste dell’Esposizione, di G. Armandi. 

Con i 3 grandi disegni e ritratti ... I — 
Il Castello Medioevale, descritto da Camillo Boito. 

Disegni di Sezanne, Bonamore e Matania. 2 — 
L’Esposizione Industriale, di G. Robustelli. Con 

40 incisioni.4 — 

L’ Esposizione Artistica, di Luigi Chirtani. Con 
45 quadri e 14 statue e gruppi ... 4 — 

Le 4 parti riunite in un volume formano uno stupendo 
Album in-folio illustrato da i 53 incisioni .II — 

Legato alla bodoniana.l 3 — 

Legato in tela.l 5 — 

1884. Torino e l’Esposizione Nazionale. Un vo¬ 
lume in-4 di 4^0 pagine, con i 5 o incisioni. l 5 — 

1887. Venezia e l’Esposizione Nazionale Arti¬ 
stica. 48 pagine in-folio, con 5 o incisioni I 25 

1887. L’ Esposizione Internazionale di Macina¬ 

zione e Panificazione in Milano. Con 22 
grandi incisioni.— 

1888. Bologna e le sue Esposizioni. 48 pagine 

in gran formato, con 19 ritratti c 3 o incis. 2 — 

1888. L’Esposizione Italiana a Londra. 32 pa¬ 
gine in-folio, con 36 incisioni .... I 25 

Testo di R. Bonghi, Vico Mantegazza, Luigi 
Chirtani. Ne fu fatta un’edizione inglese. 

1889. Parigi e l’Esposizione Universale. 320 pa¬ 
gine in-4 grande, splendidam. illustrato . 8 — 

1891-92. Palermo e l’Esposizione Nazionale. 
332 pagine in-4, con 225 incisioni. . .IO — 

1893. Chicago e l’Esposizione Universale Colom¬ 
biana, di E. Bruwaert, con 62 incisioni 3 — 

1898. Ricordo dell’Esposizione Generale Ita¬ 
liana e d’Arte Sacra a Torino, in-folio di 
40 pagine con copertina a colori ... I 25 

1899. Terza Esposizione Internazionale d’Arte 

a Venezia. In tre fascicoli .... 3 75 

1901. Venezia eia IV Esposizione Internazionale 

d Arte. In-4, con 88 riproduzioni delle principali 
opere e relativo testo illustrativo . . . 2 5o 

1902. L’Arte Decorativa a Torino. In-4. di 32 pa 

gine, in carta di gran lusso, con 44 incisioni e 
coperta a colori.2 — 

1903. Venezia e la V Esposizione Internazionale 

d Arte. Tre fascicoli in 4, riproduccnti 118 delle 
migliori opere esposte e testo illustrativo 4 — 

1905. Venezia e la VI Esposizione Internazionale 

d Arte. Tre album in-4, riproducenti 125 delle 
migliori opere esposte e testo illustrativo. 5 — 

1906. Esposizione Internazionale del Sempione 

a Milano. Un magnifico volume di 656 panine 
a 3 colonne, con oltre 85 o incisioni . .25 — 

19-7- Venezia e la VII Esposizione Internazio¬ 
nale d Arte. Tre fascicoli in-4, riproduccnti rio 
delle migliori opere esposte e testo illustr. 6 — 

1909. Venezia e la Vili Esposizione Internazio¬ 
nale d Arte. Contiene la riproduzione fotcgrafica 
di r 19 opere d’arte, cori testo di Ugo Ojetti. Album 
in-4, su carta matata, legato in una cartella IO — 

1910. Venezia e la IX Esposizione Internazio¬ 
nale d’Arte. Contiene la riproduzione fotografica 
di 125 opere d’arte con testo di Ugo Ojetti. Àlbum 
in-4, su carta malata, legato in una cartella IO — 

Dirigere commissioni e vaglia ai Fratelli Treves, editori. 

-■ - r— , , ^ 
















































































FASCICOLO 3.° 


LE ESPOSIZIONI'!) E I 


i 9 V 


33 


R O M A. 


NEI CANTIERI I) E L L A S C U L T U R A. 



I GRUPPI MóNUN)E.NTPrLt. 

4 <50 METRI V^UeEXA. 


(Disegno di Aldo Molinari.) 


\ 

yy <r 
! 


D • 

i) 






P\L LCyJORO 




































34 


LE ESPOSIZIONI D'EL 1.911 




Le Terme DiOCLEZIANE NEL 1070 <IUgia Pinacoteca di Bologna). 

Roma. L’Rsposizione Archeologica 

E LE TERAE DI DIOCLEZIANO. 


Appena sorse l’idea di fare a Roma nel 1911 
una grande Esposizione (l’Archeologia, fu una¬ 
nime consiglio che essa non potesse aver altra 
sede che le Terme di Diocleziano. Tutto pareva 
indicarla: la mirabile maestà del luogo, l’am¬ 
piezza solenne' della sede, la severa poesia che 
aleggia in quell’ immenso vetustissimo edifìcio 
così pieno di grandi memorie, la vicinanza in¬ 
fine del Museo Nazionale romano, ove la Roma 
italiana va raccogliendo con tenacia e con 
fortuna i piti insigni monumenti archeologici che 
il suolo dell’Urbe e del Lazio, fecondissimo 
sempre, mette quasi quotidianamente in luce. 

Nè il momento poteva essere più favorevole. 


Corrado Ricci, Direttore Generale delle Belle 
Arti, ha potuto finalmente vincere le gravissime 
difficoltà di ogni genere che si opponevano a 
che potesse aver attuazione un suo antico e 
geniale proposito: quello di liberare il grandioso 
monumento dalle sconce e meschine superfeta¬ 
zioni che gli si erano addossate, quello di far 
sparire le case, le casupole, le tettoie, i magaz¬ 
zini, le lavanderie che come putridi vermi con¬ 
taminavano il morto gigante. 

Liberate così le Terme all'esterno, sgombrate 
dalle montagne di legname e di carbone, e^dalle 
osterie e dalle stalle che ne deturpavano l'in¬ 
terno, il monumento insigne riappare in tutta la 


sua stupefacente maestà: ond’è che può dirsi 
senz’ombra di esagerazione che l'Esposizione 
Archeologica del 1911 sarà altrettanto interes¬ 
sante per il contenente come per il contenuto. 

Parliamo, in questo primo articolo, di quello. 

11 lusso che dopo la conquista di Corinto e 
dell’Asia fece così rapidi progressi a Roma, mo¬ 
dificò profondamente gli usi dei cittadini; i quali 
non poterono più accontentarsi dei bagni pub¬ 
blici della prima Repubblica, quei baltica che 
usavano ai tempi di Catone edile o di Fabio 
Massimo o dei Cornelii; piccoli, oscuri, dotati 
solo di acqua fredda o tutto al più tiepida, c in 
cui, come racconta Seneca, si sostava soltanto 
per pochi minuti. E sì cominciò, a modo degli 
orientali, a costruire per i bagni vasti e sontuosi 
edifici; ma d'erme propriamente dette non fu¬ 
rono stabilite in Roma se non al tempo di Au¬ 
gusto, e precisamente da Agrippa, che edificò 
le prime — ed ebbero il nome di lui — ne’ suoi 
giardini dietro il Pantheon, e le chiamò Thentur, 
quasi a significare clic principale ufficio di esse 
era quello di fornire ai cittadini i bagni caldi 
(thermos). 

Ma la magnificenza del grande amico di Au¬ 
gusto volle che la ricchissima istituzione della 
quale egli dotava Roma non si restringesse 
solo ai bagni: egli volle unirvi sale, cortili* e 
giardini per gli esercizi ginnastici, in modo che 
da allora le Ternuv dei Romani ebbero grande 
analogia colla Palestra dei Greci. Quantunque 
quelle prime Terme edificate da Augusto fos¬ 
sero magnifiche, avevano però un’estensione 
molto ristretta relativamente a quelle che furono 
erette a Roma nei secoli successivi; e poiché 
Agrippa alla sua morte ne legò per testamento 
la proprietà al popolo, questo cominciò a gu¬ 
stare talmente una tale specie di ritrovo, che 
gli imperatori successivamente, per accattivar¬ 
sene l’animo, ne andarono costruendo altre ed 
altre, ognuno superando il suo predecessore. 
Così che Annidano, descrivendo Roma nel 356 
di Cristo, quando cioè tutte le d'erme costruite 
dagli imperatori erano ancora in perfetto stato, 
dice che i bagni pubblici della città erano così 
vasti da somigliare a provincie: lavacro in mo¬ 
dani provinciarum extructa. 

^ Dopo quelle di Agrippa furono costruite quelle 
di Nerone nel 65 eli Cristo, nell'81 quelle 
di 1 ito ; e ne costruirono altre Domiziano e 
1 raiano e Commodo e Settimio Severo. Venne 



Le I ERME E GLI OrII BeLLAJANI NEL 1070 (da un’antica stampa). 






















LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


35 


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Le 1 ERME D I O CL E Z I A N E X E L I D ~j 5 (ila un'antica stampa) 


poi Caracalla che nel 216 costrui le sue famo¬ 
sissime, superando tutti i suoi predecessori; 
finché l’opera sua non fu a sua volta sorpassata 
dalle Terme edificate nei primi anni del 3 oo 
dall’imperatore Diocleziano. Dopo le quali, solo 
quelle di Costantino furono edificate ancora, nel 
326; e queste furono le ultime. Poco sopravvis¬ 
sero le Terme alla caduta dell’Impero; poiché 
avendo Vitigc guastati e tagliati gli acquedotti 
che coi loro immensi torrenti d’acqua alimenta¬ 
vano gii smisurati edifici, questi restarono de¬ 
serti; Roma, del resto,'era già nel VI secolo 
ridotta a tanta miseria Je a tanta'scarsezza di 
popolazione, che quelle vastissime costruzioni. 


fatte per una città popolatissima e fiorentissima, 
parvero diventare inutili. 

Le Terme si aprivano al pubblico la mattina 
al suono di una campana: Sonai aes Thermarum, 
dice Marziale; ma la grande affluenza dei ba¬ 
gnanti si verificava fra l’una e le due del po¬ 
meriggio, ossia dopo gli affari e gli esercizi 
ginnastici e prima del pranzo. 

Credo che non sarà nè discaro nè inutile ai 
visitatori dell’ Esposizione Archeologica, aggi¬ 
rali tisi sotto le grandi vòlte delle ferme di 
Diocleziano, di ricordare di quali parti si com¬ 
ponessero veramente questi enormi edifici, ai 
quali la nostra civiltà moderna non ha, in’fatto 


di simili pubblici servizi, assolutamente nulla da 
paragonare. 

Le Terme servivano a due scopi di eguale 
importanza: i bagni e gli esercizi ginnastici. La 
parte destinata ai bagni era formata dal Laco- 
nicum o Sudatio, nome che designava la stufa 
per sudare ; e dalle sale per le tre diverse tem¬ 
perature, dette appunto frigida, lepida, calida 
lavatio : e le sale erano chiamate frigidarium, 
tepidarium, calidarium. Labrum chiamavasi poi 
un bacino vasto per più persone, solintn quello 
oblungo per una sola, sella una sedia aperta di 
sotto; e coloro che hanno attentamente visitati 
i Musei Vaticani ricordano certo i bellissimi 



Le TERME D 1 O CLE Z I A N E X EL 1616 (<ia un’antica stampa). 
































36 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



L E Terme I ) I O C LE ZIANE .NEL 1616 (da un' antica stampa). 


esempi che di queste tre forme dpbagni vi sono 
raccolte; e cioè un labro di porfido; i solia, os¬ 
sia piccole vasche di basalto e di granito e una 
Sella di rosso antico. Piscina o baptistcrium si 
chiamava infine una sala, rotonda od ovale, ove 
l’acqua era abbastanza profonda’perche vi si po¬ 
tesse comodamente nuotare. 

La parte destinata agli esercizi era costituita 
dalla Palestra e dallo Stadium , alle quali parti 
era vicino lo Spoliarinm o sala per spogliarsi e 
rivestirsi; XOnctuarium, ossia la sala ov’erano 
gli olii e gli unguenti coi quali si ungeva iPcorpo 
prima degli esercizi, il Conisterium, sala in cui 


i giovani avvoltolavano nella sabbia i corpi su¬ 
dati, e lo Sphaeristcrium, sala per giuocare a 
palla. A queste parti si aggiungevano portici, 
viali scoperti, sale per trattenersi a conversare 
(scholac) e sale per le discussioni filosofiche e 
la lettura delle opere letterarie; nè mancava la 
Biblioteca. Centinaia di schiavi, di proprietà del 
Fisco, erano addetti ai varii servizi delle Terme, 
col nome di baine arii, di unctores, di palestritae: 
le guardie pretorie vi mantenevano il buon or¬ 
dine e facevano il servizio di polizia. 

Le Terme di Diocleziano furono le più vaste 
che l’insuperata magnificenza degli imperatori 


costruisse in Roma: migliaia e migliaia di cri¬ 
stiani furono costretti a lavorarvi, essendo l’o¬ 
pera pubblica, ossia i lavori forzati in edifici 
pubblici, una delle pene più comuni a cui, nei 
terribili anni delle persecuzioni, i cristiani erano 
condannati. E cosi si spiega come in un tempo 
relativamente breve potesse essere compiuta 
questa smisurata costruzione, che conteneva, 
secondo Olimpiodoro, il doppio di luoghi per 
bagnarsi, che non le Terme di Caracalla — e 
queste ne contenevano 1600! 

Quando Alarico, alla testa delle sue orde bar¬ 
bariche/entrò irf Roma da' Porta Salaria e bru- 


rjiÉJELMVE DIO CIEriAN'Jù J*T MAXI MJANjt 

Cotucriuz&nuAfuarum r-P Èp ì V* 


GETTER. qYIRINALIM ET VIMINE AL J£M 

82\ 



Ricostruzione delle Terme Diocleziane 


IX UNA STAMPA DEL SECOLO LA II (Regi a Pinacoteca d i^Dologna). 










































































































































































































































































LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 I T 


3 7 


ciò i famosi Orti Sallustiani, saccheggiò anclic 
le I erme Diocleziane: ma queste furono poi 
restaurate, cosi che alla fine del V secolo fun¬ 
zionavano ancora. Ma già dopo la metà del 
VI secolo erano in rovina; e negli scrittori non 
ve n’è più memoria fino al secolo XI, quando 
i santi Bruno e Gavino domandarono a papa 
Lrbano lì la concessione di trasformarle in Cer¬ 
tosa. Ma la concessione non fu fatta, e le Terme 
rimasero abbandonate alla loro sorte, sfruttate 
dalla Camera pontificale e da privati possessori 
come cava di marmi, ad eccezione delle sale che 
conservano ancora le loro vòlte, e che erano 
perciò usate come magazzini, come fienili e per¬ 
sino.... come cavallerizza. Il Montaigne infatti 
racconta di esservisi recato il 5 ottobre del i 5 o 6 , 
e di avervi visto un italiano che vi faceva pro¬ 
digiosi giuochi a cavallo; e questi giuochi fu¬ 
rono rinnovati in questo medesimo luogo nel 
i 536 da alcuni nobili inglesi, di passaggio per 
Roma. 

Ma nel i 536 Papa Pio IV compì il voto di 


San Bruno, e poiché i monaci di Santa Croce 
in Gerusalemme protestavano di non poter più 
abitare nel loro monastero per l'aria cattiva 
(deretani maligno), il Papa accordò loro di tra¬ 
sferirsi nelle 1 erme di Diocleziano, purché prov¬ 
vedessero alla conservazione di quei mirabili 
avanzi: in questa occasione il Papa abrogava 
ogni diritto che sulle d'erme stesse potessero 
accampare “dilecti filii populus rornanus comunque 
conservatores aut alii magistratus „. 

l'rattanto un sacerdote siciliano, un po’ esal¬ 
tato e un po’ apostolo, di nome Antonio Del 
Duca, tanto si agitò che ottenne la trasforma¬ 
zione delle aule centrali delle Terme in una 
chiesa dedicata alla Madonna degli Angeli; e la 
ottenne dopo lunga lotta contro la gioventù ari¬ 
stocratica di Roma, che nel calidarium aveva 
in quegli anni mantenuta una vera cavallerizza. 

I lavori per l’adattamento delle Terme a Cer¬ 
tosa, e del tepidario a Chiesa di Santa Maria degli 
Angeli ebbero principio nell’ aprile del i 563 , c 
fine nel giugno del 1 . 566 : la spesa importò scudi 


17492 (Lanciani). Così ne parla il Vasari: “ Per 
far la nuova Chiesa di Santa Maria degli Angeli 
nelle Terme Diocleziane, e per ridurle a tempio 
a uso di Cristiani, prevalse un disegno che Mi¬ 
chelangelo fece, a molti altri fatti da eccellenti 
architetti, con tante belle considerazioni per co¬ 
modità dei frati Certosini, che l’hanno ridotto 
oggi quasi a perfezione; che fe’ stupire Sua San¬ 
tità e tutti i prelati e signori di Corte dalle bel¬ 
lissime considerazioni che aveva fatte, con giu¬ 
dizio servendosi di tutta l’ossatura di quelle 
Terme; e se ne vedde cavato un Tempio bel¬ 
lissimo, ed una entrata fuor della opinione di 
tutti gli architetti; dove ne riportò lode ed onore 
infinito „. 

La porta della chiesa, quella di cui parla con 
tanta ammirazione il Vasari, era dal lato di mez¬ 
zogiorno, e sarebbe ora proprio di fronte alla 
stazione ferroviaria. 

Prima di parlare delle successive vicende della 
Chiesa e delle Terme, dobbiamo fugacemente 
ricordare il Cardinale Jean du Bellay. Questo 







TERME DIOCLEZIANE AL PRINCIPIO DEL SETTECENTO (litog. nella Galleria degli Uffizi a Firenze). 


francese, innamorato dell’arte e delle cose^ an¬ 
tiche, era stato Governatore di Parigi per Fran¬ 
cesco I, aveva preso parte ai Conclavi di Giulio III 
di Marcello IH di Pio IV, ottenendovi anche voti 
per il Sommo Pontificato. Ma decaduto dal fa¬ 
vore della Corte francese si era ritirato a Roma, 
e aveva, entro le Terme di Diocleziano, costi¬ 
tuito i famosi e magnifici Morti Bellajant, dei 
quali si vede ancora il portone sul fianco destro 
della Fontana del Mosè, sulla Piazza di San Ber¬ 
nardo. Non sarà inutile notare, in parentesi, che 
le Terme di Diocleziano si estendevano oltre 
l’odierna via 1 orino, e che la Chiesa di San Ber¬ 
nardo non è altro che un’aula delle Terme stesse. 

Questi Morti Bellajani segnati in una delle 
nostre incisioni, contenevano un immensa serie 
di sculture antiche, sia nei viali, sia nel^ casino 
che il cardinale aveva edificato: ed all ordina¬ 
mento di esse aveva cooperato con lui il suo 
medico, il quale era nientemeno che il Rabelais, 
che il Cardinale aveva condotto seco da Parigi. 
Ma dopo la morte del munifico e magnifico fran¬ 
cese, la sua meravigliosa raccolta di opere d arte 
andò dispersa. 

E delle Terme di Diocleziano non si parla 
quasi piti nelle Storie, fino a che nel 1749 Luigi 
Vanvitelli non compì sulla Chiesa di cui era stato 


architetto Michelangelo quello che fu giustamente 
chiamato: il gran delitto. 

Egli che pure, come dimostrò nei lavori della 
Reggia di Caserta, non era un artista volgare, 
osò toccare e manomettere l’opera di Michelan¬ 
gelo: e il Bottari che scriveva nel 1754, e cioè 
appena qualche anno dopo la compiuta profa¬ 
nazione, così parla: “ Ultimamente per abbellire 
questa chiesa (di Santa Maria degli Angeli) è stata 
mutata del tutto dal disegno dal Bonarroti, c 
col disegno di Luigi Vanvitelli è stata murata 
la porta principale, e fatto quivi un altare e una 
cappella al Beato Nicolò Albergati; e rimurati 
quattro gran siti laterali che entravano in dentro, 
antichi e maestosi, che il Bonarroti aveva la¬ 
sciati per farne cappella; e ridotta la crociata a 
corpo principale della chiesa, ed essendo rimasta 
unicamente la porticclla laterale, *per questa si 
entra in chiesa, ossia dal fondo d’un suo brac¬ 
cio, rispetto all’ idea di Michelangelo. Un ardire 
così eccessivo di storpiare un pensiero cotanto 
grande e peregrino d’ un Bonarroti, un fare per 
incidenza cento altre mostruosità, che troppo 
lungo sarebbe il solo accennarle, era riserbato 
a questo secolo per un monumento perenne 
della depravazione a cui in esso secolo è giunta 
l’architettura e del gusto che hanno in questo 


genere alcuni clic imprendono a fare le gran 
fabbriche. „ 

Amare ma giuste parole codeste, alle quali 
fanno riscontro queste altre dello Stendhal: “ Un 
Vanvitelli bouleversa tout en 1740: il ferma la 
porte ouverte par Michel-Ange ; 011 entre main- 
tenant dans cette églisc par une sorte de fourneau 
ou chauffoir des anciens bains. Le contraste de 
ce chauffoir et des colonnes antiques est pi- 
toyable „. (Promeuadts dans Rome). 

Generalmente, come bene osserva Corrado 
Ricci nel suo studio per la restituzione delle 
Terme all’antico, quando visitiamo ed esami¬ 
niamo un edificio, alterato nelle sue linee da 
precedenti generazioni, per ben poco riusciamo 
a valutare il danno compiuto. Abituati a vedere 
l’edificio nel nuovo aspetto, per quanto lo studio 
delle piante e dei disegni ci metta in grado di 
conoscere quale fosse il suo aspetto primitivo 
e quali i lavori d’alterazione successivamente 
compiuti, non possiamo nullameno aver più la 
misura intera del danno. Così oggi non possiamo 
certo averla per Santa Maria degli Angeli, quale 
l’ebbero coloro che dalla chiesa di Michelangelo 
passarono a quella del Vanvitelli. 

All’alta concezione del primo, di rinnovare 
nella grandiosità dell’effetto una sala interna 












38 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



Castel Sant’ A ngel o. 


dell’antico glorioso monumento, egli sostituì la 
idea di fare una chiesa più comoda per chi amava 
entrarvi da ponente e più comoda pei religiosi 
che esigevano più vasto coro e più larghi stalli. 
E il Vanvitelli, senza tener conto che si met¬ 
teva a cangiare e a rovinare cosa uscita da “ un 
cervello divino „ corrispose agli insensati ordini 
dei frati, e compì il suo delitto artistico. 

Riuscirà il Direttore Generale delle Belle Arti 
a cancellarlo? Noi non possiamo che augurare 
che a lui sia dato di tradurre in atto il nobile 
proposito di redimere la chiesa michelangiolesca, 
e di ricondurla alle sue origini, così com'è riu¬ 
scito a liberare le 'Ferme dalle brutture che la 
deturpavano all’esterno e all’ interno. Ed è bene 
che le migliaia e migliaia di visitatori i quali, in 
occasione dell’Esposizione Archeologica, entre¬ 
ranno nel monumento, sappiano che proprio ora 
si pensa a risarcirlo artisticamente non dai danni 
del tempo (che sono inevitabili), ma da quelli 
che gli furono consciamente arrecati da un uomo: 
il loro unanime consenso morale, se sarà inter¬ 
pretato da voci autorevoli, potrà aiutare assai 
l’opera di redenzione. 

Come pure vorrei che a loro non isfuggisse 
questa singolare coincidenza storica: che cioè 
questa specie di nuova consacrazione ufficiale 
delle Ferme Diocleziane, fatta nel 1911 da una 
Italia giovine e forte, che si avvia prospera e 
fiduciosa a lieti destini, corrisponde anno per 
anno e forse mese per mese all’edificazione 
prima del monumento insigne, che Roma impe¬ 
riale, già decadente, anzi precipitante verso la 
rovina e la barbarie del Medio Evo, faceva se¬ 
dici secoli or sono. Ricordare le storie antiche, 
e far dei raffronti coi tempi nostri, non è poi 
sempre così sconfortante come si dice! 

Arturo Calza. 


La Mostra Retrospettiva a Gastei Sant’Angelo. 

UNA VISITA AI LAVORI. 

Nel li fascicolo abbiamo dato la pianta gene¬ 
rale delle Mostre di Castel Sant’Angelo e del 
Padiglione dei Congressi. Ecco ora una descri¬ 
zione particolareggiata delle mostre d’arte re¬ 
trospettiva cortesemente fornitaci dal colonnello 
Borgatti restauratore del Mausoleo Adriano. A 
Castel Sant’Angelo, malgrado il pessimo tempo 
avuto finora, si è a tal punto da poter garan¬ 
tire che la Mostra retrospettiva potrà essere 
inaugurata per il 27 marzo e il Museo di Inge¬ 
gneria militare per il i 3 febbraio. 

Sgombrata dai battaglioni del genio che l’hanno 
occupata fino all’anno scorso, la magnifica Mole 
Adriana ha assunto un aspetto nuovo: intorno 
ad essa, alla sua ombra, sono sorte come per 
incanto altre costruzioni piti modeste, dei bei 
viali, delle fresche aiuole, e dappertutto ferve 
l’attività di centinaia di operai, che attendono 
con pazienza e scrupolo da certosini alla rico¬ 
struzione di antichi edifici, alla rievocazione di 
tempi e di memorie passate. 

Curiosità e rarità. 

In una lunga galleria degnamente decorata 
prenderà posto una mostra di topografìa romana, 
con una ricchissima collezione di stampe e cal¬ 
chi di monumenti e vedute panoramiche delle 
diverse epoche. Annessa a questa mostra, vi 
sarà una splendida collezione numismatica, alla 
quale grandemente si è interessato anche il Re. 
Nelle vicinanze di tale galleria, una vecchia ca¬ 
setta che serviva prima da magazzino c ora di¬ 
ventata un piccolo gioiello artistico: un eremo 
del quattrocento, con la sua piccola cappella e 
la scala campanaria che conduce al campanile, 
dalle finestre del quale si scorgerà in lontananza 
il panorama di Roma, come era nel quattrocento 
e nel cinquecento, panorama che è stato dipinto 
da bravi artisti — i pittori Prencipe e Grassi — 
sulle pareti di due stanze attigue. 

In altri edifici troverà posto la mostra del co¬ 
stume, con diversi gruppi sterici, in rilievo, del 
prof. Brini nei quali saranno rappresentanti sia 
personaggi del popolo, sia dignitari delle varie 
età, nei vari costumi. 


Anche le vaste sale del castello sono state ap¬ 
prontate per altre mostre: nella sala dell’Apollo 
vi sarà quella delle ceramiche e nella sala delle 
colonne, la mostra delle armi: in questa, che è 
stata con amore curata dal ragionier Bonfigli, vi 
sarà, tra l’altro, una ricchissima storia del fucile, 
dalla prima invenzione fino alle moderne e per¬ 
fette carabine a ripetizione. La bellissima camera 
da letto di Paolo MI, che dall’alto del Castello 
domina F intera città, sarà interamente arredata 
con mobili che riproducono fedelmente quelli 
che già vi furono. 

E giacché, a proposito dell’Esposizione, siamo 
a parlare di un pontefice, non sarà inutile ac¬ 
cennare anche al Vaticano, e ad alcuni articoli 
apparsi recentemente su qualche giornale. Si è 
detto, cioè, che dal Vaticano si sarebbe ostaco¬ 
lata l’Esposizione fino al punto di ordinare la 
chiusura dei musei vaticani. Questa notizia è 
stata già smentita dall’organo pont fìcio. Le cor¬ 
porazioni ecclesiastiche hanno contribuito in gran 
parte alla preparazione di quelle mostre. Molti 
oggetti antichi, infatti, non era possibile trovarli 
in altri luoghi all’infuori dei conventi, e ad essi 
è ricorso il colonnello Borgatti, riuscendo in 
buona parte al suo intento. 

Un'antica farmacia e la mostra bellica. 

I frati di Santa Maria della Scala, proprietari 
di un’ antichissima farmacia, hanno fornito la 
maggior parte del materiale occorrente per la 
ricostruzione di una farmacia quattrocentista, 
che è stata eseguita a Castel Sant’Angelo ed è 
riuscita una delle cose più interessanti. 

Essa si compone di tre parti: la prima rap¬ 
presenta la bottega dei cavadenti, nella quale 
non mancherà nulla, neppure il cavadenti dai 
lineamenti un po’ fieri e dalla lunga zazzera e 
neppure il paziente, che si contorce e straluna 
gli occhi per il lavorìo di due robuste pinze. I 
due pupazzi bene modellati e rivestiti con co¬ 
stumi dell’epoca sono già pronti e sono riusciti 
di un effetto e di un verismo straordinari. Altre 
due sale rappresentano il laboratorio della farma¬ 
cia, con grossi mortai e pestelli, tutti dell’epoca, 
e la sala della rivendita con scaffali e barattoli 
autentici del quattrocento. In questa farmacia i 
frati della Scala venderanno la loro celebre acqua 
in bottiglie avvolte in pergamene artistiche. Nè 
soltanto qui si arresterà l’attività dei religiosi: 
nella sala delle miniature alcuni frati miniaturisti 
della Badia di Grottaferrata eseguiranno dei la¬ 
vori pei conto dei visitatori e esporranno anche 
dei lavori propri. 

I ante altre cose conterranno queste mostre 
1 eti ospettiv e di cui sarebbe troppo lungo par¬ 
lare dettagliatamente, ma che riusciranno certo 
di.glande effetto sia artistico, sia di curiosità. 
Gli ambienti che dovranno accoglierle sono stati 
tutti adattati agii oggetti che conterranno e sono 
tutti pronti. Anche gli oggetti sono raccolti ed 
attendono solo di essere collocati. 

II museo d’ingegneria militare, che dovrà, 
come si è detto, essere inaugurato nella prima 
metà di febbraio, torse in occasione della venuta 
del Re di Serbia, è quasi ultimato. Esso racco¬ 
glie tutti 1 congegni del genio militare e navale di 


tutte le epoche. Sono dei modelli graziosissimi 
di arnesi guerreschi, piante di piazzeforti, bassori¬ 
lievi, fortificazioni di tutte le città italiane, ecc. 

Annesso a Castel Sant’Angelo è pure a buon 
punto il padiglione dei congressi che sarà for¬ 
nito di tutte le comodità desiderabili, non esclusi 
il buffet, una sala di riunione e toilette per si¬ 
gnore, telegrafo e telefono per i giornalisti. 


La grande stagione musicale di Roma. 

L'Opéra Comique e il " San Sebastiano „ di D'Annunzio. 

Il corrispondente da Parigi della Tribuno ha intervistato 
il conte di San Martino sulla grande stagione musicale c 
drammatica di Roma in occasione delle leste cinquante¬ 
narie ed ha avuto le seguenti informazioni : 

— Siccome mi sono proposto di arricchire il programma 
musicale per la nostra grande stagione di Roma di un 
ciclo di spettacoli e di concerti eseguiti da artisti francesi — 
ha detto il conte di San-Martino — così ho ottenuto che 
l 'Opera Comique venga a Roma a dare un certo numero 
di rappresentazioni con l’orchestra Schevillard, e vi siano 
eseguiti anche dei concerti sotto la direzione del Pierné, 
del Messager e del Debussy. In tal modo il ciclo di musica 
francese sarà completo. 

— Perchè lei ha scelto, fra i vari teatri parigini di 
musica, P Opera Comique? 

— Le dirò: tutti gli altri teatri, sia della Francia che 
dell’Europa, hanno ormai un programma eclettico, che non 
permette loro di conservare una personalità distinta. 
C’Opera Comique ha invece uno speciale carattere, che 
al Comitato dell’Esposizione di Roma ò parso interessante, 
perchè esso desidera di far passsare davanti agli occhi del 
pubblico una specie di rivista, non solo di musica, ma 
anche di quelle istituzioni musicali che hanno un carat¬ 
tere marcato della loro nazionalità. 

“ Il Comitato ha usato, nel fare questa scelta, lo stesso 
criterio che lo ha spinto a far venire a Roma l’Orchestra 
filarmonica e la Società corale di Vienna, il Coro nazio¬ 
nale di Rumania, il Coro del Santo Sinodo di Russia.... „ 
In qual teatro reciterà VOpera Comique? 

Aon so ancora. Il piti adatto sarebbe l’Argentina: 
esso risponde maggiormente alla preparazione del teatro 
di 1 arigi, e credo che questa considerazione, nel traspor¬ 
tare un organismo artistico, abbia una notevole importanza. 
Ma non sono certo che possa essere l’Argentina, giacché 
la scelta definitiva del teatro è subordinata all’epoca della 
venuta dell ’Opera Comique. 

Intorno alla rappresentazione del San Si bastiono, il 
conte di San Martino ha poi dichiarato: 

Appena venuto, ho avuto un cordialissimo colloquio 
con D Annunzio. Col poeta siamo perfettamente d’accordo 
che, dopo Parigi, cioè alla fine di maggio o ai primi di 
giugno, il Sun Stbastumo sia dato a Roma. Col D’An¬ 
nunzio sono andato da Debussy per uno scambio di idee 
intorno alla parte musicale. 

La parte piu notevole dell’esecuzione sarà affidata a Ida 
Rubinstein, la quale è inoltre l’impresaria dell’intero spet¬ 
tacolo. Intanto è pressoché ultimato un compromesso fra 
il Comitato dell’Esposizione, D’Annunzio e il Debussy, 
clic assicurerà a Roma la priorità immediatamente dopo 
laiigi. Al Costanza verrà la Compagnia che deve rappre¬ 
sentare a Parigi il San Sebastiano, ed essa porterà seco i 
costumi e i cori. Noi torniremo l’orchestra. 


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i 3 . 

1 ) 

del Veneto. 

M* 

l» 

della Campania, Basilicata 
Calabria. 

c 5 . 

II 

della Lombardia. 

16. 

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LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


T O R I N O. I PARIGLI O NI N A Z I O N A L I. 




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Il Palazzo delle Industrie Artistiche. 



L’interno del Salone delle Feste e dei Concerti. 




















































LE ESPOSIZIONI DEI 


i 9 i i 


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T O R I N O. 


P A I) I G L IONI N A Z I () N A L I. 



Il Palazzo stabile dell’Arte della Stampa e del Giornale. 



I padiglioni delle Ferrovie e dei Lavori Pubblici. 





























































44 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


L/opera di difesa contro gY incendi 

air Esposizione di Torino* 

A chi ha veduto le selve di travi che concorsero a formare l’im¬ 
ponente massa degli edifici della mostra lungo la riva del Po, s’affaccia 
subito la domanda: E se scoppiasse il fuoco? Come difendere dalle 
fiamme divoratrici questo materiale cosi facilmente infiammabile ? E sor¬ 
gono alla memoria gli incendi disastrosi delle Mostre di Chicago, di 
Genova, di Como, di Milano e quello dell’ultima Mostra di Bruxelles. 
Ma se l’impressione di sgomento ha a tutta prima una grande ragione 
d’essere nella rapida rievocazione di lontane o di recenti catastrofi, è 
vero altresì che tale impressione si attenua fino a dar luogo a una serena 
sicurezza constatando la cura minuziosa con la quale la commissione 
esecutiva e il Municipio provvedono con tutti i sistemi più moderni ed 
efficaci a prevenire la comparsa del terribile nemico, ed occorrendo a 
domarlo. Anzitutto — e va da sè — regna nei cantieri il più severo 
rigore contro i fumatori. Sigari, sigarette, zolfanelli sono banditi rigida¬ 
mente dal campo dei lavori sotto pena di immediato licenziamento 
dell’operaio che fosse colto a infrangere questa regola. I visitatori, dal 
canto loro, debbono uniformarsi alla consegna di “ non fumare „, nes¬ 
suno escluso, neppure i membri del Comitato, del Senato e della Camera. 

Ma al còmpito del prevenire s’aggiunge quello del reprimere. Gli 
architetti nello studiare e disporre la grandiosa pianta degli edifìci pen- 



Lc guardie municipali torinesi agli idranti. 



Le automobili dei pompieri torinesi. 


sarono anche al fuoco e vollero che tra i vari padiglioni corresse una 
distanza sufficiente perchè in caso d’incendio in uno di essi, si possa 
facilmente isolare il covo delle fiamme e circoscriverlo immediatamente. 
Fortunatamente a forino lo spazio non è mancato e c’è respiro. Per 
cui tutto dà a sperare che la mostra dell’ industria e del lavoro non 
saranno funestate dall’ incendio che in questi ultimi anni ha destato un 
vivo allarme tra gli espositori di tutto il mondo. 11 Comitato ha saputo 
allontanare ogni diffidenza dando alle nazioni estere le più ampie ga¬ 
ranzie della sicurezza perfetta degli oggetti e delle merci esposte. 

La carta topografica unita a questo cenno, dimostra con quanta 
cura e con quanta abbondanza si sia provvista la Mostra di idranti, 
pronti a scagliare formidabili getti d’acqua sul nemico, non appena si 
manifesti. 

Questi idranti sono ben quattrocento, e continuamente sorvegliati da 
una guardia, cui spetta di dare l’allarme. Questo allarme propagantesi 
per cento campanelli, che fanno capo agli altri idranti sparsi ovunque 
ed alle caserme di pompieri della città, fa si che tutto quanto è possi¬ 
bile per ispegnere f incendio, prontamente si eseguisca. 

Le prove recenti dimostrano appunto che dato l’allarme per simulato 
incendio, bastano tre minuti per aver sul luogo i primi validi soccorsi, 
mentre da ogni parte impetuosi getti d’acqua si sprigionano dagli idranti. 
Di quali miracoli poi siano capaci i pompieri torinesi non è chi non 
sappia, se mai li vide all’opera. E quest'opera è resa piti agile e sicura 
ed efficace dalla conoscenza, che così vanno acquistando con ripetuti 
esperimenti in ogni cantuccio, ove può essere più grande il pericolo; in 
ogni cantuccio, che offra una qualche presa maggiore per domare la 
fiamma. 

Così si prevede e si provvede. E tutti, a cominciare dal capo dei 
pompieri di Parigi, che hanno constatato quanto si fece, non possono a 
meno di rallegrarsi e dì ammirare l’ottimo impianto. 

























































































































































Veduta retrospettiva degli edilizi al Pilonetto. 





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Le palazzine della Stampa e del Comitato 


(EotografiajFornari. ) 


Il Villaggio Alpino al Valentino nel suo ambiente 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 





































































TORINO. Veduta interna dello "Stadium 


Sportivo delf Esposizione di Torino» 


Il Programma 

Gli sports vengono occupando nella vita mo¬ 
derna un posto sempre più grande ; è ben il caso 
di dire che essi costituiscono oggi una delle piu 
vaste e fervide attività caratteristiche della vita 
moderna. Tanto vero che le Esposizioni, le quali 
vogliono essere di questa vita una specie di 
specchio compendioso, debbono far una parte 
sempre più larga agli sports e debbono dedicare 
allo sport una quantità sempre più ingente di 
cure e di sforzi. E sono gli sports anzi che for¬ 
mano, di solito, una delle principali attrattive 
delle odierne esposizioni, e dell’ intenso fermento 
che queste suscitano gli sports ne promuovono 
e ne assorbono la maggior porzione. 

Venti anni or sono era ancor possibile che 
una Esposizione non tenesse calcolo nei suoi 
padiglioni delle industrie sportive, appena in sul 
nascere, e che tra i suoi spettacoli e diverti¬ 
menti non annoverasse che qualche corsa di ca¬ 
valli; oggi ciò sarebbe assolutamente inconce¬ 
pibile. 

Gli Sports all’Esposizione di Torino. 

L’Esposizione di Torino, che al pari di quelle 
che la hanno preceduta nella città incoronata di 
Alpi, vuole essere intonata nel modo più perfetto 
alla modernità, ha dischiuso largamente il suo 
recinto e il suo programma di azione agli sports . 

Gli uomini egregi che ne dirigono l’organiz¬ 
zazione hanno mostrato di saper ben compren¬ 
dere e soddisfare questa nuova necessità, c con 
savio ecclettismo hanno voluto che tutti gli sports , 
senza esclusioni, partecipassero egualmente ad 
accrescere il lustro e l'interesse della grandiosa 
Esposizione torinese. 

La mostra delle industrie sportive, sia isolata 
sia riunita alle altre industrie delle rispettive 
nazioni, costituirà importantissime sezioni del¬ 
l’Esposizione, e i giochi, le gare, i concorsi 
sportivi di ogni genere formeranno il gruppo 
più cospicuo e più esteso degli spettacoli e dei 
festeggiamenti. Anzi non è esagerato raffermare 
che lo sport ò il principio informatore di tutti 
i divertimenti che si apprestano in occasione 
dell’ Esposizione stessa. 

Ciò risulta evidente quantunque manchi finora 
un programma d’assieme e definitivo. I uttavia 
e dai programmi parziali e dalle iniziative in via 
di attuazione e dai preparativi che si stanno 
compiendo emerge un complesso così vario, così 
ricco di futuri avvenimenti sportivi da suscitare 
la più desiderosa aspettazione e la più eccitata 
curiosità. 

Ve ne è per tutti i gusti, per tutte le tendenze, 
per tutte le passioni. Ognuno avrà agio di vedere 
dall’aprile all’ottobre prossimo le gare più in¬ 
teressanti e i campioni più famosi del suo sport 


favorito. Torino sarà come una illustre e instan¬ 
cabile Accademia di sports in azione. Nei suoi 
recinti idonei, nei suoi campi apprestati a tale 
scopo, nei suoi circuiti si rinnoveranno invero 
con inaudita magnificenza e con accresciuta uni¬ 
versalità i giochi olimpici dell’età classica. 

11 più vasto Stadio del mondo. 

Lo Stadio infatti, lo Stadio immenso, degno 
per la sua gigantesca ampiezza dei nuovi atleti, 
dovuto a un alacre comitato presieduto dal 
marchese Compans di Brichanteau, costituirà il 
punto di richiamo, di adunata delle folle e quasi 
il centro intorno a cui si svolgeranno le diverse 
manifestazioni sportive. 

Esso si sta allestendo con la più efficace sol¬ 
lecitudine, e tutto lascia credere che sarà pronto 
a ricevere pubblico ed agonisti per il 20 aprile, 
data fissata per l’inaugurazione. Sarà il più va¬ 
sto del mondo. L’ asse maggiore dell’ elisse mi¬ 
sura m. 36 o, l’asse minore 204, il perimetro ha 
una lunghezza di g 55 metri. L’area interna del 
campo ò di 47 000 metri quadrati, e l’area oc¬ 
cupata dalle gradinate sale a i 5 030 metri qua¬ 
drati. Vi saranno dieci chilometri di sedili e i 
posti a sedere saranno 24000. Ma i posti in 
piedi sommeranno a oltre 40000. Lo Stadio è in 
grado quindi di accogliere l’irrompere delle mol¬ 
titudini innumerevoli. 

Tutta l’ossatura in cemento armato è quasi 
finita. Per il 20 aprile tribune e gradinate sa¬ 
ranno al completo. Per procedere più alla svelta 
sono stati rimandati ad altra epoca i lavori di 
ornamentazione e la costruzione della pista ci¬ 
clistica e della piscina. Per ora si costrurranno 
soltanto la pista ippica di 680 metri di sviluppo, 
la pista podistica di 600 metri, due campi di 
foot-ball e parecchi di tennis. Non è ancora deciso 
il corso degli avvenimenti che si effettueranno 
nello Stadio e neppure quello che sarà la mani¬ 
festazione inaugurale. Si accenna ad un concorso 
ginnastico per i ragazzi delle scuole oppure ad 
un corteo storico. Quello che si sa è che le 
corse ippiche avranno per ora la prevalenza 
nell’attività dello Stadio. 

I.e corse dei cavalli e delle biciclette. 

Torino vanta una bella tradizione di corse di 
cavalli, i torinesi sono antichi amatori e inten¬ 
ditori delle nobili prodezze equine, e la Società 
per le corse dei cavalli, cui sta a capo il conte 
Figarolo di Groppello, ha col concorso del co¬ 
mitato dell’Esposizione fissato nove giornate di 
corse, di cui sei in primavera, e tre in autunno 
(7, io, 14, 21, 25 , 29 maggio e 17, 20, 24 set¬ 
tembre) con un complesso di ben 253 000 lire 
di premi. 


1 principali saranno il Gran Premio dell’Espo¬ 
sizione di 5 o 000 lire, il Premio Principe Amedeo 
di 20000, il Gran Criterium internazionale di 
i5ooo, il premio Frejus di 7000, in primavera; 
il premio Risorgimento di 25 000, il premio Avia¬ 
zione di io 000, il premio Po di 5 ooo, un grande 
Steeple-Chase di 5 ooo in autunno. 

Alla fine di aprile lo Stadio si animerà per il 
Concorso ginnastico internazionale a cui è as¬ 
sicurato l’intervento delle più forti squadre mon¬ 
diali, e ad esso seguirà poi nel maggio il Con¬ 
corso fra i militari del nostro esercito c della 
nostra marina. Alle gare ginnastiche presiede il 
generale commcndator Capello. 

Sempre nello Stadio avrebbero dovuto effet¬ 
tuarsi anche importanti corse ciclistiche. Vi si 
sarebbero dovuti disputare i Campionati europei, 
ma data l’interruzione nella costruzione della 
pista, quello che riguarda il ciclo rimane ancora 
da stabilirsi. Pare assicurato che si avrà nello 
Stadio l’arrivo di una delle tappe del Giro d’Italia 
in bicicletta. 

Aeronautica e Aviazioni. 

All’ infuori dello Stadio si stanno poi appron¬ 
tando straordinarie riunioni e gare di aeronau¬ 
tica, di aviazione, di automobilismo, di tiro a 
segno, di canottaggio, di nuoto e di scherma. 

L’aeronautica e l’aviazione avranno un rilievo 
maestoso. Torino che finora per quanto si rife¬ 
risce ai nuovi ordegni ed ai nuovi ardimenti 
aerei si è tenuta piuttosto riservata, pare che 
intenda rifarsi prossimamente del tempo per¬ 
duto, e dare all’aviazione e all’aeronautica un 
impulso vigorosissimo con uno sforzo inusi¬ 
tato. 

Sono state ideate gare insigni, audaci e sor¬ 
prendenti e si sono fissati premi opimi così da at¬ 
tirare i più celebri piloti delle vie celesti e da 
compensare i loro eroismi. 

La commissione di aviazione, presieduta dal- 
l’on. Montù, ha concepito il disegno di una set¬ 
timana aviatoria che avrà principio al 25 giugno 
nell’aerodromo di Mirafiori, e sarà dotato di 
200 000 lire di premi. Inoltre gli aviatori saranno 
convocati alle più gloriose e ardue prove nel 
raid Roma -1 orino e in quello attraverso le Alpi 
per il Monginevra e nel Giro del Piemonte in 
aeroplano. 

Come le aquile sublimi dalle vette alpine, 
scenderanno in primavera e in estate dai picchi 
e dai valichi ancor nevosi, i temerari uomini 
volanti sui candidi uccelli di tela e di legno, li¬ 
brandosi messaggeri di una nuova età sulla 
fiera e onesta pianura piemontese, che sa sempre 
dare tresco alimento e incitamento a ogni no¬ 
vello impeto di vita. 


50 années triomphal succés: contre lesTOUX usez des Pastilles Marchesini 








































LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


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Le gare di palloni sferici e di Dirigibili. 

La Commissione di aeronautica ha già da 
lungo tempo, sotto la presidenza del cavaliere 
maggiore Filippo Annibali, formulato il suo pro¬ 
gramma che non potrebbe essere più meravi¬ 
glioso per entità di premi, per originalità e va¬ 
stità di idee. 

Con essa torniamo un momento allo Stadio 
per i concorsi nazionali e internazionali di pal¬ 
loni sferici, che prenderanno tutti la partenza nel 
bianco anfiteatro della vecchia Piazza d’Armi, e 
che si contenderanno tanti premi per 5 o ooo lire, 
senza contare un altro complesso di premi di 
16 5 oo lire per una gara di distanza bandita nel 
settembre. 

Ma dallo Stadio usciamo subito per quello che 
sarà il supremo clou dei festeggiamenti, e cioè 
le gare di dirigibili a cui è assegnata la rispet¬ 
tabile somma di 285 ooo lire, così suddivise : 

I . - Coppa Reale. - Torino-Roma-Torino con 
itinerario libero. Premio: un oggetto d'arte dato 
dal Re e lire 5 o ooo. 

II. - Gran Premio dell 1 Esposizione, per il cir¬ 
cuito della Valle del Po: i.°premio lire idoooo, 
2.° premio lire 5 o ooo. 

III. - Premio Subalpino, per il circuito pie¬ 
montese di i 5 o km.: i.°premio lire 25 ooo, 2. 0 pre¬ 
mio L. 7500, 3 .° premio L. 25 oo. 

Data l’importanza dei premi stabiliti per queste 
gare è sperabile che numerosi concorrenti esteri 
vi si inscrivano e vi intervengano. Assisteremo 
allora a uno degli spettacoli più superbi e più 
magici che si possano vedere; sarà la più fan¬ 


tastica delle immaginazioni trasformata in realtà, 
questa lotta silenziosa dei panciuti dirigibili na¬ 
viganti tra le nubi. 

La grande corsa Automobilistica. 

Ma sulla terra non si starà in ozio, si rivaleg- 
gerà anzi in velocità e in gagliardìa con gli 
eroi dell’aria. L’automobile, dopo un periodo di 
ozio forzato ed ingiusto, riscenderà in lizza più 
bello, più animoso, più veloce di prima, disposto 
a lottare disperatamente per riaffermare il suo 
primato, per ridestare intorno a sè la passione 
del pubblico. 

Lodevolissimo è stato il proposito dell’Auto¬ 
mobile Club di Torino di richiamare in vita la 
indimenticabile corsa Susa Moncenisio, quella 
che valse a dare slanci invincibili alle nostre 
macchine e ai nostri corridori, quella da cui i 
nostri automobili allenati sull’ardua salita pre¬ 
sero la spinta per la trionfale conquista del 
mondo. 

La corsa a cui parteciperanno tutte le princi¬ 
pali marche e che si svolgerà fra un delirio di 
entusiasmo avrà luogo il 2 luglio. 

Si sono già raccolti premi ricchissimi di Mu¬ 
nicipi, di enti sportivi, di giornali e 20000 lire 
in denaro. L’organizzazione procede spedita e 
sicura per l'opera benemerita del conte Gastone 
di Mirafìori, presidente dell’Automobile Club di 
Torino. 

L’automobilismo poi darà un’altra prova so¬ 
lenne della sua rigogliosa attività all’Esposizione, 
col Salon che si aprirà nel maggio e che ne 
sarà una delle più eminenti attrazioni. 


Il Tiro a segno. 

In una terra di soldati come il Piemonte, il 
tiro a segno non poteva mancare di essere te¬ 
nuto in eminente considerazione. Basti dire che 
la grande gara di tiro a segno, collocata nel set¬ 
tembre, avrà una dotazione di premi perL. 125 ooo. 
C’è da far sparare anche i fucili a pietra nei musei ! 

Con questo appannaggio veramente regale la 
gara riuscirà animatissima e stupenda, e di questo 
ci dànno pure affidamento l’ottima regolamen¬ 
tazione del suo svolgersi e le cure intelligenti 
che vi dedica il presidente della Commissione 
esecutiva cav. uff. avv. Durelli. 

Ricorderemo ancora di passata le regate che 
avranno luogo nel maggio e nel giugno e nel 
settembre, e- la crociera motonautica indetta dal 
Touring nel luglio, riserbandoci di parlarne piti 
diffusamente in seguito. Accenneremo pei - ultimo 
alla Mostra internazionale di aeronautica che non 
sarà certo la mostra meno importante della Espo¬ 
sizione torinese. 

Un milione di premi. 

Abbiamo dunque, tenendo calcolo dei soli 
premi principali e senza computare, la spesa di 
preparazione e di organizzazione: L. 1 25 ooo per 
il tiro a segno; L. 20000 per la Susa Monce¬ 
nisio, L. 285 ooo per i concorsi aereonautici, 
L. 65 ooo per i palloni sferici, L. 200000 per la 
settimana di aviazione, L. 253 ooo per le corse 
ippiche. In tutto circa un milione di lire! Torino 
sportiva ha tanto che basta per farsi onore. 

Mario Morasso. 







































4 8 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


I LAVORI PER L’ESPOSIZIONE DI TORINO 

VISITATI DAIX’ON. CALISSANO. 

Il 9 gennaio Pon. Calissano, sottosegretario agli interni, 
ha visitato i lavori dell'Esposizione internazionale, pren¬ 
dendo vivo interesse all’andamento ed al progredire dei 
lavori e constatando che sono ormai terminati i padiglioni 
delle Poste, dei Telegrafi, della Previdenza, degli Istru- 
menli musicali, dell’Industria teatrale, e che sono a buon 
punto il grande salone delle feste, la galleria dell'elettri¬ 
cità, l’arditissimo Palazzo stabile della mostra del giornale, 
i padiglioni esteri, l’edificio per l’industria artistica, il 
grande nucleo degli edifici al Pilonetlo, che comprende le 
mostre del Ministero della guerra, degli italiani all’estero 
e dell’industria manifatturiera, la galleria destinata alle 
mostre dei lavori pubblici e delle ferrovie, le gallerie del¬ 
l'aviazione e dell’automobilismo, ecc. 

Il sottosegretario ha più volte espresso tutta l’ottima 
impressione provata. 

Alle i 3 il Comitato dell'Esposizione ha offerto all’on. 
Calissano, al Restaurant du Pare, una colazione intima. 
Si sono pronunciati vari discorsi e Pon. Calissano ha ri¬ 
sposto con parole d’incoraggiamento e di elogio per l’E¬ 
sposizione e per coloro che la prepararono. 

“ Siete sempre — ha detto — gli audaci prudenti che 
accompagnate l’opera vostra con accorgimento fino alla 
meta, coordinando i mezzi con ogni sforzo. E cosi che 
Torino si trova sempre all’avanguardia per esempio di 
lavoro, di costanza e di tenacia. Difficile compito sarà il 
mio di portare a Roma l’impressione di questa vostra 
superba opera, meraviglia d’arte e di lavoro, dove tutti 
cooperaste con concordia. Io non saprò mai esprimere 
bene la grande profondità di intimo sentimento di gioia 
che provo. La vostra op -ra è di incitamento al popolo 
italiano. „ 

L’on. Calissano ha terminato con un affettuoso saluto 
all’on. Villa. 

La sera poi al ristorante Molinari deputati, senatori ed 
altre personalità politiche hanno offerto all’on. Calissano 
un banchetto. 


GLI ARTISTI ITALIANI A ROMA NEL 1911. 

La sezione di Belle Arti del Comitato per i festeggia¬ 
menti del 1911 si è radunata sotto la presidenza di Et¬ 
tore Ferrari, ed è ritornata, un po’ tardi, sulla sua deli¬ 
berazione di non fare alcun invito per l’Esposizione d’arte 
italiana. Saranno invitati quasi cento artisti. Fra questi 
rammentiamo: a Torino: Bistolfi, Calandra, Calderini, 
Grosso, Canonica, Carena, Maggi — a Venezia: Tito, Fra- 
giacomo, De Maria, Guglielmo, Giuseppe ed Emma Ciardi, 
Italo Brass, Pieretto Bianco, Dal Zotto, Chitarin, Dall’Oca, 
Laurenti, Milesi, Luigi ed Urbano 'Nono, Sartorelli, Scat- 
tola, Luigi e Lino Selvatico, Zanetti-Zilla, Costantini, Miii- 
Zanetti — a Milano: Leonardo el Ernesto Lazzaro, Cal¬ 
cano, Gola, Mentessi, Prcviati, Butti, Mariani, Carozzi, Mor- 
belli, Rietti, Tallone — a Firenze: Trcntacóstc, Nomellini, 
Chini, Discovolo, Tommasi, Romanelli, Sirio Tofanari, Gra¬ 
ziosi, Francesco c Luigi Gio'i, Rivalla — a Roma: Sar¬ 


torio, Mancini, Monteverde, Biondi, Bezzi, Colcman, Raggio, 
Balla, Coromaldi, Apolloni, Dazzi, Zanclli, fontana, Nic- 
colini, Noci, Petiti, Ximenes, Grassi, Joris, Battaglia, Lionne, 
Parisani, Cambellotti, Tadolini — a Napoli: D’Orsi, Dal- 
bono, Michetti, Gemito, Cammarano, Volpe, Caprile, Cac- 
ciaro, Migliaro — a Palermo: Lojacono, Ugo, Rutelli 
nella Sardegna Ciusa. Fra gli italiani residenti all’estero 
sono stati invitati Boiclini, Medardo Rosso, Giusti, Cairati, 
Andreotti, Bugatti, Chialiva, Zandomencghi, Balestrieri. 
Nella sezione del Bianco e Nero: Serafino Macchiati, \ ico 
Viganò, Alberto Martini. E tra i medaglisti: Renato Brozzi, 
Boninsegna, li signora I.ancelot-Crocc, e Romagnoli. 


LA GIURIA DI ACCETTAZIONE 

per 1.’ Esposizione m Belle Arti a Roma. 

Un telegramma da Roma, 18 gennaio, annunzia: 

“ In conformità della promessa fatta all’on. Marangoni, 
durante la discussione del bilancio della pubblica istruzione, 
il ministro Credaro ha interposto i suoi uffici presso la 
sezione delle Belle Arti del Comitato dell’Esposizione 
del 1911. Questa ha deliberato ora che la Giuria di ac¬ 
cettazione sia composta di nove mem' . i, ditti dagli artisti, 
e di quattro eletti della Presidenza del Comitato, presie¬ 
duta da un delegato della Presidenza stessa, senza voto. 
In tale senso sarà modificato il regolamento c si daranno 
le norme per l’elezione. „ 

Il Comitato però ha fatte le sue riserve. 


Esposizione Internazionale di Floricoltura a Firenze. 

Il Comitato organizzatore ci comunica: 

“ Firenze, la seconda capitale d’Italia, non volle, nò 
poteva restare indifferente alle solenni dimostrazioni di 
festa che si faranno nel 1911, il cinquantenario della pro¬ 
clamazione del Regno d’Italia. E perchè la manifestazione 
riuscisse più solenne, il Comune assunse la direzione vo¬ 
lendo interpretare il volere dell’intera cittadinanza. Ma 
meglio non poteva estrinsecarsi l’idea, che col rinnovare la 
festa dell’arte e dei fiori in una città, che all’arte fu culla, 
e dai fiori prende il nome e lo stemma. 

Per organizzare questa Mostra il Comune si rivolse alla 
R. Società Toscana d’Orticultura, ch’ò la più antica Società 
Orticola Italiana: elio, possiamo dirlo senza falsa modestia, 
anzi con orgoglio, ha un glorioso passato e conta nume¬ 
rosi trionfi. 

Il Governo presentò al Parlamento un apposito progetto 
di legge, che fu a grande maggioranza approvato, col 
quale si stabiliva un concorso di L. 100000 per le Espo¬ 
sizioni fiorentine. Gli Enti cittadini hanno voluto contri¬ 
buire al buon esito della nostra festa col loro contributo 
pecuniario, e cosi il Municipio di Firenze con L. 5o 000, 
la Cassa di Risparmio con L. 10000, il Comizio Agrario 


a tutti i ri vendi! ori dei biglietti deila 
Grande Lotteria a lavoro delle 
Esposizioni di ROMA e Torino 
1911 con premi di UN MILIONE 
e MEZZO - 150.000 - 120.000 - 49.500 - 30.000 - 15.000 ecr. 
l’elegante calendario tascabile che viene distribuito gratis. 


c la Camera di Commercio con L. 2000 per ognuno, ecc. 
La Esposizione sarà internazionale. Il programma, già 
pubblicato da più di un anno, abbraccia nel totale oltre 
4 5o concorsi repartiti in io Categorie, cioè: Piante orna¬ 
mentali da fogliame e da fiore; Piante fruttifere e frutta; 
Ortaggi c legumi; Semi, bulbi e tuberi; Piante da frutto, 
da orto e da giardino ed altri prodotti delle Colonie; 
Aiuole, lavori in fiore c fiori recisi; Arti e industrie at¬ 
tinenti all’Orticultura ; Letteratura ed istruzione orticola; 
Sistemi di conservazione di prodotti orticoli ; Storia del- 
l’orticultura. 

Da questo può rilevarsi come si sia cercato di nulla 
trascurare affinchè alla Mostra possa essere rappresentato 
tutto lo scibile orticolo, cd in gran parte i prodotti ita¬ 
liani esposti saranno in gara e confronto con quelli del¬ 
l’estero, perchè già il Comitato ha ricevuto moltissime 
adesioni non solo, ma formali promesse per parte di Sta¬ 
bilimenti Orticoli e produttori stranieri in modo che le 
Sezioni internazionali saranno largamente e degnamente 
rappresentate: già alcuni Governi esteri hanno nominato 
il loro rappresentante ufficiale, e degli altri si attende la 
promessa nomina. 

Il totale dei premi stabiliti dal programma per i vari 
concorsi, fra premi in contanti e Medaglie d’oro, d’argento 
dorato, d’argento e di bronzo, raggiunge la cospicua somma 
di L. a 5 000. A questi sono da aggiungersi numerosi 
Premi d’onore, fra’ quali i seguenti : 

Grande Medaglia d’oro di S. M. il Re. 

Grande Medaglia d'oro di S. M. la Regina Madre. 

Grande Medaglia d’oro di S. E il Ministro d’Agricol- 
tura. 

Coppa d’argento del senatore Carlo Ridolfi, presidente 
del Comitato Esecutivo. 

Coppa d’argento della provincia di Firenze. 

Due Grandi Mcdiglie d’oro della provincia di Firenze. 

Due Grandi Medaglie d’oro della Fonderia di Firenze. 

Grande Medaglia d’oro della Cassa di Risparmio di 
Firenze. 

Grande medaglia d’oro della Camera di Commercio di 
Firenze. 

Gran le Medaglia d’oro della Società degli Agricoltori 
di Roma. 

L’Esposizione Orticola sarà tenuta nella prima quindi¬ 
cina del mese di maggio, nello splendido Giardino della 
R. Società d’Orticoltura in Via Bolognese, il quale verrà 
quasi completamente trasformato, sia per miglioramenti 
già eseguiti e da eseguirsi a tutto il locale, sia per le 
nuove costruzioni che per l’occasione verranno innalzate 
e di cui il Comitato ha già approvato i disegni. 

Le superfici destinate alle varie Categorie sono le se¬ 
guenti : 

Serre calde e temperate m. 22 000. Padiglioni coperti 
ni. 5 ooo. Capannoni in. 1000. Per piante in piena terra 
m. 12 000. Piazzali, prati, ecc. per piante in vaso m. 6000. 

II Comitato Esecutivo concede lo spazio gratuitamente 
c ottenne speciali riduzioni ferroviarie per i viaggi di an¬ 
data e ritorno degli espositori e i trasporti delle merci, 
nonché l’esenzione dalle spese di dogana per i prodotti 
provenienti dall’estero, se resteranno invenduti. 

Le domande degli espositori si accettano sino al 3 r 
marzo p. v., termine improrogabile. „ 



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Cordelia ha l’arte — e in quest’arte la sua fama fu fondata da un pezzo e 
non vede tramonto —di legarsi le candide anime dei lettori: e il libro con¬ 
tinuerà a ristamparsi. 1 piccoli sono lettori fedeli; ma la loro fedeltà bisogna 
conquistarla, e pochi come Cordelia vi riescono.... (Corriere della Sera). 

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FASCICOLO 4 .° 


LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 r 


49 


Il Grande Panorama dell’Esposizione di Torino 

che è annesso a questo fascicolo, e che misura CHI . 120 per 40 , è un lavoro veramente splendido del nostro Gennàro d’jfallàtO. Ma come ha 
e & 1 saputo chiederanno i lettori — ricavare da quella massa d’impalcature che ingombrano in pittoresca confusione le due rive del Po —come 
eg 1 potuto ricavare con tanta chiaiezza e precisione il panorama della grande mostra che sarà? L’impresa non era certamente facile; ma d’Amato 
non si asciò scoraggiare, a più riprese andò a Torino; salì sulla mole Antonelliana; ascese le colline che circondano il Po; passeggiò su per i 
tetti delle case più alte; fece fotografie e schizzi, e poi con l’aiuto delle piante e con i progetti definitivi degli edifici, gentilmente forniti dal Co¬ 
mitato, compose il grande acquerello che dà una visione completa della città bianca attraversata dal fiume e cinta da giardini e da colline. Per 
raggruppare tutto in un unico disegno, l’artista ha dovuto riavvicinare un poco gli edifici, ma lo ha fatto con abilità, come pure ha saputo trarre 
paitito degli albci i pei mascheiaie alcune parti dei palazzi le cui linee architettoniche non sono ancora definitivamente fissate. “ Insomma — ci scrive 
d Amato — 10 non ho voluto sfuggire nessun ostacolo per far vedere tutto anche nei particolari. Infatti tutto si vede nel mio panorama, anche 
quelle pai ti che pei ragioni di lontananza e di prospettiva non si potrebbero vedere. „ 



II. BANCHETTO OFFERTO DALLA LEGA Fr AN CO-It AL I A X A DI PARIGI AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TORINESE DELLE ESPOSIZIONI DEL 191 r. 


La rappresentanza dell'Esposizione di Torino 

A PARIGI. 

* 

Il Comitato francese per le Esposizioni, al¬ 
l’estero ed il Consiglio Municipale di Parigi ri¬ 
volsero il mese scorso un cordialissimo invito 
al Comitato Esecutivo dell’Esposizione di do¬ 
rino ed al Municipio torinese perchè una loro 
rappresentanza volesse recarsi a Parigi a pre¬ 
ludere, con manifestazioni di fratellanza, alle 
feste che poi avranno luogo in Torino quando 
la grande Esposizione Internazionale vi sarà 
aperta. 

1 torinesi accettarono l’invito, e in numero di 
42, guidati dal sindaco, senatore Teofilo Rossi, 
partirono il 19 gennaio per Parigi, ove arriva¬ 
rono il mattino del 20 gennaio, alla gare di 
Lione. Quivi la rappresentanza torinese era at¬ 
tesa, fra altri, dal signor Leopoldo Bellan, pre¬ 
sidente, Maurizio Quentin, vice-presidente, Badini 
e Jourdain, segretari, e Gay, sindaco del Consi¬ 
glio municipale di Parigi. 

Appena scesi i torinesi dal treno, il signor 
Bellan, a nome della città rivolge un cordiale 


benvenuto ai delegati, invitandoli ad assistere 
nel pomeriggio al ricevimento offerto dal Con¬ 
siglio municipale in loro onore all’IIòtel de Ville. 

La storica residenza del Municipio di Parigi 
era stata, per la circostanza, decorata interna¬ 
mente con piante fresche di bell’effetto, mentre 
la facciata era ornata con bandiere francesi e 
italiane. Alle 17.25 il senatore Rossi, sindaco di 
Torino, cd i consiglieri torinesi, accompagnati 
dal vice-presidente e dai segretari del Consiglio 
comunale di Parigi, fecero il loro ingresso nel 
salone delle sedute. Tutti i consiglieri generali 
e comunali presenti si alzarono in piedi al loro 
entrare. 

Prese subito la parola Bellan: 

“ — Cari amici, — disse egli — per rilevare il calore 
dei nostri sentimenti e la gioia che proviamo nel vedervi 
a Parigi durante alcuni giorni, ci è grato riceverò in 
quest’aula delle sedute, cioè nella pni stretta intimità. Ed 
in questa sala vibra veramente l’anima di Parigi, che ci 
permetterete di non separare dall’anima della Francia. 
Quando il caso ci fa avere la fortuna di ricevere qui non 
amici festeggiati, ma piuttosto fratelli, i nostri cuori bat¬ 
tono anche più forte. E qui, ogni volta che gli amici var¬ 
cano la soglia della nostra residenza, io mi sforzo, allin¬ 


eile si trovino bene, a dir loro : voi siete in casa vostra 
lo non ho allatto bisogno di prendere questa precauzione 
per voi, perchè voi avete qui realmente diritto di citta¬ 
dinanza. 

Il prefetto della Senna, De Selve, dando un 
cordiale benvenuto agli ospiti, disse che le ra¬ 
gioni della politica internazionale possono essere 
diverse, le contingenze possono essere varie, ma 
vi è una cosa che rimane: è il sangue latino che 
unisce i due popoli che sentono di essere della 
stessa famiglia. 

Il senatore Rossi, sindaco di Torino, ringrazia 
calorosamente i rappresentanti del Consiglio mu¬ 
nicipale per le gentili parole pronunziate formu¬ 
lando l’augurio che le due bandiere tricolori si 
trovino ancora unite per la causa della pace. 

Dopo questa solenne manifestazione nell’aula 
consigliare dell’ I lùtei de Ville, ebbe luogo la 
sera, al Grand Hotel, con l’intervento del mi¬ 
nistro del commercio e dell’industria, Dupuy, il 
banchetto di 750 coperti offerto dal Comitato 
francese delle Esposizioni all’estero in onore della 
Delegazione, al quale presero parte grande nu¬ 
mero di senatori, di deputati, di alti personaggi, 
di personalità francesi e straniere. 


50 années triomphal succés : contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 



































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


do 


Al dessert parlò per primo’ il presidente del 
Comitato francese per le Esposizioni all’estero, 
senatore Dupont, che accennando alle prossime 
Esposizioni italiane, disse: 

“ A Torino ed a Roma, sulle rive del Po e su quelle 
del Tevere, regna ora una vita intensa e per dieci mesi 
una intera nazione sarà in agitazione per la buona volontà 
di mostrarsi nuova ed opulenta, agitata dalla febbre del¬ 
l'ardore moderno fra le grandi Potenze del mondo chia¬ 
mate a raccolta. „ 

Seguirono da parte di italiani e di francesi 
altri brindisi fervorosi alla fratellanza fra le due 
nazioni. 

Un altro grande banchetto, di 400 coperti, 
venne offerto alla delegazione torinese, la sera 
del 21 gennaio, dal Municipio di Parigi nell'! lùtei 
de Ville. 

Le mense erano state imbandite non nella con¬ 
sueta stila dei banchetti, ma nella vastissima e 
sfarzosa sala delle feste, illuminata da 40 enormi 
lampadari e rilucenti di stucchi dorati. 

Erano presenti quasi tutti i consiglieri muni¬ 
cipali con la loro fascia rosso-turchina a tracolla 
e lo stemma civico all’occhiello; i deputati di 


Parigi, fra cui l’ex-ministro Millerand; i consi¬ 
glieri generali e tutti gli altri funzionari mu¬ 
nicipali. 

Alla fine del banchetto, prese per primo la pa¬ 
rola il presidente Bellan, che fece un brindisi 
ai Reali d’Italia, ricordando la loro visita al pa¬ 
lazzo di città. La musica intuonò la marcia reale 
italiana, che i commensali ascoltarono in piedi 
ed applaudirono calorosamente. 

11 Bellan rivolse poi un saluto agli ospiti, a 
Torino, all'Italia, tessendo di Torino un caldo 
elogio, ricordando i vincoli che l’hanno sempre 
unita alla Francia; e dell’Italia rievocando l'epo¬ 
pea nazionale; e terminò inneggiando al successo 
delle due Esposizioni a cui la città di Parigi si 
ripromette di partecipare nel miglior modo. 

Anche il prefetto della Senna e il presidente 
del Consiglio generale, Galli, con calda elo¬ 
quenza inneggiarono a Torino e all’Italia. 11 Galli 
ricordò gli applausi con cui furono accolti al loro 
ritorno da Magenta e da Solferino i soldati fran¬ 
cesi, e brindò agli eroi e alla gloria d’Italia. 

Venne poi il turno dell’ambasciatore italiano, 
senatore Tittoni, che improvvisò in elegante fran¬ 
cese. 


Rivolto ai consiglieri comunali di Parigi, ri¬ 
cordò che egli pure, al pari del senatore Rossi, 
è loro collega, perchè membro del Consiglio co¬ 
munale di Roma e presidente del Consiglio pro¬ 
vinciale pure di Roma, e prosegui: 

“ Io considero come altissimo onore per me il rappre¬ 
sentare il mio paese presso la Francia, in questa città di 
Parigi, che esercita un irresistibile fascino su tutti coloro 
che non sono insensibili ai godimenti intellettuali nel do¬ 
minio della letteratura, dell’arte, della scienza, della poli¬ 
tica. Sì, anche della politica, poichò se la politica ha in 
tutti i paesi le sue miserie, come ben disse il vostro grande 
Alfredo de Musset in nna celebre strofa, essa è pure cer¬ 
tamente un campo di azione ben attraente per i caratteri 
e le intelligenze superiori. 

“ Poiché studiai e seguo sempre con la maggiore assi¬ 
duità il vostro movimento politico antico e contemporanco, 
i vostri ambienti politici mi sono tanto famigliaci, quanto 
mi sono famigliali quelli politici italiani. Posso, dunque, 
ben dire, che, tra voi, io sono in paese di conoscenti. In 
ispecial modo graditi mi sono i rapporti che ho con il 
Governo francese, che ha a suo capo un uomo in cui tutte 
le qualità che fanno un grande uomo di Stato si trovano 
felicemente e armoniosamente riunite, c nel quale la dire¬ 
zione della politica estera è affidata ad un uomo che con 
la sua prudenza, con la sua saggezza, con la sua nobile 



TORINO, Il Padiglione della Moda, 


preoccupazione della pace ha conquistato con tatto la fidu¬ 
cia illimitata dei Gabinetti europei. 

“Vi sono sempre argomenti seri issimi da trattare tra 
la Francia c l’Italia; i nostri rapporti commerciali, quelli 
coloniali, gli interessi dei nostri operai che numerosissimi 
si recano a lavorare in Francia o nell’Africa francese. Mi 
ò veramente piacevole il trattare argomenti così gravi con 
i vostri uomini di Stato che portano, al pari di me, uno 
spirito di equità, di benevolenza, di reciproca simpatia. „ 


Disse quindi di amare appassionatamente l'i- 
dioma di Dante, ma di ammirare anche la lingua 
francese, che è, fra l'altro, la grande divulgatricc 
per tutto il mondo delle grandi idee, e questa 
opera di divulgazione è tanto importante quanto 

la produzione intellettua¬ 
le ed originale che in 
certe regioni del domi¬ 
nio del pensiero umano 
ha incontestabilmente il 
primato. 

Accennato, quindi, che 
non vi è che una sola 
eloquenza che sia pura 
c scevra: l’eloquenza del 
cuore, concluse: 

" Ebbene, è a quest’ elo¬ 
quenza che io ricorro. E, per 



mostrarvi che vi parlo senza artifizi c che nelle mie pa¬ 
role non entra la suggestione naturale che trascina l’ora¬ 
tore ad elogiare quelli che lo ascoltano, sopratutto quando 
questi sono ospiti che gli hanno fatto un’accoglienza cosi 
calorosa c con tanta amabilità, io condenserò il mio pen¬ 
siero in una frase che pronunziai alla Camera italiana 
quasi sci anni fa in occasione della visita in Italia del 
Presidente della Repubblica, Loubet: “La visita del I’re- 
“ sidente della Repubblica al Re d’Italia ha provocato 
" manifestazioni entusiastiche ed indimenticabili, che hanno 
“dimostrato l’importanza‘che l’Italia annette all’amicizia 
“ della Francia ed il sentimento di fraternità che essa ha 
per la sua sorella latina „. È con questi sentimenti che 
io alzo il mio bicchiere in onore del Presidente della Re¬ 
pubblica, della citta di Parigi, del suo Consiglio muni¬ 
cipale. „ 

L’improvvisazione francese del senatore Tit¬ 
toni fu assai gustata e raccolse molti applausi 
ed elogi. Il senatore Rossi alla sua volta improv¬ 
visò un vibrante discorso, rivolgendo un saluto 
particolare al ministro Pichon. 

Così ebbe termine il banchetto. 

Mentre gli invitati scendevano a prendere il 
calìe nel fumoir, le mense furono levate, e nella 
grandiosa sala venne preparato un concerto, men¬ 
tre un altro concerto veniva preparato nella sala 
delle arcate. 

Una nuova fiumana d’invitati, da quattro a cin¬ 
quemila, invase allora le sale meravigliose, ascol¬ 


tando i concerti, ammirando lo sfarzo delle deco¬ 
razioni, saccheggiando i buffets gargantueschi. La 
festa in onore dei torinesi si protrasse così fin 
oltre mezzanotte fra il più schietto entusiasmo. 

Susseguironsi nei giorni 22 e 23 le visite ed 
i ricevimenti, presso il Commissario generale 
francese a Torino, signor Derville, presidente 
della Paris-Lyon-Méditerranee, presso la Lega 
Franco-Italiana, presso la Camera di Commercio 
italiana, presso i Comitati permanenti francesi 
per le Esposizioni; fino al momento della par¬ 
tenza, il 25 gennaio, ripeteronsi le dimostrazioni 
di grande simpatia dei francesi per la delega¬ 
zione torinese, che rientrò a Torino il 26 ripor¬ 
tandovi impressioni indimenticabili della splen¬ 
dida accoglienza ricevutavi. 



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LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 I T 


5r 


R O M A. L O S T A T () DEI LA V ORI I N P I A Z Z A I)’ A R M I. 



L’ Ingresso d’ o n o r e. 



Il Foro delle Regioni. - Il Lago e Fontane luminose. - Il Salone delle Peste u'ot. a. Moiìnari). 







































LE ESPOSIZIONI DEL 19 11 


52 



Ardi. Marcello Piacentini. 


Ing. Augusto Giussini. 


Ing. Giuseppe Pagnani Fusconi. 


Ing. Angelo Guazzàroni. 


ROMA. Gli archite.tti dell’Esposizione. 


Roma - Esposizione Internazionale d’igiene Sociale 

PER LA LOTTA CONTRO LA TUBERCOLOSI 

E LE ALTRE MALATTIE POPOLARI. 

Nella occasione in cui Roma commemora degnamente 
la data clic la consacrò Capitale d’Italia col riunire arti¬ 
sti e scienziati di ogni genere, convocali nella Città Eterna 
per attingere alle sue memorie l’ardimento a sempre nuove 
conquiste e per portarvi il contributo e l’operosità del 
genio mondiale, gli Ufficiali Sanitari d’Italia vollero ofirire 
il loro concorso, con la proposta di aggiungere al Con¬ 
gresso internazionale per la lotta contro la tubercolosi una 
Mostra internazionale d’igiene sociale, che traducendo in 
pratica i concetti scientifici informatori di quel Congresso, 
valga a raccogliere somme a vantaggio della lotta contro 
la tubercolosi e le altre malattie popolari. 

La nobile c generosa proposta trovò eco simpatica nel 
Comitato ordinatore del Congresso: ebbe il suffragio del 
Governo, della Provincia e del Comune; il valido concorso 
di spiccate personalità della Finanza, del Parlamento, della 
Stampa, cosicché, istituito un apposito Comitato, questo 
potò entrare nel campo pratico dell'attuazione dell’idea. 

L’Esposizione sarà tenuta in Roma nel settembre 1911 
e sarà annessa al Congresso internazionale contro la tu¬ 
bercolosi. 

Il programma generale, amplissimo, ne dimostra l’esten¬ 
sione, la natura emin ntemente scientifica, insieme alla sua 
grande utilità pratica per la diffusione materiale dei più 
importanti postulati dell’igiene popolare. 

1 proventi utili di questa Esposizione saranno devoluti 
a vantaggio della lotta contro la tubercolosi e possibil¬ 
mente alla fondazione d’istituti permanenti an ti-tubercolari. 

I.’ Esposizione avrà carattere prevalentemente pratico c 
dimostrati vo ; cosi ad esempio si mostreranno al pubblico 
vaccherie modi-ilo in azione in modo da far conoscere come 
si provveda igienicamente alla mungitura, alla raccolta ed 
alla distribuzione del latte; si mostreranno classi scolasti¬ 
che in funzionamento, ecc. 

Le domande di ammissione dovranno essere inviate non 
più tardi del 3 i marzo 1911; trascorso questo termine si 
delibererà circa l’ammissione degli oggetti da esporsi. 


II Museo del Genio in Castel 8anf Angelo 

INAUGURATO DAL Re IL l3 FEBBRAIO. 

Nel nostro numero ultimò accennammo, fra le Esposi¬ 
zioni che si preparano in Roma in Castel Sant’Angelo, al 
Museo d’ingegneria militare, o del Genio. L’inaugurazione 
ne fu fatta solennemente dal Re il giorno i 3 , cinquante¬ 
simo ann versano della resa di Gaeta. 

11 Museo, che ha sede in una delle casematte di Urbano 
Vili, recentissimamente rinnovata c decorata dal prof. Cal¬ 
imi, è costituito da quattordici serie di oggetti. 

La prima serie comprende alcuni busti (fra i quali quelli 
di Cavour, che fu ufficiale del genio) e parecchi ritratti 
dei comandanti del corpo e degli ispettori generali del¬ 
l’arma, fotografie, stampe, cimeli, medaglie, documenti sto¬ 
rici, ecc 

Nella seconda sono raccolti un modellario di storia della 
fortificazione italiana, modelli di artiglierie di antico ma¬ 
teriale piemontese, toscano, napolitano per attacco e difesa 
delle piazze; alcune riproduzioni storiche di artiglierie del me¬ 
dio-evo e del rinascimento, una catapulta, un mangano, can¬ 
noni e mortai dell’epoca di Nicola V, l’io IV, Urbano Vili, ecc. 

Nella terza serie sono alcuni modelli di fortificazioni (le 
mura di Lucca, di Torino, le cittadelle di Casale e di Parma, 
i forti di San Michele (Verona), di Boma (Roma), di Vinadio 
e di Demonte. 

La serie quarta comprende ricostruzioni c memorie sto¬ 
riche, plastici, modelli, tavole murali, quadri, stampe, di¬ 
segni, fotografie della campagna di Crimea, dell’assedio di 
Gaeta, della campagna (l’Africa, ecc. 

La quinta serie raccoglie macchine c congegni diversi, 
trasporti, attrezzi portabili; la sesta : mine, esplosivi, mezzi 
d’accensione, strumenti da minatore; la settima: ponti c 
passaggi delle acque: l’ottava: ferrovie militari; la nona: 
telegrafia, telefonia, colombi viaggiatori ; la decima: aereo¬ 
nautica ed aviazione; l’undicesima: costruzioni e stabili- 
menti militari; la dodicesima: lavori eseguiti dal genio per 
la marina; la tredicesima: H archivio storico del genio e bi 
bliotcca ; la quattordicesima: miscellanea; divise del genio, 
plastici, fotografie e geografici, varie. 

Il Re tutto ammirò c di tutto si compiacque, guidato 
dal direttore ed ordinatore del museo, colonnello Borgatli. 


I COISTGEESSI 

CHE SI TERRANNO A TORINO DURANTE L’ESPOSIZIONE. 

Ecco l’elenco dei Congressi che avranno luogo a Torino 
durante l’Esposizione. 

Maggio (in giorno ria destinarsi). Congresso Nazionale 
fra Costruttori ita’iani. IX Congresso fra Industriali e Com¬ 
mercianti. 

Giugno. Dal 27 al 29 Congresso Nazionale Arti grafi¬ 
che c 11 Congresso Nazionale dei Segretari ed Impiegati 
degli Enti locali. - So. Congresso Internazionale Aiti 
grafiche. 

Agosto Dal 28 al 3 o. Congresso Nazionale forestale. 

- 3 i. Congresso Società Agricoltori. 

Settembre. Dal i.° al 2. Congresso Socie à Agricoltori. 
5 al 9. Congresso Magistrale Nazionale. 21 al 23 . Con¬ 
gresso serico Internazionale. 29 al i.° Ott. Congresso delle 
Organizzazioni patronali dell’InduS ria c dell’Agricoltura. 

- (In giorno di destinarsi.) V Congresso Internazionale 
di Apicoltura (primi giorni'. II Congresso Nazionale di 
Chimica applicata. Congresso Internazionale delle Società 
per la Cremazione (seconda metà). 1 Congresso Nazionale 
di Navigazione (seconda metà). 

Ottobre. Dal i.° a! 5 . Congresso Internazionale dei Pa¬ 
tologi. (In giorno da destinarsi). I Congresso Internazionale 
Zoofilo e Umanitario. 

In epoche da destinarsi. — li Congresso grafico Nazio¬ 
nale. Assemblea generale dell’Associazione Tipografica Li¬ 
braria italiana. — Congresso Fotografico. — Escursione dei 
membri facenti parte del X Congresso Internazionale di 
Geografia. - Congresso Internazionale di Allievi ingegneri. 

- IV Congrèsso Nazionale degli Insegnanti delle scuole in¬ 
dustriali e commerciali. - Assemblea generale della Lega 
navale. — Congresso Nazionale delle Società mutue e con- 
iederate dei Parrucchieri. — Salvataggio c soccorso fuhblico. 
XXII Congresso Internazionale. - Congresso Nazionale ■ ella 
Viticoltura, della Enologia e del commercio vinario. - Chiu¬ 
sura del Congresso degli italiani all’estero, dopo lo svol¬ 
gimento delle prime sedute in Roma. 











































































































































LE ESPOSIZIONI DEL 19 il (Edizione Treves). 


PANORAMA GENERALE DEL 

(DISEGNATO DAL VE so D 


MOSTRA IDI BELLE ARTI AA I G TST AA CARTONI. 


Spagna. 


Giappone. 

Germania. 


Inghilterra. 


Gallerie provvisorie. 


Palazzo Belle Arti. 


Ingresso ai. Luna Parck. 


Belgio. 


f 



Stati Uniti. 


Ungheria. 


Serbia. 


Francia. 


Austria. 


Ingresso d’onore. 


Russia. 





























































uve O S T IRA. 


DELLE 


REGIONI IN F> T Al. Z Z A^ JD J Al. IR UVE X 


3 ELLE ESPOSIZIONI DI ROMA 

Vero DA ALDO MOLI NARI). 


Mostra d’Architettura. 

Palazzo Mostra Etnografica. 

Toscana. 

Salone delle Feste. 

Sicilia. 

Umbria. 

Marche. 

Sardegna. 

Emilia. 

Liguria 

Veneto. 



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[A. 


Nuovo Ponte Flaminio. 


Ingresso monumentale. 


Foro deli e regioni. 


Lago e Fontane luminose. Pesca. 


Palazzo dei Cimelii. 


Piemonte. 


Lombardia. 


Meridionale. 


L. 

v 




































LE ESPOSIZIONI DEL 


t 9 i i 


61 


LE FESTE FIORENTINE D.EL 19.11 

La Mostra del Ritratto italiano e l’Esposizione Internazionale di Floricoltura. 


Il ricordo di quando c’era la ca¬ 
pitale non è svanito dalla coscienza 
viva del popolo fiorentino. La breve 
sosta del Governo e della Corte 
nella città toscana riappare al pen¬ 
siero non come un caso fortuito 
della politica, ma come un destino 
della storia: si ripensa a quella for¬ 
tuna fuggitiva senza ombra di rin¬ 
crescimento per averla perduta, ma 
con sicura coscienza d’averla me¬ 
ritata. Ci si ripensa con simpatia 
perchè la capitale fu gentile verso 
la città gentile: la svecchiò quanto 
era necessario senza sciuparla; se 
le tolse le mura di pietra, la cinse 
di una fresca cintura di alberi e di 
fiori; se edificò nuovi quartieri, di 
equilibrata armonia, non turbò l'ar¬ 
monia dei quartieri antichi. 

Così oggi commemorare il primo 
giubileo della patria unita è per 
Firenze il più facile dei doveri pa¬ 
triottici, poiché nel patriottismo na¬ 
zionale si esalta anche il suo pa¬ 
triottismo municipale. 

11 modo con cui Firenze prende 
parte alle imminenti feste della pa¬ 
tria è tale che, mentre accresce e 
completa l’importanza della solen¬ 
nità, non devia l’attenzione che Ro¬ 
ma e Torino reclamano per sè. Non 
gara ma cooperazione. 11 sentimento 
della misura, quello che ha fatto 
nei secoli la perfezione dell'arte to¬ 
scana, non è smarrito. 

E come lo spirito della città è 
uno spirito raccolto e la sua bel¬ 
lezza è fatta di grazia e di sobrietà, 
la nota che ella vuol aggiungere alle 
feste delle due grandi sorelle vuol 
essere una nota che esprima il suo 
carattere : anche questa volta ella 
parlerà con la grazia dei fiori e con 



(Fot. Sduinbochc.) 

March. Filippo Corsini, Sindaco di Firenze 
Presidente dei Comitati per le Feste Fiorentine del 1911. 


la nobiltà dell’arte. Firenze nel 1911, 
come è noto, avrà la Mostra del Ri¬ 
tratto italiano e l’Esposizione inter¬ 
nazionale di Floricoltura. 


La Mostra del Ritratto è un'espo¬ 
sizione d’arte di un tipo ancora 
nuovo per l’Italia. Anche da noi 
sono state fatte, con buona fortuna 
e con certo vantaggio della coltura, 
esposizioni retrospettive di singoli 
artisti, ma questa è una grande espo¬ 
sizione retrospettiva che compren¬ 
de quasi tre secoli di arte e di sto¬ 
ria: essa raccoglierà in Palazzo Vec¬ 
chio i più famosi ritratti dei più fa¬ 
mosi personaggi vissuti dalla fine 
del ióoo all’anno di cui si ricorda il 
cinquantenario, il 3861: personaggi 
italiani e personaggi stranieri raffi¬ 
gurati da artisti italiani. 

E evidente l’importanza artistica 
della Esposizione. Il ritratto è una 
forma d’arte così eccellente e così 
completa, che non c'è stato, si può 
dire, artista che non l’abbia almeno 
tentata; molti dei piti grandi in essa 
hanno data la piena misura del loro 
valore. La grandezza di Rcmbrandt 
non è quasi tutta la grandezza di un 
ritrattista? Si potrebbe dire che il 
ritratto nella pittura tiene il posto 
che nella letteratura è tenuto dal 
dramma; è la forma d'arte pili vi¬ 
cina alla realtà. E come attraverso 
il teatro noi vediamo il costume, la 
vita, lo spirito dei tempi, cosi attra¬ 
verso il ritratto ci si rivela il mas¬ 
simo di vita. Quindi una tale Espo¬ 
sizione, mentre offrirà allo studioso 
e allo specialista l’occasione di ri¬ 
cerche e confronti che possono con- 




(Fot. Brogi.) 

Ugo Ojetti, Presidente della Commissione Esecutiva 
per la Mostra del Ritratto Italiano 


(Fot. JìrOgi.) 

Marcii. Sen. Carlo Ridolfi, Presidente della Commissione Esecutiva 
per l’Esposizione Internazionale di Floricoltura, 








62 


L E ESPOSIZIONI DEL 1911 



(Fot. Nune-s-Vais.) 


Dott. Nello Tarchiani, Segretario Generale 
per la Mostra del Ritratto Italiano. 

durre a delle vere scoperte, a chiunque abbia 
ocelli per vedere e animo per sentire rivelerà 
direttamente un grande tratto di storia: vecchie 
tragedie e vecchie commedie che rivivono con 
la lolla dei loro illustri attori : sovrani e ministri, 
generali e favoriti, dame e damigelle; convegno 
eli ombre reincarnate a ricostruirci l’illusione dei 
loro tempi spariti, (ili storici vi troveranno i 
loro documenti iconografici, le signore si conten¬ 
teranno magari di studiarci la storia della moda... ; 
spettacoli sempre istruttivi. 

L’idea della mostra sorse due anni fa nella 
mente di un uomo che ama l’arte perchè la 
comprende come funzione di vita, in Ugo Ojetti. 
La sua idea fu accolta dall’ente che promoveva 
i festeggiamenti, il Municipio fiorentino, che al¬ 
lora aveva a capo il sindaco Sangiorgi. Oggi 
presiede al Comitato delle feste fiorentine il mar¬ 
chese Filippo Corsini, il giovane sindaco del¬ 
l’antica casata: e alla Commissione esecutiva 
che ha organizzata la mostra presiede lo stesso 
Ojetti, coadiuvato da un gruppo di studiosi d'arte 


che sono anche uomini di pronta attività: Nello 
Tarchiani segretario della Mostra, Carlo Gamba, 
Giovanni Poggi e Alfredo Lensi. Numerosi com¬ 
missari, scelti fra gli uomini di coltura e di gusto 
artistico che sono in Italia, lavorano in tutti i 
centri dove si possa scoprire qualche tela rap¬ 
presentativa per la nostra arte e per la nostra 
storia. 

Poiché, come è naturale, una esposizione di 
questo genere non poteva scegliere il suo ma¬ 
teriale nelle gallerie dello Stato o tra le colle¬ 
zioni più note. Si trattava non tanto di racco¬ 
gliere quanto di scoprire. Manca fino ad oggi 
uno studio completo — e anche incompleto — 
sull’arte del ritratto in quei due secoli e mezzo 
che, secondo un’idea formata in gran parte di 



Palazzo Vecchio. Quartiere di Leonora 
da Toledo. - Porta di Benedetto da Maiano 

nella Sala dei Gigli, prima detta dell’Oriolo. 



Prof. Cav. U 1 T. Vincenzo Valvassori, Segr. della Commiss. 

Esecutiva per l’Esposizione lnternazion. di Floricoltura. 

pregiudizi, sono tutti di decadenza e povertà 
artistica. 1 grandi ritrattisti italiani del ’6oo e 
del Qoo sono per ora parzialmente conosciuti, 
e molti ingiustamente apprezzati per ignoranza, 
poiché le loro opere — opere di commissione 
— sono sperse in case private, in piccole col¬ 
lezioni municipali, in città lontane, in castelli 
fuori mano. Bisognava appunto riunire dinanzi 
al pubblico una grande serie di tesori privati. 
E voi sapete che, mentre un privato è sempre 
disposto ad essere creduto proprietario di rari 
tesori, non sempre ha piacere che questi tesori 
sieno veduti, esaminati, confrontati.... 

Oramai però questo difficile lavoro di rintrac- 
ciamento e di valutazione preliminare è fatto, ed 
anche le possibili resistenze — non sempre ir¬ 
ragionevoli, del resto — di qualche proprietario 
sono state superate. Ila’ dato il buon esempio 
la Casa reale di Savoja aprendo ai commissari 
le gallerie delle sue reggie. Soltanto da questa 
parte sono assicurati una settantina di ritratti: 
dalla Reggia, che fu borbonica, di Caserta ver- 



HRENZE. Giardino di Orticoltura: Il Grande Tepidario. 



































































L'ESPOSIZIONE DEL RITRATTO DEL 1911 A FIRENZE 


63 



1 anno, con 1 ìitiattisti del Mezzogiorno, ritratti magnifici 
di pennello spagnuolo e francese; dalla Villa, che fu Me¬ 
dicea e Lorenese, di Poggio a Caiano ritorneranno a Pa¬ 
lazzo vecchio — caro soggiorno alla loro vita mortale _ 

le immagini dei granduchi toscani; bellissima la serie di 
quelli dipinti dal Sustermans. A questa appartiene la fiera 
ed elegantissima figura di Francesco II — principe non 
regnante — figlio di Cosimo II, che si accampa con gio¬ 
vanile maestà nel quadro da noi riprodotto. 

Ma da ben più lontano verranno altri ritratti. Pochi 
sanno che durante il secolo XVIli, insigni pittori italiani 
esplicarono quasi tutta la loro attività in Polonia ed in 
Russia: i due Lampi, il Del Frate. Riappariranno ora dalle 
gallerie imperiali di Pietroburgo, dai castelli dei nobili po¬ 
lacchi e russi. Così Pietro il grande e Caterina di Russia 
si troveranno ad assistere a una festa alla quale, per 
quanto chiaroveggenti politici, probabilmente non pensa¬ 
rono mai, quella dell’Unità italiana. 

Altri ritrattisti e interi gruppi di ritrattisti si sono ri¬ 
velati anche in Italia: per esempio a Bergamo che, tra il 
Municipio, l’accademia Carrara e le collezioni private, offre 
una trentina di opere che si aggruppano intorno all’arte 
del Ghislandi. Così alcuni artisti, rappresentati abbon¬ 
dantemente, potranno avere ciascuno la sua sala, ove af¬ 
fermare la propria individualità, rinverdire la loro gloria 
appassita. Ne avrà una la morbida e suggestiva Rosalba 
Carriera — tutta rosa e cipria; — un’altra Alessandro 
Ponghi, il delicato pittore della grazia settecentesca ve¬ 
neziana, il poeta delle bautte e delle trine. Di lui qui si 
riproduce un’opera assolutamente inedita, esistente a Trie¬ 
ste nella collezione privata del cavalier Filippo Artelli : è 
una dama ignota, ma con gli occhi e con il ventaglio parla 
dei tempi suoi meglio che il ritratto di un Procurator di 
San Marco con un nome da libro d’oro. 

A suo tempo la potremo interrogare, a Esposizione 
inaugurata — si inaugurerà Pii marzo; — e interroghe¬ 
remo altre figure che non sono tutte morte, anche se i 
loro nomi sono vuoti, perchè l’arte ha conservato intorno 
ad esse Y illusione della vita; l’illusione della vita che è 
già quasi tutta la vita. 


E questa illusione sarà più facile verso i quattrocento 
e più ritratti oramai assicurati alla Mostra, poiché il loro 
convegno sarà in Palazzo Vecchio. In un locale qualun¬ 
que, freddamente schierati lungo le pareti delle sale vuote, 
in un palazzo posticcio da esposizione, le opere d’arte più 
belle si impoveriscono: la loro vita, chiusa nella cornice, 
non si rivela senza la simpatia delle cose circostanti ; 
paiono oggetti, documenti, pezzi imbalsamati. Ma quando 
si dispongono nelle sale di un palazzo che è vivo nella 
sua decorazione, nei suoi arredi, nelle sue memorie, allora 
la vita dell’ambiente si raccoglie intorno alla loro e la là 
risaltare con piena evidenza. 

Ora la Mostra del Ritratto sarà anche in un certo 


Sustermans. - Francesco II figlio di Cosimo II de’ Medici. 
Esistente nella Villa Reale del Poggio a Caiano. 


(Fot. Penco.) 

Alessandro Longiii. - Dama Veneziana. 

Ritratto esistente a Trieste nella collezione del cav. l ilippo Artelli. 


senso la mostra dei quartieri medicei del Palazzo della signoria fiorentina; 
poiché le tele saranno distribuite parte al primo piano, nei quartieri di Co¬ 
simo I e di Leone X, parte al secondo, nei quartieri degli Elementi e di 
Eleonora di Toledo: il Salone dei cinquecento, su cui sboccano i quattro 
quartieri, resterà libero ma sarà il passaggio tra le parti della Mostra. 

11 Salone dei Cinquecento è rimasto sempre il salone del popolo fioren¬ 
tino; non v’è forestiero di passaggio per Firenze che non sia stato ad am¬ 
mirare la vastità della gran sala architettata dal Cronaca alla fine del '400, 
poi ornata dal Vasari e dai suoi compagni con signorile ricchezza cinque¬ 
centesca. Ma i quartieri contigui, specialmente quelli del secondo piano, sono 
stati richiamati in onore da poco, da quando è prevalsa l’idea che il mae¬ 
stoso palazzo non è tanto una sede di uffici municipali quanto un palazzo d’arte, 
e in questo senso si è incominciato a liberarlo dalle sue moderne brutture. 

Fu proprio al tempo della Capitale — di questa colpa artistica non si 
può assolverla — che l’edificio subì internamente le più gravi deturpazioni. 
L’aula del parlamento potò insediarsi nel salone dei cinquecento senza gua¬ 
starlo, ma gli accessi alla Camera e i suoi uffici costrinsero a sbranamenti 
e squartamenti di cui volentieri si sarebbe fatto a meno. Il restauro delle 
parti offése è di questi ultimi anni. Restaurandolo si è potuto rendere al 
palazzo, se non la sua prima fisonomia repubblicana, almeno tutta la fisonomia 
medicea sovrappostasi alla prima con arte diversa ma non inferiore. 

Oggi i quartieri degli Elementi della duchessa Leonora — fu la moglie 






cWw»» -• 


fcnr-V; 



















6 4 


LE ESPOSIZIONI DEL 191 t 


di Cosimo I granduca — si aprono intatti con 
le loro pompose decorazioni mitologiche e sto¬ 
riche in cui splende l’arte più matura del rina¬ 
scimento; un’arte che, se non coincide con le 
preferenze moderne, soggioga con la doviziosa 
signorilità dei suoi freschi e dei suoi arazzi - , un 
magnifico popolo di fantasmi artistici si schieia 
lungo le ampie sale e i terrazzi soleggiati, sotto 
i gravi lacunari messi a oro: gli dèi del vecchio 
Olimpo si fondono con i minori eroi della casa 
Medicea, indiati dall’adulazione dei loro pittori. 
1 ritratti dei principi, delle dame, dei prelati ap¬ 
pariranno nel loro ambiente più favorevole, di¬ 
sposti in questi quartieri granducali che espri¬ 
mono la perfezione di un’arte tutta aristocratica. 

11 quartiere di Cosimo I, che accoglierà le 


tele più importanti, si riaprirà ora per la prima 
volta, liberato dai tramezzi e dai falsi palchi cne 
lo avevano spezzettato per farne squallida sede 
di scribi municipali. Sono state riaperte le glandi 
bifore semiaccecate; sono stati ritrovati e. 11- 
fatti i soffitti abbassati; rivive nella sua prima 
dignità tutta un’ala del Palazzo. 

Di quali deturpamenti sia stato vittima e con 
quanta fortuna sia stato oggi rimesso nel suo 
onore, può dare un’idea il caso di quella singo¬ 
larissima sala che è lo studiolo di 1‘ rancesco I. 
È stato Giovanni Poggi -- il direttore del Museo 
Nazionale — che lo ha riconosciuto in una saletta 
oscura che nulla aveva più di cospicuo se non 
una vòlta a botte frescata di simboli mitologici 
e naturali. Prima del 1860 questa sala era stata 


adibita all’ufficio molto subalterno di carbonaia. 
Ma con l’aiuto di documenti e con la sua sagacia 
di ricercatore espertissimo, il Poggi ha potuto 
ritrovare e rimettere al loro posto tutti gli cle¬ 
menti artistici che della sala avevano formata la 
bellezza perduta : le statue delle otto nicchie, le 
lavagne dipinte che avevano occupate la pai te 
alta "delle pareti, gli sportelli dipinti da sovrap¬ 
porsi ai vani degli armadi che erano stati murati. 

Cosi durante l’Esposizione i visitatori rive¬ 
dranno in tutta la sua suggestiva bellezza anche 
questa curiosa stanza che fu il laboratorio di 
un principe alchimista: poiché il granduca Fran¬ 
cesco I, oltre che dello Stato e di Fianca Cappello, 
si occupava anche delle virtù dei metalli e per i 
suoi esperimenti si fece costruire questa strana 



FIRENZE. Palazzo Vecchio: 


.A FI 


:IMA SALA DEL QUARTIERE DEGLI ELEMENTI COMPRESA NEI LOCALI DELLA MOSTRA DEL RITRATTO ITALIANO (fot. Alinari). 


sala, in cui l’arte vasariana esprime nei suoi 
modi classici concetti di scienza un po' magica. 
In Palazzo Vecchio c’è posto per tutta la luce e 
per tutte le ombre dell’anima umana. 1 ) 


Discosta dal Palazzo naturalmente sorgerà la 
Esposizione Internazionale di Floricoltura. Essa 
avrà luogo nel giardino della Società di Orti¬ 
coltura sulla via Bolognese, alle porte della città, 
un bel verziere che gli amici dei fiori conoscono 
e pregiano. 11 suo grande tepidario è il piti vasto 
che sia per ora in Italia; e altri tepidari minori 
sono pronti ad accogliere le piante rare a cui 

l ) Per la storia artistica c politica eli Palazzo Vecchio i 
visitatori della Mostra possono consultare la bella, elegante 
monografia di A. Pensi, II Palagio del Popolo e Comune 
di Firenze. - Firenze, Alinari. 


anche il mite maggio toscano possa dare qual¬ 
che brivido pericoloso. 

L’Esposizione dei Fiori attenderà'ìl maggio per 
inaugurarsi, poiché anche i fiori lo attendono per 
dischiudere tutta la loro bellezza. Ma fin d’ora 
è assicurato il concorso dei piti cospicui pro¬ 
duttori italiani e stranieri di ogni sorta di piante: 
piante d'ornamento e piante da frutto, tutta la 
flora tropicale costretta a divenire europea. Ci 
saranno per gli espositori, oltre i premi d’onore, 
ricompense in danaro per 25 000 lire. La città 
che ha nome dai fiori e accampa nel suo blasone 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI * Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO nEABRO DELLA GIURIA 


il giglio, si ricorda ancora di aver per prima bat¬ 
tuto il fiorino. 

Presiede al Comitato che prepara il grande 
convegno floreale il marchese senatore Carlo 
Ridolfi — di quella famiglia dei Ridolfi a cui 
l’agricoltura toscana deve molto della sua at¬ 
tuale perfezione — ; segretario operoso è il 
professor cavaliere Vincenzo Valvassori, diret¬ 
tore impeccabile della Scuola di pomologia fio¬ 
rentina. 

La tradizione floreale si accompagna a Fi¬ 
renze con la tradizione artistica. E le due mo¬ 
stre, con cui la città vuole esprimere la sua in¬ 
dole e le sue aspirazioni perenni, si congiun¬ 
gono idealmente nella primavera che suscita il 
fiore della terra ed il fiore dell’arte. E ancora, 
come un tempo, nella vecchia città dell’Arno il 
maggio sembra arrivare sotto forma di un ado¬ 
lescente carico di ghirlande.... 

Giulio Caprin. 


tignola- 

Commedia di Sem BENELLI. 1..3. 


Nel paese della fortuna La CITTÀ del GIGLIO 

Dramma in 4 atti di E. A. BUTTI ♦ L. 3 . Romanzo di Dora MELEGARL l. 5. 


CANZONI AL VENTO, « Anton 


Giulio Barrili ( 


raccolta postuma 
del c sue poesie. 


Lire 5 . 


DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68. 































































FASCICOLO 5 .° 


LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


65 


L’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA DEL RITRATTO ITALIANO A FIRENZE (il Marzo). 



La Loggia dei Lanzi all'arrivo dei. corteo. 



Il Duca di Genova coi. sindaco di Firenze, marchese Corsini (fot. Fiorini). 





















t ir ircpnqiZIONI DEL i q i i 



INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA DEL RITRATTO 


A FIRENZE. 



Ritratto di Alessandro Dal Borro, già attribuito al Velasquez 

(del Kaiser Frinii ich Musami di Berlino, esposto alla Mostra del Ritratto Italiano a Firenze). 


I.’rt marzo fu solennemente inaugurata a Firenze la 
Mostra del Ritratto Italiano, della cui organizzazione lia 
detto ampiamente, nel fascicolo 4. 0 , Giulio Caprili. 

L'antico e tenebroso Palazzo delta Signoria che racco¬ 
glie — meraviglioso scrigno Mediceo — la Mostra del Ri¬ 
tratto Italiano, si risvegliò nel mattino burrascoso del 
marzo fiorentino in un tumulto di vita e le vecchie pietre 
parvero scosse da un fremito di gioia e di mondanità. L’im¬ 
mensa sala dei Duecento così ricca di stucchi e di arazzi 
presentava all’entrata del Duca di Genova, dei Siedaci 
e delle autorità un quadro di regale imponenza ed ele¬ 
ganza. Certo nessuno dei cosidetti saloni di festeggiami liti 
delle mostre imminenti di Torino e di Roma potrà ugua¬ 
gliare per splendore e per sfarzo la storica sala del Pa¬ 
lazzo Vecchio mentre s’inaugurava la Mostra del Ritratto, 
prima delle tre esposizioni con le quali le tre capitali 
festeggiano il Cinquantenario de) Regno d’Italia. Oltre 


al Ittica di Genova erano presenti i ministri Fani e Cre- 
ihiro, 1 on. Di Scalea, sotto segretario di Stato, gli onorevoli 
Martini e Dauco, il proietto conte Cioia, il generale Della 
Noce comandante il corpo di armata, il generale Vigano, 
i senatori Villari, Mazzoni e Arrivabene, Ugo Ojetti e gli altri 
componenti la Commissione esecutiva, e i siudaci delle tre 
capitali si trovarono per la prima volta fraternamente uniti 
a Firenze: Ernesto Nathan, alto, ossuto e calvo; il sena¬ 
tore 1 eofìlo Rossi, basso, tarchiato c ben chiomato, c il 
giovine sindaco di Hrenze, marchese Filippo Corsini, sim¬ 
patica figura di gentiluomo alquanto intimidito da questa 
prima cerimonia ufficiale del suo recentissimo sindacato. 
1‘ u a lui che toccò per il primo la parola, e seguirono 
Nathan e Rossi. !■ urono discorsi brevi pronunziati con di- 
v< rsi accenti, tutti intonati alla solidarietà e al vicendevole 
amore delle tre città che celebrano il cinquantenario della 
Nazione. Prese poi la parola Corrado Ricci: c il suo fu 


un magistrale discorso degno davvero della circostanza. 
Fece una rapida corsa attraverso la stona dell arte italiana, 
in meno di tre quarti d’ora egli la rievocò con .magmi 
smaglianti e con felici citazioni, con r.n senso di critica 
acuto ed arguto che avvinse gli uditori. 

“ Dalle grandi raccolte iconografiche degli Uifizi c della 
Mostra odierna sgorgano — concluse il Ricci — si in¬ 
calzano, si accavallano ricordi d’ambasce e di felicita, 


rono veri. 

« Passa dinanzi a noi una turba di figure e di anime. 
Sembra che invochino di non morire c clic domandino 
meglio lo scempio delle postume censure, che la scura 
eternità dell’oblio. Minacciano o pregano,- guatano fredde 
o sorridono. È il mondo barocco pieno d’inattesi.contrasti, 
dal patrizio fatuo all’austero scienziato ; dal magistrato rav¬ 
volto nelle toghe e nel sussiego, alla dama ravvolta nelle 
trine e nella frivolezza: è l’ Impero con le sue celebri donne 
« dai grandi occhi fatali „ “ circonfuse d’arcana voluttà 
e il romanticismo con le sue angosce piene di speranza e 
con le sue speranze piene di angoscia. 

“ Tutti sono sepolti da tempo : tutti sono disfatti in ciò 
che fu realtà e verità: tutti vivono ancora — e vivranno 

— per la potenza eroicizzante della storia, per la viltà 
maliarda dell’arte. „ 

Fragorosi applausi accolgono la fine del brillantissimo 
discorso del direttore delle Belle Arti, che in nome del 
Governo apre la mostra. Poi Ugo Ojetti, il geniale orga¬ 
nizzatore della mostra, guidò il Duca e le autorità attia- 
verso le sale. Ojetti appariva raggiante del suo successo 
d’arte e di.... puntualità. Puntualità, perchè ad onta di 
difficoltà d’ogni genere che parvero a tutta prima porre 
un ostacolo insormontabile all’attuazione del bellissimo pro¬ 
getto, la mostra fu inaugurata in completo assetto nella 
data prefissa dell’rt marzo, e nello stesso giorno anche il 
catalogo — in un numcto limitato ma sufficiente di copie, 

— potè essere distribuito ai critici. 

Ora la parola è al pubblico che vogliamo sperare ac¬ 
corra numeroso a visitare la mostra che è il tratto di ben 
disciplinate energie c di un amore sincero per l’arte. Ag¬ 
giungiamo due parole sulle accoglienze cortesi di Firenze 
gentile ed ospitale ai numerosi amici dell’arte clic da ogni 
parte d’Italia ivi convennero per l’inaugurazione, la 
Leonardo da Vinci, il piiìi intellettuale dei clubs italiani, 
ofirì un concerto e un ricevimento semi-ufficiale nella 
sua bella sede di via Strozzi; il sindaco di Firenze una 
colazione di 3 o coperti al Comitato e alle autorità; il Ca¬ 
sino Borghese un grande ballo nelle sue splendide sale 
dorate. E nelle ore pomeridiane il sole ruppe le nuvole, 
e inondò la città di fiotti di pura luce, mentre il vento 
recava il saluto profumato dei colli di Firenze e di Set- 
tignano. 

Riproduciamo qui accanto una delle piti belle opere del¬ 
l’esposizione. 

11 personaggio di indiscutibile floridezza raffigurato in 
questo energico ritratto è il marchese Alessandro Dal Borro, 
patrizio aretino vissuto nella prima metà del 1600, soldato 
famoso ai suoi tempi nelle guerre di Germania, d’Orientc 
e d’Italia. 11 pittore lo ha rappresentato in atto di calpe¬ 
stare un vess ilo a strisce bianche e rosse disseminato di 
api d’oro: è il vessillo dei Barberini che il Dal Borro scon¬ 
fìsse nella persona del Papa Urbano Vili, nella guerra 
combattuta da Parma alleata a Venezia c alla Toscana con¬ 
tro il Pontefice per il possesso del Ducato di Castro. Certo 
chiunque rappresenti — in ogni caso un tipo di burbanza 
soldatesca — è sempre un ritratto di espressione straor¬ 
dinariamente forte e immediata. 

Quest’opera d’arte fu per lungo tempo attribuita a Ve¬ 
lasquez c ancora gliela attribuisce con qualche riserbo il 
Kaiser Friedrich Musami di Berlino che ha la fortuna di 
possederlo — un tempo fu dei Passerini di Cortona. 
Ora il potente ritratto è ritornato —• temporaneamente 
pur troppo — in Italia: è riapparso poco lontano dalla 
sua terra natale, a Hrenze nella Mostra del Ritratto che 
come è noto, ha luogo tra il marzo e il luglio del igr r. 
E questa un convegno di illustri ritratti c di illustri perso- 
Ila 8gt italiani dalla fine del secolo XVI all’anno 1861, di 
cui l'irenze appunto con la Mostra ilei ritratto commemo¬ 
rerà il cinquantenario. A Palazzo Vecchio si volgerà Bin¬ 
ici esse dei dotti c di quanti amano l’arte, specialmente 
nelle forme meno note: e il ritratto italiano dei secoli XVII 
e XVIli è ancora semisconosciuto. L’importaza della Mo¬ 
stra è stata riconosciuta dalle più cospicue Gallerie stra¬ 
nici e e nazionali. Molte attribuzioni incerte potranno essere, 
nel confronto diretto, finalmente determinate. 

Appunto per ciò il Museo Germanico si priva per qual¬ 
che mese del suo cospicuo Alessandro Dal Borro, perchè 
si spera di poterne scoprire la paternità in uno di due 
maestri che saranno anche rappresentati alla Mostra, il 
Sacelli 1 ornano o il Renieri veneziano: un Sacelli verrà da 
Strasburgo ed un altro dalla Collezione privata del Prin¬ 
cipe Giovannelli di Venezia. Che un’opera attribuita a Ve¬ 
lasquez possa poi essere ascritta al Sacelli o al Renieri 
dimostra quali ritrattisti sieno questi due pittori i cui nomi, 
fuor che tra gli eruditi, suonano come quelli di due ignoti. 
Ma anche molti altri nomi che oggi non dicono niente sa¬ 
ranno mossi in valore dalla Mostra: ritrattisti le cui opere 
sono disperse in raccolte lontane e poco accessibili avranno 
rinverdita la loro fama. Un territorio quasi ignoto dell’arte 
italiana saia indicato ai visitatori, i quali dovranno ret¬ 
tificate il giudizio comune che l’arte del Seicento e del Set¬ 
tecento sia tutta un’arte senza vita; ci fu una forma clic 
1 accademismo non riuscì a mortificare, il ritratto. Nessuno 
oserà chiamar accademia la sicura audacia di chi ha di¬ 
pinto il Dal Borro. 

Nei prossimi iascicoli pubblicheremo le più belle tele 
che ornano le sale del Palazzo Vecchio, 











LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 


67 



Schizzo prospettico del progetto Bazzane 


Roma. L’Rsposiziorie di 


Belle Arti. 


Il complesso della Mostra romana del 1911 
può dividersi, come ho già accennato in un ar¬ 
ticolo precedente, in tre gruppi principali: quello 
di Castel Sant’Angelo, quello di Piazza d’Armi, 
e quello della Vigna Cartoni. 

L’Esposizione internazionale di Belle Arti è 
tutta contenuta nell’area di questa che era una 
delle amenissime tra le vigne suburbane, quelle 
vincete che hanno fatto, nel seicento, la delizia dei 
cardinali e della loro corte maschile e femminile. 
Così l’Esposizione sarà compresa fra la Villa 
Borghese e la villa di Papa Giulio: un larghis¬ 
simo viale la divide in due parti, e va dai con¬ 
fini di Villa Borghese, proprio là dov’ è sorto 
il Giardino Zoologico, alla Via Flaminia, la at¬ 
traversa, e arriva al nuovo Ponte sul Tevere che 
conduce al gruppo dalle Mostre di Piazza d’Armi. 

11 luogo in cui sorge l'Esposizione di Belle 
Arti è stato veramente scelto con assai buon 
gusto: ha da due lati la magnifica massa selvosa 
della Villa Borghese, e dall'altro è chiuso dalla 
pittoresca collina di Villa Balestra, gialla rupe 
di tufo, su cui gli elei e i bassi querceti che la 
coronano, mettono una severa nota di cupa ver- 
zura: verso ponente il Tevere e Monte Mario 
chiudono la magnifica scena. 

Tre ingressi vi conducono: due sono secon¬ 
dari, al principio e al termine dal grande viale, 
c sono chiusi da cancellate decorate da antenne; 
e uno principale: l’ingresso d’onore. 

E questo proprio sul limitare di Villa Borghese, 
dietro la Fontana detta del Fiocco, a circa 5 oo me¬ 
tri da Porta del Popolo, e di fronte, anzi proprio 
sull'asse, del Palazzo delle Belle Arti: consta di 
due alti piloni coronati da grandi figure mulie¬ 
bri, simbolcggianti la Bellezza, che sostengono 
ghirlande e festoni. I piloni sono decorati da 
stemmi nazionali c comunali e da cartelle re¬ 
canti diciture simboliche: in basso sono arric¬ 
chiti da fontane su cui poggiano altre figure 
scultorie. La chiusura fra i piloni ò fatta da due 
alti stilobati che portano cavalli alati frenati da 
maschie figure: fra gli stilobati è una grande 
cancellata di stile festoso. 

L’ingresso d'onore è dunque al sommo della 
collina di Villa Borghese, il Palazzo di Belle Arti è 
più in basso, nella valle, dove il terreno quasi pia¬ 
neggiante consentiva meglio Io sviluppo di una 
arga fronte architettonica. E dall’alto ingresso 


al palazzo conduce una scalea centrale assai am¬ 
pia e due rampe semicircolari carrozzabili: la 
scalea è larga 33 metri c vince un dislivello di 
più che dodici metri; ha tre ripiani e una grande 
terrazza chiusa da esedre e da fontane decorate 
di statue. I vari lavori statuari che ornano l'in¬ 
gresso d’onore e le scalee sono opera degli 
scultori Granata, Candoni, Pantanesi, Astorri, 
Tonnini, Laurenti, Parisini, Manganello e Mi- 
nerbi: il lavoro in pietra artificiale fu eseguito 
dalla ditta Vianini. 

Le opere esposte sono raccolte in un edificio 



L’arch. Cesare Bazzani. 


principale: il Palazzo delle Belle Arti, e in alcuni 
edifici minori: le Gallerie provvisorie che ne cin¬ 
gono i fianchi e la parte posteriore, e i Padi¬ 
glioni speciali. Le opere degli artisti italiani sono 
nel Palazzo c nelle Gallerie, dove è stata anche 
accordata ospitalità, in sale speciali, alle Mostre 
della Norvegia, della Svezia, della Danimarca, 
della Svizzera e dell’Argentina; i Padiglioni con¬ 
tengono le Mostre delle altre nazioni. 

Il Palazzo fu eretto, d’accordo col Ministero 
della Pubblica Istruzione, perchè, finita l’Espo¬ 
sizione, diventi sede permanente della Galleria 
d’Arte Moderna, la quale è ora raccolta in modo 
assai incomodo e forse nemmeno decoroso, nel 
Palazzo Comunale, così detto dell’Esposizione, 
in via Nazionale. 

Per la scelta del progetto definitivo fu bandito 


un concorso: e lo vinse Cesare Bazzani, archi¬ 
tetto romano, figlio d’un riputato pittore, c che 
non per la prima volta trionfava in simili prove. 
Il Bazzani, provetto costruttore di opere note¬ 
voli come il Palazzo Comunale di Rieti, il Pa¬ 
lazzo Ravà a Roma, il monumento ai caduti 
del 1860 a Spoleto, il Santuario del Crocefisso 
a Treia, aveva già vinto tre importanti concorsi: 
quello dell'altare monumentale in Sant’Andrea 
della Valle a Roma e quelli della facciata per 
la Basilica di San Lorenzo e della Biblioteca 
Nazionale a Firenze. E un altro premio assai 
ambito aveva già riportato il giovane architetto: 
la grande medaglia d’oro perla decorazione della 
Sala Romana all’Esposizione di Venezia del 1907. 

L' esito di questo concorso per il Palazzo delle 
Belle Arti in Roma — concorso in verità che è 
argomento di conforto per l’architettura mo¬ 
derna italiana — fu generalmente approvato. Il 
nobile edificio immaginato dal Bazzani ha un 
severo carattere di romanità classica, al quale 
aggiungono bellezza alcune eleganze moderne, 
assai bene intonate e piene di gusto. Un pronao 
corintio si apre nella parte centrale, di stile se¬ 
vero e maestoso, ma in cui una certa vaga leg¬ 
gerezza dimostra che se l’edificio è un Tempio, 
è però un Tempio dedicato alle piti geniali Di¬ 
vinità del Parnaso: esso consta di un binato li¬ 
mitato da due piloni, coronato il primo da un 
attico a festoni e cartelle, l’altro da figure scul¬ 
torie che innalzano una ricca e festevole corona 
d’alloro. 

Lateralmente al pronao, la fronte del palazzo 
si svolge in due ali più basie e pivi sobrie di 
decorazioni, la cui nota culminante sono due 
bassorilievi figurativi, rappresentante l’uno la 
Bellezza c la Forza, l’altro la Vita e il Lavoro. 
Questi due fregi, dovuti rispettivamente al Luppi 
c al Laurenti, sono stati condotti con grande 
sentimento decorativo c contribuiscono notevol¬ 
mente all’effetto solenne e gradevole di tutto 
l'edificio: un altro fregio scultorio, opera del 
Prini, rappresenta le Arti e arricchisce il fondo 
del pronao. 

A questo si accede per un’ampia scalea: e ai 
fianchi si aprono due eleganti partiti di logge a 
colonne, e di portali di notevole effetto. 

Nell’interno è un assai vasto vestibolo, al 
quale segue, sull’asse principale del palazzo, il 


50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 










































































68 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


Salone delle cerimonie e il Salone d’onore: la¬ 
teralmente sono gli ambulatori: e v’è, per ogni 
lato, un grande Salone e nove sale minori. 

Tutti questi vasti ambienti sono quasi intie¬ 
ramente privi di decorazione: con assai giusto 
criterio la decorazione fu affidata alle opere 
d’arte che essi dovranno ospitare. 

A questo che è l’edificio principale e che sarà 
la sede della Galleria d’Arte Moderna, sono ora 
annesse, per poter dare il necessario sviluppo 
ai locali per 1 ’ Esposizione, le Gallerie provvisorie 
che si svolgono posteriormente e lateralmente 
al palazzo, e che occupano oltre 6000 metri qua¬ 
drati. Esse sono divise in 29 sale che si susse¬ 
guono con proporzioni armoniche e con sobrietà 
decorativa e che fanno capo a due logge che si 
avanzano elegantemente sul grande viale. 

Questo viale centrale, percorso dalle carrozze 
e dai trams, è tutto, come i viali secondari, fian¬ 
cheggiato da piante e decorato da aiuole fiorite : 
non soltanto entro gli edifici i visitatori devono 
trovarsi in un luogo sacro all’Arte e alla Bellezza.... 

I Padiglioni speciali, i quali accolgono le Mo¬ 
stre dell’arte straniera, sono in numero di do¬ 
dici: quattro di fronte al Palazzo delle Belle 
Arti, verso Villa Borghese; e cioè quelli della 
Russia e dell’Austria, posti ai due lati dell’in¬ 
gresso d’onore, e quelli del Belgio e della Ser- 



La planimetria del Progetto' Bazzane 



(Fot. Lanip.) 

1 ALAZZO DELLE Belle Arti (particolare fianco destro). 


racchiude uno spazioso cortile con pavimento 
marmoreo, in mezzo a cui è uno specchio d’acqua, 
ombreggiato da piante: questo cortile, severo e 
maestoso, rialza notevolmente il valore estetico 
del Padiglione. 

L’Ungheria si è costruita, come sempre suol 
fare alle Esposizioni d’arte, un grande edifìcio 
con uno speciale carattere decorativo: il quale 
essa ha cercato questa volta in un lungo dise¬ 
gno a mosaico che si svolge all’esterno e con¬ 
tinua all’interno; e in una specie di pergolato, 
posto sotto all’edifìcio, il quale, se conferisce a 
dargli una nota originale, non gli aggiunge certo 
nè bellezza nè grazia. 

La Germania ha una grossa massiccia costru¬ 
zione, in cui pare simboleggiarsi tutta la pesante 
serietà teutonica. Fortunatamente essa è chiusa 
fra giardini, folti di piante, ricchi di fiori, adorni 
di statue e di marmi che alleggeriscono l'edi¬ 
ficio e gli dànno qualche vaghezza. 

L’architettura del Padiglione inglese si è in¬ 
spirata, forse, ad alcuni classici edifici del Ri- 
nascimento italiano, e certo alla parte supe¬ 
riore della Cattedrale di San Paolo, che tanta 
influenza ha avuto sull’architettura inglese, al¬ 
meno per due secoli. L’attico, assai elegante, 
come eleganti sono i capitelli delle colonne, è 
decorato da un buon bassorilievo: l’insieme del¬ 
l’edificio è semplice chiaro e solenne: esso sarà 
certamente unoMei più lodati e dei più apprezzati. 

Degli altri Padiglioni, ancora non finiti, e della 
disposizione delle opere d’arte, non ancora sta¬ 
bilita, diremo in un altro articolo. 

Arturo Calza. 


bia, posti lateralmente alle rampe semicircolar 
Altri quattro si trovano, rispetto al viale cei 
trale, a nord-ovest, c cioè quelli dell’ Inghilterr: 
della Germania, del Giappone e della Spagna; 
quattro finalmente a sud-ovest, quelli della Frai 
eia, dell’Ungheria, degli Stati Uniti e della Turchi; 

11 Padiglione della Russia si è inspirato all 
vecchia architettura moscovita del settecentc 
L’architetto Sckonko, che lo ha eretto per cont 
del Governo imperiale, ha voluto compiere un’c 
pera che avesse una nota di spiccata originalità 
egli si è largamente giovato della policromia 
rompendo l’uniformità delle tinte bianche co 
dei gialli di varia intonazione: la copertura 
ricca di cupole tinte in verde. L’ingresso è sor 
montato da un ampio fregio a bassorilievo: j 
primo piano si accede per un’elegante scalea a du 
rampe, la quale conduce in una grande Sala circe 
lare destinata ai ricevimenti e alle feste: ess 

è nobilmente circondat 



da un atrio dittico 
si apre sopra un’amp 
terrazza, da cui si d< 
mina tutta l’estcnsior 
della Mostra. 

Il Padiglione austriac 
non è, all’esterno, gra 
cosa: è d’una semplici! 
di forme architettonici: 
e di decorazione che i 
verità è tutt’altro eh 
aurea. L'interno è noti 
volmente migliore: ess 



1 ALAZZO DELLE BELLE ARTI (particolare fianco sinistro). 











































































































































LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 


69 


ROMA. PIANTA GENERALE E DEFINITIVA DELLA MOSTRA DI BELLE ARTI A VIGNA CARTONI. 




























G E R M A N I A. 



U X G II E R I A 


^1 

O 



Austri a 




















































ESPOSIZIONI 


DEL 1911 


7 r 



E. Ferrari. 


F. Carcano. 


D. Trentacoste. L. Bistolfi. 


ROMA. I LAVORI DI LLA GlURIA PER LA MOSTRA Di BELLE Arti (disegno di A. Molinari) 





























































































i GRANDI PADIGLIONI ESTERI ALL’ESPOSIZIONE DI TORINO. 



Il Palazzo dell’America Latina. 

Bolivia, Cile, Costarica, Cuba, Guatemala, Messico, Nicaragua, Panama, Perù, Uruguay, Venezuela. 



* 



II 


G R A N PIAZZALE D’ONORE DELL A MOSTRA DEGL*! T A L I A N I 


all’Estero e delle Industrie. 


vy 


\ 



Il Palazzo delle Industrie Manifatturiere. 















































































































































































74 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


I GRANDI PADIGLIONI ESTERI ALL’ESPOSIZIONE DI 


T O RINO. 



Il Padiglione della Francia sulla sponda destra del Po. 

































LE ESPOSIZIONI DEL 


r 9 i i 


7 ° 


IL FALLITO SC10PERO OPERAIO 

all’ Esposizione di Torino. 

( Nostra cor rispondenza.) 

Bisognava ben prevedere che al movimento 
veramente entusiastico della cittadinanza tori¬ 
nese, anzi, -di tutto il Piemonte, di tutta Italia e 
dei paesi stranieri per la pronta e buona riuscita 
della nostra grande esposizione internazionale, 
avrebbe, presto o tardi, fatto contrasto il conte¬ 
gno egoistico dei maneggioni delle classi operaie. 

l'anta concordia crucciava i soliti e noti ma¬ 
neggioni di tutte le agitazioni operaie. E, co¬ 
me se non bastassero i maneggioni nostrani, se 
ne aggiunsero alcuni stranieri — giacché qui, 
specialmente nelle sezioni estere, vi sono operai 
francesi, tedeschi, svizzeri, belgi, ecc. — e, a 
poco a poco, tutti questi valentuomini benissimo 
intenzionati riuscirono a mettere insieme, a metà 
febbraio, una piccola assemblea, di poco più che 
3 oo lavoratori dell’Esposizioni, c con discorsi 
e declamazioni riuscirono a fare entrare nella 


testa dei lavoratori che la loro dignità proletaria 
sarebbe andata a spasso, se non avessero ap¬ 
profittato degli ultimi due mesi e mezzo che ri¬ 
manevano a completare l’esposizione senza fare 
un poco di chiasso e non avessero tentato di 
prendere per la gola gli assuntori dei lavori e il 
Comitato stesso. 

Si riuscì così a far votare ai trecento circa 
cioè appena il io per cento della totalità degli 
addetti ai lavori dell'Esposizione — un ordine 
del giorno rimbombante, o, meglio, memoriali' 
chiedente questi minimi di paga: 

Stuccatori, gettatori, posatori, riquadratori c muratori: 
I-- i.aó allora Carpentieri, pontieri e falegnami: L. i.a 5 . 
Aiutanti carpentieri e pontieri: L. i. Verniciatori: L. i.s5. 
Lattonicri i.ao. Manovali o.oo. Manovali di a. -1 classe (ra¬ 
gazzi ': !.. o. 5 o. 

“ le ore di lavoro oltre le io giornaliere, e per le 
ore festive, l’aumento del ioo per cento, e cioè il doppio 
della paga ordinaria. „ 

Due giorni di tempo, appena, furono dati per 
deliberare su un memorandum elevante le paghe 


dei garzonetti a quasi 5 lire al giorno e quelle 
degli altri operai, secondo le categorie, ad 8 a 
io lire al giorno!... 

Naturalmente gli agitatori pensarono che, non 
rimanendo clic due mesi e mezzo per finire i 
lavori, gl’imprenditori si sarebbero spaventati, 
ed il Comitato ancora più degli imprenditori. Ma, 
in realtà, nessuno ha avuto paura dell'atteggia¬ 
mento artificioso degli operai: in mezzo al par¬ 
tito socialista stesso è stata veduta tutt’altro che 
bene tale mossa; e la grande maggioranza della 
cittadinanza ha subito compreso quanto erronee 
fossero le premesse ed insensate le pretese de¬ 
gli operai, o, per meglio dire dei loro maneg¬ 
giatori. 

Essi sperarono, a tutta prima, di creare dis¬ 
sidio, anzi, conflitto fra il Comitato esecutivo e 
gli imprenditori, mandando al presidente — il 
senatore Villa — un'abile lettera il cui tenore 
untuoso rivelava il proposito di allontanare dai 
promotori dello sciopero — come se ciò fos-:e 
possibile — la responsabilità del medesimo: 



TORINO. I BERSAGLIERI DI GUARDIA DENTRO II. RECINTO DELL’ESPOSIZIONE DURANTE LO SCIOPERO. 


" A codesta presidenza premerà che i lavori non ven¬ 
gano interrotti con delle sospensioni, c perciò questa Ca¬ 
mera del l avoro ritiene che pratiche per raggiungere l’ac¬ 
cordo possano essere dalla signoria vostra tentate coll in¬ 
vitare le imprese assuntrici dei lavori a nominarsi la pro¬ 
pria Commissione e mettersi in comunicazione col Comitato 
generale degli operai, per fissare i richiesti minimi di paga 
da corrispondersi agli operai dell’Esposizione. 

“ Nella certezza che codesta On. Presidenza prenderà in 
considerazione questa proposta, dettata dal desiderio di im¬ 
pedire una sospensione temporanea dei lavori dell’ Espo¬ 
sizione, in attesa di sollecito e gradito riscontro, etc. „ 

Notisi che questa sollecitatoria veniva man¬ 
data al presidente \ illa il giorno stesso, 20 feb¬ 
braio, in cui gl'imprenditori dovevano dare la 
loro risposta al memorandum operaio, Gl im¬ 
prenditori — come era facile prevedere — dichia¬ 
rarono inaccettabili le esorbitanti pretese concre¬ 
tate nel memorandum ; e lo sciopero venne sen¬ 
z’altro dichiarato a cornili iare dalla notte del 23 . 

Riunioni, processioni di scioperanti, assem¬ 
bramenti attorno all’Esposizione, grida, ingiurie, 
fischi, violenze, tutto fu messo in opera per im¬ 
pedire ai volonterosi di lavorare. Nei primi giorni 
i lavoratori di buona volontà non superarono i 
3oo, e va lodato il loro coraggio, giacché, seb¬ 
bene l’esposizione ed adiacenze fossero occupate 


militarmente, gli scioperanti non si astennero 
dal minacciare, ivi ed in altri punti della città, 
i loro compagni decisi a lavorare. Ma la fermezza 
delle autorità, il contegno non dubbio della cit¬ 
tadinanza, la ragionevole condotta del Comitato 
e degl’ imprenditori fecero presto comprendere 
che lo sciopero avrebbe finito col fallire. 

11 presidente Villa, che non è certamente nuovo 
a tali vicende ed a tali sorprese, aveva risposto, 
molto giustamente, fino dal 20 febbraio stesso 
al segretario della Camera del lavoro fra altro: 

“ Io non ho nessuna difficoltà — fatte le debite riserve 
sulla giustizia e sulla equità delle elevate pretese e sulla 
loro opportunità, e lasciando in tutto libera la volontà delle 
parti — di consigliare agli uni e agli altri di risparmiare al 
nostro Paese i danni e le responsabilità gravissime di un con 
trasto, discutendo amichevolmente le loro ragioni, ma perciò 
mi occorre il tempo necessario ed io conto sull’animo bene¬ 
volo di tutti perchè non si proceda a delle determinazioni im¬ 
pulsive, le quali non tornerebbero a vantaggio di nessuno. „ 

Una riunione alla sede della Commissione ese¬ 
cutiva dell’Esposizione ebbe luogo il 27, pre¬ 
siedendo il senatore Villa; ma i delegati degli 
operai si presentarono senza mandato di fiducia 
da parte degli scioperanti. Quale affidamento, in 
tal caso, avrebbero avuto gli eventuali accordi clic 


l’assemblea plenaria degli operai avrebbe poi 
potuto sconfessare — come tante volte è acca¬ 
duto?... Gl’imprenditori manifestarono, tuttavia, 
il proposito di qualche aumento percentuale sulla 
massa delle paghe, e, considerando rotte le trat¬ 
tative, aprirono il i.° marzo i cantieri. La Camera 
del lavoro diramò proteste in foglietti a stampa; 
furono adoperati nuovi incitamenti in mezzo agli 
operai; ma la verità è questa: gli operai che al 
27 febbraio trovavansi a lavorare in circa 35 o, 
di giorno in giorno andavano aumentando, ed il 
6 erano ritornati tutti al lavoro, nella mattinata, 
meno una cinquantina che finirono coll'andarvi 
nel pomeriggio. Gl’ imprenditori avevano formu¬ 
lata una proposta generica di proporzionali au¬ 
menti al Comitato, e la Camera del lavoro fece, 
a sciopero fallito, il bel gesto di dire che non 
voleva aggravare il bilancio dell'Esposizione; e 
lo sciopero finì miseramente, come prevedevasi. 

La grande esposizione nostra ha oramai, e per 
l’interno, e per l’estero, i caratteri e l’impor¬ 
tanza di un grande servizio pubblico, di fronte 
al quale i cattivi propositi dei suscitatori di mal¬ 
contento fra gli operai non possono essere trat¬ 
tati con debolezze, che sarebbero, in questo caso, 
imperdonabili. Giorino. 





































7 6 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 





(Fot. Pisculli.) 




























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


77 



Sculture arcaiche pi Porta Romana a Milano. 


Il Padiglione Lombardo cfArte retrospettiva all’Esposizione di Roma 

Iv I MON U MENTI CHE VI S A H A N NO RI 1’ RODO T T I. 


Molto opportunamente, la Deputazione Pro¬ 
vinciale ha pensato che la Lombardia potesse 
degnamente figurare all’Esposizione di Roma, con 
le manifestazioni di periodi d’attività artistica che 
furono i più rappresentativi e i più fecondi, per 
la nostra regione. 

Il Padiglione Lombardo costituirà essenzial¬ 
mente la Mostra, con l'aspetto degli edifici, le 
decorazioni policrome e i cimeli riprodotti con 
fine discernimento e la massima accuratezza. Di 
regola, non saranno esposti oggetti autentici; ma 
i saggi pregevoli della nostra arte vi appariranno 
quasi tutti in proporzioni ridotte. E ciò, per una 
ragione molto ovvia, che sarebbe ozioso spiegare. 

L’edificio che campeggia nella riproduzione è 
l’Arengario di Monza (fine del secolo XIII), con 
la torre semplice e dignitosa, l’orologio e la scala 
esterna. Nè si volle dimenticare la notevolissima 



Palazzo della Ragione in Milano. 



Chiesa di San Michele a Pavia (porta minore). 


parlerà coperta, un pulpito di forma quadrata, 
così chiamato perchè di là i consoli, il podestà, 
i magistrati, parlavano, o leggevano gli editti al 
popolo convocato. 

Altri edifici presi in considerazione ed ampia¬ 
mente presentati, sono la Casa dei Desta a Te- 
glio (Sondrio) e la Casa, ora distrutta, dei Mis- 
saglia, armaiuoli milanesi tenuti in gran conio 
nella seconda metà del secolo XV. Di questa 
Casa, ch’era, un tempo, ricchissima di decora¬ 
zioni in terra cotta e di affreschi a colori vivaci, 
smaglianti, non rimase che il bel porticato di tre 
arcate a sesto acuto. 

Anche il Castello di Pandino (Crema), il cele¬ 
bre feudo di Casa d’Adda, con le sue caratteri¬ 
stiche loggie e torri, è ricordato largamente. 11 
Castello (fatto edificare da Bernabò Visconti nel 
i 38 o) è giunto fino a noi come una visione im¬ 
pareggiabile, massime nelle pittoresche laubie 
della corte interna, di un’abitazione ducale cam¬ 
pestre per soggiorno di caccie o per ritrovi autun¬ 
nali nella seconda metà del secolo XIV. 

Un’altra degna riproduzione è quella del Cor¬ 
tile dello storico Castello di Malpaga, dimora del 
Colleoni sino al 1475. Il Cortile è circondato da 
portici ad arco, sorretti da robuste colonne, i ca¬ 
pitelli delle quali portano gli stemmi Colleoni. Il 
Castello contiene brillanti dipinti del Romanino 
e del Giorgione. Le sale sono decorate con fregi 
originali di fiori ricorrenti sotto il soffitto a guisa 
di cornice: putti, figure di santi, immagini e mi¬ 
nutissimi intrecci geometrici s’intersecano ese¬ 
guono con grande naturalezza e a tinte armoniose. 

E figureranno, inoltre, il Chiostrino della Cer¬ 
tosa di Pavia, in cotto; il Cortile del Monte di 
Pietà di Cremona, ov’è una profusione di deco¬ 
razioni eleganti e leggiadre, e il Palazzo Branda 
Castiglione a Castiglione Olona. Imponente è 
l’aspetto esteriore di questo edificio (secolo XV). 
Le finestre, in terracotta, sono capolavori. Liscio, 
ma bellissimo, il cornicione che gira tutto intorno 
al palazzo, e veramente superba la porta mar¬ 
morea con largo bordo sul quale stanno scolpite 
le palme incluse in cimiero nel l’emblema aral¬ 
dico dei Castiglione. 

Nel palazzo, durante il primo Rinascimento, 
furono adunati, in gran copia, una quantità di 



La STATUA DI Plinio A Como (sulla facciata del Duomo). 


tesori artistici, con il concorso di pittori toscani. 
Si ritenne poi necessario, che le città princi¬ 
pali della regione esponessero ambienti, che per 
il complesso delle decorazioni e delle sculture, 
apparissero i migliori e i più significativi. 

Milano ha una sala di quel palazzo Borromeo, 
che, se all’esterno non può dirsi mirabile per il 
modo con il quale il Richini ne ornò la facciata, 
internamente è magnifico, suntuoso di colonnati, 
di vestiboli e di sale, che gli conferiscono un 
aspetto regale. Dei Borromeo, si riprodusse pure 
una sala della villa di Senago, nella quale è una 
vasta raccolta di pitture, cimeli, pergamene, bron¬ 
zi, maioliche e vetri antichi, frammezzo a vecchi 
mobili e vecchi dipinti di antenati e di soggetti 
mitologici. (La villa fu acquistata, con i suoi 
fondi, da Federico Borromeo, nel 1629). 



Cortile di casa Besta in Teglio. 



Cortile del Monte di Pietà a Cremona. 




































































Il Padiglione Lombardo all’Esposizione di Roma (facciata interna). 


Como manda una Sala del Palazzo Vertemate, 
in Piuro, edificio costruito in uno stile architet¬ 
tonico di ordine corinzio e dorico, ornato di co¬ 
lonne, lesene, architravi, fregi, cornici ed ara¬ 
beschi. Il Palazzo contiene sale fastose, con lode- 
volissimi affreschi di Antonio e Bernardino Campi. 

Mantova presenta il graziosissimo gabinetto 
d’isabella d’Este nel palazzo Ducale, e Brescia, 
la sala della R. Pretura, decorata a buon fresco 
da Lattanzio Gambara (i53o-i 574) che, dotato di 
spirito fantasioso e di una vena inesauribile, vi 
trattò ogni soggetto di storia civile o religiosa. 

Bergamo figurerà con una sala di quel prodigio 
d’eleganza ch’è la Cappella Collconi (costruita 
dall’Amedeo), e Cremona, con una sala del ma¬ 
gnifico Palazzo del Monte di Pietà. 

Nel Padiglione, saranno esposti pure alcuni 
particolari di opere d’arte che, per la bellezza 
del disegno e la squisitezza della fattura, o per 
l’importanza dei ricorsi storici, erano preferibili 
ad altri molti. 


Milano avrà una buona copia di sculture ar¬ 
caiche. Queste adornavano, un tempo, i capitelli 
dei grossi pilastri sostenenti gli archi della Porta 
Romana e celebravano il ritorno dei milanesi in 
patria e la gratitudine alle città alleate dopo la 
distruzione di Milano ordinata dal Barbarossa. Le 
sculture sono attribuite a un certo Anseimo (1171 ). 

Mantova riproduce il Monumento fatto eri¬ 
gere dal Podestà Loderengo Martinengo in me¬ 
moria di Virgilio, sulla fronte del Palazzo Co¬ 
munale (secolo XIII), e Como, le statue dei Piinii 
collocate in nicchie all’ esterno del Duomo, e, 
pare, scolpite dal Rodari. 

Pavia riprodurrà la porta romanica dell’in¬ 
signe basilica di San Michele, ove ricevettero la 
corona Berengario I, Marchese del Friuli, Beren¬ 
gario II, Arduino d’Ivrea ed altri re di Germania. 

E non mancheranno, rispettivamente per Son¬ 
drio e Cernusco, una artistica stufa valtellinese, 
fregiata con bassorilievi a fiori e putti, e il tem¬ 
pietto barocco nel giardino della Villa Alari. 


Coordinare i vari elementi architettonici, fon¬ 
dere tra loro i diversi stili delle costruzioni ri¬ 
prodotte, in modo che non ne derivassero cozzi 
violenti, connubi grotteschi, ma un tutto sobrio, 
organico, era assunto tutt’altro che facile. Alla 
austerità trecentesca, si contrapponeva la squi¬ 
sitezza raffinatissima del Rinascimento: accanto 
alla rigida severità medioevale, la eleganza ci¬ 
vettuola e scintillante di quella che fu chiamata 
l’età aurea dell'arte italiana. Possiamo dire che 
l’impresa, per quanto non scevra di ardimento, 
fu condotta maestrevolmente a termine. 

Il Padiglione, opera dell’architetto Adolfo Zac- 
chi, occuperà un’area di millecinquecento metri 
quadrati e sarà riguardato come uno dei più in¬ 
teressanti e caratteristici dell' Esposizione ro¬ 
mana. 


Milano, febbraio. 


Nino d’ Urio. 



Castello Sforzesco a Milano (fontana nel cortile). 


Sculture arcaiche a Porta Romana a Milano. 

































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


79 




J 


& 


L’INDUSTRIA ALL’ESPOSIZIONE DI TORINO 


Se le Esposizioni contemporanee di Roma, di 
Firenze, di Torino saranno solenne glorificazione 
del primo cinquantenario della più grande pa¬ 
gina della nostra storia nazionale, all'evocazione 
di un glorioso passato riuniranno la sintesi del 
cammino compiuto dal Regno d'Italia nel suo 
primo mezzo secolo di vita e di lotta. 

Riconosciuta la sua unità politica, l'Italia do¬ 
veva ancora raggiungere quell' importanza eco¬ 
nomica ed industriale che praticamente la po¬ 
nesse fra le grandi nazioni. Malgrado le difficoltà 
dell’inizio, attraverso crisi terribili, il nostro paese 
è riuscito a raggiungere risultati veramente in¬ 
sperati. Dove nulla prima esisteva, in mezzo a 
condizioni economiche più che difficili, in un 
ventennio sono assurte ad un’ importanza che le 
fa vittoriosamente gareggiare, con le più favo¬ 
rite d’oltr’Alpe. Basterebbe in proposito fra i 
tanti riportare un esempio. L’Italia, dei paesi in 
ciò che riguarda T utilizzazione e la distribuzione 
dell’energia elettrica, è prima in Europa e seconda 
nel mondo. Se l’Esposizione di Milano del 1906 
fu per molti tecnici dell’ estero una rivelazione, 
quella di 'Torino di quest’ anno sarà una più 
ampia e dettagliata dimostrazione di ciò che 
T Italia sa e può fare. 

Il confronto del risultato nostro con quello 
che si compiè in tutti i paesi del mondo sarà 
per tutti vivo d’insegnamenti e di progresso. 

11 Comitato clic vigila all’ordinamento della 
gran Mostra di Torino ha voluto compiere, 
usando dei dati forniti dai suoi predecessori, 
un’opera eminentemente logica ed organica. 

Volendo presentare al visitatore un nesso lo¬ 
gico e fedele fra i mezzi del lavoro moderno e 
le sue produzioni, non si è contentata, come 
troppo spesso avvenne per lo passato, di riu¬ 
nire esclusivamente il maggior numero possibile 
di esempi, ma di sottoporli ad un’ intelligente 
opera di selezione e di organizzazione. 

Cosi nell’ordinamento delle varie parti della 
Mostra la Commissione è partita dal concetto 
molto giusto di seguire la via secondo la quale 
procede la legge economica del lavoro. 

Così risalendo ad uno degli elementi essenziali 
della produzione: l’operaio, — è venuta agli stru¬ 
menti più semplici che servono ad esplicare la 
sua attività, all’applicazione delle forze naturali 
domate, all’industria, ai mezzi di trasporti fino 
a giungere ai micidiali ordigni che assicurano 
la pace. 

Perche la visione di questa glorificazione del- 
T industria sia formulata nel modo più vicino al 
vero, quale si svolge nelle fabbriche e nei grandi 
opifici, così, quanto la cosa è possibile, si assi¬ 
sterà alla rappresentazione del lavoro in azione. 
Non si vedranno quindi macchine immobili e si¬ 
lenziose, ma i più complicati congegni in azione, 
i quali inizieranno il gran pubblico alla cono¬ 
scenza così attraente e tanto poco nota dei me¬ 
todi ogni giorno più perfetti e celeri di produ¬ 
zione. _ . . . . 

Basandosi sopra queste grandi linee iniziali 
VEsposizione Internazionale dell Industria e del 
Lavoro è stata ripartita in 26 gruppi ed in 5 q 
classi. Con questo primo articolo, che potrebbe 
quasi chiamarsi una prefazione, mi limiterò ad 




un colpo d'occhio generale, mentre in seguito, in 
singoli articoli, cercherò di dare una visione 
esatta delle varie industrie con i suoi ritrovati 
e le sue novità. 

* 

Il primo gruppo, suddiviso in cinque classi, 
ha per scopo di mettere sotto gli occhi degli 
studiosi l’opera così importante compiuta da 
tutte quelle istituzioni d' insegnamento profes¬ 
sionale che tanto contribuirono allo sviluppo 
delle industrie e dei commerci. Sono esse infatti 
che educano ed avviano le menti delle nuove 
generazioni ai problemi sempre nuovi e che for¬ 
nendo gli esempi pratici dei risultati altrui gettano 
la semente feconda del progresso del domani. 

Tutta l’importanza sociale di una simile or¬ 
ganizzazione è stata ben compresa, del resto, da 
tutti i grandi paesi industriali, i quali l’incorag¬ 
giano con ogni mezzo morale e materiale. 

Ciò che fino ad ieri era un'opera filantropica 
per le masse, oggi è diventata una necessità im¬ 
pellente, assoluta nei tre rami del lavoro umano : 
industriale, agrario, commerciale. 

La costante, necessaria ricerca del meglio ha 
fatto emergere ad una notevole importanza gli 
apparati scientifici d’ogni genere e con essi quelli 
di misura. Sono infatti essi che preparano la 
via a tutte le grandi scoperte, a tutti i moderni 
perfezionamenti, che permettono di rivelare il 
modesto fenomeno passato fino ad ieri inosser¬ 
vato e che domani sarà costretto a compiere la 
sua opera di progresso, che vigilano sopra i 
risultati. 

11 laboratorio è la mente di ogni grande in¬ 
dustria, mentre l’officina è il braccio che eseguisce. 
In questo gruppo, oltre agli strumenti scientifici 
di ogni genere, fisici, chimici, di meteorologia, ecc., 
una speciale classe è riservata alle macchine ecl 
agli strumenti destinati alla misura della resi¬ 
stenza dei materiali in tutte le loro svariatissime 
foggie. 

Era le nuove grandi industrie prima la foto¬ 
grafia, in cui nel gruppo III, ad una completa 
esposizione dei risultati ottenuti, vero salon 
dell’arte fotografica, si aggiunge la lunga serie 
degli apparecchi che vi si riferiscono, da quelli 
che servono ai dilettanti alle piti complicate 
prove di fotoincisione colorata. Anzi in quest’ul¬ 
timo si annunciano non poche novità, fra cui 
specialmente tricromie e policromie in cui la 
selezione viene ottenuta fotograficamente. 

I.a grande industria. 

1 maggiori insegnamenti per i tecnici ed i vi¬ 
sitatori saranno nell’osservare i risultati e le appli¬ 
cazioni di quella che ormai, per la potenza di ca¬ 
pitali e di organizzazioni che essa richiede, si 
suole racchiudere nella vastissima denomina¬ 
zione di grande industria. In testa di essa può 
porsi la meccanica generale (gruppo IV), la quale 
razionalmente è stata divisa nelle sue due grandi 
manifestazioni, di cui la prima comprende le 
macchine motrici, i motori di ogni genere mu¬ 
scolari, idraulici, termici, elettrici e conseguen¬ 
temente tutti gli organi destinati alla trasmis¬ 
sione a distanza del lavoro meccanico. Nella se 




concia invece raggruppati in classi, a seconda 
delle singole industrie in cui si riferiscono, gli ap¬ 
parecchi e gli strumenti alla lavorazione del legno, 
dei metalli, delle pietre sia naturali sia artificiali. 

La macchina utensile può dirsi la sovrana del 
lavoro moderno. 

D'altra parte la necessità della produzione 
spingendo all’impiego di sempre maggiori po¬ 
tenze e velocità, ne viene che questi organi pre¬ 
sentano gravi pericoli. Così il Comitato non ha 
potuto esimersi dal riunire in uno speciale ri¬ 
parto gli apparecchi di soccorso e di preven¬ 
zione contro gl’infortuni delle officine. 

La maggior parte degli apparecchi funzione¬ 
ranno davanti agli occhi del pubblico in un’im¬ 
mensa galleria all'uopo disposta. 

Se nella meccanica generale l’Italia potrà figu¬ 
rare degnamente rispetto alle altre nazioni, dove 
incontestatamente si troverà in prima linea sarà 
nell’Elettricità (gruppo V). 

La recente esposizione di Bruxelles del 1910 
ha dimostrato a sufficienza questo nostro pri¬ 
mato. Se il nostro paese al momento attuale 
possiede le pivi grandiose installazioni di Europa, 
se ogni anno in media iòoooo cavalli sono strap¬ 
pati ai corsi d’acqua che precipitano lungo i 
fianchi delle nostre montagne, allo stesso tempo 
in ciò che riguarda la costruzione degli appa¬ 
recchi abbiamo già occupato sul mercato mon¬ 
diale una stima che onora la patria di \ olta, d 
Galvani e di Galileo Ferraris. Alla grande in¬ 
dustria elettrica, a quella elettrochimica formante 
una notevole classe, bisogna aggiungere i si¬ 
stemi di trasmissione elettrica del pensiero: tele¬ 
grafia, telefono, radiotelegrafia e fotografia. 

Nè minore importanza hanno il gruppo XVIII, 
che riguarda le industrie estrattive e chimiche, e il 
XIX (industrie tessili), in cui l’industria della seta, 
una delle nostre maggiori ricchezze, potrà porre 
in vista i suoi meravigliosi prodotti e le sue 
perfette macchine di lavorazione, capaci di tes¬ 
sere dal modesto nastro che adorna il collo del¬ 
l'operaio al complicato arazzo, abbellimento son¬ 
tuoso di case sovrane o multimilionario. 

L’arte e l’industria di lusso dei gioielli e dei 
metalli preziosi (gruppo XXI) costeggerà quella 
importantissima del cuoio e dei suoi affini. 

L’agricolfura: industrie alimentari. 

L’agricoltura moderna nazionale è una delle, 
grandi classi di questa Esposizione. Dalla selvi- 
cultura alle industrie forestali, vedremo sfilare 
le macchine agrarie che servono a dissodare la 
terra di tutti i paesi ed a strappare ad essa la 
sua sempre rinnovata ricchezza. Ed aderente ad 
essa la produzione dei prodotti alimentari ed i 
mezzi più adatti al loro trasporto ed alla loro 
conservazione (gruppo XVI 1 ). 

Dalla fabbricazione degli zuccheri a quella 
della cioccolata, dalla trasformazione dei cereali 
in pane all'industria del latte ed ai caseifici, vi 
sarà un vasto campo all’attenzione degli scien¬ 
ziati come dei semplici artigiani. 

Anche in questa parte il giusto concetto del¬ 
l'esposizione di macchine in lavoro sarà larga¬ 
mente applicato. 





























8o 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


Lavori pubblici e mezzi di trasporto. 

Il mezzo di trasporto è diventato una neces¬ 
sità indiscutibile della vita moderna, e quindi ad 
essa tre grandi gruppi sono consacrati. Prima 
fra essi quello che riguarda la navigazione ma¬ 
rittima e fluviale. La navigazione interna, che 
da noi è ancora, in confronto degli altri Stati, 
molto indietro, sarà specialmente studiata. Indi 
viene il gruppo dei trasporti terrestri ai quali è 
aggiunta l’ultima venuta e certo non fra le mi¬ 
nori delle conquiste umane: la Navigazione Ae¬ 
rea. Di questa, che ragioni di opportunità hanno 
riunito in un’unica organizzazione indipendente, 
avremo da occuparci in seguito. 

Ad un’esposizione statile di apparati e di ac¬ 
cessori che abbracciano l’aereonautica e l’avia¬ 
zione sono unite grandi gare sia per dirigibili 
come per aeroplani, di cui è da ricordare il mici 


aereostatico Torino-Roma e ritorno ed il cir¬ 
cuito aviatorio d’Italia ora in via di attuazione. 

I.a città moderna. 

La scienza costruttrice je l’arte architettonica 
con le loro relative industrie si sono fatte ormai 
cooperatrici efficacissime di benessere. Quindi 
in una mostra dell’attività umana non poteva 
certo essere esclusa. Così dall’ordinamento dei 
municipi ai pubblici servizi municipalizzati, alla 
polizia urbana e rurale fino agli edifici di uso 
pubblico ed all’abitazione privata troveremo non 
pochi esempi, completati dalle sezioni della de¬ 
corazione del mobilio e dell’arredamento delle 
abitazioni private. 

La stampa, questa meravigliosa propagandista 
d’istruzione, avrà pure il suo palazzo speciale, 


come l’arte della guerra mostrerà le sue mici¬ 
diali applicazioni destinate alla difesa dell’ordine 
e dei confini. 

Se uno volesse dilungarsi a fare delle previ¬ 
sioni od a scendere in dettagli sarebbero ne¬ 
cessari dei volumi, poiché bisognerebbe discen¬ 
dere all’osservazione ed alla descrizione del pro¬ 
gresso contemporaneo industriale. 

Dare un’idea chiara e concisa della vita mo¬ 
derna, riunirla in un tutto organico, tale è stato 
il concetto del Comitato dì 'l'orino. 

La nobile città piemontese, ove primo partì 
il grido di Vìva l’Italia Una, saprà svolgere 
l’immenso programma che si è prefisso. Questo 
solenne anniversario di libertà sarà degnamente 
celebrato dalla manifestazione del genio umano 
trionfante sulla terra, sull’acqua, sull’aria. 

F. Savorgnan di Brazzà. 


La Giuria per la Mostra di Belle Arti di Roma. 

Il Comitato per le feste commemorative del 1911 in 
Roma ci ha comunicato in data 21 gennaio: 

" Il Consiglio di presidenza del Comitato ha approvalo 
di questi giorni le proposte della Sezione di Belle Arti 
per l'elezione della Giuria clic dovrà esaminare le opere 
iscritte all’Esposizione del 1911. I.a Giuria si comporrà di 
nove artisti, di cui cinque eletti dalla presidenza del Co¬ 
mitato su proposta della Se.ione di Belle Arti. La Giur a 
sarà presieduta da un delegato della presidenza del Comi¬ 
tato che non avrà voto deliberativo. Lo spoglio delle 
schede avverrà in una pubblica adunanza alla presenza 
dei votanti e in località da destinarsi. La sezione provve- 
derà di questi giorni all’invio delle schede per la votazione 
è del regolamento contenente le norme per essere elettore. 
Le schede dovranno, con particolari modalità, essere rimesse 
al Comitato non oltre il 20 del prossimo febbraio.,, 

Questa deliberazione naturalmente non accontentò tutti; 
e vari sodalizi artistici deliberarono di non partecipare 
alla votazione. Questa però ebbe luogo ugualmente e fu¬ 
rono eletti gli scultori Bartolomei, B.stolli, Trenlacoste, 
iMonleverde, e i pittori Carcano, Innocenti e Balla (futurista) 
e l’architetto Calderini. Essa, presieduta da Ettore Ferrari, 
aveva già esaminato al i 3 marzo a 3 oo opere, non accet¬ 
tandone che circa duecento. 


Programma e Calendario Ufficiale 

OKI.LE FESTE 01 ROMA E OI TORINO. 

R O M A. 

Marzo 27: Solenne commemorazione nel Parlamento e in 
Campidoglio, dove parlerà anche il Re; 28: Inaugurazione 
dell'Esposizione artistica; dal 27 al 29: Congresso dei sni¬ 
daci delle città capoluogo di provincia, organizzato per 
cura del sindaco di Roma; 

Aprile 4: Inaugurazione del Congresso internazionale 
di musica; ai: Inaugurazione dell’Esposizione etnografica; 

Maggio 1: Congresso internazionale della stampa; dal 
2 al 12: Concorso ippico internazionale; i 3 : Corso di fiori 
a Villa Umberto; 14: Steepl-.-chasse militare internazionale; 
i 5 : Partenza da Roma per il giro ciclistico d’Italia; 28 : Inau¬ 
gurazione della sesta gara generale rii tiro a segno (dal 
28 maggio al 12 giugno); 

Giugno 1: Inaugurazione ilei congresso dei sindaci ; dal 
i° al l'j: Congresso degli italiani all’estero ; 4 : Inaugura¬ 
zione del monumento a Vitto io Emanuele. Nella prima 
quindicina: Settimana internazionale di aviazione; 6: Ar¬ 
rivo a Roma del giro ciclistico d’Italia. Nel mese di giu¬ 
gno: Corse al trotto (11, i 5 , 18, 25 ). 


Luglio 20: Arrivo a Roma delle imbarcazioni delia cro¬ 
ciera motonautica internazionale; 21: Esposizione di na¬ 
tanti; 22: Corsa Roma al mare; 23 : Corsa dei cento chi¬ 
lometri ad Anzio; 

Settembre 8: Congresso del Touring Club; 20: Conve¬ 
gno automobilistico, feste dei gonfaloni: Esposizione inter¬ 
nazionale di igiene sociale. 

Seguiranno feste popolari, feste allo stadio, fuochi arti¬ 
ficiali, concerti bandistici, ccc. 

T O R I N O. 

Aprile 29: Inaugurazione dell’Esposizione; Aprile-otto¬ 
bre: Coi corso internazionale di fotografia; Aprile 3 o : Inau 
giunzione del concorso internazion.de ginnastico; 

Maggio dal 5 al 7 c dall’ 11 al 14: Concorso c torneo in¬ 
ternazionali ginnastici; i 5 e 21: Concorso militare ginna¬ 
stico; dal 4 al 7: Esposizione temporanea internazionale 
di avicoltura; 7, io, 14, 21, 25 , 28: Settimana di corse di 
cavalli; dal i 5 al 20: Esposizione temporanea internazio¬ 
nale primaverile d’orticoltura e floricoltura; 27, 29 e co: 
Concorso ippico internazionale; Maggio: Congressi dei co¬ 
sti attori italiani c degli industriali c commercianti; 

Giugno 104: Concorso ippico internazionale; dal 3 
al 6; Esposizione temporanea internazionale canina. Date da 
stabilirsi: Concorso d’aviazione. Giugno dal 12 al 20: Espo¬ 
sizioni temporanee internazionali zootecniche; dal 20 al 3 o : 
Regate internazionali; dal 27 al 3 o : Congressi delle arti 
grafiche; dal 27 al 29: Congresso nazionale dei segretari 
c degli impiegati di istituzioni locali; 

Luglio 9: Grande corsa internazionale automobilistica 
Susa-Monccnisio ; 

Agosto dal i 3 al i 5 : Concorso internazionale di musica; 
dal 16 al 2 i : Concorso internazionale e Congresso degli zap¬ 
patori-pompieri; dal 22 al 27: Concorso internazionale di 
telegrafia; dal 28 al 3 o; Congresso nazionale forestale; 
3 i : Congresso delle Società agricole; 

Settembre 1 e 2: Congresso delle Società agricole; dal 5 
al 9: Congresso magistrale nazionale. Nella prima decade 
di settembre : Corsa ciclistica Torino-Roma ; dal 16 al 24: 
Concorso di tiro; dal tó al 24: Esposizione temporanea in¬ 
ternazionale estiva di orticoltura e floricoltura ; 17: Regate 


LIQUORE STREGA 

Ditta G* ALBERTI • Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO AVErtBRQ DELLA GIURIA 


nazionali; 17, 20, 24 : Riunione di corse; dal 21 al 23 : Con¬ 
gresso sericolo internazionale; 

Dal 29 al r° ottobre: Primo Congresso delle organizza¬ 
zioni dei padroni industriali ed agricoli ; V Congresso in¬ 
ternazionale d’apicoltura; II Congresso di chimica appli¬ 
cata; Congresso delle Società di cremazione; 1 Congresso 
nazionale di navigazione; Settembre: Esposizione tempo¬ 
ranea internazionale equina; Settembre-ottobre: Concorso 
internazionale di cinematografia. 


PREMI 1 PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO. 

Oltre ai diplomi concessi dalla Giuria, sono stati desti¬ 
nati agli espositori della Mostra “ 11 lavoro degli Italiani 
all’estero,, che figurerà nell’Esposizione Internazionale di 
Torino nel 1911 1 seguenti premi: 

5 . M. il Ikc concede: Una grande medaglia d’oro al¬ 
l’autore o agli autori delia migliore monografia illustrata 
( di una collettività italiana stabilita oltre i confini del Re¬ 
gno. — Il R. iti/listerò di Agricoltura, Industria c Con.- 
mv/cio concede: i.° Tre medaglie d’oro, sei d’argento, sci 
di bronzo a quelle Ditte o a quei commercianti o a quelli 
industriali, che, nell’ultimo decennio hanno aperto nuovi 
mercati all’estero alla produzione nazionale: oppure hanno 
favorito il commercio d’importazione verso il nostro pae?e 
di prodotti necessari a vecchie e nuove industrie: oppure 
hanno sviluppato all’estero industrie importanti con mano 
d’opera italiana. 2. 0 Una medaglia doro, due d’argento, 
tre di bronzo, per le migliori colonie agricole fondate al¬ 
l’estero con contadini, ai quali sia assicurato il graduale 
possesso della terra che lavorano o garantita una parte 
conveniente degli utili dell’azienda agricola. 3 .° L’na me¬ 
daglia d’oro, due d’argento, tre di bronzo per le società 
italiane all’estero, che meglio dimostrino di aver saputo 
adattarsi alle forme più moderne cd efficaci dell’associa¬ 
zione e di aver sempre cooperato alla concordia ed al¬ 
l’italianità della collettività. — Il li. Mini Acro digli AJ- 
fari Esteri concede: Dodici medaglie (due d’oro, quattro 
d’argento e sei di bronzo) per quelle scuole e per quelle 
istituzioni di previdenza e di assistenza, che onorano le 
nostre collettività italiane all’estero. — Il ‘R. Ministero del¬ 
l’Istruzione Pubblica concede: Tre grandi medaglie d’oro 
a quelli artisti lirici e drammatici, che maggiormente ab¬ 
biano contribuito alla diffusione della lingua c della cul¬ 
tura italiana all’estero. — Il R. Commissariato dell’Emi¬ 
grazione concede: Cinque medaglie d’oro, dieci d’argento 
c quindici in rame per quelle istituzioni, che più si siano 
distinte in Italia od all’estero nella protezione o nell’istru¬ 
zione dei nostri emigranti. 


_È USCITO 

La voluttà di creare 

Novelle di Litigi CAPUANA 

Indice: Creazione.- Americanata. - Presentimento. - I 
microbi del signor Sferla/.zo. - Un geloso! ! ! - Il gior¬ 
nale mobile. - 11 sogno d’1111 musicista. - La spina. - 
L’incredibile esperimento. - Un uomo felice. - La vs- 
den/.ione dei capolavori. - La scimmia del professor 
Scliitz. - 1 1 busto. - L’aggettivo. - « In anima vili ». - 
L’eròsmetro. - La conquista dell’aria.-Duescoperte. 

- L’invisibile.- 11 domatore di aquile. - Conclusione. 

Un volume in-16 di 3 ->o pagine : Lire 3,50. 


UFI. MEDESIMO A'CiOKE : 

Semiritmi .L. 3 — 

I ioino. Nuova ediz. con aggiunti due racconti 1 — 

II Marchese di Roccaverdina . 4 — 

Rassegnazione, romanzo. 3 5 o 

Passa l’amore, novelle. 3 5 o 


C’era una voltai Fiabe. 6, n ediz. illustrata 2 5 o 
11 raccontafiabe : seguito al C era una volta !... 

•ob disegni di Mazzantic Cecconi. 2." ediz. 2 5 o 
Re Bracalone, romanzo fiabesco, illustrato 2 5 o 
Schiaccianoci. Novelle e novelline per i ragawi, 

'bus iato da C. Chiostri. 3 — 

Il benefattore ed altre novelle. 2 — 

Diriger e vaglia ai Fra! citi Trevei, editori, in Milano. 


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che mia fine del mese va in scena contemporaneamente 
al leatro Argentina di Roma e al Regio di Torino. 

TRE LIRE. 

Il volitine stira messo in vendila subilo dopo la prima recita. 
Diri;ere vaglia' agli Editori Fratelli Treu'<~Mil,iiK». 


SESTO MIGLIAIO 

Sogno d'un tramonto 
t Autunno — — 

POEMA TRAGICO 

di Gabriel e cTA nnunzio 

c= ^" DUE LIRE ==■■ ■ 

Edizione speciale in 8 in carta d’Oland.i: 

-Cinque Lire. 

Dirigere vaglia agli Editori Fratelli Treves, Milano. 


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Annie Vivanti. 


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I n Colmile di T72 pagine con copertina a colori: Cinque Lire. 


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Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza. 























































































FASCICOLO 6.° 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 m 


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- 



ROMA. I Sovrani si recano alla solenne seduta in Campidoglio (27 marzo) (fot. Moimarì) 




















82 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



ROMA. I Sovrani arrivano in Campidoglio (fot. Moiinari). 


Le Peste per il Cmqxjtanteriario a Roma 

E L’INAUGURAZIONE DELLE MOSTRE A VALLE GIULIA E IN CASTE], SANT’ANGELO, 


(Mostra corrispondenza.) 

2 aprile. 

Ecco finalmente Roma nel periodo delle grandi 
commemorazioni e delle solenni inaugurazioni. 

Dal 27 marzo in poi, tutti i giorni, si può dire, 
Roma accorre, assiste, ad una cerimonia, ad una 
festa. Alla popolazione abituale di Roma si sono 
aggiunti altri centomila abitanti, a dir poco, ve¬ 
nuti da fuori, da tutta Italia, dall’estero, a go¬ 
dere le bellezze caratteristiche della stagione ro¬ 
mana, e le manifestazioni straordinarie di que- 
st'anno, eccezionalmente commemorativo. 

La prima giornata di codeste teste e comme¬ 
morazioni è stata quella che si dice una g or¬ 
nata campale. Una seduta reale assolutamente 
straorduiaria nella mattinata, V inaugurazione di 
una esposizione internazionale nel pomeriggio, 
un grande ricevimento la sera in Campidoglio — 
hanno fatto si che tutti gl’ invitati a queste feste 
e cerimonie si siano dovuti trovare mobilizzati ed 
in perfetta tenuta per quindici ore, almeno, dalle 
nove del mattino alla mezzanotte. Si fa dunque 
qualche cosa per la Patria anche ai giorni nostri !... 

Tutti, tutti si sono buttati con fervore, con 
entusiasmo a rendere grandiose queste giornate 
solenni; tutti, dai venditori ambulanti ai principi 
romani, cominciando col profondere per ogni 
dove ed in ogni forma i colori nazionali su tutta 
la superfìcie di Roma. Dalle colossali cravatte 
tricolori svolazzanti del limonaro girovago, alle 
bandierine tricolori sventolanti dall’alto dei trai- 
leys dei trams o dai frontini dei cavalli dei hot- 
tari ; dalle banderuole delle finestrino degli am¬ 
mezzati delle piti umili case, alle bandierone delle 
sedi principesche e delle ambasciate, è stata 
una inebriante festa di colori, infiammata dallo 
splendore del sole primaverile, che è entrato co¬ 
me elemento essenziale a creare quell’entusia¬ 
smo patologico a pressione elevata, che tutti 
abbiamo qui respirato specialmente dall’alba del 
27 alla mezzanotte del 28 marzo, anzi dalla mez¬ 
zanotte del 27, giacché a quell’ora, dal Gianicolo, 
dove tanto latin sangue gentile cadde in di¬ 


fesa dell’italianità contro i francesi invasori e pa¬ 
llisti, nel ’49, dal (ìianicolo, su cui grandeggia il 
superbo monumento di Garibaldi, e dove Passo 
soffrì e morì, dal Gianicolo tuonò su Roma il 
primo colpo di cannone a salutare l’alba festiva!... 

Un altro colpo di cannone, alle dieci un quarto 
del mattino del 27, annunciava l’uscita dall’alto 
Quirinale del corteo reale che per la salita di Ma- 
gnanapoli, via Nazionale, piazza Venezia, piazza 
dell’Ara-Coeli portava il Re, la Regina, i per¬ 
sonaggi della Corte al Campidoglio, il cui cam- 
panone spandeva su Roma le sue onde sonore 
festose. 

butta Roma era nelle vie e nelle piazze: Infe¬ 
sta ufficiale era attorniata da una vera, grande fe¬ 
sta di popolo acclamante; così che nel glorioso 
recinto chiuso di Campidoglio, sulla classica piaz¬ 
zi fatta sgombare dalla folla, nel magnifico sa¬ 
lone degli Orazii e Curiazii, riservato agl’invitati 
di qualità, si aveva quasi, malgrado la solennità, 
una sensazione di vuoto, in confronto con la ressa 
popolare delle vie e piazze, a stento attraver¬ 
sate, ed invase da un entusiasmo irrefrenabile. 

Nella grande aula capitolina era tutto quanto 
Roma accoglie e può offrire di solenne: le ca¬ 
valieresse dell’Annunziata, da donna Elena Cai- 
roli Sizzo a donna Ra: Itele Marcora; i presidenti 
delle due Camere, i ministri, ormai in partibus, 
i sindaci di Roma e delle grandi città, ufficiali 
generali, diplomatici in splendide uniformi, dame 
e cavalieri in aggruppamenti accidentali pitto¬ 
reschi per la varietà delle toilettes primaverili ed 
il luccichio delle decorate uniformi, uomini della 
politica, della scienza, dell’arte, compreso Ermete 
Novelli, col petto e la marsina cosparsi di de¬ 
corazioni, e 1 ommaso Salvini, appoggiarne, sotto 
il peso di stelle, croci c crachats i suoi ottanta 
anni di gloria al piedestallo del busto di Gari¬ 
baldi. Non mancava Matilde Serao, intenta, col 
lorgnon , ad analizzare le toilettes delle dame, e 
pronta a fissare la figura alta e severa della Re¬ 
gina Elena nel momento in cui al braccio del 
Re, e nel cospetto di tutto quel magnifico udi¬ 
torio in piedi ed acclamante, entravano a pren¬ 


dere posto sul trono, seguiti dal Duca d’Aosta 
dal Conte di Torino e dal Duca di Genova. 

Dei discorsi non vi parlo: tutti li hanno letti 
nei giornali. Il momento solenne fu per il di¬ 
scorso del Re, il primo, — discorso breve, ma 
intenzionalmente significativo, riunente le idee e 
la forma del primo ministro che se ne va, Luzzatti, 
dedicate, quasi, al primo ministro che viene, 
Gioì itti. Al discorso, detto con voce ferma, so¬ 
nora, ma calma, gli applausi risposero, quasi 
ogni volta, per segnale di Tommaso Salvini, ad 
ogni frase toccante i sentimenti dei convenuti. 
Fu esso il grande numero della seduta capito¬ 
lina. Gli altri tre discorsi, cioè gì’ indirizzi del 
Senato e della Camera, già noti, ed il discorso 
del Sindaco di Roma, Ernesto Nathan, spropor¬ 
zionatamente lungo, furono accolti da un silenzio 
rispettoso, ma rassegnato. 

Due ore, appena, di tregua rimasero libere 
per tutto il mondo di cerimonia; e in quelle 
due ore c’era da rifarsi un poco dalla stanchezza, 
rinfrescarsi, rifocillarsi; poi in marcia tutti al lato 
opposto di Roma, da Sud a Nord, dall’Arce ca- 



A questo fascicolo è unito il 
grande 

PANORAMA 

DELLE ESPOSIZIONI DI ROMA 


1 


lì 


disegnato espressamente dal vero 
e da documenti ufficiali da Aldo 
Moli nari, e che è degno riscon¬ 
tro del Panorama della Mostra di 
Torino pubblicata nel fascicolo 4. 0 









































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


83 



ROMA. La seduta Reale del 27 marzo in Campidoglio (fot. Moiinarii. 


pitolina, alla Valle Giulia, alla vigna Cartoni, all' i- 
naugurazione formale — non sostanziale — della 
grande Esposizione internazionale di arte. Sulla 
scalea del palazzo felicemente ideato dal Bazzani 
e nel salone d’onore si raggruppava lo stesso 
pubblico decorato, militare, diplomatico, parla¬ 
mentare che raccoglievasi due ore prima in Cam¬ 
pidoglio. 1 ministri dimissionari erano li, in tutta 
la solennità delle loro uniformi, sotto il cui splen¬ 
dore nascondonsi gl’intimi sentimenti inesplica¬ 
bili di chi si sa designato al sagrifìcio dell’andar- 
sene o a quello, non meno grave, del rimanere. 

11 palazzo delle belle arti c’è, l’esposizione non 
c’è ancora, ma ci sarà, man mano, nei giorni 
venturi. Tutti ammirano dell' edificio la aran- 
diosità e l’armonia. Fra gli ammiratori è il mi¬ 
liardario americano, Pierpont Morgan, ammirato 
alla sua volta per la fioritura del suo naso so¬ 
lenne non meno che per la rinomanza dei suoi 
milioni e del suo mecenatismo. L’ambiente è de¬ 
lizioso. Valle Giulia, solcata dall’ampio viale lungo 
il quale sorgono eleganti e festosi i padiglioni 
stranieri, belli nelle loro decorazioni boreali, ed 
ornati da grandi orifiammi multicolori agitati dal¬ 
l’aura primaverile, è di effetto incantevole. 

Le trombe squillano, la folla si move; è il 
corteo reale che si avanza, nell’ordine e nell’in¬ 
sieme medesimo che abbiamo visto in Campi¬ 
doglio. Il Re, la Regina, i principi sono sotto il 
trono; gli inchini, gli ossequi si susseguono ra¬ 
pidamente, e cominciano i discorsi — quattro 
discorsi; quattro come nella mattinata in Cam¬ 
pidoglio, quattro e quattro otto, aprendo la nuova 
serie" il conte di San Martino, imperturbabile; 
poi, col suo bel vocione, la sua faccia serena e 
contenta, il senatore Secondo Frola, che, presi¬ 
dente del Comitato generale dell’Esposizione di 
Torino, reca a Roma il saluto, applaudito, dcU’ope- 
roso Piemonte; quindi il ministro per gli affari 
esteri di ieri e di domani, marchese Di San Giu¬ 
liano; ed infine l'ambasciatore francese, signor 
Barrère, decano del corpo diplomatico, giacché 
questa esposizione internazionale di arte ha an¬ 
che il suo contenuto diplomatico. 

Finiti i discorsi, l’entusiasmo prorompe inva¬ 
dendo tutta vigna Cartoni, e di là rovesciandosi 
di nuovo in Roma, mentre gli studenti fanno 
attorno al Corteo Reale una dimostrazione cla¬ 
morosa, illuminata dal sole ridente, che na- 


scondesi dietro la gran mole della cupola di 
San Pietro. 

Roma si accinge ai tripudi della sera: la luce 
del crepuscolo si tramuta, per oggi, in alba 
sorprendente di una nuova giornata luminosa; 
ogni finestra, ogni piano, ogni facciata di casa 
diventa, a poco a poco, risplendente per migliaia 
e migliaia di ondeggianti fiammelle ; una miriade 
di fiaccole danno bagliori ed ombre inconsuete 
ai monumenti; due riflettori del genio incrociano 
su Roma, dal Campidoglio al Monte Mario, i loro 
fasci raggianti; tutta l’urbe è ài nuovo formicolante 
nelle vie e nelle piazze; mentre la folla dei deco¬ 
rati e degli uniformati sale, per la seconda volta 
nella giornata, il Colle Capitolino, ad ammirare 
le bellezze dei tre palazzi classici, riuniti col tanto 
discusso porticato intercomunicante, e racco¬ 
glienti in una pompa di luce e di fiori i sovrani e 
1 dignitari dello Stato e del mondo ufficiale ad 
un trattenimento artistico — epilogo delle fatiche 
di questa prima giornata commemorativa. 

La seconda giornata, il 28 marzo, è stata la 
giornata di Castel Sant’Angelo. La mole maestosa 
che l’imperatore Adriano si fece costruire a ri¬ 
poso delle ossa sue e di quelle della sua con¬ 
sorte, Sabina, era ancora tutta incorniciata este¬ 
riormente dalle fiaccole spente della illuminazione 
della notte innanzi, quando la folla già veduta il 27 
a Campidoglio ed a Valle Giulia, accorreva con 
ogni forma di veicoli verso il Ponte ed il Castello, 
per assistere all’ inaugurazione dell' Esposizione 
artistica e storica retrospettiva. Già il i 3 feb¬ 
braio una prima reinaugurazione aveva colmato di 
gioia il cuore del direttore generale ed organiz¬ 
zatore, colonnello Borgatti. E il 28 il benemerito 
ufficiale non stava più in se dalla gioia, perchè 
delle varie esposizioni di Roma, questa eli Castel 
Sant’Angelo si può dire veramente la piti com¬ 
pleta ed organizzata, cosi che la parola inaugu¬ 
razione corrisponde ad un fatto reale e concreto. 

Ciò è stato possibile, perchè qui non vi era che 
ben poco da creare ex-novo ; tutti i grandiosi e fa¬ 
stosi locali del Castello erano pronti da un pezzo ; 
poi il colonnello Borgatti ha potuto disporre di 
un'organizzazione militare pronta e disciplinata, 
che gli ha reso meno difficoltoso che altrove 
tutto il lavoro, pur rilevante, di ordinamento. 


11 28 marzo, in luogo degli homeni d’arme, di 
Leone X o di Giulio II, battevano i risonanti 
selciati dei fossati del castello i cavalli delle 
carrozze reali recanti dentro l'antico pauroso 
recinto riservato ai papi il Re e la Regina d’Ita¬ 
lia, affrontati, anche in Castel Sant’Angelo da¬ 
gl’inevitabili discorsi — due soli, per fortuna, 
brevi e succosi, quello del ministro Credano, che 
parlava come governante di ieri e governante 
di domani, e quello del bravo colonnello Ma¬ 
riano Borgatti, la cui felicità trasudavagli dalla 
spaziosa fronte — e ne aveva ben ragione e di¬ 
ritto, perchè egli, da almeno un ventennio è il 
vero papa o papà del Castello, e ne ha rinno¬ 
vata la vita, pur rispettando i caratteri e la sto¬ 
ria del colossale edificio. 

11 discorso del Borgatti fu una brillante pro¬ 
lusione storica, preparatrice eccellente dell’udi¬ 
torio sceltissimo alle maraviglie d’arte che poco 
dopo tutti si affrettarono ad ammirare nelle ca- 
sermette, nel cortile delle Palle, nei fossati, sui 
bastioni, nelle casematte, nel grandioso appar¬ 
tamento papale, sulla piattaforma, dovunque il 
bravo colonnello ha potuto collocare qualche og¬ 
getto degl’infiniti tesori che egli è riuscito a riu¬ 
nire e felicemente ordinare e disporre in ambienti 
dove la civiltà romana ed il fasto papale non 
sono in nessun modo turbati dall’ora soprag¬ 
giunta esposizione. 

Non è possibile inoltrarsi, nemmeno per un 
accenno sommario, nella specificazione di que¬ 
sta esposizione che formerà — non v’ha dubbio 
— uno dei maggiori successi delle Esposizioni 
Romane ed è fra le piti rispondenti alle tradi¬ 
zioni, alla storia, ai caratteri della Capitale d’Ita¬ 
lia. In Castel Sant’Angelo possono saziarsi di 
godimenti gli eruditi e gli archeologi, gli ar¬ 
tisti e gli amatori, tutti i cultori della bellezza 
sotto le forme piti elette e caratteristiche; è 
un’Esposizione che ha, aneli’essa, i suoi limiti 
di tempo, e, con quella archeologica che si inau¬ 
gurerà alle Ferme 1 )iocleziane, forma il paio delle 
mostre che in Roma dovrebbero e potrebbero 
rimanere permanenti. 

Ma le scale di Sant’Angelo, oh! le scale sono 
terribili, come l’antica dominazione papale, ed 
io mi arresto a riposarmi sulla terrazza da dove 
si domina l'urbe.... 

Giorino. 











8 4 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


ROMA. LA MOSTRA INTERNAZIONALE DI BELLE ARTI INAUGURATA IL 27 MARZO. 



Il Padiglione della Germ a n i a (fot. Abeniacar). 



Il I adiglioxe del l’ Ungheria (fot. Abeniacar). 












































































LE ESPOSIZIONI DEL 


uni 


(Edizione Treves). 


PANORAMA GENERALE 


DELLE ESEOSIZION 

(ESEGUI TO Dal F1TT 


I DELL' INC 

ORE GENNARO AMATO). 


Nel lontano, il Ministero dei Lavori Pubblici. 
Ristorante Popolare. 
Passerella provvisoria. 


Tettoie Trasporti e Materiali Strade Ferrate. 
Mostra della Provincia di Torino. 

Ponte Isabella. 

L’albero nasconde I’India non ancora cominciata. 


L’ Inghilterra. 


Il Giornale e l’Arte della Stampa. Galleria delle Macchine in azione. Monumento P. Amedeo. 
Colonie Inglesi. Castello Medioevale. Porta d’entrata secondaria. 


Salone delle 
L’ Elettricità. 



- ■ «usitóji S 


fVMt 


4 

Guerra e Marina. 

Industrie. Agricoltura e Macchine agricole. 
Gl’ Italiani ali.’ Estero. 


Siam. 


Allemagna. 


Spalle della Fontana dello Chatf.au d’Eau. 


Ponte Monumentali: sul Po. 

















































NONI DELL'INDUSTRIA E DEL LAVORO A TORINO 


Dal PITTORE GENNARO AMATO). 


P. Amedeo. Salone delle Feste e Palazzo Istrumenti di Musica. 

v. L’Elettricità, Ponte Monumentale sul Po. Stampa, 


Comitato. 

Castello del Valentino. 


La Città Moderna. 
Ungheria. 


Arte applicata all’industria. 


Mole Antonelliana. 

Entrata Principale (nascosta dagli alberi). 

Passerella provvisoria Piazza Vittorio Emanuele e Ponte P. Umberto. 




» 1 1 » t D 


{ il li il 4 H »l !< 










Ponte Monumentale sul Po. 


Francia. 


Belgio. 


Brasile. L’America latina. 

Uruguay ed Equatore. 


Repubblica Argentina. 
























































LE ESPOSIZIONI DEI 


i 9 i i 


9 3 


ROMA. INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA RETROSPETTIVA IN CASTEL SANT’ANGELO (28 marzo). 


4 




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I Sovrani VISITANO I PADIGLIONI ifot. Menasci), 
















94 


LE ESPOSIZIONI DEL 19 ii 



(fot. Abeniacar). 

ROMA. L’Ambasciatore d’ Inghilterra Sir Rennel Rodo 

AI.L’INAUGURAZIONE DEL PADIGLIONE INGLESE A VALLE GlULIA. 

Cora' è ordinata l’Esposizione di Belle Arti. 

Nel primo disegno generale della Mostra di Belle Arti era stabilito 
elio il Palazzo centrale del Bazzani, che noi abbiamo già illustrato, rac¬ 
cogliesse tutte le opere italiane, e che tutte le opere degli stranieri tro¬ 
vassero luogo nei Padiglioni, singolarmente destinati alle altre nazioni. 
Era questo un proposito di ordinamento assai lodevole: ma quando, per 
ragioni varie e sulle quali è inutile fermarsi, qualcuna delle nazioni fece 
sapere che, pur partecipando alla Mostra, non avrebbe però potuto co¬ 
struire un proprio padiglione, si dovette pensare al modo di dare ospi¬ 
talità anche alle opere di stranieri, ai quali sarebbe mancato il proprio 
padiglione nazionale. 

E la conseguenza — felice — è stata questa: che il nucleo centrale 
dell’ Esposizione, quello del grande Palazzo, avrà delle attrattive e of¬ 
frirà un interesse assolutamente insospettati; attrattiva e interesse che 
derivano dai confronti immediati che si possono fare tra le opere del¬ 
l’arte italiana c quella straniera, c dalla maggiore varietà e vivacità che 
offrono sempre le sale di mostre internazionali. 

E all’ospitalità dell’arte straniera nel Palazzo centrale si potè prov¬ 
vedere con signorile larghezza: sia col vasto spazio offerto dai grandi 
saloni dell’edifìcio principale, sia con la geniale costruzione delle “ Gal¬ 
lerie provvisorie,,, che cingono da tre lati il Palazzo, e ne formano la 
continuazione, anzi, sotto un certo punto di vista, il completamento ar¬ 
chitettonico. 

Vediamo ora come, tenendo conto di tutte queste circostanze, si sia 
provveduto all’ordinamento dell’Esposizione internazionale artistica. 

E cominciamo dal grande Palazzo centrale. 

Nell’ala destra (destra, naturalmente, per colui che, sceso dall’in¬ 
gresso d’onore a Villa Borghese, sale la grande scalea che conduce al ve¬ 
stibolo del Palazzo) è la Sezione dell'Arte Italiana, composta di sette 
grandi sale; sono anche da questa parte tre sale, parallele alle altre, delle 
quali una contiene la mostra individuale di Enrico Coleman, l’interprete 
squisito della Campagna romana, il pittore dei ruderi degli acquedotti 

delle forre delle torri diroccate, delle tombe im¬ 
periali in rovina; l’artista il quale dello squal¬ 
lore dell’Agro inseminato fu il pittore poeta, e 
che proprio in questi ultimi giorni la morte 
ci ha rapito. La seconda di queste tre sale con¬ 
tiene una mostra personale di Giulio Monteverde, 
il Maestro a cui tutti s’inchinano; il quale vi 
esporrà l'opera a cui egli lavora da forse un 
ventennio, e che sarà il suggello glorioso della 
sua lunga e invidiata carriera. La terza sala è 
destinata a raccogliere una mostra di pastelli e 
di acquerelli. 

Nell’ala sinistra del Palazzo, quattro sale sono 
riservate alla Svezia, e piti particolarmente alle 



mostre personali di Lawson, eh Milles, di I*iestad c dello Zoili, il quale 
ultimo si presenta a Roma con opere assolutamente nuove. 

Oltre che con mostre individuali di questi suoi quattro grandi pit¬ 
tori, la Svezia si presenta con circa duecento opere dei suoi artisti più 
significativi. 

1 Altre tre sale di quest’ala del Palazzo sono intieramente riservate 
alla Norvegia: e altre tre sono occupate da una mostra internazionale 
di bianco e nero e da una “Mostra della medaglia,,. 

Nel Salone centrale è una delle maggiori attrattive dell Esposizione: 
anzi quella il cui annuncio definitivo — che ora soltanto è possibile di 
dare — ebbe un’eco universale di simpatia: vogliamo dire il grande fregio 
che Aristide Sartorio ha preparato per decorazione della monumentale 
aula del nuovo Parlamento italiano. _ 

In questo Salone, in cui sarà fatta l'inaugurazione solenne dell Espo¬ 
sizione, saranno poi disposte, immediatamente dopo la cerimonia, le opere 
della grande scultura italiana. , . 

Le Gallerie provvisorie contengono sale italiane, sale internazionali 
e sale straniere. Le sale italiane sono, naturalmente, la continuazione 
delle mostre accolte nelle sale esclusivamente italiane e di cui abbiamo 

parlato. _ 

Nelle sale internazionali è la mostra speciale dell Argentina e quella 
della Rumenia; e le opere di alcuni stranieri, cui non sono state riser¬ 
vate sale proprie, ma che hanno partecipato all’Esposizione direttamente 
con noi. V’è inoltre una mostra delle opere dei Pensionati esteri resi¬ 
denti in Roma: mostra che offrirà un interesse veramente grande, per¬ 
chè per la prima volta si vedono raccolte in uno stesso ambiente opere 
di pensionati di diverse nazioni; e il latto di averle così riavvicinate 
potrà esser ragione di osservazioni e di raffronti tutt altro che inutili 
agli studiosi dell’arte contemporanea. 

Delle sale straniere, tre sono riservate alla Danimarca, quattro al¬ 
l’Olanda: una accoglie — magnifica mostra — 27 opere di Ignacio Zu- 
loaga; un’altra è dedicata all’esposizione di sci grandi pannelli di vita 
spaglinola, dipinti dall’Anglada. Altre due sale sono intieramente riservate 
alla Svizzera, che ha magnificamente trasformato gli ambienti con de¬ 
corazioni, sia in legno che in stoffa, tutte caratteristiche del paese. Que¬ 
ste sale svizzere contengono 140 opere: nel centro di una di esse è un 
grande gruppo scultorio. 

Altre due sale sono destinate alle opere della Bulgaria e della Gre¬ 
cia: un’altra accoglie opere d’arte cinesi e in modo speciale acquarelli; 
così che per la prima volta si potrà studiare in Europa una raccolta 
d’opere d’arte cinesi d’una certa importanza e vastità. 

L’ala estrema delle Gallerie provvisorie è occupata dall' Esposizione 
internazionale di Architettura. 

Una delle sale accoglie le opere delle varie Associazioni di architetti 
austriaci; un’altra è riservata all’Associazione italiana fra i cultori di 
architettura; ed essa vi sta eseguendo una speciale decorazione, per la 
quale fu bandito un apposito concorso. 

La grande sala a destra delle Gallerie, e che ne finisce la testata, 
è destinata ai ricevimenti della Presidenza del Comitato; il quale avrà 
modo di accogliervi degnamente i Commissari delle nazioni estere. 

Il Salone centrale delle Gallerie provvisorie accoglie, simmetrica¬ 
mente all'altro del Palazzo principale, opere discultura italiana e straniera. 

A questo ordinamento del nucleo centrale dell’ Esposizione fa ri¬ 
scontro l’ordinamento delle mostre nei Padiglioni esteri, delle quali si 
parlerà nel prossimo numero. 

Arturo Calza. 


LA MOSTRA ITALIANA DI BELLE ARTI, clic fu inaugurata il 27 marzo 
contiene solo quattrocento opere e tutte eseguite l’anno scorso, magari in questo prin¬ 
cipio d’anno. Esse sono state scelte con una severità ed esposte con un gusto che non 
saranno mai abbastanza lodati. Di molti artisti invitati ò stato, all’ultima ora, respinto 
quel eh’essi avevano mandato. Tremila opere di pittura e di scultura passarono davanti 
alla giuria clic non ne accolse che duecento, meno dell’otto per cento. Ecco i nomi degli 
artisti che furono accettati : 

Pittori: Àlmagià, Agazzi, Amistani, Bonivcnto, Bcrtolctti, Bovio, Foggi, Belfiore, 
Bignotti, Bosso, Bursi, Boglione, Heltito, Barriceli!, Bresciani, Bortoluzzi, Bastianini, 
Berla, Barcellini, Brandemberg, Capranesi, Colucci, Cavaglieri, Chablin, Cadorin, Caz- 
zaniga, Garosi, Crema, Cipolla, Castegnaro, Casorati, Coltelli, Costantini, Caputo, Cam- 
bon, Cruscio, Diamantini, Danieli, D’Aghiarti, Dal Molin, Deguirot, Favai, Falchetti, 
Ferrazzi, Fracnkel, Guarino, Gamboggi, Gaudenzi, Grimaldi, Guerrini, Goidie, Garbali, 
Gloz, Iswolski, Koheler, Langhlau, Buzzi, Lembrecht, Lamerlini, Lancelò-Croee, Lloyd, 
Longoni, Levi, Martina, Micheli, Mazzoni, Malerba, Menato, Molere, Mcngarini, Mofer, 
Mattielli, Modigliani, Michailesen, Moeuschuller, Nathan, Noether, Monili, Nodari, Otto, 
Ortolani, Orlandini, Pollonera, Pomo, Passon, Protti, Passigli, Petrucci, Palamenghi- 
Crispi, Pascucci, Pennasilico, Piazzi, Panncggiani, Rossini, Ronca, Rossi, Roselli, Èlio, 
Ricci, Pini, Scabbia, Stanga, Tonelli, Stella, Saens, Siverio, Tavernier, Torchi, Testi, 
Tosi, Valeriani, Vittori, Vegetti, Villani, Valli, Wasnuth, Wagner, e Zambellctti. 

Scultori: Astorri, Pentivegna, Burnham, Anita R. Cavalieri, Calori, Cataldi, Ca¬ 
sadio, Camaur, Cellini, Ciampi, Cifariello, Cullen, Fantino, D’Amore, Del Bo, De Be¬ 
nedetti, Fioravanti, Franceschi, Gemignani, Gangeri, Raschine, Jardclla, Kohlcr, Lamo- 
naca, Lovatelli, Mayer, Manganello; Merculiano, Ohlssen, Piraino, Pogliani, Profeta, 
Rancher, Romanelli, Rossi Giuseppe, Rossi Eduardo, Saroldi, Schlass, Sortini, Uccello’ 
Zonza, Briamo. 

Fra gli artisti invitati, figurano tra i principali, c con opere notevoli, Tito, Innocenti, 
Calandra, Lionne, Noci, Coromaldi, Balla, Mancini, Dalbono, Casorati, i due Gioii, No- 
mellino, Bezzi, Scattola, Bress, Fragiacomo, i tre Ciardi, Pierelto Bianco, Sartorcllo, 
Maggi, Tavernier, Mariani, Careano, Mentessi, Bazzaro, Belloni, Selvatico, Alciati, Tal¬ 
lone ed altri. 

Nel palazzo italiano delle Belle Arti sono accorsi anche tutti gli stranieri che non 
hanno un vero padiglione nazionale, come gli svizzeri con due sale, i danesi con tre, 
gli svedesi con quattro, che sono state destinate a mostre personali di Zorn, di Larsson’ 
di 1 1,àstaci c dello seultoie Millis. E due sale sono state infine date a due insigni pit¬ 
tori spaglinoli, ai quali forse il padiglione spaglinolo non sembrava troppo ospitale; 
Zuloaga e Anglada. E le loro mostre saranno, pare, tra le maraviglie di questa bella 
c varia e piacevole esposizione. Anglada questa volta ha dipinto anche grandi pan¬ 
nelli decorativi, lunghi tre __ 

o quattro metri ; notevoli 


fra tutti una Scena notturna 
con un gruppo di chitarri¬ 
sti spagnuoli e l’Arrivo d,l 
torero, che risplendente 
d’oro e di rasi scende dalla 
vettura acclamato da una 
folla d’amici c di donne. 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI - Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 

FUORI CONCORSO AE/ABRO DELLA GIURIA 

























LE ESPOSIZIONI DEL 19T1 


9 5 


TORINO. MILLE E TRECENTO SINO AGI PER IL 17 MARZO. 



La visita all’Esposizione dopo il banchetto. - Sui. ponte provvisorio al Pii.onetto (tot. Pomari). 



L'imponente corteo passa in Piazza Castello sotto il monumento “all’Esercito Sardo,, (fot. Pomari). 


















































96 


L E ESPOSIZIONI DEL 1911 



Il Discorso del Re in Campidoglio 

per u. Cinquantenario dell’ Unità Italiana. 

Delle lesti: iniziatesi a Roma il 27 marzo, parla in al¬ 
tre pagine il nostro corrispondente dorino. Il giorno 27 
la grande attesa era per l’annunziato discorso del Re, che, 
cessate le acclamazioni, svolse un ampio foglio e lesse 
con voce chiara c sicura : 

" Sul Campidoglio, vaticinato dal sommo Poeta latino, 
eterno come Roma, stanno oggi attorno al Re i liberi rap¬ 
presentanti del Parlamento, dei Municipi, simboli viventi 
dell’unità politica indissolubile e delle franchigie locali, lo 
Vi saluto, evocando la memoria dei pensatori, degli eroi e 
dei martiri, ai quali dobbiamo la Patria 1 

“ In questo convegno nazionale, irresistibile e fervido, 
esce dai nostri petti il giuramento di rendere l'Italia sem¬ 
pre piii libera, più felice, più rispettata nel mondo (ap¬ 
plausi). Nelle legittime impazienze, aspiranti a migliori for¬ 
tune, giova riconoscere che non si riparano in breve tempo 
gli effetti ili lunghi secoli vissuti nella divisione e nel ser¬ 
vaggio (applausi). 

“ Per il nostro paese corse un’età anche più miseranda 
di quella dipinta dal Segretario fiorentino quando, man¬ 
cata la concordia dei cuori c delle armi, la disciplina del 
carattere, l’obbedienza spontanea a quelle leggi che sono 
sostanza di vita e di salute, all’Italia vinta e doma si tolse 
ogni virtù ili pensiero, ogni potere militare e civile. 

" E occorre figgere io sguardo in quelle calamitose pro¬ 
fondità a misurare ili quale sforzo titanico fu capace l’a¬ 
nimo della Nazione per rivolgere le sorti di un volgo av¬ 
vilito in quelle di un popolo libero e geloso dei suoi di¬ 
ritti. Nella nostra virile modestia non si dimentichi l’uf¬ 
ficio che la storia ha assegnato all’ Italia. Esso esprime con 
il ricongiungersi di sparse genti infelici il diritto intan¬ 
gibile delle nazioni a vivere indipendenti (grandi applausi. 
Grida di: Viva il Rei) Con Roma capitale, l’Italia rap¬ 
presenta la tianqu Ila convivenza della Chiesa con lo Stato, 
che garantisce piena e feconda libertà alla religione come 
alla scienza (applausi). 

“ Quest’opera ilei padri, dei redentori della patria, non 
può apparire meno elevata delle due precedenti civiltà di 
Roma, 

“ 11 Padre mio di venerata memoria, in un discorso so¬ 
lenne, diceva: "Fra i maestosi avanzi della grandezza an¬ 
tica non ci sembri modesta la grandezza nuova. L’antica 
per lo spirito del tempo fu universale, la nuova ò nazio 
naie. Dalla prima si ebbe un’ Italia romana, si ha dall’altra 
una Roma italiana. Quella fu l’espressione della forza, 
questa è l’espressione del diritto e, come ogni diritto, Ro¬ 
ma italiana è inviolabile (applausi . 

“ Devota all’indipendenza di ogni popolo, l’Italia saprà 
custodire la propria che è il retaggio di tutta la sua storia 
antica e recente e contribuirà con le opere della pace al 
progresso universale in una ascensione continua verso 
ideal: sempre più alti. 

“ Ed è fatidico che di tanti imperatori sul Colle aperto 
ni fasti consolari e alle istituzioni romane, resti solo il -i- 
mulacro di Marco Aurelio, salutante il trionfo, illuminato 
dalla luce austera della virtù stoica (appi itisi); immagine 
sacra e propiziatrice di quel culto della legge morale e ci¬ 
vile che la Patria nostra vuol osservare fidente in un si¬ 
curo avvenire di prosperità e di gloria (lunga ovazione) „. 

Dopo il discorso reale, lessero degl’indirizzi di occasione 
il presidente del Senato, Manfredi; il presidente della Ca¬ 
mera, Marcora; poi pronunziò un discorso —ahi ! troppo 
lungo — il sindaco di Roma, Ernesto Nathan. La cerimonia, 
veramente solenne, aveva durato meno di tre quarti d’ora 
e alle xi e un quarto, fra le acclamazioni incessanti della 
lolla, i sovrani e tutto il corteggio rientrarono al Quiri¬ 


nale, dal cui grande balcone il Re e la Regina dovettero 
presentarsi alla folla plaudente sulla Piazza. 

Tre ore dopo il corteo reale, attraversando ancora tutta 
la città festante, moveva dal Quirinale a Villa Cartoni, 
fuori di Porta del Popolo, atteso dai ministri, dal corpo 
diplomatico, da una collana fiorita e splendente di dame 
e di personaggi, ad inaugurarvi l’Esposizione di Belle Arti 
internazionale. Anche questa, naturalmente, è stata una 
cerimonia di discorsi : hanno parlato il conte di San Mar¬ 
tino, presidente dell’Esposizione di Torino: il ministro per 
gli affari esteri, marchese di San Giuliano, e l’ambasciatore 
di Francia, signor Barrerò, decano del corpo diplomatico. 

Dopo i discorsi sono passati davanti ai sovrani tutti i 
rappresentanti, ad uno ad uno, dei vari governi esteri, ed 
il Re ha accolte da ciascuno simpatiche parole d’augurio, 
ricambiate con ringraziamenti cortesi e vigorose strette di 
mano. Per le Esposizioni, l’importante è inaugurarle; il 
resto viene poi; ed anche per l’Esposizione di Roma tutto 
si ò limitato all’inaugurazione esteriore ed al godimento 
della folla nell’ammirare il corteo, gl’invitati, se stessa, le 
bellezze dell’ampio pronao del palazzo e dell’ingresso trion¬ 
fale, e le facciate dei padiglioni esteri ancora chiusi. 

1 utta Roma eri nelle vie, affollate, imbandierate, riso¬ 
nanti di evviva; e la sera tutta Roma fu ravvolta in un 
vero mare di luce, mentre in Campidoglio i sovrani assiste¬ 
vano ad uno spettacolo artistico e ad un ricevimento fastoso. 


I telegrammi scambiatisi il 27 marzo 

fra i due Imperatori Alleati e il Re d’Italia. 

Della giornata memorabile oltre al discorso reale vanno 
ricordati i telegrammi augurali inviati al Re d’Italia dai 
sovrani alleati ed amici. Ecco i più caratteristici: 

Venezia, 27; ore 7,10. 

S. M. il Re d'Italia - Roma. 

" Tanto io quan o l’Imperatrice siamo felici di poter espri¬ 
merti, dal suolo ospitale del tuo bel paese, le nostre cor¬ 
diali felicitazioni e i voti più sinceri che noi formiamo 
con la Germania intera per te e per la Nazione amica e 
alleata in occasione del cinquantesimo anniversario, oggi 
celebrato. Noi preghiamo Dio perchè sparga tutte le be¬ 
nedizioni sopra di te, la tua Casa e il tuo Regno, e perchè 
accordi sempre il suo potente concorso all’accrescimento 
della prosperità e della gloria d'Italia. 

/•'innato: Guglielmo,,. 

Vienna, 27 ; ore 8. 

S. M. il Re d’Italia - Roma. 

“ La commemorazione della proclamazione del Regno d’I¬ 
talia mi fornisce l’occasione di offrire a V. M. le mie sin¬ 
cere felicitazioni con i mici migliori voti per la prosperità 
del Suo paese. 

Io sono convinto che l’amicizia stretta che unisce così 
felicemente i nostri Stati contribuirà nell’avvenire, come 
per il passato, allo sviluppo dei loro reciproci rapporti, c 
saia un pegno di piti per il mantenimento della pace generale. 

In mato: Francesco Giuseppe „. 

II Re cosi ha risposto agli alleati: 

Roma, 27 marzo. 

A >. M. I Imperatore di Germania - Venezia. 

Le felicitazioni ed i voti che Tu mi esprimi con una 
cosi grande cordialità in nome tuo e in nome dell’impe¬ 


ratrice mi hanno profondamente commosso. Questi senti¬ 
menti trovano un’eco nel mio cuore c nel cuoi e della na- 

zionc italiana. .... 

« L'alleanza dei nostri due popoli; uniti da vincoli di cosi 

sincera simpatia reciproca, costituirà sempre una potente 
garanzia per il loro progresso e per la pace del mondo. 

Firmato: Vittorio Emanuele „. 

Roma, 27 marzo. 

A S. M. l’Imperatore e Re - Vienna. 

« Ringrazio vivissimamente la M. V. delle felicitazioni che 
mi ha espresso. Condivido la fiducia della M. V. nella 
realizzazione del nobile compito di pace e di progresso 
che incombe ai nostri popoli c che trova una Sicilia ga¬ 
ranzia nell’amicizia e nell’alleanza che li uniscono. 

« Prego la M. V. di gradire i miei caldi voti per la sua 
persona e per la prosperità dei suoi Stati. 

Firmato : Vittorio Emanuele „. 

Vi è stato scambio di telegrammi col Sultano, coi Re 
di Serbia, di Svezia e Norvegia, di Danimarca, col Re Ni¬ 
cola del Montenegro, col Re di Grecia, coi presidenti del 
Cile, del Brasile e con altri capi di Stato. Telegrammi 
cordialissimi sono stati scambiati fra il cancelliere ausli iaco 
ed il cancelliere tedesco ed il ministero degli esteri, Di 
San Giuliano. 

Martedì, 28, in Castel Sant’Angelo, il Re, la Regina, 
con grande seguito hanno inaugurata la riuscitissima, in¬ 
teressante esposizione storica, artistica, militare retrospet¬ 
tiva, che è al completo. 

In tutta Italia sono avvenu'e lunedi, 27, commemora¬ 
zioni, vi sono stati cortei, illuminazioni, con un'espansione 
di concorde patriottismo pegno di sempre più prospere 
sorti all’Italia. 


Il Banchetto dei Smelaci a Torino. 

Torino, che fu già alla testa dei grandi avvenimenti di 
mezzo secolo fa, ha voluto anche esseie la prima ad ini¬ 
ziare le solenni commemorazioni, ed ha trovato per iar ciò 
una celle forme più simpatiche: — un grandioso banchetto 
dei Snidaci degli Antichi Stati Sardi. Non fu una cosa da 
poco — trattandosi di milletrecento rappresentanti dei 
Municipii del forte e patriottico Piemonte. Tanti, in latto, 
ne convennero a Torino il giorno 17 marzo — anniver¬ 
sario cinquantesimo dalla promulgazione della legge che 
conferì il titolo di Re d’Italia a Vittorio Emanuele II. La 
variopinta folla sindacale di tutto il Piemonte fu onorata 
di un ricevimento in Municipio, poi un fitto e ben ordi¬ 
nato corteo procedette dal Municipio alla Mole Antonel- 
liana, dove con discorsi patriottici del sindaco di Torino, 
senatore Teofilo Rossi, del ministro per le finanze, depu¬ 
tato Facta, e con una bella e dotta conferenza del pro¬ 
fessore Costanzo Rinaudo fu commemorato l’avvenimento 
storico compiutosi il 17 marzo 1861. Nell'aula Antonel- 
liana erano presenti la principessa Letizia, il duca di Ge¬ 
nova, senatori, deputati, autorità. Dopo la riuscitissima 
commemorazione, ebbe luogo nella grande Galleria della 
Guerra, d -1 tutto ultimata, nel recinto dell’Esposizione, il 
sindacale banchetto pantagruelico. La galleria, lunga 260 
metri e larga 20, era occupata da ottocento metri lineari 
di tavole, servite da circa trecento camerieri. 11 pranzo era 
preparato da venti e più cuochi; fu cucinato in sci cal¬ 
daie capaci ciascuna di trecento litri di brodo. .. e tutto il 
resto in proporzione!... Furono cotti quattrocento chilo¬ 
grammi di riso, tre maiali, duecentoventi pollastri, furono 
consumati ventidue ettolitri di vino, cinquecento bottiglie 
di champagne.... e i brindisi e l’allegria furono in pro¬ 
porzione !... 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

27 marzo. - Roma. 11 Re, dopo celebrata in Campido¬ 
glio la commemorazione dell’Unità Italiana, inaugura 
a Valle Giulia l'esposizione internazionale di Belle 
Arti. 

» — 11 Re, inaugura nella mattina a Castel Sant’An¬ 
gelo l’esposizione di arte retrospettiva e storica. Nel 
pomeriggio inaugura a Valle Giulia i padiglioni di 
Belle Arti dell’Ungheria e dell’Inghilterra. 

— In Campidoglio, nella sala degli Grazii e Curiazii, 
è inaugurato il Congresso dei Sindaci e dei Segretari 
generali dei Comuni capoluoghi di provincia, l.a sera 
il Re offre ai Sindaci un banchetto di gala. 

2 9 „ — Chiusura del Congresso dei Sindaci suddetto. 

3 ° „ — In Campidoglio c inaugurato il V Congresso del¬ 
l’Unione Statistica delle città italiane. 

3 i „ — Il Consiglio dei Veterani va a collocare solenne¬ 
mente nel Museo in Campidoglio la bandiera donata 
nel 1873 dalla guardia nazionale di Torino alla guardia 
nazionale di Roma. Nel pomeriggio il Re inaugura a 
Vigna Cartoni i padiglioni di Belle Arti dell’Olanda, 
Danimarca, Norvegia e Svizzera. 

2 aprile — A Castel Sant’Angelo nel padiglione dei Con¬ 
gressi il Re inaugura il Cong.esso artistico interna¬ 
zionale. Nel pomeriggio il Re inaugura a Vigna Car¬ 
toni il padiglione tedesco di Belle Arti. 

4 » — 11 Re inaugura a Vigna Cartoni il padiglione Au¬ 

striaco di Belle Arti e quello Danese. 

5 „ — Solenne arrivo a Roma del Kronprinz di Germania 

Guglielmo, con la sua consorte, principessa Cecilia. 


50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 


























FASCICOLO 7 .° 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


£7 



ROMA. Il Re inaugura il Padiglione Austriaco a Valle Giulia (disegno di A. Moiinari) 



















9 8 


L È ESPOSIZIONI DEL i 9 1 t 




I CONGRESSI DI ROMA. 


I CONGRESSI DEI SINDACI. 

A quale numero ascenderanno i congressi che 
quest’anno, sacro alla celebrazione dei l'asti della 
rinnovata Italia, si terranno a Roma, a 'Forino 
e in qualche altro centro della penisola? Finora 
sono annunciati oltre un’ottantina di codesti 
convegni Ira nazionali e internazionali, promossi 
da ogni sorta di cultori dello scibile umano e 
dalle più svariate categorie di professionisti e di 
lavoratori, una grande cosparsa famiglia, la quale 

— parliamo dei congressi indetti a Roma — si 
riunisce intorno all 'alma water, madre amata e 
rispettata, cui i secoli non hanno tolto prestigio, 
splendore c vigoria. 

11 civis romanus, nel vecchio senso — come 
ebbe ad osservare Corrado Ricci — è ora finito. 
Oggi i veri cittadini di Roma sono i dotti e gli 
artisti. Per cui i congressisti che convengono 
all’Urbe dalle più remote regioni si trovano un 
po’ tutti come in casa propria. 

E i risultati materiali e morali dei congressi 

— contro i quali si appuntano la facile critica 
e lo scetticismo del pubblico — saranno certa¬ 
mente ragguardevoli. La voce dei congressi evi¬ 
dentemente non vuole e non può essere che voce 
di consiglio, ma i governi illuminati, i legislatori 
sagaci ascoltano quella voce e fan tesoro di quel 
consiglio. 

La lunga serie dei congressi di Roma fu aperta 
dal Congresso dei Sindaci e dei segretari gene¬ 
rali dei Comuni capoluogo di provincia, avan¬ 
guardia di quella pleiade di rappresentanti locali 

— oltre ottomila, quanti cioè sono i Comuni 
d’ Italia — che converranno alla capitale nel 
giorno dello Statuto, per l’inaugurazione del mo¬ 
numento al Padre della Patria. 

L’inaugurazione del congresso si tenne nel 
salone degli Grazi e Curiazi, tutto ridente di 
palme e di fiori, che formano come superbe aiuole 
intorno al candore della statua di Urbano Vili 
e alla monumentale statua in bronzo di Inno¬ 
cenzo X, due papi i quali sono condannati ad 
assistere alle principali cerimonie inaugurali che 
si svolgono in Campidoglio e che finiranno per 
essere nominati congressisti onorari. 

Il saluto ai sessantanove sindaci ed altrettanti 
segretari generali, la cui azione è parte cosi co¬ 
spicua nell’andamento funzionale del Comune, fu 
pòrto naturalmente da Ernesto Nathan, il quale 
come sindaco di Roma condivide col conte di 


San Martino, presidente del Comitato Esecutivo 
dell’Esposizione, l’altissimo onore e il non lieve 
onere di dare il benvenuto agli ospiti che ac¬ 
corrono quest’anno alla città eterna. 

In rappresentanza del governo parlò S.E. l’ono¬ 
revole Calissano, il quale si trovava in crisi come 
sottosegretario all’Interno, e che la fine del con¬ 
gresso doveva salutare ministro delle Poste e 
Telegrafi. 

All’importante convegno cui parteciparono co¬ 
me relatori, oltre il sindaco di Roma, il sena¬ 
tore Teofilo Rossi sindaco di Torino, Fon. Greppi 
prosindaco di Milano, il marchese Corsini sin¬ 
daco di Firenze, l’avv. Nadalini in rappresen¬ 
tanza del marchese Tanari sindaco di Bologna, 
in quei giorni ammalato, il prof. Grasso sindaco 
di Genova, il senatore marchese Idei Carretto 
sindaco di Napoli, il senatore De Martino sin¬ 
daco di Palermo, il conte Grimani sindaco di 
Venezia, il comm. Orefici sindaco di Brescia, ed 
altri: vennero trattate le più vitali questioni che 
interessano le aziende comunali, dalle finanze 
locali alla vigilanza e tutela dei Comuni, dalla 
municipalizzazione dei pubblici servizi ai pro¬ 
blemi inerenti all’istruzione, all’igiene, alla spe¬ 
dalità, alla beneficenza, e perfino al casermaggio. 

Al Congresso dei Sindaci seguì quello della 
Statistica, che del precedente può considerarsi 
complemento e corollario, giacché la disciplina 
della statistica, che il Nathan chiamò “ barome¬ 
tro delle vicende umane „, deve annoverarsi fra 
gli strumenti piti utili per misurare e conoscere 
i vari svolgimenti e le varie manifestazioni della 
vita pubblica. 

11 discorso inaugurale di questo secondo con¬ 
gresso fu tenuto dal marchese Corsini, il gio¬ 
vane e operoso sindaco di Firenze, presidente 
dell’Unione della Statistica; il governo vi era 
rappresentato dall’on. Luciani, il quale come sot¬ 
tosegretario morituro, vi liberò il suo canto del 
cigno di vice-ministro all’Agricoltura. 

In onore dei rappresentanti le città capoluogo 
di provincia — i quali furono anche invitati a 
pranzo a Corte — non mancarono feste, ban¬ 
chetti e ricevimenti. Degno di una speciale men¬ 
zione il ricevimento al Campidoglio, il quale co¬ 
stituì un grande avvenimento artistico e mon¬ 
dano per la partecipazione di artisti come Virginia 
Marini, Tommaso Salvini, Ermete Novelli e Fer¬ 
ruccio Benini, e rappresentò una.... geniale sin¬ 
golarità per la suddivisione degli invitati in due 


categorie ; invitati di prima e invitati di seconda 
classe. Venne giustificata la suddivisione in due 
classi dalla necessità di mantenere il. buon or¬ 
dine del ricevimento: certo qualche invitato di 
seconda classe, aggirantesi nei corridoi, che si 
trovava sul Campidoglio alla stessa altezza, di 
Marco Aurelio e col petto costellato di croci e 
di decorazioni, si è sentito diminuito pensando 
che nei saloni centrali si trovava una classe di 
persone superiore alla sua. E non gli era pos¬ 
sibile mutar classe, neanche pagando la diffe¬ 
renza.... Non gli rimaneva clic la soddisfazione 
di scendere nel cortile e accender la sigaretta: 
invitato di seconda classe a fumare. 

Nei ricevimenti successivi in Campidoglio la 
suddivisione in due categorie fu abolita, forse 
in omaggio alla proclamazione del suffragio uni¬ 
versale fatta alla Camera da Giovanni Giolitti. 

I CONGRESSI INTERNAZIONALE ART ISTI CI. 

Quasi simultaneamente vennero inaugurati e 
tennero le loro adunanze, a Castel Sant’Angelo, 
il Congresso Artistico e il Congresso Musicale, 
ambedue internazionali. 

Alla cerimonia inaugurale dei due importan¬ 
tissimi congressi intervennero i Sovrani : parla¬ 
rono, oltre il sindaco e il conte di San Martino, 
Corrado Ricci, direttore generale delle Belle Arti, 
pronunciando due forti e alati discorsi. 

Il Congresso Artistico, promosso dall’Associa¬ 
zione Internazionale Artistica di Roma presie¬ 
duta dal comm. Adolfo Apolloni, spirito geniale 
e intraprendente, elesse a suo presidente Fer¬ 
dinando Martini, il quale mise in rilievo F im¬ 
portanza e il significato di codesti convegni, cui 
partecipano i rappresentanti dell’estero. 

I congressi internazionali — egli disse — con 
stabilire relazioni fra uomini colti di paesi diversi, 
col provocare i sentimenti di simpatia vicende¬ 
vole, coll’ accumunare in un alto intendimento 
animo e intelletto, finiscono ad essere strumenti 
preparativi anch’essi di quell’amicizia fra tutti i 
popoli, che sarà nell’avvenire il contrassegno c 
l’ultimo sigillo dell’incivilimento internazionale. 

L’internazionalismo di questi congressi non 
impedisce però che, quando occorra, si faccia 
sentire la nota sanamente nazionalista: notiamo, 
fra altro che, mentre nelle discussioni ognuno 
può parlare la lingua che gli è più famigliare, i 
discorsi ufficiali delle cerimonie inaugurali ven¬ 
gono tenuti in italiano. All’ inaugurazione del 
Congresso Musicale parlò in italiano, sia pure 
accentando a modo suo le parole, perfino il pro¬ 
fessor Adler del Conservatorio di Vienna. 

In ambedue i congressi intervennero nume¬ 
rose e autorevoli personalità del mondo dell’arte 
e degli studi storico-artistici, e vennero discussi 
ampiamente e talvolta con vivacità, però sempre 
garbata, temi che riguardano problemi di cultura 
e d’insegnamento, l’estetica e l’arte pubblica, le 
esposizioni e i concorsi, la legislazione artistica, 
gli studi e le esperienze sui procedimenti tecnici. 

Oltre che pittori, scultori, architetti e critici 
d’arte nel Congresso Artistico e musicisti e mu¬ 
sicologi in quello Musicale, parteciparono ai la¬ 
vori dei due congressi anche alcuni avvocati, i 
quali per una certa facoltà assimilatrice e per la 
prontezza di parola di cui sono generalmente do¬ 
tati, finiscono coll’avere partita vinta anche quando 
si tratta di discutere di questioni lontane dai loro 
stridii e dalle loro consuetudini professionali. Gli 
avvocati, come i giornalisti, spiegano su tutte le 
questioni una geniale ignoranza enciclopedica. 

Fra gli intervenuti al Congresso Artistico emer¬ 
se George Harmand, delegato della Società degli 
Artisti francesi, un avvocato questo non soltanto 















LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


99 


// banco della Presidenza 
a Castel S. Angelo. 



On.Greppi (Milano). Jen. Rossi (Tonno)- ben. Del Carretto (Napoli) - 

Cuu. Binile ri 
Segretario yen .{Genova.) 



Prvf- avv. Crasso (Genova) 



Auu■ ceto. Detta (Bergamo) 


Comm. Fìnarelu (Catania] 



Civ. avo Supino 

Cm„ Brucia K . 


Avv. Cau. Capruzzi (Bari) 


Avv. Cav. Cornacchia fCascrTaf 


Comm. Avv. Orefici (Brescia) Op. Cfaudcazi ( Porli) 






Comm . /Vadali ni (Bologna) 


Comm. Luciano li Gr. Uff. Malenckini Segretario yen diLivorno Bof. Carrara 

Segretario <Jtn,(Koma) (Livorno) J r™ « mm.fRon 



Cons.com .(Roma) March Corsihi(Firenze) - Co Cprimanif Venezia) 



R O M A. Il Congresso dei Sixdaci. 


facondo ma dotto ed acuto specialmente in tema 
di legislazione artistica e che aveva la costante 
preoccupazione, del resto legittima, di ridurre 
allo stesso comune denominatore internazionale 
le questioni di carattere nazionale o anche sem¬ 
plicemente regionale. 

Agli artisti convenuti a Roma, patria ideale 
dell’arte, furono offerti una svariata serie di fe¬ 
steggiamenti e di ricevimenti animati dalla più 
fervida cordialità. 

Ma gli artisti, nel cui animo vibra l’entusia¬ 
smo per quanto è bello, nobile e grandioso, ri¬ 
masero specialmente ammirati di quanto l'Urbe 
offre di vetusto e di solenne. Venuti da Buda¬ 
pest e da Madrid, da Mannheim e da Algeri, 


da Parigi e da Zurigo, da Strasburgo e da Lon¬ 
dra, da New York e da Francoforte questi ar¬ 
tisti vogliono tutto vedere e recar seco, lontano 
lontano dal fascino della città eterna, nel se¬ 
greto dell’ anima, la visione indimenticabile di 
tanto tesoro di ruderi superbi ; vogliono vedere 
e poter dire di aver percorso il “ Velabrum di 
essere passati accanto all’Arco di Giano Qua¬ 
drifronte, di essere passati presso il Circo Mas¬ 
simo o presso il sepolcro degli Scipioni.... 

Caratteristica, simpaticissima, fra le altre, la 
visita al Palatino, con relativa colazione campe¬ 
stre: tra i ruderi dello Stadio, sui rocchi delle 
colonne, sui capitelli corinti, una folla di artisti 
di tutti i paesi sulle cui labbra fiorivano tutti 


gli idiomi fece bersaglio il comm. Apolloni e i 
suoi collaboratori di applausi, di declamazioni 
e.... di pagnottelle imbottite. 

Riuscitissimo anche il banchetto al ristorante 
del Giardino Zoologico: gli artisti fraternizzarono 
fra loro clamorosamente fra il ruggito dei leoni, il 
barrire degli elefanti e lo squittio delle scimmie.... 

Finiti i congressi artistico e musicale si tenne 
qui a Roma il convegno femminile con relativa 
discussione sul suffragio universale e, mentre 
scrivo, si sta inaugurando nell’Aula Magna della 
Sapienza il Congresso goliardico. 

Gaudeamus igitur.... 

Roma, aprile 1911. GIOVANNI BlÀDENE. 


























































































IOO 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


ROMA. LA “ GLORIA DI VENEZIA ,, TONDO DIPINTO DA 


ETTORE TITO PER IL PADIGLIONE DEL VENE IO. 



II. TONDO NEL SUO INSIEME (fot. Filippi). 


Questo gran tondo dipinto da Ettore Tito sarà fra pochi giorni alzato dentro una 
cornice d’alloro dorata, nel centro del soffitto sul salone detto “ della Gloria di Ve¬ 
nezia al Padiglione Veneto già costruì.o dall’architetto Max Ongaro in Piazza d’Armi 
a Roma. E la prima vasta pittura decorativa che al grande pittore veneziano sia stato 
finora concesso di fare e che siamo lieti di poter pubblicare. 

Quattro anni fa Ugo Ojetti scriveva in un saggio sul Tito, che a giorni uscirà 
nel nostro volume Ritratti di artisti italiani: •* Iti altri tempi, c con altri mecenati e 
altre architetture e altre mode, egli si sarchi e dedicato alla pittura decorativa con una 
foga giovanile c fastosa, ormai sicura della forma, libera di sbizzarrirsi a dipingere rosei 
nudi sotto languidi cieli su da marine cangianti o contro paesaggi fantastici, chiedendo 
alla mitologia più trita soltanto l’oc asiono, lo spunto, il tema per le sue variazioni 
armoniose e capricciose „. 

Queste parole di Ugo Ojetti, scritte quando tutti dubitavano di questa capacità 


del l'ito per la pittura vasta e decorativa, sono state una profezia tanto precisa, che 
oggi esse possono servire a descrivere questa magnifica opera. Su dal mare, sopra un 
delfino, emerge la bellezza dì Venezia, nuda e luminosa. A destra vola Mercurio con¬ 
ducendo i cavalli per le vie della vittoria commerciale. 

A sinistra, dei tritoni s jffìano nella buccina, aì z a no uno scrigno con tesori con¬ 
quistati. La figura del Conquistatore sta n i fondo contro il ciclo col tipico profilo del 
Colleoni. In alto vola l’Italia armata, a proteggere le memorie della gloria, la bellezza 
presente, i rinnovati commerci. 

Chi ha veduto nello studio del Tito questo dipinto, ne è rimasto entusiasmato. Il 
vigor del rilievo, la fluidità del pennello, l’esuberanza della fantasia, l’armonia della 
colorazione, l’equilibrio delle masse: tutto è magistrale. 

E non ultimo dei vanti dell’Esposizione di Roma sarà di rivelare al gran pub' 
blico, in quest’artista italiano già glorioso, questa nupva potenza d’artp. 


i »— 














LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


101 



Ux angolo di Venezia all’Esposizione Regionale di Roma (fot. Fontana). 


IL VENETO A ROMA. 


La Loggia di Candia. - Le Sale delle Città. - Pro¬ 
grammi musicali e di teatro. - 11 Salone della 
gloria navale di San Marco. 

Da poco meno di un secolo era cominciato il 
decadimento. Il sei di settembre del 1669, dopo 
venticinque anni di una guerra implacabile, irta 
di fatti d’armi, di vittorie e di sconfitte più glo¬ 
riose, forse, delle vittorie, combattuta ostina¬ 
tamente contro la preponderanza turca; Candia, 
uno tra i più belli e più ricchi possedimenti di 
San Marco, capitolava e si arrendeva al nemico. 
Le truppe veneziane, molta parte della popola¬ 
zione, ne uscivano con gli onori dovuti a gente 
eroica che abbia resistito fino all’impossibile. 
Cessava una signoria, un’altra le subentrava; 
ma sulla terra generosa, stupenda di bellezze 
naturali, rimaneva impresso indelebilmente il sug¬ 
gello della grande civiltà mercantile ed impe¬ 
rialistica di Venezia. Poterono gli ottomani ten¬ 
tarvi distruzioni o trasformazioni; passarono cen¬ 
tinaia d'anni sul già conteso, ed oggi più che 
mai conteso, suolo bagnato di sangue umano, 
ma l’impronta del dolce artiglio leonino, vi per¬ 
siste incancellata. Resti di fortilizi smantellati, 
resti di monumenti austeri, perpetuano all’ in¬ 
gresso dell’ Egeo il ricordo della libertà repub¬ 
blicana. Tra questi resti di monumenti uno so¬ 
pratutto, contiguo all’armeria costrutta verso il 
i 5 -jo essendo procuratore Almorò Pisani, so¬ 
pravvive in Candia la loggia attribuita al San 
Micheli, che lavorò nell’isola dal 1537 per invito 
della Signoria. 

La loggia, ch’era alta tredici metri e ne mi¬ 
surava circa 27 per circa io ed era destinata 
alle pubbliche riunioni ed alla trattazione degli 
affari, è attualmente in gran parte diroccata. Il 
San Micheli, "grande nella architettura civile e 
religiosa, sommo nella militare „, vi ripetè i li¬ 
neamenti e le configurazioni sansovinesche della 
Libreria Marciana. Ma non perciò la loggia do¬ 
veva sembrare meno imponente. Secondo la de¬ 
scrizione perfetta del Berchet “ essa appariva 


decorata con due ordini di architettura sovrap¬ 
posti, il dorico a pianoterra e l’ionico al primo 
piano. Ogni ordine era formato di sette inter¬ 
colonni chiusi fra le pilastratate angolari della 
fabbrica con sei semicolonne scannellate. La tra¬ 
beazione dorica era a triglifi e a metopc con trofei 
variati e leoni di San Marco alternati; quella 
ionica di coronamento era a modiglioni. La cor¬ 
nice terminale doveva esser coronata da una 
balaustrata e finita con statue „. 

Orbene, il comitato per la partecipazione del 
Veneto alle esposizioni cinquantenarie di Roma, 
di cui è presidente il conte Filippo Grimani e 
vicepresidente delegato il comm. Beppe Ravà, 
dovendo scegliere tra i disegni dell’edifìcio da 
costruire, si pronunziò per la riproduzione delle 
Loggie di Candia ideata dall'ingegner Max On- 
garo direttore deH’uffìcio regionale per la con¬ 
servazione dei Monumenti ; riproduzione che di¬ 
venne un’opera un po’ arbitraria giacché, il Co¬ 
mitato ritenne, per ragioni di opportunità, di 
alterare nelle dimensioni l’aspetto dell’edificio 
portandolo a una maggiore altezza di settanta 
centimetri. La loggia, così modificata, sorge 
adesso sul viale delle Regioni, verso Monte 
Mario con l’ingresso principale ed il piazzale 
di accesso in corrispondenza delle mostre etno¬ 
grafiche. Essa ha una sopraelevazione dal suolo 
determinata dalla gradinata di accesso. L’atrio 
terreno porta ad un ridosso interno composto 
di una certa quantità di stanze per i servizi, e 
da uno scalone magnifico su al piano superiore, 
di cui si vedrà tosto l'uso. 

Dagli angoli interni della loggia, ossia dal 
corpo di fabbricato interno aggiunto, si entra 
in una serie ininterrotta di padiglioncini dise¬ 
gnati dall’ ing. Ongaro sempre sullo stile del 
San Micheli. Queste due ali, più basse del fab¬ 
bricato centrale, conducono sul fondo, paralle¬ 
lamente ad uno spazioso porticato. Si viene 
dunque a creare un cortile chiuso di aspetto 
pittoresco, nel mezzo del quale avrebbe dovuto 
sorgere il pozzo tolto dal cortile della Zecca di 


Venezia quando fu trasformato in sala di let¬ 
tura della biblioteca. Ma le difficoltà del tra¬ 
sporto impedirono l’attuazione del simpatico pro¬ 
getto. La loggia, il cortile e i fabbricati laterali 
occupano uno spazio di duemila cinquecento me¬ 
tri quadrati. Davanti alla loggia si inalzano una 
colonna col Leone aligero e uno stendardo con 
il purpureo gonfalone della Dominante. Ai lati, 
negli angoli formati dai corpi aggiunti, sono di¬ 
sposte simmetricamente due fontane. 

. stato già notato che il padiglione del Ve¬ 
neto sorge in corrispondenza delle mostre etno¬ 
grafiche. Esso è forse il solo che con le mo¬ 
stre etnografiche si fonde, o si completa. La 
mostra etnografica di Venezia, cui lavorano gli 
ingegneri Giustini e Guazzeroni, comprende un 
bacino acqueo di cinquemila seicento metri qua¬ 
drati, dove si specchieranno facciate di palazzi 
storici, ad esempio la facciata del bel palazzo 
Van Axel. Le acque del bacino saranno percorse 
da numerose gondole, per cura del Comitato Ro¬ 
mano. Da quest’ultimo però il Comitato Veneto 
ha ottenuto che un prolungamento di canale, 
un rio di cinque a sette metri di larghezza, si 
stacchi dal bacino e giri tutto intorno al padi¬ 
glione della Regione. I collegamenti dall’interno 
all’esterno di questa frazione di Venezia dislo¬ 
cata a Roma si sono provveduti, naturalmente, 
con alcuni ponti due ad imitazione dei ponti del 
Paradiso e della Piavola; tre ad imitazione dei 
ponti carrettieri del Lido. 11 terzo di tali ponti 
servirà al passaggio dal lato posteriore della 
cinta del padiglione Veneto al resto della espo¬ 
sizione universale. 

La costruzione del padiglione Veneto, che pro¬ 
cedette spedita, fu affidata all’impresa Venturi 
e Cherubini. Esso è di materia assolutamente 
refrattaria al fuoco, l’unico di tal genere : in poz¬ 
zolana e rete metallica. Le statue però, affidate 
per la riproduzione ad uno scultore di Verona, 
sono tutte in marmo. La base finanziaria delle 
esposizioni del Veneto a Roma fu inizialmente 
costituita da 190000 lire sottoscritte dai Co- 


Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza. 
















































T02 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 n 


muni e dalle provincie; noooo lire elargì il 
Comitato centrale romano ; alcune migliaia di 
lire sottoscrissero le Assicurazioni Generali, 
la Cassa di Risparmio di Venezia, ecc., ecc. Il 
totale raggiunto si aggira intorno alle 35 oooo 
lire; e i progetti e i preventivi di spesa si ri¬ 
portano a tale somma modesta, certo non pro¬ 
porzionata alla capacità finanziaria del Veneto, 
suscettibile — è da credere — di ben altri 
sforzi ! 

•* 

Vediamo adesso brevemente la distribuzione 
dei locali interni del padiglione. Il pianoterra 
della Loggia di Candia è riservato ad ospitare 
una importante collezione araldica — gli stem¬ 
mi delle famiglie patrizie celebri del Veneto. Là 
sala del piano superiore, vasta duecento e ven¬ 
ticinque metri quadrati servirà a convegno per 
le solennità regionali e conterrà un palcosce¬ 
nico per esecuzioni musicali. A renderla più 
splendida lavorano Ettore Tito, l’illustre pittore 
che prepara un tondo di sei metri e mezzo di 
diametro per il soffitto, una allegoria della gloria 
di Venezia; Vittorio Bressanin, di cui si svol¬ 
gerà lungo una delle pareti minori e su due 
tratti attigui delle maggiori una processione sto¬ 
rica destinata ad emulare quella da lui dipinta 
assieme a Vincenzo De Stefani nella sala del 
Consiglio provinciale di Venezia; il Donati di 
Verona c il Vianello di Padova. La Sala costerà, 
ultimata, oltre 40000 lire; il teatro ne verrà se¬ 
parato da un immenso tendone di pizzo della 
ditta Jesurum tramato di stelle a cinque punte, 
la stella d’Italia, e di leoni molcca, il sigillo di 
Venezia, alternati. 

Una parola ancora sulle esecuzioni musicali. 

11 Comitato di Venezia spera nell’aiuto del Co¬ 
mitato romano per allestire il celebre melodram¬ 
ma Il filosofo di campagna, del Galluppi detto il 
Buranello e di Carlo Goldoni, un tesoro di facile 
e arguta melodia settecentesca, esumato dal Li¬ 
ceo musicale Benedetto Marcello durante le feste 
centenarie della nascita di Goldoni. A completa¬ 
mento del suggestivo avvenimento Taddeo Wiel, 
uno studioso di musica antica, parlerà di Fran¬ 
cesco Cavalli; e il prof. Bernardi della musica 
da camera del sei c settecento e del melodram¬ 
ma nel XVIII secolo; il maestro Poiini, col quar¬ 
tetto della Regina ed una orchestra, illustreranno 
le conferenze. Sarà insomma una piccola espo¬ 
sizione musicale à còte della grande esposizione 
musicale in corso nei teatri della Capitale. A 
pronunciar una conferenza era stato officiato 
Antonio Fogazzaro, il quale aveva accettato. 
Ahimè, che non udremo più la parola serena e 
piena di fede del buon Maestro. 

Completiamo addirittura le linee del program¬ 
ma artistico del Comitato: nel bacino della mo¬ 
stra etnografica saranno svolte serenatine ve- . 
neziane di musica del *700. Imaginate l’agile e 
birichino canto della “ biondina in gondolcta „ di 
Lamberti c Meyr : 

" La biondina in gondolcta 
l’altra sera gho mena 
dal piacer la povareta 
la s’à in bota indormenzà.... 
una sola bavesela 
sventolava i so cavoli 
e faceva che dai veli 
scondò.... el sen no lusso piìi !... „ 

imaginate, ripeto l’agile canto dedicato alla ce¬ 


lebre Benzon espandersi nella maestà dei cieli 
romani fatti grigi dalla luce lunare l 

Nè è improbabile che nel cortile del padiglione 
si allestiscano commedie settecentesche a brac¬ 
cia. Ma chi mai sostituirà nell’escguirle il tra¬ 
passato Arlecchino di grande memoria, il buon 
Sacchi dai celebri lazzi, caro alle commedie del 
rustico Carlo Gozzi, sentimental orso questi, as¬ 
setato d’amore, terribile di rabbia contro i no¬ 
vatori ed, insieme, gli ignoranti ? } 

Ridiscendiamo frettolosamente dal salone d'o¬ 
nore al pianterreno e infiliamo le sale che si 
susseguono lungo le ali aggiunte alla Loggia. 
Sono quivi distribuite le mostre delle singole 
provincie. Verona è rappresentata, nel Comitato 
generale, dal prof. Gerola, direttore di quel mu¬ 
seo Civico; Belluno dal dott. Rodolfo Protti, ispet¬ 
tore dei monumenti ; Treviso dal dott. Luigi Co¬ 
letti; Vicenza dai professori Vaccardo ed On- 
garo; Padova dal prof. Moschetti, direttore del 
locale Museo. Da destra apre le raccolte pro¬ 
vinciali Treviso con una sala del dugento. In un 
pannello decorativo il pittore Carlini evoca una 
Corte d’amore nella celebre Marca. Indi Padita 
ci ripete una visione trecentesca con la ripro¬ 
duzione della stanza di Petrarca ad Arquà, ri¬ 
costrutta su documenti nostri e tedeschi. Questa 
creazione devota in onore del poeta dei trionfi 
dei Sonetti e delle Canzoni resterà di proprietà 
del Comune. Poi un salone di settantasctte metri 
quadrati attende la illustrazione delle industrie 
veneziane. E la parentesi di industrie moderne 
permetterà di ammirare e gustare anche più le 
glorie artistiche che Verona onora in una sala 
del 1400 dedicata al Pisanello. In essa Augusto 
Sezanne riproduce fedelmente nientemeno che 
la stanza del carpaccesco Sogno di Sant’Or¬ 
sola, nelle Gallerie Veneziane. Auguriamo che 
lo spirito carpaccesco vi aleggi veramente (e 
di ciò è mallevadore lo squisito buon gusto del 
Sezanne), ma come fare allora ad uscirne? Non 
sarà preso il visitatore dal sottile incantamento 
dell’ambiente soave e riposante? 

A Verona terrà dietro Udine con la riprodu¬ 
zione di una cucina friulana del secolo XVIII; 
nota simpatica di folk-lore montanaro. Traver¬ 
sato in seguito il porticato dell’edificio poste¬ 
riore del padiglione ricomincerà la sfilata delle 
mostre provinciali. Ancora Verona nello stile 
del i 5 oo (architetto Savini) e Vicenza con un 
Tempietto palladiano — si può pensar Vicenza 
senza Palladio? — e Venezia col salone della 
Nave di cui converrà subito trattenerci più dif¬ 
fusamente, tanta è la sua caratteristica impor¬ 
tanza; e Belluno con un salotto da pranzo del 1700 
su disegni del Protti. 

Come la indipendenza del Veneto termina col 
morire del secolo X\ III, così termina con una 
evocazione settecentesca la galleria delle pro¬ 
vince, della quale questa rapidissima indicazione 
sommaria non può dare che una ben pallida 
impressione preliminare. 


I Io accennato or ora al Salone della Gloria 
Navale di San Marco. La organizzazione ne è 
dovuta all’onorevole conte Pietro Foscari, coa¬ 
diuvato da un comitato speciale composto di 
persone scelte da lui medesimo, tra ,le quali 
il pittore V izzotto Alberti, autore di due pan¬ 
nelli che vi figureranno al sommo di due delle 
porte. 

L'idea di dedicare una sala alla Nave è fon¬ 


data su di una doppia serie di considerazioni. 
Non soltanto, infatti, si volle evocare la potenza 
marinara della Serenissima, ma si intese moltic 
di ammonire nuovamente, ti aendone la dimo¬ 
strazione migliore dalla stoiia, che 1 espansione 
marittima come accompagnò, anzi precedette, 
1 periodi più floridi delle vicende della pati ìa, 
ciò deve stare al sommo dei propositi dei reg¬ 
gitori attuali della patria. E poiché per tanti 
secoli la Navis Navinm, il segnacolo più ful¬ 
gido dell’Italia su tutti i mari, fu il “ Bucin¬ 
toro ,„ il vascello sontuoso dal quale, gittando 
nei profondi gorghi l’anello _ simbolico, il doge 
sposava la equorea divinità in segno di domi¬ 
nio perpetuo, nulla di più giusto e di più natu¬ 
rale che la glorificazione della potenza navale 
nei tempi andati sia polarizzata verso il “ Bu¬ 
cintoro „. Il quale occuperà quindi il centro del 
salone dedicatogli nel padiglione Veneto. Si 
tratta, strano a dirsi, del modello di “ Bucintoro „ 
ricostruito dall’ impero d Austria, e conservato 
attualmente nel museo dell’Arzanà Dantesco, 
quando i francesi si ritirarono dai territori della 
ex Dominante. * ì 

Il Museo dell’Arsenale veneziano ha prestato 
alla sala della Nave altre molte cose preziose, 
armi, modelli di navi, trofei di vittoria, fanali 
di galee turchesche, esemplari di triremi, ecc. 
Tra i fanali ve ne sarà uno notevole riprodotto 
fedelmente dal Lova di Trissino il quale ha pure 
riprodotto, a sbalzo dorato, il pomo ricchissimo 
di un’asta di stendardo. Fra le memorie di in¬ 
dimenticabili geste militari van ricordati, una 
cinquecentesca colubrina preziosamente cesellata 
da artefice ignoto; un mortaio intessuto salda¬ 
mente di cuoio e cordame che servì alla difesa 
di Venezia, improvvisata da Vittor Pisani, con¬ 
tro ai genovesi all’epoca della guerra di Chiog- 
gia; il modello d’una delle batterie galleggianti, 
il germe delle odierne dreadnoughts, forse, ima¬ 
ginate dall’ultimo ammiraglio della Repubblica, 
Angelo Emo, nella seconda metà del settecento, 
quando battendosi contro il bey di Tunisi, rin¬ 
novò e riaccese per l’ultima volta, inutilmente, 
la tradizione dei Dandolo, dei Mocenigo, dei 
Venier.... 

La sala della nave ha lo sviluppo di una T. 
Agli spigoli interni, formati dalla concorrenza 
delle pareti dell’asta della maiuscola, con le pa¬ 
reti minori della testa, verranno collocati gli 
unici esemplari oggi esistenti di colonna ro¬ 
strata; le due colonne rostrate, cioè, esistenti 
nella sala del Consiglio dei Savi da Mar, che 
precede, nell’arsenale, l’antica ed odierna sala 
dei tracciati. Le pareti si adornano ancora degli 
stemmi dei possedimenti della Repubblica, ri¬ 
correnti tutto intorno al sommo; mentre più 
basso si alterneranno le riproduzioni degli ori¬ 
ginali bassorilievi di marmo, rappresentanti le 
piante topografiche delle città marinare dei do¬ 
mimi di Venezia, come Zara, Spalato, ecc.; esi¬ 
stenti, per esempio, sulla facciata della chiesa 
di Santa Maria Zobenigo, o nei Musei; e le ri- 
produzioni di monumenti ad alcuni degli ammi¬ 
ragli veneziani più famosi, Francesco Morosini, 
il Peloponnesiaco, al centro, quale fu scolpito 
nel 1694 per la sala degli Scrutimi di Palazzo 
Ducale; Sebastiano Veniero, il vincitor di Le¬ 
panto, in piedi, nel bronzo, di Antonio dal Zotto, 
per la tomba dei Santi Giovanni e Paolo; An¬ 
gelo Emo, come lo illustrò Antonio Canova per 
01 dine del Senato dopo la morte di lui a bordo 
della Faina da una banda; 1 omaso Mocenigo e 
Vittor Pisani dall’altra banda. 





























LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


io 3 



Il grande scalone interno e corti le. 



alla pagina dove, dopo l’accenno a Roma ma¬ 
dre, stan scritti questi versi: 

Ma non a furia sùbita di vento 
tagliaste mai la gomena in travaglio 
abbandonando l’àncora nel fondo 
per cappeggiare contro la tempesta? 

Tale nel fondo il peso de l’antica 
cittadinanza, troncò il suo ritegno - 
or nuovi siete alle fortune nuove. 

Or nuova è Venezia, e con Venezia la Veneta 
Regione, alle fortune nuove d’Italia. E mentre 
un soffio poderoso di vita, una corrente irresi¬ 
stibile ed invincibile di energie la percorrono 
tutta, sollevandola alla dignità di secondo porto 
della nazione; alla dignità invidiata di centro 
maggiore, nella nazione, dell'arte internazionale, 
spronandola a confluiste industriali, anche piti 
armonica sembra questa rispondenza tra i valori 
espressi sinteticamente nelle gallerie di Torino 
e i modernissimi valori del passato evocati ed 
illustrati ed esaltati, per tanti aspetti affascinanti, 
nel padiglione dell’Esposizione del Cinquantena¬ 
rio, in Roma Capitale. 

Gino Damerini. 


La ricostruzione delle Locgie di',Candì a. 


Questo insieme di nobilissime cose costituirà un compatto e se¬ 
vero organismo nell’ambiente di purissimo stile cinquecentesco. Certo 
l’interesse storico ed artistico non potrebbe essere maggiore; non mag¬ 
giore per gli eruditi che troveranno in cosi poco spazio riuniti ri¬ 
chiami preziosi alla loro cultura; non maggiore per i profani che avranno 
la rivelazione di un mondo pur troppo ignorato dalla grandissima 
massa degli italiani. E non è davvero colpa degli italiani se nei pro¬ 
grammi di insegnamento delle scuole secondarie la storia di Venezia, 
che continua la storia di Roma, ha una parte irrisoria ed incidentale 
limitata appena ad alcuni degli avvenimenti connessi alla storia delle 
altre nazioni. 

Il significato allegorico della sala della potenza marinara di Venezia 
verrà integrato da tre cospicui documenti letterari. Da una delle colonne 
rostrate dianzi rammentate penderà in fac-simile il discorso proferito 
nel dialetto veneziano dal podestà di Perasso il giorno in cui, prima di 
dichiarar decaduta la potenza della signorìa di San Marco e subentrata 
quella austriaca sulle coste e sulle città Istriane, assistette al seppelli¬ 
mento del gonfalone della Serenissima sotto all’altar maggiore della mo¬ 
desta Cattedrale. Discorso commovente e fieramente rassegnato al quale 
non è possibile tornar con la mente, senza che risvegli in noi la tristezza 
dei tragici momenti dell’istoria che lo determinarono. Dall’altra delle co¬ 
lonne rostrate penderà un più recente frammento di poesia italiana; il 
fac-simile della famosa Sirventese all’Adriatico, posta da Gabriele d’An- 
nunzio in fronte alla Nave; la possente tragedia in cui s’agita veramente 
— checché si sia voluto negare — il palpito delle origini della Repub¬ 
blica; quella Sirventese che termina con la suprema invocazione al Dio 
“ grande e tremendo „ : 

Fa di tutti gli Oceani il mare nostro. 

Infine, sul davanti del modello dell’aureo “ Bucintoro „, in una spe¬ 
ciale vetrina troverà posto precisamente il manoscritto della Nave; il 
voluminoso manoscritto per la consegna del quale al Comune di Ve¬ 
nezia, durarono così a lungo, suscitate da incomprcnsibili ire clericali, 
le polemiche sui giornali. 

Il manoscritto, prestato dal Civico Museo Correr figurerà aperto 


La 1 ORRE DELL’ OROLOGIO (facciata principale). 
(Fot. Aldo Jesurum.) 

























































































































TORINO. I LAVORI AL GRANDE PONTE /MONUMENTALE SUL PO 



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Disegno di R. Paolctti. 












































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LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 r 


T O R I N O. I. A V ITA OKI E N T A L E E 


L A G K A N I) E 


K E R M E S S E. 



La Scuola. 


La Gran Moschea# La sala degli spettacoli. 

Egitto» 



Avvicinandoci al Siam: Un punto di contatto fra la civiltà Afri 


icana e l’Asiatica. 





Dal Siam al Giapponi-: 


•il passaggio quasi inavvertito fra due forme di architettura. 


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LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


107 



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Nei paesi dell 1 Asia. 


La Vita Orientale e la Grande Kermesse alf Esposizione di Torino. 


Viviamo in pieno tempo d'imperio proletario; 
è naturale quindi che in qualunque manifesta¬ 
zione dell’attività sociale, provenga da ritrovati 
scientifici, da genialità d’arti, da portenti indu¬ 
striali, il proletariato abbia il suo posto, se non 
il suo gran posto. 

E forse non a torto, se a questa attività 
grandi risorse di aiuto apporta il lavoro delle 
menti talvolta umili, delle braccia quasi sempre. 

Quale campo migliore dunque di un’Esposi¬ 
zione ove si affermi questa necessaria e tur¬ 
bolenta grande parte della società? 

Una tale riflessione ha certo dovuto penetrare 


nella mente del signor Ernest Pourtauborde, 
oriundo dei Pirenei, se, dopo aver viaggiato il 
mondo senza tregua, si fa concessionario di 
grandi trovate per divertimenti popolari nelle 
Esposizioni. 

Già, nel 1900 all’Esposizione di Parigi, egli 
ideò quella sorprendente evocazione del Cam- 
bodge e dell’Algeria, che ottennero un vero suc¬ 
cesso. Ora, a d orino, egli volle ampliare, ren¬ 
derle più attraenti ancora e più divertenti, le 
evocazioni orientali, delle quali finora è insupe¬ 
rato maestro. 

E con bel coraggio che saprebbe di audacia 


se non fosse grande fiducia nel proprio valore, 
si è fatto concessionario generale di tutto il vasto 
e non facile compito di trovare allettamenti nuovi, 
con nuove forme, per rallegrare, render vario, di¬ 
lettevole, istruttivo anche, e fin dove è possibile, 
l’avvenimento italico dell’Esposizione di Torino. 

11 vasto terreno che a lui affidò il Comitato, 
sulle due rive del Po, egli lo riserbò: quello 
sulla parte sinistra ad una grande “ kermesse „ 
dove la vita si svolgerà vertiginosa, fra bars, 
caffè, giostre, serragli, altalene, una specie di 
quelle fiere annuali dei rioni milanesi, ma in 
grande, ma con novità che rimarranno impresse 



La pagoda c 1 xese e il teatro indocinese. 


nell’immaginazione dei visitatori, come la “ruota 
allegra „, una novità assoluta, dermer cri, che 
se spaventava nei tempi in cui la tortura era 
di moda, questa della “ kermesse „ lascera il 
buon umore per tutta la vità; quello sulla parte 
destra ad una varia, pittoresca, interessantissi¬ 
ma evocazione degli usi, dei costumi, dell’indu¬ 
strie, dell’arte, dei divertimenti, delle religioni, 
dei popoli orientali. L’Egitto, la 1 unisia, l’Al¬ 
geria, il Madagascar, il Congo, il Senegai, il Ni- 
ger, la Colonia Eritrea, la Cina, il Siam, il Giap¬ 
pone e l’Indo-Cina vi saranno evocati con mi¬ 
rabile e impressionante fedeltà. Poiché non sa¬ 
ranno soltanto offerti ai visitatori dei semplici 
panorami, coi soliti palmizi, le consuete pagode, 
le melanconiche capannucce protette da stracci 
feticci. Al contrario, il visitatore si troverà, il¬ 
ludendosi di aver già fatto il grande _ viaggio 
per mare e per terra, nel Giappone, in Cina, 
nel Siam come in Persia, nella vita strana o tu¬ 
multuosa, caratteristica o melanconica, misera o 
religiosa o guerriera di quei popoli; potrà assi¬ 


stere ai loro lavori, rendersi conto dei loro co¬ 
stumi famigliari, intervenire ai loro uffici reli¬ 
giosi, conoscere i loro svaghi, ascoltare la loro 
lingua stridula o armoniosa, le loro strane mu¬ 
siche, i loro balli. Visitare i loro mercati, i loro 
negozi, le loro officine e rendersi conto dei pro¬ 
dotti del loro suolo, delle loro industrie, del 
loro regresso come del loro progresso. 

E più che all’occhio e all’immaginazione dello 
spettatore, parlerà alla sua mente tutta quella 
vita dell’antica civiltà, e gli sarà oltre che di 
svago soggetto di studio; quelle casette basse 
dalle architetture esili, quei porticati a colon¬ 
nine tisiche, quelle cupole a campane di zuc¬ 
chero, i brevi angiporti, le tristi e fredde chiese, 
le bottegucce senza luce; quanti pensieri diversi 
non susciteranno? 

Se quella isolata e non perfettamente riuscita 
riproduzione del Cairo all’Esposizione del 1906 
di Milano, ebbe la virtù di rendersi, fra le no¬ 
vità, la novità principale, divenendo mèta delle 
migliaia di visitatori, non è esagerato arguire 


che una delle massime attrattive dell’ Esposizione 
di Torino sarà la geniale, accurata e varia evo¬ 
cazione orientale del signor Pourtauborde, per¬ 
chè sarà in piccole proporzioni tutto un mondo 
a noi lontano, a noi diverso per costumi, per 
usi, meno che nell’esistenza, in tutto. 

L’area che il signor Pourtauborde occupa per 
le sue evocazioni occidentali e orientali, è di 
circa cinquemila metri quadrati, e di per se stessa 
può definirsi un’originale Esposizione nell’Espo¬ 
sizione torinese. Ce n’è per gl' intellettuali e ce 
n’è per il popolo, che nella vasta "kermesse,, 
occidentale ha da divertirsi, farsi prendere dalle 
vertigini piti bizzarre, se vuole, e per pochis¬ 
sima spesa. Parigi rammenta ancora con com¬ 
piacimento il grande successo che colà ebbe, 
per opera del medesimo ideatore, il Cambodgc 
e l’Algeria; Torino e gli altri visitatori italiani 
non dimenticheranno di certo la soddisfazione 
provata di aver visitato e studiato 1 ’ Oriente in¬ 
cantatore, senza pericoli di lunghi viaggi e con 
piccolissima spesa. O. G. B. 






























rò8 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


T O R I N O. I ORA N D I PADIG LI O N I 

















































































Il Padiglione Francese. 



Una sala del Padiglione Francese. 



Signora Garrire. L’ambasciatore Barrire. Matilde Serao. Jean Garrire. 

All’inaugurazione del Padiglione Francese. 


(Fot. Abeniacar.) I SOVRANI ACCOMPAGNATI DALL’ AMBASCIATORE BaRRÈRE DOPO l’ INAUGURAZIONE. 


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LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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TORINO. Il pittore.Premoli eseguisce le decorazioni per il Salone delle Teste (fot Trevcs), 



rORINO ALLA VIGILIA DELL' ESPOSIZIONE 


A Torino si respira già un’aria di esposizione. 
La nobile città che è sempre cosi eguale a sè 
stessa, come una di quelle austere e vecchie 
case di provincia, dove a distanza di trent’anni 
si trovano gli stessi mobili, sempre al medesimo 
posto e con l’identico strato di polvere, comin¬ 
cia a essere sossopra, a far la sua toilette da ri¬ 
cevimento. In questi ultimi giorni si notano già 
dei cambiamenti vistosi. Io che vado a Torino 
di sovente sono rimasto sorpreso Tultima volta, 
or è una settimana, da questo rimescolìo e an¬ 
cor più da certi nuovi aspetti di strade e di bot¬ 
teghe, che io credevo invariabili nei secoli, che 
ero abituato a considerare intangibili più di tutti 
i monumenti nazionali. 

Si capisce che si prepara qualche cosa di 
grosso, se Torino si decide a una così insolita 
impresa. Chi non ricorda qualche vetusto sa¬ 
lotto dove si penetrava da bambini con un senso 
di venerazione opprimente? Pareva di entrare 
in chiesa, perchè era buio silenzioso e freddo 
e perchè quel rigoroso ordine dei suoi arredi 
pareva sacro, come decretato in eterno dalla 
Provvidenza. Si sarebbe meglio supposto un 
sovvertimento di tutta la terra anziché un solo 
seggiolone collocato di traverso, o una custo¬ 
dia di fiori finti, come quelli che piacciono a 
Guido Gozzano, posata su una tavola diversa dal¬ 
l’abituale. Poltrone e divani erano ricoperti di 
venerabili fodere stinte, divenute, assai piti delle 
stoffe dell’imbottitura, la vera epidermide di quei 
mobili. Quando mai noi avremmo osato violare 
uno dei lembi della fodera per vedere il tessuto 
prezioso al disotto? Ci sarebbe parso di com¬ 
mettere una profanazione. Quel tessuto era per 
la nostra immaginazione qualche cosa di fanta¬ 
stico. Era l’inarrivabile, l’invisibile. Ce ne aveva 
parlato talvolta la nonna, come dell’ottava me¬ 
raviglia. Era stato scoperto una volta solo in 
occasione della visita del vescovo. Chi sa quando 
mai lo sarà più. Per lo meno ci vorrà un car¬ 
dinale, la presenza dei Corpi Santi, come si 
dice nel Veneto, che co i se move, tona e tira 
lampi. 

Torino sta operando, qualcosa di altrettanto 


inverosimile, sta levando le fodere. L’avveni¬ 
mento sarà straordinario. Ce ne accorgiamo fino 
daU’anticamera e cioè dalla stazione ferroviaria 
che vi è una rivoluzione alle viste! 

Fino da quando, quarantanni or sono, il primo 
treno è giunto a Torino i viaggiatori sono scesi 
sempre allo stesso punto, sul medesimo marcia¬ 
piede. Almeno fin dove arriva la mia memoria 
infantile io mi vedo sempre smontare dal va¬ 
gone, fermo nel terzo binario a destra, sulla piat¬ 
taforma di mezzo, come se non fosse mai cam¬ 
biato nè il treno nè il macchinista, nè l’ora di 
arrivo. 

Figuratevi ora il mio sbalordimento, quando 
l’ultima volta, il treno si è arrestato fuori del¬ 
l’alta e arcuata tettoia antica, presso una tettoia 
nuova bassa lunga costruita fra binari novella- 
mente impiantati, e ho dovuto percorrere tutto 
un nuovo cammino per avviarmi all’uscita! 

Non ero ancora rinvenuto per tanto stupore 
che qui me ne colse un altro ben più acuto. Al 
posto di uno steccato di legno che da più mesi 
chiudeva il fondo della stazione, sorgeva un 
grande padiglione di ferro colorato, qualchecosa 
come una falsa pagoda in ghisa o un genuino 
chiosco da tabaccheria o da rivendita di gior- 
itali; un vero saggio di architettura metallica, 
destinato alla distribuzione dei biglietti. 

Diamine le ferrovie, da che sono passate allo 
Stato, si son date a proteggere le belle arti! 
Mi sono arrestato dieci minuti in ammirazione 
di quell' imprevisto e variopinto edificio. Era 
forse mezzo secolo che la stazione di Torino 
restava inalterata, ma bisogna riconoscere che 
ora che si son messi a rinnovarla, lo fanno sul 
serio. 

Per tutti gli habitues è divenuta irreconosci- 
bile. E vi è ancora chi osa negare i benefici delle 
Esposizioni! O bene o male tuttavia la Stazione 
si è ampliata e mentre da parecchi mesi si giun¬ 
geva a Torino a Porta Nuova, tra dighe di rot¬ 
tami, tra cumuli di calcinacci anneriti, fra can¬ 
tieri e travature in costruzione, ecco che in 
quindici giorni, il terreno è stato sgombrato e 
rassettato, i binari si sono triplicati allargandosi 


a ventaglio tra Via Nizza e Via Sacelli, numerosi 
imbarcaderi coperti da tettoie provviste persino 
di decorazioni a frangie non so se di zinco o 
di legno come quelle degli chalets svizzeri si 
allineano tra un binario e l’altro. Qui siamo già 
a buon punto, quasi all’ordine. 

Non si aspettano che le folle. 

Ed ora entriamo in città. Vi è del nuovo? 
Ma certo. 1 buoni borghesi di Torino, tranquilli 
e abitudinari, casalinghi e parsimoniosi, sono di¬ 
venuti improvvisamente solerti, innovatori, fret¬ 
tolosi e audaci. Si sono posti all’opera con un 
accanimento inaudito, hanno certo dispensato 
più alacrità ed energia nervosa in poche setti¬ 
mane adesso che non in passato durante vari 
anni. Non soltanto le due rive del Po, tutto 
lungo il Valentino, per un tratto di tre chil'o- 
metri si sono completamente trasformate, ma 
la città intera, se la si guardi con occhio scru¬ 
tatore, ha subito un cambiamento, addirittura 
incommensurabile, se non altro per la sua esten¬ 
sione. 

A prima vista, per chi arrivi per la prima volta 
può darsi che questa immensa trasformazione 
sfugga. Poiché non si tratta di alcunché di vi¬ 
stoso, di bizzarro, di colossale, di fantastico, 
lutto può sembrar forse come prima, eppure 
tutto è diverso da prima. Non vi è cosa per 
quanto piccola, non vi è angolo per quanto de¬ 
relitto che siano stati risparmiati. È stato un 
lavorìo indescrivibile e innumerevole, un lavorìo 
minuzioso paziente, compiuto su mille punti dif¬ 
ferenti, in mille attitudini diverse, da infiniti sforzi 
isolati. Ognuno si è posto all’opera senza saper 
dell altro, da sè, per suo conto, nella sua sfera 
d azione, ma tutti in vista dello stesso evento. 
Qui si è aperto un nuovo negozio, lì si è cam¬ 
biata una insegna, altrove si è rinnovata una 
bottega. Qui si è ripulita la facciata di una casa, 
lì un caffè ha sfoderato un lusso scintillante di 
dorature e di specchi, altrove un magazzino ha 
rifatto la sua mostra che non era più stata smossa 
da dieci anni. Io mi ricordo di una piccola ve¬ 
trina che serviva di esposizione-réclame a un 
calzolaio. Quelli stivaletti scomparivano sotto l’o- 


50 années triomphal succés : contre les 


lìsez des Pastilles Marchesini 




























LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



FORINO. Le decorazioni per il Salone delle Feste, dei pittori Tremoli e Sobrile (iot. Trcves). 


norata polve di parecchi lustri; eran cambiate 
nel frattempo più e più volte le mode, e le punte 
e i tacchi e le allacciature, ma quelli stivaletti 
erano sempre rimasti inalterabili, simbolo di una 
stabilità che soltanto può valere per il piede 
dell’uomo. Orbene io ho creduto di sognare non 
ritrovando più quei testimoni della mia adole¬ 
scenza. Spariti! Anche loro! Spazzati dalla bu¬ 
fera del modernismo. E al loro posto ecco le 
punte rigonfie come guancie enfiate dal mal di 
denti, ecco i tacchi obliqui all’americana. E l’Ame¬ 
rica sarà scomparsa quando questi ci saranno 
ancora ! 

Ciò che mi ha altresì impressionato è stata la 
quantità di nuovi alberghi e trattorie. Oh i fo¬ 
restieri non mancheranno di alloggio e di nu¬ 
trimento a Torino! 

I vecchi alberghi si sono rimodernati e am¬ 
pliati, dall’esterno e dall’interno, si sono annessi 
appartamenti e palazzi vicini, hanno moltiplicato 
le camere e i camerini e i camerieri, nella spe¬ 
ranza di moltiplicare i prezzi. E i nuovi sono 
spuntati come funghi, anzi come cinematografi. 
Non avrei mai creduto, prima d’ora, che con 
tanta rapidità si potesse improvvisare un nuovo 
albergo. 

Ce ne sono ora da per tutto, in tutte le strade, 
nei luoghi dove mene si aspettano. 

Su uno dei tanti corsi, maestosi, silenziosi 
come fiumi asciutti, si scorge un bel palazzo 
serio, oscuro, che non desta il minimo sospetto. 
Quello non può essere che l’alloggio di persone 
morigerate, ossequienti al padrone di casa e ai 
portinai, di famiglie ivi nate, cresciute, sposate, 
defunte da chi sa quante generazioni. Per una 
combinazione si deve entrare, salire le scale, 
ed ecco che questo pacifica quadro di esistenza 
patriarcale, ecco che questo nido di fedeli elet¬ 
tori moderati, e di pensionati, appare come una 
balorda illusione. Quel rispettabile palazzo è un 

hotel meublé, recentissi¬ 
mo con caloriferi che non 
scaldano, con cutinaggi 
a disegni liberty, con 
porte inverniciate di fre¬ 
sco, con numeri sulle ca¬ 
mere, con i campanelli 
elettrici nuovi che non 
suonano, e con i came¬ 
rieri che non sanno ser¬ 
vire. 

Nelle strade più cen¬ 
trali e di passaggio in¬ 


vece gli alberghi nuovi hanno inalberato insegne 
e spalancate entrate vistosissime. 

Sotto i portici di piazza Castello — i classici 
portici — sono rimaste le piccole botteguccc di 
guantai e orologiai, ma oiiné sono quasi scom¬ 
parse le vispe e seducenti sartine. Sembrano 
grondaie malinconiche di tetti da cui siano esu¬ 
late le rondini. Non è certo l’imminente Espo¬ 
sizione che le ha allontanate, ma desse non ci 
son più — son così rade che non si avvertono. 
In compenso si ammirano ora alcuni fastosi ne¬ 
gozi nuovi. E sull’angolo, presso la Galleria, con¬ 
tro il caffè Romano, i gentiemen , gli eleganti 
e gli ufficiali di cavalleria hanno da qualche 
giorno un convegno magnifico. L’antica offelleria 
ove si vendevano le famose caramelle si è a sua 
volta superbamente ringiovanita, con uno sfarzo 
di marmi, di ornamentazioni ricchissime e con 
l’aggiunta di una sala da thè in omaggio al nuovo 
costume. 

Ad un estremo opposto una istituzione altret¬ 
tanto tipica quanto i portici e l’offelleria ha cam¬ 
biato faccia: la piazza d’armi. L’immenso piaz¬ 
zale dove gli alberi da una estremità all’altra 
sembrano piccini piccini, come quelli di legno 
per i giocattoli dei bimbi, dove non ho mai visto 
un soldato manovrare se non all’assalto di qual¬ 
che sperduta bambinaia, quel vasto e deserto 
terreno che all’inverno coperto di neve, pareva 
lo sterminato lenzuolo per un letto di gigante, 
è stato dimezzato, e per una metà occupato da 
circhi di piloni e gradinate, che formano il nuovo 
stadio. Lo sport ha cacciato il militarismo, la 
guerra da burla, la guerra sul serio. E un po' 
quella che avviene dovunque! 

Ma l'impeto creativo è stato formidabile dav¬ 
vero nel recinto dell’Esposizione. Io ho assistito 
al nascere e al lento crescere di questa selva 
di edifici. Pareva che fossero sempre allo stesso 
grado, come i fanciulli rachitici. Erano infatti 
armature scheletriche bianchiccie e giallognole, 
senza forma decisa e che rimanevano sempre 
alla medesima altezza. Le avevo viste così sotto 
l’ardente sole dell’estate, così ancora nei fluenti 
tramonti autunnali, in cui la sera sembra {or¬ 
mata da grandi ombre violacee che scendono 
dalle Alpi con le acque eridanee, le avevo an¬ 
cora trovate così sul far dell’ inverno, tra le pri¬ 
me nevi, in mezzo a un decoro strano di pas¬ 
saggio siberiano, ed ecco che proprio sotto la 
neve tutto quel fittizio mondo di legno, di gesso, 
di cemento, tutto quel mondo artificiale di linee 
e di forme, di guglie e di cupole, ha assunto, 


al pari delle germinazioni naturali, una fervente 
vitalità. Improvvisamente si è svegliato, ha co¬ 
minciato a fremere, a fermentare, a salire, a con¬ 
formarsi, a palpitare. La crisalide addormentata, 
si passi l’antica immagine, in pochi giorni ha 
preso la forma dell’essere definitivo, ed ecco 
che ora sulle due placide sponde del fiume pa¬ 
terno, sulle due rive del nobile Po, dove ai primi 
annunci della primavera eravamo avvezzi a go¬ 
dere la visione di declivi verdeggianti, di colline 
in germoglio ad aver lo spettacolo dolce di una 
infinita e delicata vegetazione verde, scorgiamo 
ora uno spettacolo insolito di una stupefacente 
vegetazione bianca, di una foresta architettonica 
di minareti, di torri, di pinnacoli. 

Qui si son compiuti dei miracoli in questi ul¬ 
timi periodi. 

Alla secolare alberatura l’uomo ha sostituito 
vertiginosamente una intera città edificata dalle 
sue mani per darvi mostra del suo genio, del 
suo valore, delle sue moderne ricchezze. 

I lettori hanno già ammirata nello stupendo 
disegno di Gennaro Amato, pubblicato nei nu¬ 
meri addietro il grandioso Panorama dei palazzi 
e delle gallerie dell’ Esposizione di Torino, talché 
non è il caso di rifarne verbalmente la descri¬ 
zione. E poi a che prò? Lodata la celebre co¬ 
struzione altro non vi è da lodare. Gli edifici 
dell’Esposizione torinese, sono della stessa na¬ 
tura e della stessa struttura degli edifici di tutte 
le altre grandi Esposizioni. Ormai vi è una ar¬ 
chitettura convenzionale da Esposizione che può 
dirsi veramente cosmopolita e che non tollera 
alcuna deroga. 

Si apra una Mostra a Sidney o a Saint Louis, 
a Bruxelles o a Milano l’architettura non cambia, 
i padiglioni sembrano tutti stereotipati sull’iden¬ 
tico modello. 

Non è questa una critica, è l'osservazione di 
un fatto. Le Esposizioni non hanno varietà, sem¬ 
brano tutte eguali, anzi dal di fuori sono tutte 
eguali. E forse lo sono anche al di dentro. 

Ma non anticipiamo gli avvenimenti. 

M. 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI • Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 

[FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA 

































IT2 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 11 



Il Commendatore Stefano Derville 
Commissario Generale della Francia a Torino. 

La grandiosa esposizione che la Francia ha organizzata sulle rive del Po, al Valen¬ 
tino, ha alla sua testa un uomo amicissimo dell’Italia e grandemente benemerito del 
riavvicinamento franco-italiano — il commendatore Stefano Derville, che dal governo 
della Repubblica ò stato nominato Commissario Generale a Torino per le mostre 
francesi. 

Il signor Derville è in Francia, nel mondo industriale ed artistico, una ben nota 
personalità. Egli è amministratore della grande compagnia ferroviaria Paris-Lyon-Medi¬ 
terranée, ed anzi è stato in essa chiamato all’alto grado di presidente del Consiglio d’Am- 
ministrazione. Commendatore della Legion d’Onore, Cavaliere gran croce dell’ordine della 
Corona d’Italia, grand’ufficiale dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, il signor Derville 
è, in certo qual modo, anche un poco italiano, possedendo egli una splendida villa a 
Carrara, presso le grandi cave di marmo di cui è proprietario tanto a Carrara clic a 
Serravezza. A Parigi egli abita un sontuoso palazzo, nella via Fortuny, ed ivi egli è 
attorniato da un vero museo d’arte, raccolto dalla sua munificenza e dal suo gusto 
finissimo. 

Egli fu in altri tempi presidente del tribunale di commercio della Senna, poi dal 
t 8 g 3 al i8g7 censore della Banca di Francia, di cui recentemente fu nominato Reg¬ 
gente, c nel igoo alla grande Esposizione Universale fu chiamato a dirigere la splendida 
sezione francese, che ebbe il successo che ancora si ricorda. Egli ha attitudini veramente 
speciali per ogni manifestazione d’arte, per tutte le esposizioni dove si tratti di far sor¬ 
gere dei musei retrospettivi delle varie classi, essendo egli dotato di grandi cognizioni, 
di vera dottrina appresa nello studiare e nel raccogliere le cose più belle e più in¬ 
teressanti. 

Il governo francese non poteva designare per Torino una personalità più simpatica 
e piìi competente, e la sua nomina è stata accolta con grande favore in Italia, dove sono 
ben noti i suoi meriti e le sue distinte qualità. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

4 aprile - Roma. In [Castel l Sant’ Angelo inaugurato il Congresso internazionale di 

Musica. 

5 „ Bologna. Inaugurato il IV Congresso mondiale di Filosofia. 

6 „ Roma. 1 principi di Germania visitano a Frascati la villa Falconieri, proprietà del¬ 

l’imperatore Guglielmo ; poi a Roma intervengono a colazione dalla Regina Mar¬ 
gherita, indi visitano l’Esposizione di Belle Arti. La sera gran banchetto al Qui¬ 
rinale con scambio fra il Re ed il Principe di brindisi politici. 

7 „ — Il Re ed il Kronprinz visitano le principali caserme. 

8 „ — 11 Re, la Regina i principi tedeschi inaugurano alle Terme Diocleziane la 

Mostra Archeologica; i principi tedeschi partono alle 12.40 per la Germania. 

„ „ — 11 Re inaugura a Vigna Cartoni il padiglione del Belgio. 

11 „ — Da Ancona, dove è sbarcata, arriva a Roma la deputazione parlamentare un¬ 

gherese, col presidente della Camera magiara, Alberto de Berceviczy. 

12 „ — Inaugurato il convegno nazionale per il suffragio femminile. 

17 „ Firenze. Nei locali della Società di Belle Arti inaugurata l’Esposizione retrospet¬ 

tiva italiana e nazionale toscana. 

18 „ — Inaugurato il Congresso della Società per la diffusione e l'incoraggiamento degli 

studi classici. " ” 

ao „ Roma. Arriva il principe di Connaught, latore al Re Vittorio Emanuele di una 
lettera autografa augurativa del Re d’Inghilterra. 

21 „ — Inaugurata in Piazza d’Armi la Grande Esposizione Etnografica delle Regioni 
Italiane. 13 


13 A. IG O IMI -A.. 

Arrivi e ricevimenti. - L’arte e il patriottismo serbo. - Il Foro delle Regioni c 

l’indennità ai deputati. 


(Nostra corrispondenza.) 


20 aprile. 


Le inaugurazioni, gli arrivi solenni, le cerimonie continuano. Tutti i 
o-iorni c’è un qualche padiglione straniero da inaugurare, od una qualche 
esposizione speciale da scuoprire; tutti i giorni c è tinti deputazione 
straniera che arriva, od una coppia di illustri visitatori che pat te. 

I principi ereditari tedeschi hanno poi tata dappei tutto la loto gio¬ 
vanile allegria; ed appena partiti essi, sono arrivati i magnati ungheresi. 
L’amicizia fra Italia ed Austria-Ungheria è stata celebrata, acclamata, 
invocata cominciando dalla seconda parte del binomio^ impci iale 
l’Ungheria. Era la cosa più facile, o, piuttosto, meno difficile. 

Kra giorni arriveranno le deputazioni austriache ed allora enti eia 
in ballo la prima parte del binomio —- l’Austria. Vedremo. 

Frattanto, oggi è arrivato il principe di Connaughfi latore di un au¬ 
tografa lettera augurale di re Giorgio V al Re Vittorio Emanuele, e sven¬ 
tola per tutta Roma 1 ’english Jlag. _ . 

Ora, poi, ci prodighiamo in complimenti e congratulazioni con la 
Serbia — la vittima più recente dell’Austria. Essa ha impiantato a 
Vigna Cartoni un padiglione che le fa veramente onore. E un’esposi¬ 
zione d’arte, ma è, sopratutto, una manifestazione etnografica dominata 
da un’alta poesia, da un profondo sentimento nazionale. Ed è anche una 
rivelazione: è il trionfo di Ivan Mestrovic e della sua scultura vigorosa, 
possente. Il pastore ingenuo che, appena quindicenne, guidando le mandre 
per i pascoli, intagliava arcaicamente nel legno, rievocando con giovanile 
fantasia gli eroi celebrati nelle patrie canzoni popolari — l’ingenuo pa¬ 
store è divenuto d’un tratto uno scultore risoluto, dall’energia creatrice, 
dalla personalità volitiva e prorompente, ed ora tutta la sua scultura ro¬ 
busta, impressionante trionfa, nelle figure dei grandi eroi serbi, nel padi¬ 
glione serbo, che è, si può dire, in gran parte una mostra personale del 
possente Mestrovic. Egli è un grande maestro, ed accanto alle opere sue 
avanzansi, improntate dalla sua scuola, quelle degli allievi ben degni, 
quali il Rosandic. 

Anche la pittura — sebbene incerta, meno sicura e meno personale 
della scultura — fa degna mostra di sè, ed aneli’essa è dedicata alla 
celebrazione delle glorie serbe. Mirko Rackè, per esempio, si afferma con 
forti pitture decorative, dai colori possenti e dallo slancio poderoso, esal¬ 
tanti le gesta di Marko Kraljevic, poetico eroe della patria serba. Alla 
vita di questo eroe sono pure dedicate le pitture del Krizman e del Ba- 
bic. Altri quattro cinque artisti, alcuni dei quali allievi del nostro Palizzi 
e del nostro Morelli, completano le manifestazioni dell’arte pittorica 
serba, intonata costantemente alle tradizioni nazionali, ai canti patriottici 
delle Guzle. 

L’architettura austera del padiglione, eseguito su disegni del Baya- 
lovich, ammonisce anch’ essa trattarsi di un popolo che pensa, traendo 
dalle memorie del glorioso passato la fede e la speranza per un agognato 
avvenire di forza e di grandezza, per oggi affermato dalle opere espres¬ 
sive ed anche poderose dei suoi artisti. 


La grande aspettazione, ora, è per l’inaugurazione, che avverrà do¬ 
mani, del Foro delle Regioni Italiche — la grande Esposizione Etnogra¬ 
fica a piazza d’Armi. Ci fui ier l’altro, e mi parve impossibile che nel 
breve giro di quattro giorni tutto dovesse essere pronto: eppure sarà. 
Confesso che si sono fatti, in questi due mesi, miracoli di cui io non avrei 
mai creduto capace questa Roma.... sebbene sia stata per secoli la ccn- 
sacratrice dei miracoli più ammirativi. In questi delle esposizioni, però, 
la forza mistica non c’è entrata affatto: si è manifestata, invece, all’ultimo 
momento una gran forza di organizzazione, con decisive insufflazioni di 
denaro bene speso — due forme di attività che a Roma non si credeva 
di vedere cosi efficacemente applicate. 

In piazza d’Armi c’è tutta Italia; cioè in costruzioni tutte originalis¬ 
sime, tutte caratteristiche, l’Italia ha mandato da ogni parte del conti¬ 
nente e delle isole il campionario di sè stessa. È riuscita, credetelo, una 
cosa di bellissimo effetto e di grande curiosità. Peccato che anche que¬ 
sta sia poi condannata a sparire. O non si potrebbe conservarla, ed uti¬ 
lizzarla? Non andiamo al suffragio universale, con l’indennità ai depu¬ 
tati ? Oltre all’indennità non si potrebbe dare ai futuri eletti del popolo 
1 abitazione gratuita nei padiglioni delle rispettive regioni?... Con l’in¬ 
dennità dovranno ben stare a Roma più di quanto vi stiano ora. Un quar¬ 
tiere veramente nazionale più adatto non si saprebbe immaginare. La 
rappresentanza nazionale sarebbe cosi, in Roma, al completo, e poiché 
la deputazione va a diventare, con l’indennità, un canonicato, vi avrebbe 
nel foro Italico di piazza d’Armi le sue adeguate canoniche!... 

Giorino. 




























FASCICOLO 8.° 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


n3 


L A S O L E N N E I N AUGURAZION E D E L I.’ E S P O S I Z I O N E D 1 T O R I N O (29 a p r i I e). 



Il gruppo dei Sovrani, 


dei Principi, dei Ministri e dei dignitari di Stato nel Salone dei Festeggiamenti, 

(Fot, G. Ubcrtalli e F. Morsolin - Succ. A. Ambrosio, Torino.) 


MENTRE PARLA IL SENATORE VlLLA. 

















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



ROMA. Studenti delle diverse Università d’ Italia intervenuti per il Congresso^ Goliardico dot. scarptttini). * 


Il Natale di Ro/aa. 

L’inaugurazione del Foro (Ielle Regioni. - Il discorso di 
Martini. - L'Inno a Roma di Pascoli. - La girandola a 
Monte Mario e i Boi boni. - Domenico Gitoli ai Goliardi. 

(Nostra cor rispondenza.) 


Roma, n 3 aprile. 

Per quali calcoli il Natale di Roma sia stato 
fissato alla data 21 aprile io non ricordo più 
bene, ma è un fatto che ogni anno in tale giorno 
l 'urbe festeggia il proprio natalizio, risalente al¬ 
l’anno 753 a. C. 

Così, almeno, computò Vairone, Marco Teren¬ 
zio, l’insigne enciclopedico dell’ultimo secolo 
avanti Cristo, e non c’è nulla in contrario a cre¬ 
dergli sulla parola, sebbene un antico canto in 
lode dell’antico Servio dica 


Roma ante Romitlum fuit 
Et ab ea nomai Romulus 
Adquisivit .... 


“ Roma fu prima di Romolo, e da essa Romolo 
prese il nome. „ 

Ed Antioco di Siracusa, uno storico del quarto 
secolo avanti Cristo, contemporaneo di Tucidide, 
affermò che un’antica Roma esisteva anterior- 
mejite all’assedio di Troja. 

I lettori che nc abbiano voglia, possono an¬ 
dare a ripescare tutta una biblioteca sulle ori¬ 
gini del Natale di Roma, festeggiato fino dagli 
antichissimi tempi, ideila XI calenda di maggio, 
che sarebbe il nostro 21 aprile, giorno consa¬ 
crato a Pale, Dea dei Pastori — invocata per la 

conservazione e la felice 
fecondità dei greggi. 

Oggi la festa è per 
il successo delle nostre 
grandi esposizioni, l’ul¬ 
tima delle quali — la Mo¬ 
stra Etnografica, il Foro 
delle Regioni Italiche, in 
Piazza d’Arrni — è stata 
inaugurata ieri l’altro, ve¬ 
nerdì...., e subito chiusa, 
perchè questa è la inelut¬ 
tabile fatalità di tutte le 



esposizioni, che, appena inaugurate, si chiu¬ 
dono.... per dar tempo a metterle in ordine. 

È inutile scandalizzarsi per questo: le inaugu¬ 
razioni sono come il primo veglione, che, come 
si sa, è sempre, per concorso di bellezze e di 
maschere, una specie di funerale. 

Invece, alle inaugurazioni delle esposizioni, il 
concorso è sempre grande — perchè non oc¬ 
corre che il facile cartoncino d’invito — ma le 
esposizioni non ci sono.... perché ci saranno 
qualche settimana più tardi!... Fu così a Milano 



ROMA -01 5 ESPOSIZIONE 


INTERNAZIONALE 


■u\tL u/aiu w v/r\nntn c rcuicvorr.: UVA-* A £ DKìnnA 

aRQILOJDGÌA ETNOGRAFÌA ITALIANA - CONGULàl •- 


11 nuovo manifesto peRl’ Esposizione di Roma 
disegnato da Aleardo Terzi, e riprodotto dallo 
Stabilimento del dottor Chappuis di Bologna. 


nel_i9o6; è stato così a Roma quest’anno,'e r sarà 
così a Torino fra sei giorni. Questo è il fato 
delle Esposizioni!... 

Ma ciò non impedisce alla folla degl’invitati 
e dei curiosi di accorrere! Anche per il Natale 
di Roma l’ha chiamata il cannone, tuonante dal¬ 
l’alto Gianicolo, ai cui rombi hanno risposto a 
distesa le campane della torre di Campidoglio. 
Arazzi, tappeti, bandiere, tutta Fonia nelle strade, 
le signore con le toelette e coi cappelli dai co¬ 
lori e dalle infioratine primaverili, le minenti e 
le popolane con certi spilloni, certi scialletti e 
certe pettinature degne del carnevale di Cerbara 
e del Divino Amore; tutto un su e giti di cor¬ 
porazioni, di pelottoni di soldati e di cacciatori 
del 1 evere, di chiassose comitive di studenti 
col goliardico berretto, testimoniavano il brio 
festoso dell’alma Roma, sulle cui strade e piazze 
era disteso il caratteristico tappeto di gialla poz¬ 
zolana fino a Piazza d’Armi. 

Là giù, oltrepassate, ai Prati di Castello, le 
lunghe massiccie caserme di rossi mattoni, sten- 
desi la Piazza d’Armi, oggi occupata da tutta 
una città nuova e fantastica. Si spiega questa 
da una parte fino al nuovo ponte Flaminio, quasi 
di contro agli edifici dell’Esposizione Internazio¬ 
nale d’Arte, che appaiono, in macchie giallastre 
caratteristiche, fra il folto verde degli alberi di 
Villa Borghese, e dall’altra parte fino quasi ai 
piedi del verdecupo Montemario. Così, tanto dalla 
parte di Porta del Popolo, quanto dalla parte di 
San Pietro, di Castel Sant’Angelo, per i prati 
era venerdì mattina uno sfilare precipitoso di 
vetture private, di botti, di automobili, di mo¬ 
tociclette, ciclisti verso Piazza d’Armi, per as¬ 
sistere all’inaugurazione o, per lo meno, per ve¬ 
dervi arrivare i Sovrani accompagnati dall’ospite 
del giorno, il rappresentante di re Giorgio V 
d’Inghilterra, il principe di Connaught. 

I n giornale ieri l’altro si lamentava perchè 
nei ricevimenti e nelle feste di quest’anno il 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI - Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
[FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA 





















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


1 io 


municipio, le altre autorità non spiegano fastosità, pompa. Veramente io 
non ricordo che — all’ infuori dell’arrivo del presidente Loubet — sianvi 
mai stati grandi apparati esteriori per gli arrivi a Roma di Sovrani e 
missioni straniere. L si che dal 1871 in poi ne ho viste di siffatte ceri¬ 
monie. Ma a me pare che non vi sia bisogno di nessun intervento del¬ 
l’entusiasmo ufficiale del municipio capitolino, o del ministero per gT in¬ 
terni, quando basta ed è più che evidente e prorompente l’entusiasmo 
della popolazione, la cui resistenza a tutto il succedersi di pubbliche ma¬ 
nifestazioni, da oltre un mese, è veramente maravigliosa. 

11 principe di Connaught, tipo calmo, quasi impassibile, che ieri l’altro 
era a Piazza d’Armi alla destra della Regina, sotto il grande padiglione 
davanti al Foro delle Regioni, parve impressionato anch’egli al fragore 
d’applausi che accolse il corteggio reale al suo arrivo, ed al triplice hip ! 
hip! hip! urrah! con cui gli studenti salutarono i sovrani e il principe. 

L’ hip ! e 1 ’ urrah ! sono anti-nazionalisti, ma non bisogna badare pel 
sottile, trattandosi di fare impressione sull’animo freddo di un illustre 
ospite inglese. —t 

Tutti gli occhi erano rivolti su di lui, non solo perchè un principe 
straniero, intervenuto in forma ufficiale, nella sua elegante uniforme del 
reggimento delle guardie del Re, desta sempre interesse, ma perchè 
l’ Agenzia Stefani aveva annunciato per errore l’arrivo del duca di Con¬ 
naught fratello del fu re Edoardo, e nessuno riusciva a capacitarsi come 
potesse essere così giovane il fratello del fu Re d’Inghilterra, mentre 
invece si tratta del principe di Connaught, figlio del duca, e non zio ma 
cugino di re Giorgio V. In realtà quello che doveva venire a Roma era 
il duca, ma ammalatosi all’ultimo momento, fu sostituito dal figlio. 

I discorsi non sono mancati — e questo si capisce — nemmeno in 
Piazza d’Armi, ma non sono stati che tre — quello inevitabile, di pram¬ 
matica, del presidente generale, conte di San Martino, quello speciale alla 
Mostra Etnografica, di Ferdinando Martini, e quello del comm. Giordano, 
presidente della sezione etnografica piemontese. 

Ferdinando Martini ha parlato chiaro, facile, ma senza quella gustosa 
ironia che forma il successo costante dei suoi discorsi politici a Mon¬ 
tecitorio. 

Eccovi i punti sostanziali del suo bel discorso : 

“Alle terme di Diocleziano storia di proconsoli e di imperatori; a Castel Sant’An¬ 
gelo ^storia di pontefici; qui storia del popolo e dell’anima sua. 

“ Primo lo smisurato intelletto del Goethe divinò quanto importasse alla storia lo 
studio delPanima popolare; studio che in Germania il Grimm, e da noi iniziarono racco¬ 
gliendo stornelli e proverbi il Tommaseo ed il Giusti seguiti poi da numerosi infaticati 
ricercatori di novelle, di leggende, di miti. La letteratura popolare orale e scritta, sussidio 
validissimo, non sempre bas.a a determinare i caratteri etnici delle varie genti d’Italia. 
È per ciò necessario indagarne, conoscerne ogni uso, ogni costumanza, ogni foggia, tutti 
quanti gli abiti della vita. 

“ Questi caratteri particolari alle diverse regioni della penisola, neppur Roma, uni¬ 
versale dominatrice, riuscì ad unificare; ne estesero più persistente la disparità le inva¬ 
sioni barbariche e le gelose autonomie dei Comuni; sì che oggi, dove l’incivilimento non 
ha pei anco compiuta l’opera propria, e tutto spalmato del suo scialbo colore, perman 
gono, ora negli orgogli di un’acconciatura femminile, ora nell’umiltà di un attrezzo do¬ 
mestico, documenti preziosi di una storia remota, che è la storia delle nostre stirpi medesime, 

“ Così il pensiero del Comitato si tradusse in effetto mediante la dottrina e le cure 
di Lamberto Loria e Decio Vinciguerra, le fedeli genialità degli ingegneri Giustini c 
Guazzaroni, gli aiuti amorevoli di cittadini di ogni parte del paese: tali i propositi nostri 
nel rintracciare, rngunare, esporre le vestigia estreme di secolari usanze e costumi. 
Gioielli di felice ornamentazione e di squisita fattura; vesti che nella loro varietà pitto¬ 
resca paiono significare ad un tempo la indole della gente e la temperie della regione : 
scure, severe nei paesi dove il clima è rigido fra le brume e le nevi, sfarzose e vivaci 
nel brio delie tinte accese, là dove cielo e terra si allegrano perennemente della gloria 
del sole; xilografie sulle quali rozza ma calda e ingenua altrettanto si impresse la fede, 
e amuleti in cui si annida, terribile chimera, la superstizione; insegne di poveri com¬ 
merci che tuttavia si affidano alla tradizionale facezia paesana, atta forse, solleticando il 
sorriso, ad aguzzare le voglie degli avventori; ceramiche e stoffe ed armi ed arnesi per 
ogni maniera di lavoro, tutto ciò che uscì dalle mani del popolo nostro o dettò ad esso 
la fantasia, o servì ai bisogni della sua vita, ci siamo studiati di raccogliere; e da molti 
di quelli esemplari son da trarre insegnamenti utili all’educazione e alla economia na¬ 
zionale. Qua l’uno ci avverte di un pregiudizio da combattere, di una mala consuetudine 
da correggere, là un altro di una industria ignorata da incuorare c diffondere, in cui 
industrie più recenti e più fortunate, possono rinvenire i germi di vaghezze originali, 
sopraffatte, con offesa del gusto, dalla capricciosa mutazione di modelli forestieri 

E Martini così ha concluso; 

“ Sire. Arnesi, abbigliamenti, costumanze, tutto ciò dovrà piìi o meno sollecitamente 
sparire. Noi non ce ne dorremo. In queste feste cinquantenarie vano sarebbe il ricordare 
se i ricordi non fossero promesse. S’unifichino pure da Susa a Mandrina usi e costumi; 
ma l’anima popolare palpiti di un palpito solo. Le diverse genti d’Italia confondano le 
antiche disparità nel comune proposito di essere degne delle nuove fortune e pari ai 
loro nuovi destini „. 

Un nuovo fragore di applausi, finiti i discorsi, ha indicato che, attra¬ 
verso le strade irte di ciottoli crudeli e solcate da avvallamenti strabal¬ 
zanti il corteo se ne andava, e dietro esso tutta l’immensa folla di 
automobili, vetture, carrozzelle, pedoni, alle cui spalle disegnavasi sull’oriz- 
zonte, circondato da un polverìo d’oro, tutto il panorama di torri, pin¬ 
nacoli, guglie, colonne, antenne, costituenti il profilo terminale di questa 
interessantissima mostra etnografica — apertasi con una splendida ceri¬ 
monia, susseguita, l'indomani, da una disgrazia, la caduta della colonna 
che, all’ingresso principale, sorregge il Leone Veneto, di fronte alla 
colonna sorreggente la Lupa Romana. La colonna e il leone sono an¬ 
dati in frantumi, e, pur troppo, un operaio ci è morto sotto, ed altri due 
ne sono rimasti feriti. 

Qui le giornate inaugurali sono sempre giornate campali. Si comincia 
la mattina a buon’ ora, e non si finisce che a tarda notte. 11 Natale di 
Roma non sarebbe stato veramente tale senza una qualche solenne can¬ 
tata in Campidoglio. Quest'anno c’è stato qualche cosa più di una can¬ 
tata — c’ è stata la rivelazione di un nuovo canto — l’Inno a Roma, 
carme latino, celebrante la grandezza di Roma, pel quale era stato in¬ 
detto concorso nazionale. 

La pubblicazione del carme ha avuto luogo in Campidoglio, alle i 5 , 
davanti ad una folla rispettabilissima, tanto più encomiabile in quanto 
trattavasi di udire la lettura di un componimento in latino. Non man- 



ROMA. Gli ambasciatori Tutori, Barrère e il sindaco Nathan 

IN ATTESA DELLA MISSIONE MILITARE FRANCESE (Fot. Fontana). 

cava, fra i presenti, l’illustre clinico di Roma, Guido Baccelli, che è stato 
certamente uno dei pochi che hanno pienamente gustata la lettura latina, 
fatta dal prof. Albini dell’ Università di Bologna. 

11 Sindaco Nathan accortosi dell’ammirazione senza parole onde erano 
rimaste aperte le bocche della grande maggioranza degl’intervenuti, pregò 
il prof. Albini a dare la versione italiana del carme, subito concessa, e 
terminata fra vivissimi applausi. 

Tutti si chiedevano l’un l’altro; Chi è il poeta? — Chi è il poeta? 

E dalla generalità rispondevasi un nome solo: “Giovanni Pascoli,,. 
E la vox populi ha colto nel segno. 

11 Natale di Roma è terminato colla girandola — lo spettacolo tra¬ 
dizionale di Roma. O la girandola o F illuminazione a bengala del Foro 
romano, del palazzo dei Cesari e del Colosseo. Abbiamo avuto que¬ 
st’anno l’illuminazione del Colosseo, ed anche la girandola. E che gi¬ 
randola!... Non a Castel Sant’Angelo, nè al Pincio, come nei tempi an¬ 
dati, ma nientemeno che a Monte Mario, così possono averla goduta 
anche gli abitanti di Palo, e, magari di Civitavecchia. 

E ci fu anche qualche cosa di impreveduto — un razzo che andò 
ad incendiare il bosco della villa Madama, posseduta su Monte Mario 
dal conte di Caserta — figlio, fratello ed erede dei fu re delle Due 
Sicilie, Ferdinando II, re Bomba, e Francesco I (Franceschiello). 

Questo incendio non ci voleva, ma non si può negare che non sia 
commemorativo. Cinquant’anni sono ai Borboni fu incendiato il Regno, 
cinquant’anni dopo è stato loro incendiato un bosco! Essi penseranno 
che sarebbe stato meglio, se nel 60-61 l’incendio avesse avuto la portata 
di quello dell'altra sera!... 

Molta parte nell’animazione popolare di questi giorni l’ha avuta la 
baraonda studentesca dei bravi giovani accorsi da ogni parte d’Italia al 
congresso goliardico. Essi, ieri, sabato, nel pomeriggio, si recarono in 
vivace e numeroso corteo al Gianicolo a deporre corone sul monumento 
di Garibaldi, e dai gradini del basamento rivolse loro altissime parole il 
vecchio e benemerito patriotta e professore Domenico Gnoli. 

" O giovani — gridò egli — non date ascolto a dottrine assopitoci dell’anima. La 
lotta è la legge dell’universo. La civiltà potrà trasformare un giorno in piìi umane le 
armi delle battaglie; ma dove non ferva la lotta degli ideali, ivi fermenta la volgarità 
degli egoismi sul ristagno della palude La emulazione dei popoli è forza motrice di 
umano progresso, e lavora per l’umanità chi lavora per la sua patria.... 

“ ....Se la gloria di Roma ò grande per l’universo, ricordate che essa non tollera 
piccole cose. La sua grandezza antica non sia il guanciale su cui posare la testa son¬ 
nacchiosa, ma pesi sopra di voi, pesi ogni giorno, pesi ogni ora, come una rampogna, 
come un rimorso, finché non abbiate reso alla gran madre una grandezza diversa dal¬ 
l’antica, ma non minore. 

“ Che varrebbe l’avervi dato una patria, se non sapeste rifarla prospera c grande? 
Nelle vostre mani, o giovani, noi l’affidiamo questa patria, per cui i gloriosi morti fe¬ 
cero getto delle loro giovani vite!...,, 

Acclamazioni ed applausi salutarono queste nobili, ardenti parole del 
Gnoli, riassumenti l’onda di sentimento che in questi giorni corre per 
tutta Roma. Giorino. 


50 années trioraphal succés: cantre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 











LE ESPOSIZIONI DEL 19 n 


116 


R O M A. 


L’ I N A U G ORAZIO N E 


DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA. 






s. M. IL Re si reca all’ inaugurazione del Congresso fotografico in Castel Sant’Angelo (fot. Fontana). 























LE ESPOSIZIONI DEL 1911 




R O M A. I N A U G U R A Z I O N E I) E L L A M () S T R A E T N O G R AFIGA IN RIA Z Z A 


D A R M I. 



I GIOVANI DELLE SCUOLE IN ATTESA DEL CORTEO REALE (fot. Tolentino). 



Il Corteo Reale entra nel Salone delle Feste (fot. Moiinari). 





















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


118 


Natale di Roma ha avuto luogo in Campidoglio nell'Aula.Massima dei C> °” SCTVa ^^ di cittadini di tutte le classi, 

bandito dal Municipio per un componimento in lingua latina, inteso a cdebiare ‘ ‘ . , r ti e a sinistra l’on Guido 

ino il sindaco Nathan, con alla destra l'assessore Tonelli, il prof. Ramorino di Firenze, il prof. Gir, d, Roma e .assessore Canti, e sinistra 1 on. 


Il ai aprile, nel 
vittorioso nel concorso 
Sul palco d’onore stavano 

Baccelli, il prof. Albini di Bologna, il prof. Trinchieri e l’assessore Ballori. le orieini di Roma. " I.a 

Si è alzato prima a parlare il rettore dell’Università prof. Tonelli, il quale, fra il silenzio degli astanti, con un >ic\< t isloiso, '• dj t • ò cssere sorta 

leggenda - egli ha detto - è tanto bella e poetica che ci piace considerarla verità perchè solo nel bel paCSC .^“c^unVÌToZrsireletti a giudicare, i quali hanno con zelo 
la Roma rinnovcllantesi sempre c sempre florida per mutar di eventi. „ L’oratore ha quindi ringraziato a nome <c 

e dottrina adempiuto al loro compito, scegliendo come meritevole di premio il carme che sarà letto e che c di -uiton ignoto. , m ricreili dalla 

Dopo D Loie do, prof. Tonelli, n, colto d, vivissimi oppinosi, il prof. Ramorino ha lotto quindi la breve relazione dell. Commutatone, prestednta dal on Bacoel , do la 

quale si rileva che dei cento concorrenti all’incirca ammessi, solo pochi furono degni di considerazione e pochissimi di premio. 11 miglici componimeli o n IP ’ ‘ 

quello firmato col motto “ Ninnine Divac „ di cui Giovanni Pascoli, il giorno dopo, si confessò autore. i„a-cr,.„rìm 

Dopo I» relazione, il prof. Albini ha lene il carme che 0 stato accolto da applausi calorosi c unanimi. Il prof. Albini ha poi r,serbato per l'ud,torto una so,presa, leggendo 

la traduzione in volgare del carme, cosi come è qui riprodotta: 


INNO A ROMA. 


Roma Amor — dato è alfine proferir l’arcana parola. — 

Chi mai primo per te prodigava il sangue e la vita? 

Quel tra i veli ed i bagliori dei secoli molto compianto 
presso al Tebro, Pallante. Tricolore il corbezzolo, i bianchi 
fiori, le rosse bacche, le fronde sue verdi gli porse: 
fatto fu di quest'albero il feretro del giovinetto. 

Mille l’accompagnarono guerrieri tornantesi a casa. 

Gli era padre il re Fauno, che povero in povera reggia, 
abitava le cime del Palatino boscose, 

E tu non eri ancora! Potevasi ancora vedere 
sparso di muscosi ruderi il Capitolino 
colle e di rotte mura pur, biancheggiare tra i dumi 
il Granicolo, Due città minate dal tempo 
giacquero ivi. Poi gli anni ne cancellarono Fauno 
povero e l'timil casa dal tetto di paglia, a l’aurora 
cinguettante di passeri. Sul Palatino gli armenti 
pascolano. E qualora paresse al pastore bramosi 
lupi udire, tranquillo chiudeva nell’antro le greggi. 

Spesse volte a la notte fiutò quel rifugio la lupa. 

Al fin, mentre schiudeva primavera le gemme, e il Tebro 
più ricche volgeva Tacque con suo sonoro sussurro, 
ecco che d’ogni parte per campi rifulsero e colli, 
la notte sacra, i fuochi; fu il Tevere un correr di fiamme. 
Avean messo i pastori l'incendio a lor case silvestri, 
che già più non volevano altro riparo che d'ombre. 

Col giorno un aratore girando da piè il Palatino 

alte frangea col vomero le zolle e segnava un quadrato. 

Gli portavano il giogo di pari una vacca ed un toro: 
e poggiati alle verghe, villosi di pelli caprine, 
al lavoro assistevano i cittadini futuri. 

Ma poi che avevano in core le verdi rive de'paschi 
e ognor la terra sotto le antiche stelle novella, 
irridean la semente gittata a perire nascosta. 

T orvi sguardi all'intorno, possente anelare di petti. 

Tra quelli era il fratello del primo, a la poppa ferina 
nudrito insicm, pastore dal viso crucciato al colono. 

Muti continuavano i buoi via tra il popolo muto 
rapidi all incalzare di quel tremendo bifolco. 

Parve tra il sole su l'ale vastissime ferma 
la vision d un aquila, e a lungo ne l'opra s'affisse, 
poi senza volger gli occhi s'immerse nell’alto del cielo. 

Flora — il cielo ti chiama col nome sacro di Flora _ 

tale da l'aspro solco sorgevi su rugiadosa. 

Era allor primavera; tu primaverile fioristi, 
lepide il creatore soffio spiravano l'aure: 
e tu spargesti il seme per regioni infinite. 

Piu lucido che spada 1 acciar dell aratro indefesso 
sua con le sue ferite faceva la solida terra. 

Ma il Tevere da presso col torbido flutto radeva 

le sponde e nunziando piu alte cose chiamava 

le genti al mare azzurro. — Tagliate anche il Tebro col ferro! 


Arate il pian marino! Sia vomere al solco la prora! — 
Amore allor de Tonde, sì come pastor vagabonde, 
prese i memori cuori e di far lor pascolo il mondo. 

Ma quando rosseggiarono i colli del primo tramonto, 
e fumante il toro con la campagna pascea 
l’erba de la solinga città, di subito grido 
tuonan le valli e il greto. Si fa battaglia ne'solchi. 

Passano le nuvole del sangue terreno riflesse. 

Tu così cominciasti dettare la legge di pace, 
o Flora, dolorosa, che solo i sanguigni colori 
ne' fiori ami e sul volto di vereconda fanciulla. 

Tu miele e olio e vino, non sangue, Flora, domandi. 

Sacro e sicuro agli esuli apparecchiasti l'asilo! 

Agli universi popoli accolto in sè l'universo! 

Ai numi, da l’imperio cacciati e da Tare, il sacrario! 

Oh salve casa tempio foro legge agli umani comune! 

Che mai seguìa, se tu rovinavi? Se il barbaro un giorno 
straziò, s'abbattè, si cinse ghirlande di fiamma 
più pura da l'incendio, per ferro più alta risorgi. 

Poi di stento il nemico finirti e di lento languore 
teco propose. Tutte da tutta la terra per cenno 
vanno le genti via lasciando solinghe le mura. 

Con sè sola deserta (fu questo il consiglio) si sfaccia 
l'aurea urbe, e in se stessa per piccolo crollo, ricada. 

Dentro la sacra cerchia così si fu fatto silenzio, 
e l'immenso pomerio fingea un immenso sepolcro. 

In rumorosa schiera talora tornandosi i corvi 
quel d'uomini e di cose rompevano arcano letargo, 
e cauta per le tenebre la volpe s'udìa guaire: 
a cercar tra i palagi de'Cesari i noti covili. 

Non saliva respiro su da Turbe più, che giaceva 
abbandonata per i sette colli le membra giganti. 

Ma il zappator che ardiva notturno tentar de la vanga 
il Palatino, e d'aurea preda servir lo straniero, 
sbigottì, poiché vide sotterra una luce, e stupito 
ne l’aperto sepolcro rimirò la persona d'un grande 
guerriero con a sommo del petto una grande ferita. 

Quei fu il giovin Pallante, sott'esso una viva lucerna, 
de la città primizia. 

Che ragione ha teco la morte? 

Dopo le molte stragi, dopo gli obli! diuturni, 
e le jatture gravi tra un vasto proromper d'incendi, 
tu sopra de le ceneri e de le tremate ruine 
sublime risorgendo di tutta la morte trionfi: 
ai popoli, consorti per te del diritto, ti mostri 
meravigliosa già sul fiore di tua giovinezza 
ben simile a i aliante de 1 armi fulgenti protetta 
e cinta de la spada: con la destra levi ne l'alto, 
irradiando il mondo, l'eterna lampada, o Roma. 

(Dal latino di GIOVANNI PASCOLI 
versione del prof. ALBINI.) 






Veduta panoramica del Gran Ponte Monumentale, del Chatf.au d’Eau e del gran Palazzo della Francia (fot. Pomari). 


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LE ESPOSIZIONI DEL 



























































LE SOLENNI I N A U G U R A2|L 1 DI ROflA E DI TORINO. 



(Riproduzione vietala.I 


La G R A X D E CER1MONI A 


INAUGURALE D E L l’ E S P 0 S I ZIOKE : 1 T OR 1 N O NEL SALONE DEI FESTEGGIAMENTI (29 aprile). 


(Fot. G, Ubcrtalli e F. Morsoli» - Succ. A. Ambrosio, 'l'orino). 



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I Sovrani 


INAUGURANO LA MOSTRA E T N O G R A EI C-' N P UZZA d’ArJII A ROMA (21 


aprile) (disegno di A. Molinari). 


(Riproduzione vietata.) 
































122 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



li. Padiglione del P i e m o x t e (fot. MoUnnrìi. 


L’Esposizione Etnografica a Roma. 


Ferdinando Martini clic di questa genialissima 
fra le Esposizioni romane è stato il più fervido 
apostolo tiene assai a che essa sia chiamata 
cosi, e non col titolo di regionali', che parecchi 
giornali le avevano cominciato a dare. 

Ed ha ragione: si tratta infatti d’una vera 
Esposizione d’etnografia italiana, la quale acco¬ 
glie in un duplice — e parallelo — ordine di 
edifici tutto ciò che di più caratteristico offrono 
nei costumi, nella vita, nelle tendenze commer¬ 
ciali ed artistiche le nostre varie Regioni. E ciò 
che ne aumenta l’interesse e l’importanza è 
questo: che essa riesce a fissare queste parti¬ 
colarità della multiforme anima italiana, proprio 
quando l’anima livellatrice della politica c della 
civiltà tende a farle scomparire in uno sfondo 
di tinta uniforme. 

Dalla parte del nuovo Ponte Flaminio che tra¬ 
versando la Via Flaminia ed il Tevere unisce 
l’Esposizione di Belle Arti di Valle Giulia a 
questa di Piazza d’Armi, è l 'Ingresso d’onore 
dell’Esposizione; il quale dà accesso a quello 
che fu chiamato “ il Foro delle Regioni e che 
è una grande piazza circondata da edifìci essen¬ 
zialmente decorativi, alti, maestosi, ricchi di co¬ 
lonne e di opere di scultura. La piazza ò posta 
a specchio di un piccolo lago, sulle cui sponde 
sorge il vasto edificio in cui è il Salone per le 
grandi riunioni ed un Teatro. 

Questo complesso di edifici monumentali che 
forma il nucleo e il centro principale dell'Esposi¬ 
zione fu costruito, per opera specialmente dell’ar¬ 
chitetto Piacentini, in stile barocco romano, stile 
severo e grandioso, magnificamente intonato al¬ 
l’ambiente architettonico e monumentale di Roma. 

Da cpiesto centro partono e sono costruiti 
sopra una linea pressoché elittica i Padiglioni 
regionali: sopra un'altra linea elittica esterna e 
naturalmente più ampia sono invece costruiti i 
gruppi regionali etnografici propriamente detti. E 
questa distinzione che bisogna aver presente per 
aver un’ idea chiara di questa Mostra e per vi¬ 
sitarla con profitto: ed è di questi due ordini 
di edifici che ora parlerò brevemente e sinteti¬ 
camente, riservandomi di illustrarli a parte nei 
numeri successivi. 

I Padiglioni regionali sono vere e proprie 
opere d’arte, in cui il particolar carattere di ogni 
regione italiana fu interpretato in un edifìcio che 
si potrebbe dire “ di carattere riassuntivo „, nel 
quale sono stati fusi, e per lo più con singolare 
felicità, gli elementi dei modelli classici di mag¬ 
giore bellezza. 

Nel Padiglione veneto è, per esempio, ripro¬ 
dotta l’elegante struttura della “ Loggia di Can- 
dia „, sorta nell’estrema isola levantina a cura ì 


della grande Repubblica che fu per secoli il 
baluardo dell’Europa contro i Turchi; ma negli 
ambienti interni dell’edificio sono state sapien¬ 
temente riprodotte le maggiori e più caratteri¬ 
stiche bellezze dell’architettura veneta, colla sala 
trevigiana del duecento, colla visione trecente¬ 
sca della sala del Petrarca in Padova, con una 
sala quattrocentesca dedicata al Pisanello, con 
una sala palladiana, e con quella sala della 
“ Gloria di Venezia „, dove i più eletti artisti 
veneziani, con a capo Ettore Tito, hanno rievo¬ 
cato nelle loro figurazioni, la meravigliosa gran¬ 
dezza civile e politica della Repubblica. E cosi 
nel Padiglione romagnolo-emiliano furono con 
grande perizia sintetizzati tre dei pivi grandi e 
famosi edifici della Romagna c dell’Emilia, e 
cioè il castello degli Estensi di Ferrara, il Pa¬ 
lazzo dei Bentivoglio a Bologna e il Tempio 
malatestiano di Rimini. Ma, come ho detto, 
ognuno di questi Padiglioni merita poi, a mi¬ 
glior agio, un'illustrazione speciale. 

I gruppi etnografici caratteristici delle varie 
regioni italiane sono trentasette e si svolgono 
all’esterno dei Padiglioni e normalmente ad essi: 
ciascuno di questi ha la' caratteristica architet¬ 
tura e le particolari singolarità costruttive degli 
edifìci delle singole regioni. Questa parte della 
mostra sarà senza dubbio la piti interessante 
per ogni categoria di visitatori; perchè non solo 
essa dà con la sua struttura una esatta visione 
dei caratteri esterni o architettonici o pittorici 
di ogni regione italiana, ma anche perchè sarà 
“ tutta in azione „. E cioè dentro ogni singolo 
edifìcio vi saranno uomini e donne di quella 
regione, vestiti dei costumi di quella regione ed 
esercitanti sotto gli occhi dei visitatori i me¬ 
stieri e le industrie particolari di quella regione, 
dando cosi al vastissimo quadro una magnifica 
e costante animazione. Anche i gruppi di que¬ 
sta mostra, tutti importantissimi, meritano di 
esser poi singolarmente illustrati: ora, per dare 
ancor più chiaramente l’idea di ciò che essi 
sono e che essi significano, parlerò brevemente 
di qualcuno di essi. 

Nel gruppo siciliano sarà aperta una fabbrica 
di quelle caratteristiche maioliche che da secoli 
sì fabbricano a Caltagirone; ed è costruito, ri¬ 
producendolo esattamente dal vero, il famoso 
“ Teatro dei pupi „, ossia il Teatro delle mario¬ 
nette, con le lunghe file di panche senza spal¬ 
liera per gli spettatoli e col piccolo palcoscenico 
tutto aperto. 

Un altro gruppo assai caratteristico è costituito 
da un gruppo di case del Campidano di Cagliari 
c da un altro gruppo di abituri della Sardegna 
montuosa. Quest’ultimo è veramente interessan¬ 


tissimo: le piccole case non hanno vere finestre 
e prendono una scarsissima luce da una specie 
di piccolo abbaino: non hanno neppure cucina 
e camino: il fuoco si fa a pianterreno, in mezzo 
a una camera e il fumo se ne va, come può, da 
un foro del soffitto. Ogni casa ha un piccolo 
orticello in cui non manca mai l’albero del fico, 
e l’orticello è cinto da un rozzo muro di pietre, 
alto, con gli spigoli sempre arrotondati. In que¬ 
ste case gli abitanti nei loro pittoreschi costumi 
eserciteranno le industrie tipiche della Sardegna, 
e cioè la lavorazione del sughero e la prepara¬ 
zione della canepa. 

L’antichissima fabbrica d’armi di Gardone, nel 
Bresciano, è riprodotta con meravigliosa fedeltà: 
il vecchio edifìcio, basso, tutto nero accoglie gli 
stromcnti e le macchine ancora primitive, ani¬ 
mate da un’unica ruota, le cui pale son poste 
in movimento dalla forza di un piccolo ruscello 
che scorre all’esterno: nel gruppo faentino un 
vasaio fabbrica già quei piccoli e semplici vasi 
di creta che nel Medio Evo corsero il inondo e 
che parvero perpetuare, in forma tanto più mo¬ 
desta, le tradizioni dell’antica e gloriosa indu¬ 
stria fittile dell’Italia centrale. 

Nel gruppo napoletano, un gruppo di casucce 
e di viuzze di Santa Lucia antica saranno le ca¬ 
ratteristiche botteghe della vecchia Napoli, e il 
maccaronaro e il pizzaiolo e il friggitore di pesce 
venderanno la loro merce: nella latteria di Val 
d Aosta si mungeranno le vacche e sì farà il 
burro, nel procoto del Lazio si faranno le ricotte 
e le famose eaciotelle. 

Un gruppo veneto è composto di un palaz- 
zetto proprio veneziano, e cioè quell’elegante 
palazzetto Van Axcl che si specchia sul tortuoso 
no di Santa Marina, non lontano dal “ Campo „ 
di San Giovanni e Paolo: vecchio edifìcio, dan- 
neggiato dal tempo e mai restaurato, il quale 
ha acquistato, coi secoli, un “ colore „ veramente 
delizioso. Ma completano il gruppo case di Mu¬ 
rano, in cui sarà la fornace e i vetrai lavore¬ 
ranno, innanzi al pubblico, quei sottili vetri tinti 
dei più varii colori, che sono famosi in tutto il 
mondo; case di Burano e di Chioggia in cui le 
donne lavoreranno i celebri merletti; e il piccolo 
no sarà percorso da una piccola gondola, e nello 
squero si ripareranno le barche. 

Riproduzioni, dunque, di vita in azione: Espo¬ 
sizione genialmente concepita e magnificamente 
attuata dei lati più caratteristici della vita ita¬ 
liana più umile, piti tradizionale, più caratteri¬ 
stica, più pittoresca: Esposizione, dunque, bella 
ed originale in tutto degna della nuova Capitale 
d’Italia. 

Arturo Calza. 




















LE ESPOSIZIONI DEL 


r 9 t i 


123 


T O R I N () E 


1 / E S P () S I Z I () N E. 



Veduta di Torino con l’Esposizione (fot. ìvunni). 



li. Padiglione della Francia (fot. Pcdrìni). 

























124 


LE ESPOSIZIONI DEL 19 11 



li. papa Eugenio IV e l’ imperatore Giovanni Paleologo ricevuti dal Castellano 
DI Castel Sant’Angelo (altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo). 


Le mostre retrospettive in Castel Sant'Angelo. 

LA MOSTRA TOPOGRAFICA ROMANA. 


Collocata in una delle casermette di Urbano Vili, 
un edificio lungo, basso ad un sol piano, la 
mostra topografica romana è il tentativo più 
completo c più riuscito che sia stato fatto lìnora di 
una ricostituzione grafica della storia della città. 
Attraverso le piante, i panorami, i disegni, i ri¬ 
lievi plastici, gli acquerelli, le incisioni, tutto un 
materiale prezioso fornito dalla Galleria degli 
Uffizi, dal Gabinetto delle stampe di Roma, dalla 
Biblioteca di Vittorio Emanuele, dal Museo del 
Louvre, dal British Museum, dai gabinetti di 
Berlino, di Dresda e di Monaco, e da molti col¬ 
lezionisti privati, in una serie mirabile che co¬ 
mincia con la celebre veduta panoramica man¬ 
tovana, del 1470, comprende i calchi di tutte le 
iscrizioni, ovunque esistenti, relative alla topo¬ 
grafìa della città medioevale, e giunge fino ai 
giorni nostri con gli acquerelli del Roesler Franz, 
è la Roma sparita che risorge dal secolo deci- 
moquinto a noi, via via illustrata nel cammino 
del tempo, la Roma papale con i suoi aspetti 
caratteristici, con le sue vie scomparse e dimen¬ 
ticate, con le sue rovine pittoresche, con la folla 
oscura delle vecchie case, con i suoi monumenti 
con i suoi costumi, con la sua vita. 

Lungo il corridoio il quale segna da nord a sud 
approssimativamente l’orientamento di questa 
Roma rievocata, si allineano sulle pareti le grandi 
vellute d’insieme, i capisaldi della cartografia di 
Roma, e nella serie numerosa sono pezzi pre¬ 
ziosissimi, come quello così detto del Cariavo, 
ilei 15 / 6 , unico al mondo, e la grandissima pianta 
panoramica del Maggi, ordinata da Paolo V, di 
cui si conoscono tre soli esemplari. 

Si alternano a queste piante alcune impres¬ 
sioni che hanno un aspetto di fantasia gloriosa, 
i disegni cinquecenteschi dell’Ileemskerck ri- 
producenti il Settizonio, una magnifica serie dei 
deliziosi quadretti del vecchio Vanvitelli, e i cen¬ 
toventi acquerelli del Roesler Franz, nostalgica 
visione di poesia e di bellezza, in cui tutta l’a¬ 
nima di Roma sembra rivivere, evocata da uno 
spirito appassionato. 

Nelle ventiquattro salctte che fiancheggiano il 
corridoio la storia edilizia della città si svolge 
per gruppi, per modo che è tolta ogni mono¬ 
tonia alla mostra e ogni stanchezza al visitatore, 
il quale, tra gli aspetti che non sa più ravvisare, 
ritrova ad un tratto una forma ben nota e di¬ 
stinta, una stradetta, una chiesa, un cortile ri¬ 
masti immutati, una apparizione inattesa a cui 
si riattacano vaghe rimembranze di giovinezza. 
E in quella visione del passato che continua e 
ci accompagna, lasciati gli uomini e le cose del 
nostro tempo, noi ci sentiamo trascinati a risa¬ 
lire le onde invisibili dei secoli e le memorie 
della storia remota; gli avvenimenti innumerevoli 


della città millenaria ci ritornano nel loro am¬ 
biente reale, indistinti com’eco lontana, come il 
ricordo confuso d’un sogno di cui non si rie¬ 
scano a fermare le immagini. 

Ecco la Roma dei primi anni del secolo de- 
cimoquinto, una città strana, cupa, turrita, sco¬ 
nosciuta, somigliante ad un vasto campo, con 
colline e con valli, con terreni deserti e colti¬ 
vati, da cui si sollevano, tratto tratto, oscure 
torri e castelli, basiliche e chiostri antichi che 
volgono in rovina, monumenti colossali, terme, 
acquedotti diroccati, colonne isolate e solitarie, 
ponti cadenti e un labirinto di vie strette, lu¬ 
briche, tortuose, interrotte a volte da ruderi ritti 
in atto di sfida, fiancheggiate da case con lunghi 
porticati, tagliate da altre vie ancora più an¬ 
guste e dense. Qua e là appariscono palazzi di 
forme originali, merlati, simili a fortezze, co¬ 
struiti di marmi rubati ai gloriosi edifici del¬ 
l’antichità: sono le rocche dei guelfi e dei ghi¬ 


bellini, smaniosi di battaglia, che v i passano la 
vita asserragliati con i parenti c 1 famigli, ma sem¬ 
pre pronti a sbucarne per combattei e conti o 1 ne¬ 
mici ereditari. Questo mondo smisurato coi suoi 
colli coronati da chiese solitarie, coi suoi ter¬ 
reni incolti, coi massi di 1 ovine ili Roma vec¬ 
chia e Roma nuova, coi suoi dintorni desolati 
dalla malaria, sembra un deserto che rappre¬ 
senti a un tempo la rovina dell antichità pagana 
e del medioevo cristiano. La sola nota di vita 
che vi apparisca sono le edere che avvolgono i 
ruderi degli archi trionfali, i muschi che si ab¬ 
barbicano sulle mura della vecchia cinta di Au¬ 
reliano. 

Tale è il commento fatto dalle rappresenta¬ 
zioni grafiche alle descrizioni che Poggio Brac¬ 
ciolini e il suo amico Antonio Lusco lasciavano 
della ruinosa città medioevale, “ corpo gigante, 
putrefatto e irriconoscibile, già padrone del 
mondo c ora, privato della maestà dell impero, 
precipitato nella più bassa servitù „. 

Non molto diverso è l’aspetto ili Roma quale 
ci apparisce nelle vedute panoramiche e nei pro¬ 
spetti parziali del i 5 oo. Poche e basse ^ cupole 
di alcune chiese del tempo di Sisto 1 \ inter¬ 
rompono la disseminazione degli svelti campa¬ 
nili e delle torri su cui quella delle Milizie do¬ 
mina sovrana. Ma sul Campidoglio, circondato 
di nere rupi di tufo, le capre pascolano anche 
fra gli orti, fra miseri gruppi di casupole e in 
mezzo ai ruderi e agli avanzi dei templi. I tolti 
quartieri, che sorgono intorno al I evere e nel 
Campo di Marte con oscure ma-se di case e con 
un dedalo di viuzze, si vanno allargando sempre 
più verso la parte inferiore della via Lata; il 
Gianicolo si eleva con i suoi giardini; il Borgo 
mostra l’antico San Pietro con l’obelisco al suo 
fianco, la mole imponente del Vaticano il Bel¬ 
vedere, le Torri rotonde delle mura Leonine, 
l’ospedale di Santo Spirito e Castel Sant’Angelo; 
il centro della città appare come signoreggiato 
dal palazzo Orsini, dalla Cancelleria, dalle grandi 
costruzioni di San Marco, dalla cupola schiac¬ 
ciata del Pantheon e dalla colonna di Marco 
Aurelio, che era allora senza la sua statua 
alla cima; il Corso si allunga verso Piazza del 
Popolo, interrotto tratto tratto da lacune, con 
alcune chiese, con edifici, con minati archi di 
trionfo, con molti giardini, formando quasi il con¬ 
fine della Roma abitata. Poi, al di là, fino al 
Pincio e al Quirinale, giardini e qualche piccola 
chiesa, come quella della Trinità al Pincio, che 
era ancora in costruzione, e case poche e di¬ 
sperse. 

E uno scenario meraviglioso, quello di questa 
Roma oscura, irregolare sparsa di ruderi, dis¬ 
seminata di orti, con la campagna che si insinua 
tra le masse degli edifici, con la sua associa¬ 
zione di vita e di deserto, col suo stupendo 
aspetto di città abitata e di mondo di rovine, 
uno scenario solenne, in cui dalle traccie di tutti 
i secoli appare un uguale desiderio di una im¬ 
mortalità gloriosa, una identica insaziabile bra- 



La venuta a Roma dell’Ambasciatore di Polonia 

(altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo) (fot. Finozzi, Collavi e Argus). 















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


J 2 D 


ma di perpetuarsi in opere di grandezza, una 
stessa volontà di dominio che ha bisogno di 
divinizzare la morte alloggiandola nei templi, 
che risorge perennemente dal suo sfacelo, che, 
quando la civiltà antica sembra ferita per sem¬ 
pre, con l'umiltà, col disprezzo della carne, con 
l'odio pauroso della natura inizia un’altra società 
che esce dalle tenebre per rigenerare il mondo. 
E lo spettacolo senza pari si completa con i do¬ 
cumenti del periodo immediatamente successivo, 
con i quadri, con le stampe, con le piante ri- 
producenti la Roma di Giulio II, la città santa 
ridiventata pagana, che nelle vene dei pontefici 
sentiva ribollir il sangue imperiale, che nell'u- 
mile cristianesimo primitivo aveva fatto il cat¬ 
tolicesimo vittorioso, e nel bronzo, nei marmi, 
negli edifici colossali ripeteva il suo sovrumano 
sogno di apoteosi, la sua delirante passione di 
dominio universale. 


La mostra topografica, ordinata con tanta cura 
nelle sale della casermetta di Urbano Vili dal 
dottor Ashby, dal dottor Calcagno e dal dottor 
Bartoli, non ha soltanto un valore storico per 
lo studioso o un valore di curiosità per il pub¬ 
blico che nella vicinà infermeria di Castello, dalle 
finestre del conventino così ingegnosamente ri- 
costituito, si reca ad ammirare i grandiosi pa¬ 
norami che Vittorio Grassi e Umberto Principe 
hanno dipinto, vivificando con la luce e col co¬ 
lore il noto disegno della fine del secolo deci- 
mosesto. 

La mostra topografica romana è il più fiero 
atto di accusa per coloro che in questi ultimi 



Il corteo papale entra in Roma 

(altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo). 



Il Trionfo delle Arti 

(altorilievo dello scultore Prini tolto da un’incisione del tempo) (fot. Finozzi, Celiavi c Argus). 


cinquant’anni, succedendosi nel reggere le sorti 
della città, non hanno avuto nessun sentimento 
della responsabilità gravissima che pesava su 
di loro. Solo dinanzi a questa rievocazione gran¬ 
diosa della Roma del passato è possibile inten¬ 
dere ciò che l’umana ignoranza sia stata capace 
di fare in un ambiente nel quale gli avanzi del¬ 
l'età pagana vivono vicino ai ricordi del cristia¬ 
nesimo primitivo, e le memorie del cupo medio¬ 
evo s’ingemmano delle più delicate invenzioni 
decorative del Rinascimento. Distrutte le ville 
meravigliose che ingemmavano i colli della gloria 
del sole romano, asserragliati il Colosseo e il 
Foro Romano da orribili alveari umani, mal fer¬ 
mi sulle loro basi di mota e di calcina, sforac¬ 
chiati da brutte finestre, eretti con un criterio 
esclusivamente commerciale e non secondo le 
eterne leggi dell’architettura e della bellezza, 
abbattute fontane, palazzi insigni, portici, chiese, 
tolta al Tevere l’infinita poesia delle sue rive 
pittoresche, su cui le case colorite dalla luce 
e dalla pioggia sorgevano a specchio delle acque 
fuggenti, demoliti i tratti più belli della glo¬ 
riosa cinta che ricordava sedici secoli della 


meravigliosa storia del mondo, la città eterna, 
la città unica si è modellata sulle più brutte 
città moderne della Germania e dell’ Inghil¬ 
terra. 

Certo noi siamo i figli del nostro tempo; sap¬ 
piamo che il mondo cammina e che le città deb¬ 
bono adattarsi, trasformandosi, agli usi della ci¬ 
viltà, alle esigenze dell' igiene, alle necessità della 
vita nuova. 

Ma non è forse questa la storia di tutti i tempi, 
e non avevamo noi una tradizione gloriosa per 
gli edifìci di uso pubblico, per i monumenti ono¬ 
rari, per il rinnovamento edilizio delle nostre 
città più belle? Quando il Rinascimento distrusse 
la vecchia basilica vaticana, sostituì all’antico 
tetto a doppio piovente la cupola di Michelan¬ 
gelo, e il Bernini, che tanti preziosi avanzi dei 
secoli passati sacrificò alla sua smania novatrice, 
popolò le piazze di Roma di magnifiche fontane, 
di superbi palazzi, di forme mirabili scaturite con 
foga prodigiosa dal suo genio inesauribile. 11 
secolo nostro invece lascia in eredità ai lontani 
nipoti il monumento a Pietro Cossa e le belle 
architetture della nuova via del Tritone! Orbene 


nessuna forza umana potrà mai creare artificial¬ 
mente la gloria artistica di una età, ma non è 
troppo pretendere che sia rispettato quello che 
ò intangibile patrimonio comune di memorie e 
di bellezza. 

Questo è l’insegnamento clic, con un senso 
di rimpianto amaro, scaturisce dalla mostra di 
topografia romana ordinata in Castel Sant'An¬ 
gelo. 

Arduino Colasanti. 


(Dal Marzocco). 



L’Angelo. 





















I2Ó 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


AI PORT I C I DI PO 


CELEBRANDOSI LA PESTA DELLA PATRIA A TORINO. 

I. 

O Portici di Po, da le profonde 
Arcate piene di ricordi d’oro, 

Quanti pensano a voi, mentre s'effonde 
Via per l’Italia il grande inno al lavoro ; 

Mentre salgono mille echi e gioconde 
Voci laggiù, dal limpido tesoro 
D’acque e di verde, ed ogni cuor risponde 
Con santa gioia al glorioso coro ! 

Oh di quante febbrili ansie e di quali 

Lotte e fortune ancor l’eco risuona 

Sotto i grandi archi vostri, 0 lieta o triste; 

Oh quante volte irrompere, sentiste 
Giù da quest'Alpi che vi fan corona, 

Nembi di pugne e grida trionfali ! 

IL 

Irrompere vedeste da le nere 
Nuvole il sole e illuminar le nuove 
Speranze intorno.... Ed ecco, in ogni dove 
Si destano le antiche anime fiere; 

E tutto freme e palpita e si muove 
Come al soffio di cento primavere.... 

Passa ravvolta in manto di bandiere 
L’anima invitta del “Cinquanta nove,,. 

Oh la potenza di quei giorni d’oro! 

Al grido di I ’iìtorio e Garibaldi 
Sorgea la giovanile anima indoma, 

E ognun su l’ara de la patria i saldi 
Muscoli offriva ed ogni suo tesoro, 

Come una sposa la fragrante chioma. 

III. 

E veniva Cavour, fedele aneli’esso 
Ospite vostro, sotto Lauree lenti 
Saettando gli arguti occhi lucenti. 

Ratto il gestir, più rapido l 'incesso ; 

Scuro nel volto se nefasti venti, 

Ira 0 minaccia gli raggimi da presso. 

Ma col sorriso su la Jconte impresso 
All'avverarsi di sognati eventi. 

Il popolo guardava al suo cammino, 
Scambiandosi pensier, motti, domande ; 

Non avido oramai che del domani.... 

Passava stropicciandosi le mani 
U piccolo Ministro, nella grande 
Anima chiuso il sogno suo divino. 

IV. 

E il sogno s’avvero. - Questo a le genti 
Narrano i vecchi Portici, sognanti 
Ancor l’ebbrezza di quei dì giganti 
E Rincalzar dei fortunosi eventi. 

Oh riditeci voi da quali e quanti 
Sforzi l’Italia uscì; voi, eloquenti 
7 est intoni, evocateci le ardenti 
Anime antiche e gli eroismi santi! 

Il tempo dileguò; ma voi serbate 
Ancora il dolce fascino profondo, 

La poesia de l'cpopec passate, 

Di cui laggiù fra le ridenti aiuole, 

La “Città nuova,,, testimone il mondo. 

Cauta la gloria, sfolgorante al sole. 

(UOSLPPK DEABATE. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

2 j aprile - Ranni. Al Quirinale a sera banchetto di gala 
in onore del principe di Connaught, con scambio di 
brindisi amichevoli fra il re ed il principe. 

■2 4 „ — Arriva la missione straordinaria francese (gen. Mi¬ 
chel, gen. Espinasse, colonnelli Jullian e Savaticr) c 
reca al Quirinale al Re un messaggio augurale del 
presidente Fallières. La sera al Quirinale banchetto 
con scambio di brindisi del Re e del gen. Michel. 

„ „ — 11 Re a Castel Sant’Angelo inaugura il Congresso 
fotografico internazionale e l’annessavi mostra. 

2 5 „ — Al palazzo della Regina Margherita garden party 

in onore della missione francese. 

„ „ — Solenne arrivo del Re e della Regina di Svezia 

ospiti al Quirinale. La missione francese parte oggi. 

26 „ — Al Quirinale banchetto di gala in onore dei reali 

di Svezia e con scambio di brindisi di amicizia fra 
i due sovrani. Partono il 27. 

27 „ Firenze. Grande corteo commemorativo della pacifica 

rivoluzione del 27 aprile 1859. 

29 „ Torino. Solenne inaugurazione dell’Esposizione in¬ 

ternazionale dell’industria e del lavoro, presenti il 
Re, i principi, ecc. 

30 „ — 11 Re e la Regina inaugurano la 70’ mostra di 

Belle Arti, poi il grande Stadiuni dove assistono alle 
esercitazioni di un seimila fanciulli. 


Le giornate inaugurali di Torino. 

Le promesse del ministro Nitti. 

(Nostra corrispondenza). 

Torino, i maggio. 

Non è inesatto dire che Torino non vedeva, 
da cinquanta anni, una giornata come quella di 
sabato. Sissignori, da cinquanta anni, perchè dalla 
convocazione del primo gran Parlamento italia¬ 
no, del febbraio i86r, I orino non era mai più 
stata così pienamente capitale come sabato e ieri. 

La popolazione della città è stata sovraccari¬ 
cata nel giro di quarantotto ore, di più che cen¬ 
toventimila visitatori, accorsi da ogni pai te 
d’Italia e da ogni angolo del Piemonte. Chi non 
aveva prenotata in tempo in qualche albergo 
una stanza, o non aveva un sicuro pied-à-terre 
presso amici o parenti, ha dovuto accontentarsi 
di una o due notti bianche sotto i portici e nei 
caffè, affollati come di giorno, a meno di non 
fare come un mio amico, che la sera del 28 ha 
preso, per disperazione, il treno, ed è andato a 
dormire.... a Parigi!... 

Nella notte medesima il Re e la Regina d'Ita¬ 
lia, dormivano anch’essi in treno, con la loro 
corte, venendo a tutta velocità da Roma a fo¬ 
rino, nella cui stazione principale a Porta Nuova, 
erano ricevuti, la mattina del 29 alle 9 e mezza, 
iu forma più che privata dal nostro sindaco, se¬ 
natore Teofilo Rossi. Ma la forma privata finiva 
nella stazione. Immediatamente fuori, c’era già, 
per le vie, allineata di qua e di là, dietro i cor¬ 
doni di truppe, tutta una folla compatta, animata 
da un vivo entusiasmo che non tardò a pro¬ 
rompere in evviva ed in applausi, appena il pic¬ 
colo corteo reale di quattro carrozze di corte, 
scortate dai corazzieri, apparve, dirigendosi im¬ 
mediatamente all’ Esposizione. 

Quivi, nel salone delle feste, che il giorno in¬ 
nanzi era ancora tutto sossopra, e la mattina 
del 29 era in perfetto ordine, trovavansi già, 
fin dalle io il duca di Genova, il duca d’Aosta, 
il duca degli Abruzzi, il conte di Torino, la prin¬ 
cipessa Isabella di Genova, la principessa Lae- 
titia, i ministri, i rappresentanti della Camera e 
del Senato, una cinquantina di senatori, un cen¬ 
tinaio di deputati; tutto il corpo diplomatico 
nello splendore delle sue uniformi e delle scin¬ 
tillanti decorazioni, poi numerosissimi invitati in 
mezzo ai quali predominavano con le ridenti 
toilettes primaverili tante e tante belle signore. 

I sovrani acclamati sono entrati ed hanno preso 
posto in mezzo al gruppo dei principi e delle 
principesse, poco dopo le dieci, fra il suonare 
delle fanfare e delle musiche; e subito dopo sono 
cominciati i discorsi — cinque discorsi. L’ex-sin- 
daco di Torino, l’avvocato senatore Secondo 
Frola, col suo bel vocione baritonale, ha parlato 
brevemente, come presidente generale dell'Espo¬ 
sizione. Dopo di lui ha dette brevi parole, il se¬ 
natore Tomaso Villa, presidente del Comitato 
esecutivo; egli è il padre, il nonno di tutte le 
Esposizioni torinesi — il nonno, ripeto, giacché 
egli ha sulle spalle la bellezza di 81 anni, e li 
porta abbastanza bene; ma la sua voce non ha 
la sonorità energica dei bei tempi, ed il suo 
breve discorso non è stato udito, forse, che dai 
più vicini. Invece il discorso — ottimamente 
brevissimo — del sindaco di Torino, senatore 
Teofilo Rossi, è stato udito da tutti, e benissimo 
udito anche quello del ministro d’Agricoltura, 
Industria e Commercio, deputato Saverio Nitti, 
la cui parola era attesa con qualche curiosità. 
Egli ha manifestato, sommariamente, il proprio 
programma ministeriale in queste parole: 

“ 1 ulti gl’ indici dell’attività economica segnano un pro¬ 
gresso continuo. 

L indomani dell unità costituiva grave preoccupazione 
un piccolo sbilancio commerciale; oggi che i valori del 
commercio internazionale sono piìi che quadruplicati, uno 
sbilancio di oltre milleduecento milioni si salda assai age¬ 
volmente. Anche industrie le quali trovavano difficoltà di 
sviluppo si sono formate e progrediscono e alcune si sono 
nobilmente affermate sul mercato mondiale. 

“ Poche industrie appena potettero 
comparire alla prima festa del lavoro ita¬ 
liano a 1‘irenze, nel 1861; e come pai- 
dimessa la veste di allora di fronte all’im¬ 
ponente edificio industriale che qui l’Ita¬ 
lia ha eretto per cimentarsi nel confronto 
coi progressi delle altre nazioni ! 

“ E già gli effetti del sostanziale mu¬ 
tamento nelle condizioni della nostra vita 
si scorgono nel movimento intrinseco 
della popolazione, da cui tende a sparire 
la mortalità economica, per lasciare so¬ 
pravvivere sola la mortalità che è dovuta 
al lento deperire dell’organismo umano 
nell’aflermazione della vita. La mortalità 
della popolazione italiana dal 3r per 
mille abitanti, nei primi anni del Regno, 
è discesa ora a poco più del 20 per mille 


contrastando alle insidie delle malattie infettive, della mala¬ 
ria della pellagra della mortalità infantile, diecine di mi¬ 
gliaia di vite umane in ciascun anno, concorrendo così ad 
accrescere la nostra popolazione e ad aumentare il iapporto 
di essa alla terra; mentre già si utilizzano meglio le energie 
naturali del paese e si trasforma la economia italiana. 

« Xoi siamo assai più numerosi nel mondo. Ai cento¬ 
mila italiani che erano all’estero cinquant’anni or sono, 
si contrappongono ora cinque milioni di italiani, che hanno 
portata dovunque la loro attività di lavoio. 

“ L’antico istinto migratore si è ridestato e il grande 
numero delle nascite, prova di resistenza della tazza, vi 
ha contribuito piti di ogni altra cosa. 

« I nostri sforzi devono convergere ora verso l’aumento 
della produzione che renderà possibile una migliore distri¬ 
buzione della ricchezza. Le nostre pendici montane atten¬ 
dono il bosco; le nostre acque cadenti attendono di es¬ 
sere utilizzate. Una grande politica di acque e di boschi, 
una politica diretta a combattere la malaria nei suoi ricetta¬ 
coli di morte; una politica diretta a far scomparire l’analfabe¬ 
tismo che è come la malaria dello spirito; saranno il com¬ 
pito dei nostri sforzi, l’opera della nostra generazione „. 

Chi non applaudirebbe?!... 

Come a Roma si è sempre udita, in ogni inaugu¬ 
razione una voce ufficiale di I orino, cosi a I orino 
è sorta, per ultima, la voce del sindaco di Roma, 
Ernesto Nathan, portante alla vecchia Capitale 
subalpina gli auguri e i voti della Città Eterna. Poi, 
fra un nuovo fragore di applausi i sovrani e tutto 
il loro seguito sono usciti dal salone e si sono 
diretti al magnifico Ponte Monumentale, dove il 
Re ha ricevuto l'omaggio di tutti i rappresentanti 
esteri; poi tutti — sovrani, dignitari, autorità, in¬ 
vitati — si sono rovesciati fuori dell'Esposizione, 
dove, altro non c’era, nè da fare, nè da vedere. 

Cosicché la giornata inaugurale si è limitata 
tutta alla cerimonia nel salone delle feste, dove, 
nel pomeriggio, vi è stato un grande concerto 
ufficiale — e poi basta. L’Esposizione è inaugu¬ 
rata, ma quanto a vedervi qualche cosa — se 
non si eccettuino il padiglione dell’Argentina, il 
villaggio eritreo, ed altre cose minime, bisogna 
avere la pazienza di aspettare. Si può dire — 
come dicevasi dell’Italia nel 1861 — l’Esposi¬ 
zione è fatta, ma non è compiuta. Anzi, molto 
meno che compiuta.... ma si andrà ogni giorno 
compiendo. Ma già il 29, subito dopo l’inaugu¬ 
razione, la Mostra fu aperta al pubblico, che la 
invase festosamente, gaiamente, e, nelle esposi¬ 
zioni.... quando c’è il pubblico, c’è tutto!... Il pub¬ 
blico è stato di facile contentatura; ed il castello 
medioevale del 1884 — il clou di quell’Esposi¬ 
zione, dovuto ai compianti Giuseppe Giacosa e 
pittore Avondo — ha ottenuto un nuovo successo, 
coni’è delle rinnovate arti medioevali, attorno 
alle quali la folla ha formicolato questi due giorni. 

Ieri, 3 o aprile, è stato inaugurato in Piazza 
d’Armi l’immenso Stadium — capace di cento- 
mila persone — dove sarà, dirò così, una per¬ 
manente esposizione vivente internazionale ad 
esaltazione dei ginnici ludi. Seimila fanciulli 
d’ambo i sessi, a suono di tromba, hanno ese¬ 
guiti davanti ai sovrani ed agli invitati bellissimi 
esercizi vivamente applauditi, e questa festa di 
vita e di giovinezza non è stata, dirò così, con¬ 
turbata, che da un breve discorso di ringrazia¬ 
mento del papà della ginnastica piemontese, il 
marchese e deputato Compans di Brichanteau. 

Mentre scrivo sento suonare in strada le fan¬ 
fare che salutano i sovrani, che vanno a visitare il 
Palazzo delle Poste e ad inaugurare la qoh Espo¬ 
sizione di Belle Arti. Gente corre all’ Esposizione, 
sul Po, dove i tedeschi inaugurano il loro grande 
Palazzo, e dove si aprono, con cerimonie ade¬ 
guate, il Padiglione Ungherese, il Padiglione della 
Citta di Parigi, il Villaggio Alpino, la Mostra 
della Marina. Poi, tutti i giorni ci sarà una qualche 
inaugurazione fino alla fine. Non è forse bello 
questo !... Da farne che di Esposizioni che si inau¬ 
gurano in una sola giornata?... Così almeno tutti 
i giorni c’è una festa, quando non ce n’è due, ed 
anche 1 ultimo giorno dell’Esposizione potrà es¬ 
sere una.... inaugurazione!... Intanto abbiamo un 
nuovo conte, il sindaco di Torino, ed un nuovo 
ministro di Stato (che fa la terna col Rattazzi e 
con Luzzatti) Tomaso Villa!... 


























LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


,2 7 


L A V I S I T A I) E I 


SOVRANI 


D I 


S V E Z I A A 


R O M A. 



Le DUE Regine (fot. Fontana). 



I D U E S O V K A X I (fot. Fontana). 





















PROSSIME PUBBLICAZIONI 


Edmondo De Amicis 


Nelf Arte e nella Scienza 


SAGGI DI 


SCIPIO SIGISELE, 

Questi Saggi vengono a far seguito a quolli contenuti nella Letteratura 
tragica dolio stesso autore, elio divennero relebri. L’importanza del nuovo 
volume si rilova dal titolo dei novo grandi capitoli in cui è diviso: 

i L’amore e la morte nell’opera di Maurizio Barrès. - n. Leggendo Balzac. 
m I tipi femminili nell’opera di Gabriele d’Annunzio: Le voluttuose: Le 
dolorose; La Maddalena; L’attrice; La vergine; Nel regno della follìa; L’amore 
sororale; Che cosa è l’a-more? - iv. La Nave. - v. Gabriele d’Annunzio e la 
folla. - vi. La tristezza contemporanea. - vii. L’elogio della malattia. - 
vin. L’elogio della menzogna. - i\. Romanticismo depravatore. 

Lire 3,50. — Un volume in- 16 , dì 300 'pagine. — Lire 3,50. 


Nel deserto, romanzo di Grazia DELEDDA. Un volume 
in-10, di 324 pagine.L. 4 — 

Della stessa autrice esce ora la terza edizione delle superbe novelle: 

I giuochi della vita, novelle di Grazia DELEDDA. 3." ediz. 


3 50 


La guerra lontana, romanzo di Enrico CORRADINI. 

Un volume in-16, di 800 pagine.L. 3 50 


Il bacio della Contessa Savina, 


di Antonio 


CACCIANIGA. Nuova ediz. in-8, illustrata da Gino Di: Bini. L. 2 — 


Duello d’ anime, romanzo di NEERA. Un volume in-16, 

di 320 pagi no.L. 4 — 


Storie dell’Amore sacro e dell'Amore 

profano, del Conto Tommaso GALLARATI SCOTTI. 

Un volume in-10, di 330 pagine. L. 4 — 


L’Occidente d’ OrO* Avventure fra i PellLRosse 

del Canada, di Luigi MOTTA. 410 pagine in-8, con 48 disegni 


di Gennaro d’Amato, o coperta a colori di L. Bompakd 


L. 5 - 


I sentieri e le nuvole, poesie di Guelfo CIVININI. 

Un volume in-8, con ooperta a colori di Licurgo Ti oli . . . . L. 4 — 


L amante Ignoto, poema tragico in tre atti, di Amalia 

GUGLIELMINETTI. In-10, in carta a mano, con coperta a colori 
di Eduardo Rubino.l. 4 — 


Sempre cosi, 


dramma in 3 atti di E. A. BUTTI. IiylO. L. 4 — 


NUOVE EDIZIONI e RISTAMPE 

I giuochi della vita, novelle di Grazia DELEDDA. 3 . a ediz. L. 3 50 

Quo Vadis? romanzo di Enrico SIENKIEWICZ. 16 .° migliaio 


[iJA. 670] 


SPERANZE_e_GLORIE 
LE TRE CAPITALI 

(TORINO - FIRENZE - ROMA) DUE LIRE 


DUE LIRE 


Da San Martino a Mentana 

" ricordi di un volontario. " 

ai GIULIO ADAMOLI. 


In quest’anno dedicato alla memoria del Risorgimento, crediamo utile ristampare 
in edizione popolare questo libro ch’ebbe già un grandissimo succosso, e fu pa¬ 
ragonato ai ricordi dei Mille di G. Abba. L'opora si divide in novo capitoli: 


Sul Volturno (1860). 
Aspromonte (1862). 
Sul Chiese (1865). 


Vezza d’Oglio (1866). 
In Roma (1867). 
Mentana (1867). 


In Piemonte (1859). 

San Martino (1859). 

In Sicilia (1860). 

L'autore, già garibaldino, che ora è Senatore del Regno, narra i fatti che ha veduto e a 
cui prese parte; presenta i personaggi grandi e piccoli con cui ha combattuto. Numerosi gli 
episodi inediti. Il racconto è lesto, personale, semplice, caloroso ed elegante al tempo stesso. 

BUE LIRE. 


La Spagna e il Vaticano, l ettere spagnole, di 

Romolo MURRI. In-16, con 2 ritratti.L. 2 — 


i. Piccola o grossa questione? 

ii. Un colloquio con Canalejas. 
ni. Cavalieri, alle armi! 

iv. La Cattedrale in ritardo. 

v. Conventi ed affari. 

Coi ritratti del Re Alfonso e de! ministro Canalejas. 


vi. La scuola popolare. 

vii. Spagna, popolo di letterati, 
vm. A Roma, non a Canossa. 

ix. La Spagna delle regioni. 

x. Dalla politica eroica alla poli¬ 

tica realistica. 


Dello !ste*r<o autore 


Della Religione, della Chiesa e dello Stato. | Dalla Monarchia alla Repubblica. Lettere 
Un volume in-16 , . . . L. 4 — j portoghesi.L. 2 — 


GUIDE 

Torino e dintorni* Con la pianta di Torino o 20 incisioni. L. 2 — 

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Roma e dintorni* Con lo piante di Roma o dei dintorni o 32 in¬ 
cisioni .3 — 

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Con una carta geografica d’Italia, piante di città, e 24 incisioni . . 3 50 


NELLA “ BIBLIOTECA AMENA 


N. 801. 


Giovanna e Giovanni,. 


’omanzo 


di F. DE NION. 


Un volume in-16. . p, i _ 


N. 802 


Eldorado, 


romanzo di' Guglielmo ANASTASI. Un 

volume in-16. . . j _ 

X. 8 »3. FVa cognate, romanzo di Miss BRADDON. 

Un volume in-16 . . . .. _ ..1 _ 


I lussuriosi, r 


N. 804, 

lume in-16 


omanzo di Luciano ZÙCCOLI. Un vo- 
.. 1 — 


DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO VIA pai trmo T „ . „ ,, ... ^- 0 

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FASCICOLO 


LE ESPOSIZIONI DEI 


1911 


9 - 


o 


T O R I N O. L I N A U G U R A Z I () N E I) E L P A I) I G L I O N E I) E L L A C I T T A I) I P A R I G I. 



L’Ambasciatorf. di Francia signor Par rè re riceve 1 Sovrani all’ingresso del Padiglione <o»i. cimss-, au !■ laviciis). 










LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


i 3 o 









TORINO 



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descritta da 



EX D e A ni icis 


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crosso volume, ove 

o 


Nel 1S80 in occasione della prima Mostra di Belle Arti in Tonno, quel Comitato allestì un ^ 

Torino è celebra 1 a nella sua storia, nelle sue bellezze artistiche e naturali, nei suoi monumenti, nelle sue piazze e 
ne' suoi giardini da insigni scrittori, quali erano Bersezio, Faldella, Giacosa, Mar eneo, Sacchetti, ed albi. A a moia 0 

De Amicis toccò il capitolo la '‘Città,,. . 

Oggi, dopo pi anni, quelle pagine scritte con Limpeto del giovani!e entusiasmo, conservano tanta fi esthcgza ai sta e 

e verità d'osservazione, che sembrano scritte ieri mentre s'inaugurava la grande Esposizione dell Industria e di i La¬ 
voro. Non una ruga in questa eloquente evocazione della città ridente e maestosa che al De Amicis fu cai a sopì a ogni 
altra; anzi - come certi quadri che col tempo acquistano in bellezza, in intensità e in fusione, la pi osa- così viva 
e colorita del caro scrittore, sembra oggi ancora più robusta e più armonica. Ora, mentre presso la Casa Ireves ^ce 
ii volume LE TRE CAP ILA LI (che comprende con Roma e Firenze anche la prima capitale d Italia), siamo lieti di 
offrire ai lettori di questa rivista, in cui Tonno ha tanta parte, la primizia di questa opportuna esumazione. 


Un Torinese che voglia far da guida a un 
Italiano il quale venga qui per la prima volta, 
dovrebbe, prima di lasciarlo entrare in Torino, 
condurlo diritto a Superga, per fargli provar su¬ 
bito un sentimento di meraviglia e di piacere, 
che lo metta in una disposizione d’animo favo¬ 
revole alla città sconosciuta. Ci son degli spet¬ 
tacoli che sono per la vista degli occhi ciò che. 
sono per la vista della mente quelle grandi in¬ 
tuizioni istantanee del genio, che abbracciano 
secoli di storia e migliaia d’idee. Lo spettacolo 
che si gode da Superga è uno di questi; ed è 
anche più grande e più bello della sua fama. 
Dalla sommità della cupola, con un solo giro 
dello sguardo, in tre secondi, si abbraccia tutto 
l’immenso cerchio dell’Apennino genovese e delle 
Alpi, dai gioghi di Diego c di Millesimo alla pi¬ 
ramide enorme del Monviso, dal Monviso all’im¬ 
boccatura della valle di Susa, al Gran San Ber¬ 
nardo, al Sempione, al Monrosa, alle ultime 
montagne ('he luggono verso Levante di là dal 
Lago Maggiore; sotto, tutti i colli di Torino, 
popolati di ville e di giardini, più in là i bei 
poggi del Monferrato, coronati di castella, le 
colline ubertose della sinistra del d anaro, una 
successione di sterminati tappeti verdi, una cam¬ 
pagna sconfinata, che si perde nelle pianure va¬ 
porose della Lombardia, argentata dalle mille 
curve del Po, seminata di centinaia di villaggi 
e di casali, rigata da strade innumerevoli, co¬ 
perta d’una vegetazione lussureggiante di boschi, 
di vigneti e di messi: cosi rilevata c nettamente 
visibile fino «alle piti grandi distanze, così fresca 
c così italiana di forme e di colori, così grande 
e terribile di antiche e di nuove memorie, così 
maestosamente serena nella immensità dei suoi 
orizzonti azzurrini, per cui T immaginazione si 
slancia lino ai confini opposti d'Italia, che, dopo 
averla percorsa intera, a guardar giti la città di 
Torino, piccola e raccolta, sul confluente del Po 
e della Dora, dentro un cerchio di verzura, in 
faccia al bel monte conico dei Cappuccini, viene 
spontaneo sulle labbra il Te beata, che gridò 
Ugo Foscolo a Firenze, e si resta meravigliati 
che pitta quella bellezza non abbia ancora rice¬ 
vuto anch'essa da qualche grande poeta il tri¬ 
buto di una lode immortale. 

I lo cercato molte volte, curiosamente, con uno 
sforzo dell’ immaginazione, di rendermi conto 
dell’impressione che può produrre la città di To¬ 
rino in un Italiano che la veda per la prima volta. 


Certo, un Italiano che arrivi qui, coll’idea di 
trovare una città uggiosa, e un po’ triste, come 
i dispettosi soglion definire Torino — un vil¬ 
laggio ingrandito — un mucchio di conventi e 
di caserme — deve provare un disinganno pia¬ 
cevole, uscendo dalla stazione di Porta Nuova 
in una bella mattinata di primavera. Alla vista 
di quel grande Corso, lungo quanto i Campi 
Elisi di Parigi, chiuso a sinistra dalle Alpi, a 
destra dalla collina, davanti a quell’infilata di 
piazze, a quelle fughe di portici, a quel verde 
rigoglioso, a quella vastità allegra, piena di luce 
e di lavoro, deve esclamare: — È bello! — o 
tirare almeno uno di quei larghi respiri, che 
equivalgono ad una parola d’ammirazione. E an¬ 
dando su verso piazza Castello.... Ma un Italiano 
che venga a Torino per la prima volta, se ap¬ 
pena ha una scintilla d’amor di patria nel san¬ 
gue, è impossibile che, addentrandosi nel cuore 
della città, serbi tanta freddezza d’animo, da 
giudicarla coll’occhio dell’artista. Egli deve sen¬ 
tirsi sollevato, travolto da un torrente di ricordi, 
sfolgorato da una miriade d’immagini care e 
gloriose, che trasfigurino la città a’suoi occhi, e 
gli facciano parer bella ogni cosa. Deve veder 
Carlo Alberto, affacciato alla loggia del palazzo 
reale, in atto di bandire la guerra dell’indipen¬ 
denza; incontrar sotto i portici il conte di Ca¬ 
vour che va al Ministero, dandosi la solita fre- 
gatina di mani; vedere i Commissari austriaci 
del 09 che portano T ultimatum al Presidente del 
Consiglio; i corrieri che divorano la via Nuova 
portando le notizie delle battaglie di Coito, di 
Pastrengo e di Palestro; le deputazioni dell’Ita¬ 
lia centrale che portano i voti del plebiscito; una 
legione di vecchi generali predestinati a morire 
sui campi di battaglia; a una cantonata Massimo 
d’Azeglio, in fondo a una strada Cesare Balbo, 
qui il Brofferio, là il Berchct, laggiù il Gioberti; 
visi tristi e gloriosi di prigionieri dei Piombi e 
di Castel dell’Uovo; giovani che portano sulla 
fronte, còme un raggio, il presentimento dell’e- 
popea dei Mille; battaglioni abbronzati di ber¬ 
saglieri della Crimea che passano di corsa e 
stormi di giovani emigrati che sbarrano la strada, 
agitando i cappelli, alla carrozza di Vittorio Ema¬ 
nuele; in ogni parte cento immagini di quella 
vita ardente e tumultuosa, piena di speranze e 
d’audacie, di grida di dolore, di canti di guerra 
e di fanfare trionfali, che s'agitò per quindici 
anni fra queste mura. 11 centro di Torino ha 
una bellezza sua propria, invisibile allo straniero 


indifferente, ma che deve affascinare 1 Italiano 
nuovo arrivato. Ogni suo angolo, ogni sua casa 
parla, racconta, accenna, grida. Ogni arco de’suoi 
portici è stato l’arco di trionfo d’un idea vitto¬ 
riosa, sopra ogni pietra del suo lastrico si sono 
incontrati e stretti la mano per la prima volta 
due italiani di provincie diverse, due esuli, due 
soldati della grande causa comune: tutto v’è 
ancora caldo del soffio immenso di amor di pa¬ 
tria che vi passò, infiammando e travolgendo 
ogni cosa, come un uragano di fuoco. Quale ita¬ 
liano può arrivar là senza sentirsi commosso? 
In un giro di pochi passi, intorno al Palazzo Ma¬ 
dama, si vede e si ricorda tutto. In poche città 
i luoghi e i monumenti più memorabili si tro¬ 
vano meglio disposti per colpire tutf insieme lo 
sguardo e la mente. Ed è anche bella per l’ar¬ 
tista e per il poeta quella piazza vastissima, che 
arieggia il cortile d’un palazzo smisurato. Quella 
reggia severa e nuda, dietro a cui s’innalza la 
cupola della vecchia cattedrale, il Palazzo Ma¬ 
dama, cupo come una fortezza, sorvolato da nu¬ 
voli di colombi, la cortina bianca delle Alpi che 
chiude via Dora Grossa, la cortina verde delle 
colline che chiude via di Po, quel contrasto di 
baracconi da fiera e di palazzi austeri, di folla 
e di strepito da un lato e di solitudine tranquilla, 
dall'altro, dànno a quella parte di Torino un 
aspetto singolare, misto di città nuova e di città 
vecchia, di gravità nordica e di gaiezza meridio¬ 
nale, di maestà e di modestia ad un tempo, che 
fa lavorare la fantasia come una poesia a dop¬ 
ino senso. Ma qui non può farsi un’idea di To¬ 
rino il forestiero. Quetato il tumulto dei ricordi, 
bisogna che s’inoltri in quella parte della città 
che è compresa fra via di Po, via Roma, il Corso 
del Re e il fiume. Se egli non è mai uscito 
d’Italia, proverà senza dubbio un’impressione 
nuova. La città par fabbricata sopra un immenso 
scacchiere. Per quanto si giri, non si riesce che 
a descrivere delle greche perfette. Tutte le strade 
a primo aspetto si rassomigliano: tagliano tutte 
un lunghissimo rettangolo di cielo con due file 
di color uniforme, su cui lo sguardo scivola dal 
cornicione al marciapiede, senza trovar nulla clic 
l’arresti; allineate come lo erano i vecchi reggi¬ 
menti piemontesi, coi guidoni e le guide sulla 
linea, dopo un’ora di lavoro. Si va avanti, e par 
sempre di passare c di ripassare nei medesimi 
luoghi. Si può camminare a occhi chiusi: non 
cè da sbagliare: ogni tanti passi, riaprendo gli 
occhi, si vedranno due interminabili vie diritte 


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Strofina 

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Raccomandata dalle Autorità Mediche nelle 

Malattie polmonari, 

Catarri bronchiali cronici, 
Tosse Asinina, Scrofola, Influenza 

GUARDARSI Valle CONTRAFFAZIONI % 

unici fabbricanti: F. Hoffniann-La Rocl]6 & G.° - Basilea 






























































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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a destra e a sinistra, l'una chiusa dalle Alpi, 
l'altra chiusa dalle colline. Qualche somiglianza 
con altre città ci si trova: si ricorda via Toledo 
di Palermo, Livorno, certi quartieri di Marsiglia 
e di Barcellona. Ma qui c'è qualche cosa di spe¬ 
ciale, difficile a definirsi: non so che di più ri¬ 
gido e di più corretto. Non son le case francesi, 
gabbioni con pretese di palazzi, parate di deco¬ 
razioni posticcie; bottegaie rinfronzolite. Sono 
file d' umiliate, schiere di alunne di collegio-con¬ 
vitto, grosse massaie benestanti, tarchiate, in 
abito da camera, che si danno francamente per 
quelle che sono, e spirano un’aria di bontà con¬ 
tegnosa, l’amor della vita regolare, l’abitudine 
delle passioni contenute. Il color giallo impela, 
con tutte le sue sfumature, dal calcare cupo al¬ 
l'oro pallido, misto d’innumerevoli tinte verdo¬ 
gnole e grigie, che però si perdono in una tinta 
generale giallastra, un po' sbiadita, che dà alla 
città un certo aspetto tranquillo di decoro uffi¬ 
ciale. Qua e là c’è un tentativo di ribellione d’una 
casa azzurra, in qualche punto scoppia il grido 
acuto d’un edifìzio bianco, che fa un po’di scan¬ 
dalo in quel silenzio di colori modesti ; ma su¬ 
bito dopo si ristabilisce la disciplina in due lun¬ 
ghe (ile di case della solita tinta, un po’imbron¬ 
cile, che han l’aria di disapprovare quella pazzia. 
Percorse le prime strade, si comincia a notare 
qualche corrispondenza tra la forma della città 
e il carattere della popolazione. C"è espressa 
una certa ostinazione in quella uniformità, c’è 
un’idea di schiettezza in quello sdegno d’ogni 
ostentazione, un certo indizio di procedere aperto 
in quell’ampiezza di spazi, un’immagine di forza 
in quella tarchiatura di edilìzi, una perseveranza 
che va dritta allo scopo in quella rettitudine di 
linee. Passando per quelle strade si ricorda in¬ 
volontariamente la disciplina dell'antico esercito 
sardo, le antiche abitudini militari della popola¬ 
zione, la rigidezza della burocrazia, l’onnipotenza 
dei regolamenti, lo stile duro dell’Alfieri, la sem¬ 
plicità nuda di Silvio Pellico, la correttezza un 
po’ pedantesca d’Alberto Nota, lo stile cadenzato 
e simmetrico dei lunghi periodi oratori! di An¬ 
gelo Broflferio, e la chiarezza ordinata degli ar¬ 
ticoli di don Margotti, di Giacomo Dina e del 
dottore Bottcro. S’indovina la vita della città a 
primo aspetto. Non c’è, come a Firenze, il pic¬ 
colo crocicchio, l’angoletto, la piazzetta, dove 
ognuno si pare a casa sua, dove è possibile il 
dialogo tra la strada e la finestra e la fermata 
d’un’ora colle spalle alla cantonata. Qui c’è per 
tutto la città aperta, larga, pubblica, che vede 
tutto, che non si presta al crocchio, che inter¬ 
rompe le conversazioni intime, che dice conti¬ 
nuamente, come il poliziotto inglese: — Circo¬ 
late, lasciate passare, andate pei vostri affari. 

Si può esser usciti col miglior proposito di an¬ 
dare a zonzo: si finisce col fissarsi una meta. 
A un certo punto si sente un po'di sazietà; 
l’artista si rivolta contro quella regolarità com¬ 
passata. S’ha la testa così piena di angoli ’retti, 
di parallelismi, di simmetrie, di analogie, che, 
per dispetto, si vorrebbe poter scompigliare tutta 
quella geometria con un colpo di bacchetta la- 
tata, che mettesse Torino sossopra. Ma a poco 
a poco, come certi motivi monotoni, che, a furia 
di sentirli ripetere, ci si fissano nella testa con 
una irresistibile simpatia, così quella regolarità 
a grado a grado fa forza al gusto e soggioga la 
fantasia. Si prende amore a quell'uniformità che 
lascia la mente libera, a quella specie di dignità 
edilizia, non ancora offesa dall’insolenza ciarla¬ 
tanesca della reclame colossale, a quelle corri¬ 
spondenze di prospetti, che s'indovinano prima 
di vederli, come le rime delle strofe metasta¬ 
siane, a quella nettezza rigorosa, a quei grandi 
lembi di cielo, a quelle vie lunghissime in cui 
insensibilmente il passo s’affretta, lo sguardo 
s'acumina, il petto si dilata, la mente si rischiara, 
alle grandi piazze e ai grandi giardini che fanno 
qua e là un largo squarcio improvviso pieno 
d’aria e di verde, nella rete uggiosa delle strade 
gemelle. La città sonnecchia un poco tra via di 
Po e via San Lazzaro, dove grandi isolati di 
color cupo gettano come un'ombra di tristezza 
nelle vie larghe e solitarie, nelle quali non si 
sente strepito di lavoro, e la pedata di chi passa 
risuona sotto le volte dei portoni muti e nei 
cortili erbosi; ma si ravviva c ringiovanisce sui 
confini di Borgo Nuovo, dove per sei vie alle¬ 
gre e chiare, piene di popolo minuto, si vede il 
verde fitto del Corso del Re; e all’estremità di 
tutte le strade che van da ponente a levante, 
le colline del Po mettono un riflesso di serenità 
e di grazia campestre. Più si va lontano dal 
centro, più la città si fa varia e amena. Si tro¬ 
vano degli angoli ariosi, tranquilli e simpatici, 
che fanno pensare alla vita raccolta d’un capo 
sezione giubilato, che vada ogni giorno a quel¬ 


l’ora a leggere il giornale al caffè vicino e a far 
la passeggiata igienica nel viale accanto, ed ab¬ 
bia la sua oretta fissa per la visita galante a una 
buona amica di quarant'anni ; dei piccoli cro¬ 
cicchi operosi, d’aspetto giovanile, formati da 
alte case poderose, che dominano un vasto oriz¬ 
zonte, attraverso alle quali par di vedere le ca¬ 
merette di tanti studenti di provincia, poveri, 
ma di buona razza piemontese, che martellino 
ostinatamente sui libri, menando una vita dì sa¬ 
crifizi, per procurarsi un avvenire onorato e lu¬ 
croso; delle grandi case aperte ad angolo verso 
la strada, con cinque ordini di terrazzini, che 
mostrano mille piccoli particolari intimi della 
vita torinese, dal servitore che innaffia i fiori 
della contessa al primo piano, su, su, scendendo 
per la scala s ciale a misura che si sale per la 
scala della casa, fino ali’impiegatuccio tirato che 
legge il giornale sotto i tetti e alla moglie del¬ 
l’operaio 1 he stende i suoi cenci fuori della sof¬ 
fitta. Le strade essendo lunghissime, presentano 
successivamente vari aspetti ; andando avanti 
diritto per una strada sola, si attraversa una 
piccola parte di Torino commerciale, una parte 
di Forino elegante, un quartiere povero, un 
quartiere affollato, un quartiere deserto: si vede 
la città in tutti i suoi aspetti, senza svoltare una 
volta sola. E non si trovali grandi contrasti. 1 
palazzi, schierati alla pari colie grandi case bor¬ 
ghesi, alcuni anche dissimulati da una facciata 
comune, come il palazzo dell’Università e il pa¬ 
lazzo dell'Accademia filarmonica, non servono a 
dar carattere alle strade. Non c’è il palazzo vi¬ 
stoso del gran signore, che schiaccia gli edilìzi 
circostanti, e dà l’immagine d'ima vita splendida 
e superba. L'architettura è democratica ed egua- 
gliatrice. Le case possono chiamarsi fra loro: 
— Cittadina — e darsi del tu. La divisione delle 
classi sociali a strati sovrapposti dal piano no¬ 
bile ai tetti, toglie alla città quelle opposizioni 
visibili di magnificenza e di miseria, clic accen¬ 
dono nell’immaginazione il desiderio inquieto e 
triste delle grandi ricchezze. Girando per 'fo¬ 
rino, si prova piuttosto un desiderio di vita agiata 
senza sfarzo, d’eleganza discreta, di piccoli co¬ 
modi e di piccoli piaceri, accompagnati da un’o¬ 
perosità regolare, confortata da un capitale mo¬ 
desto, ma solido, come i pilastri dei suoi por¬ 
tici, che dia la sicurezza dell’avvenire. Ma questo 
carattere apparente di forino muta tutt’a un 
tratto, all’entrare in quella parte della città che 
si stende fra via Santa Teresa c piazza Ema¬ 
nuele Filiberto. Qui la città invecchia improvvi¬ 
samente di parecchi secoli, si oscura, si stringe, 
s’intrica, si fa povera e malinconica. 11 forestiero 
che vi capita per la prima volta, ne rimane stu¬ 
pito, come dalia trasformazione istantanea d’una 
scena teatrale. Appena v’è entrato, la città gli 
si chiude intorno, intercettandogli la vista da 
tutte le parti, ed egli vi resta preso come in un 
agguato. Le vie serpeggiano e si spezzano biz¬ 
zarramente, fiancheggiate da case alte e lugubri, 
divise da una striscia di cielo, che s’aprono in 
portoni bassi e cavernosi, da cui si vedono cor¬ 
tili neri, scalette cupe, anditi bui, vicoli senza 
uscita, sfondi umidi e tristi di chiostro e di pri¬ 
gione. Par di essere discesi in una 'forino sot¬ 
terranea, dove non penetri che una luce riflessa. 
E andando avanti verso il Palazzo Municipale, 
tutto si fa più stretto, più nero e più vecchio. 
Si riesce in crocicchi angusti che ricordano le 
scene del Goldoni, dove si spettegola tra la 
strada e le finestre, in angoli di viuzze, raccolti 
e intimi, in cui pare che tutte le famiglie che 
v’abitano debbano far vita comune, come una 
tribù di gitani; si vedono dei chiassuoli miste¬ 
riosi, chiusi fra alti muri senza finestre, d’un 
grigio sudicio, coperti di gran macchie diaboli¬ 
che; e là delle immagini di madonne agli spi¬ 
goli delle case, delle botteghe di barbiere col 
lume acceso di mezzogiorno, dei covi di rigat¬ 
tieri che paiono imboccature di cantine, degli 
alberguggi di villaggio con insegne grottesche, 
e cortiletti coperti di tetti ie rustiche, ingombri 
di carri di mercanti di campagna; dei caffè, se¬ 
polcrali, che cuattro avventori riempiscono; e si 
gira in mezzo a file di botteguccie che han tutto 
fuor dell’uscio, fra odori di formaggi, di scarpe, 
d’olii, d’acciughe, in un puzzo di stantìo e di 
rinserrato, in una mezza luce di crepuscolo, fra 
un va e vieni di gente affaccendata clic si stringe 
al muro per lasciar passare carri e carrette che 
ingombrano tutta la strada; e si vedono fra quella 
gente delle figure che non si ritrovata che là, 
delle beghinette incartocciate a cui si domande¬ 
rebbero i connotati di Carlo Emanuele 111 ; dei 
droghieri vecchi come le strade, che han l’aria 
di aver militato contro la Spagna, delle mum¬ 
mie d’orefici secolari, a cui vien voglia di dare 
passando la notizia fresca dell’unificazione d'Ita¬ 


lia. C’è in tutta quella parte di forino un ma¬ 
lumore d’antica cittaduzza fortificata, una tristezza 
di museo archeologico, un tal vecchiume di muri, 
di merci, di faccio, d’esalazioni, di tinte, che vien 
fatto di guardarsi intorno coll’idea di veder an¬ 
cora gl’israeliti col nastro giallo al braccio, o di 
tender l’orecchio per sentire se la campana del¬ 
l’antica torre di Dora Grossa sonasse per caso 
un’esecuzione capitale o la raccolta del Consi¬ 
glio decurionale della città. L'illusione si fa più 
viva arrivando sulla piazza del Municipio. Da¬ 
vanti a quel palazzo, giovine di due secoli, ma 
d’aspetio già antico, in quella piazzetta raccolta, 
affollata di gente della campagna, circondata di 
portici ingombri di banchi di mereiaio, attraver¬ 
sata dalla folla che va al mercato di Porta Pa¬ 
lazzo, in mezzo alle statue colossali di Carlo Al¬ 
berto e di Vittorio Emanuele, fra il duca di Ge¬ 
nova che brandisce la spada e la figura atlet ca 
del Conte Verde che atterra i Saraceni, ili fronte 
alla via stretta e austera per cui lo sguardo va 
diritto al palazzo silenzioso delle antiche Segre¬ 
terie; si rimane presi così strettamente dalle 
memorie e dalle immagini d’un altro tempo, che 
par di riviverci e di vedere e di capire fin nelle 
sue piti intime cose l’antica capitale del Piemonte, 
quella piccola città rude, severa, soldatesca, coc¬ 
ciuta, che preparò ostinatamente, in silenzio, la 
grande lotta, e si cacciò per la prima, a capo 
basso, contro il colosso nemico, coll'impeto del 
toro da cui ha tolto lo stemma. E si scorda 
quasi, stando in quel punto, la bella Torino va- 
^ta, gaia, crescente, clic le si allarga intorno da 
ogni parte, e par di cadere in un altro mondo, 
rientrando improvvisamente in via Dora Crossa, 
che spande un torrente d’aria e ili vita nuova 
a traverso a quel mondo invecchiato. Come can¬ 
zoni monotone e tristi che finiscano in una ri¬ 
sata argentina, tutte quelle vecchie strade che 
corrono ila levante a ponente, vanno a riuscire 
in istrado spaziose e chiare, sboccano in piazze 
e in giardini, conducono ad una nuova Torino 
giovanile, attraversata da larghi viali, piena di 
verde, ribelle all’antica disciplina architettonica, 
dove al gran !e isolato succede la casa geniale, 
al grosso pilastro la colonna snella, al terraz¬ 
zino a ringhiera il terrazzo a balaustri, al giallo 
tedioso mille colori ridenti e leggieri; a una 
forino regolare e simmetrica, senza monotonia, 
che spalanca verso le Alpi la gran bocca di 
piazza dello Statuto, come per aspirare a grandi 
ondate l’aria sana e vivificante della montagna, 
fritta questa parte di Torino riceve un riflesso 
particolare di bellezza dalla grande catena al¬ 
pina che corona l’orizzonte delle sue smisurate 
piramidi bianche. Pare che le Alpi mettano nelle 
sue piazze e nelle sue strade tranquille il sen¬ 
timento del silenzio immenso delle loro solitu¬ 
dini. Da ogni parte spuntano le loro cime: tutto 
si profila sulla loro bianchezza; le ultime case 
di forino sembrano fabbricate alle loro falde; 
in meno d’un’ora pare che si debba arrivare ai 
piedi delle prime montagne. Al levar del sole 
tutta la grande catena si tinge d’un colore di 
rosa leggerissimo, d’una grazia infinita, che im¬ 
pone quasi il silenzio all’ammirazione, come se 
la parola dovesse rompere l’incanto, e far sva¬ 
nire la visione. Lungo il giorno lo spettacolo 
cangia ad ogni ora. A momenti si intravvedono 
appena, dietro a un velo ili nebbia, come una 
linea misteriosa, i contorni altissimi che paiono 
profili di nuvole enormi ed immobili; poi la ca¬ 
tena immensa passa per tutte le sfumature piìi 
fresche e più pompose dell’azzurro, presentando 
tutta una tinta unita senz'ombre, che le dà l’ap¬ 
parenza d’una prodigiosa muraglia verticale e 
merlata che separi due mondi. Ora le montagne 
appariscono vicinissime, a traverso all’aria lim¬ 
pida, variate d’infiniti contrasti d’ombra e di 
luce, che fanno distinguere nettamente tutte le 
creste, tutti i dorsi, tutte le gole, tutti gli sco¬ 
scendimenti, i pili piccoli rilievi e le più leggiere 
ondulazioni dei loro fianchi mostruosi, come si 
vedrebbero col telescopio; ora svaniscono quasi 
nel chiarore bianco del mezzogiorno, smisurata¬ 
mente lontane, d’una tinta vaporosa che si con¬ 
fonde col cielo, e ingannano l’occhio che le cerca 
con dei profili fantastici d’altezze soprannaturali, 
che si dileguano quando si crede d’averli affer¬ 
rati. Alle volte si mostrano qua e là a larghi 
tratti, come inquadrati negli squarci delle nu¬ 
vole, dopo un rovescio d’acqua, nette e fresche 
sul cielo terso e profondo; altre volte, cinte di 
immensi veli bianchi, coronate d’aureole candide, 
impennacchiate di nuvolette luminose, che dànno 
un aspetto più solenne, con quel sorriso di gra¬ 
zia passeggierà, alla maestà impassibile della loro 
grandezza. 

(Continuazione e fine al prossimo numero.) 









le ESPOSIZIONI DEL 1911 


[32 



L’uscita di i Sovrani k dell’Ambasciatore giapponese dopo l’inaugurazione (fot. Abemacar). 

L’ARTE GIAPPONESE A ROMA. 

X KAKEMONI DEL MTJMUJAMA. 


Se io fossi un critico d'arte, nonché un estremo 
orientalista, come forse sarebbe doveroso, po¬ 
trei dirvi molte cose dotte sull’arte giapponese, 
sulla tecnica di questi pittori dai nomi trillanti 
come voci di uccelli di siepe, sulla storia del¬ 
l’arte giapponese, sulle sue origini cino-coreane, 
sulle sue scuole che sono ben otto, a cominciare 
da quella buddica, che introdotta nelle isole 
dei crisantemi da alcuni pellegrini nel VI secolo 
ebbe nel IX in Kose Kanoaka il capostipite 
riconosciuto della pittura nipponica, fino alla 
scuola ( kijo-je, il Settecento giapponese, in cui si 
maturò la rivoluzione naturalistica naufragante 
ai giorni nostri nel divisionismo del Nakagawa 
llachir > e del Nakazawa I liromitsu, rappresen¬ 
tanti della giovine scuola d’oggi e valorosi pit¬ 
tori, del resto. Scuola, questa ( ’kijo-je , che fu 
instaurata da quel celebre Mataei, che è una vera 
vergogna non conoscere; e si divise poi in tre 
periodi, il primo dei quali fu famoso per l’arte 
degli I lishikava e degli I lanabusa; e il secondo 
per ( )utamaro, il dolce pittore di donne, caro a 
Edmondo De Goncourt; e il terzo per i pittori 
di “surimoni,, c porgli umoristi, fra i quali pri¬ 
meggia Kiosai, allievo di Ivano, pittore di lan¬ 
terne e gran bevitore al cospetto di Budda, qua¬ 
lità per cui fu appunto soprannominato shojo che, 
come tutti sanno, in giapponese significa lo sbor- 
gnato. 

Basterebbe la saletta alle cui pareti si alli¬ 
neano i preziosi kakemoni — kakemono in giap¬ 
ponese è tutto ciò che pende e si appende, ma 
indica particolarmente, più che le pere, gli im¬ 
piccati, le liti e tutte le altre cose pendole, le 
tele e le sete dipinte a scopo di arredamento — 
i preziosi kakemoni della mostra retrospettiva 
per mettere assieme un corso sufficiente di sto¬ 
ria dell’arte giapponése ad uso dell’Europa. Quel 
Nobuzane, per esempio, che ci dà il ritrattino 
del celebre poeta Istomaru seduto in terra in 
conversazione con un altro celebre uomo ingiu¬ 
stamente dimenticato — anzi, quale sarà poi, 
fra i due, il poeta? — visse dal 1177 a I 1265, e 
fu il ritrattista ufficiale ili Corte, c studiò nella 
scuola del pittore l'osa Mitsnnaga. Proprio così. 
Il suo vicino Mokuan, che ci fa vedere il buon 
santo Kuannon alla cascata, fu prete e discepolo 
di Musokuski. Si sente in lui, ed è evidente, la 
influenza di quell’arte cinese che egli dovette 
studiare allorché si recò in Cina alla corte della 
dinastia Ghen. Viceversa uno degli ultimi di 
questi retrospettivi, il Sosen, che morì nel 1821, 
studiò sotto Yamamoto-'Tengiù, ma dovette la 
sua celebrità alle scimmie, nel dipingere le quali 
fu, e lo vediamo in questa onesta famigliola che 
qui ammiriamo, inimitabile. Le scimmie furono 


per Sosen ciò che nel nostro Occidente furono 
gli asini per Cesare Pascarella. Jakuschin ci of¬ 
fre, fresco fresco, dipinto che par vivo, un ma¬ 
gnifico carpione. Ma è un’eccezione: questo linis¬ 
simo artista, che dopo aver seguito la scuola di 
Ivano si diede con nuovo ardore a ricercare gli 
elementi più squisiti dell’antichissima arte cinese, 
fu sovratutto un grande pittore di animali do¬ 
mestici c terrestri, e specialmente di volatili da 
pollaio.... E il mio corso di storia dell’arte del 
Sole Levante potrebbe continuare. 

Ma vedete quanto è facile diventare un dotto 
e fare dei dotti; io non ho dovuto far altro che 
tirar giù dal suo scaffale un volume della Grande 
Encyclopedie c spigolare qua e là alcune notiziole 
dal catalogo della Mostra che, all’ingresso, un 
cortese suddito di S. M. Mutsuhito distribuiva 
largamente agli invitati. 

Lasciamo andare, dunque. E giriamo per que¬ 


ste sale piene d’una chiarezza discreta, guardia¬ 
mo, godiamo, rassereniamoci in quest’arte sem¬ 
plice,' lieta, fantasiosa, odorosa, senza preoccu¬ 
parci di avere o di non avere una coltura in 
materia, senza tentar di ripetere ed imparare 
questi nomi cinguettanti, che le nostre lingue 
occidentali induriscono e sformano. Bisogna sen¬ 
tirli pronunciare da qualcuno di questi gentilis¬ 
simi asiatici che sanno fare con tanta signori¬ 
lità gli onori di casa. Sono deliziosi. Un trillo, 
un gorgheggio leggero, una fronda che sussurra, 
una foglia che cade, un rivolo che gorgoglia, e 
il nome illustre c tutto là. Nella nostra bocca 
diventano dei gargarismi. Lasciamoli stare. Non 
cerchiamo d’impararli, signore mie: tanto li di¬ 
menticheremmo subito, e non sapremmo ripe¬ 
terli nelle nostre lettere c nelle nostre conver¬ 
sazioni. 

Ma fermiamoci a lungo dinanzi ad ognuno di 
questi kakemoni , dinanzi a queste poesie di ve¬ 
rità, viste attraverso un sogno, dipinte attraverso 
un sorriso ed un sospiro. Sono cosi minuziose 
e pur cosi vaghe, così indefinite, così vive e leg¬ 
gere, e pur così tenui, così miti, così serene! 

La tecnica? E che ve ne importa? Non si 
sono mai preoccupati di far della tecnica, co¬ 
storo: hanno voluto fare della poesia. Quando 
hanno cominciato con la tecnica, con quella tec¬ 
nica che tanto ossessiona gii artisti nostri, hanno 
fatto sì dei buoni quadri ad olio, come vedete 
nella sala dei modernisti, ma la poesia di quei 
pittori di fiori, di uccelli, di animali vari, di cac¬ 
ciatori, di guerrieri, di belle donnine bambole- 
sche e imbambolate, di paesaggi leggeri e velati, 
sulla seta o sulla tela, all’acquarello, o al guazzo, 
o a non so che, è finita: la dolce sognatrice, 
anima del lontano Oriente, si è spenta. 

Ricerchiamola in queste altre sale: e ognuno 
di questi kakemoni ve la riporterà con una gen¬ 
tilezza infinita, un po’ triste, un po’ gaia, un po' 
spensieiata, un po’ pensierosa, leggiadrissima 
sempre. Volete la primavera? Eccovela nel ka¬ 
kemono del Takashima Ilokkai, che si intitola 
appunto “Volpe di notte di primavera,,. La 
notte non c’è, o almeno c’è molta luna, perchè 
tutto è chiaro come di giorno. Ma c’è la prima¬ 
vera, con quella volpe fulva che fiuta il vento, 
il muso levato verso il ramo dei mandorli fio¬ 
riti. Non c’è null’altro. Ma che fresco odore di 
rugiada, che senso squisito di mille tepidi ri¬ 
svegli in quella semplice scena! E che tenerezza 
nel “Principio di primavera,, del Tsubata, in 
quella piccola giapponese che odora e bacia un 
fiore di violetta, uno solo, il primo! E che festa, 
che rigoglio, che gioia in questo gran cespo di 
rododendri rosei, che inghirlandano gli snelli 
tronchi dei palmizi nei “Fiori,, del Takashima 
Ilokkai ! 

Eccovi due paraventi: una “Sera sulla spiag¬ 
gia,, del Kawakita. Gli alberi, le capanne coperte 
di stoppia, il villaggio silenzioso sono appena 
accennati: il mare non è neppure segnato: po¬ 
chi tratti precisi come parole e leggeri come 



S. M. la Regina f. l Ambasciatore del Giappone (tot. Abeniacar). 















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


i 33 



carezze. L l’anima della sera, il respiro del ma¬ 
re, la frescura lieve del vento sono sensibili, 
pieni di una infinita melanconica dolcezza in 
quelfampio paesaggio su cui sorge il primo chia¬ 
rore delia luna tonda fra gli alberi scarni e le 
brume leggere. Nell’altro di Shoda Kakuya, 
“Sera di neve,,, la semplicità è uguale; ma fra 
gli alberi e le case infreddolite, e per la bru¬ 
ghiera su cui scendono minuziosamente i piccoli 
fiocchi bianchi portati dall’inverno giù dai monti 
su cui s’addensano fosche le nuvole, c’è tutto 
il senso della prima neve, il silenzio ovattato 
di cui la terra s’involge. Sono specialmente care 
ai giapponesi queste ore di silenzio, di attesa, 
di stanchezza, questi primi brividi e questi 
primi languori e questi abbandoni direi stanchi. 
Ricordo un “Dopo la pioggia,, dello Yeguchi 
Oshiu; un pittore “ half european style — hall 
japanese style „, mi diceva sorridendo, tutto lieto 
della mia silenziosa ammirazione, il suo collega 
Tanìguchi, uno dei velocissimi e cortesissimi 
pittori che hanno donato alle signore un’infinità 
di acquarelli improvvisati li per li; un fiore, un 
volo d'anitre, un alberello, tutti con la dedica 
alla persona, che aveva anche la sorpresa di 
vedersi tradotto il proprio nome in caratteri 
giapponesi. Credeva forse di aumentarlo nella 
mia ammirazione, con quella “ metà di stile eu¬ 
ropeo,,. Ma io non la vedevo, quantunque certo 
vi fosse in quel verde, silenzioso paesaggio, 
qualche cosa di nuovo; l'altra metà, quella giap¬ 
ponese, me lo nascondeva ancora. E che soa¬ 
vità in queirimmensa distesa, tutta umida della 
pioggia recente, ariosa, luminosa, sconfinata! 
Null’altro che un vastissimo panorama di prati 
bagnati, una linea di monti leggeri leggeri al¬ 
l’orizzonte, una frotta di anitre bianche in uno 
stagno, tre omettini spersi per l’immensa pia¬ 
nura; e su tutto una dolcezza di riposo, di quiete 
infinita, inesprimibile; data da che, con che? 
Chi sa! Con un po’di colore, e con l’anima del 
poeta: voglio dire del pittore.... 

E inutile che io continui. Potrei dirvi ancora 
come ci si fermi innamorati dinanzi alle lisce 
donnine che portano a spasso per i pettinati 
giardini o per le sponde dei laghetti di cristallo 
il loro immobile sorriso di pupattole leggiadre, 
e ripetervi un’infinità di titoli che sembrano versi 


e spunti di piccole liriche d’impressionismo sen¬ 
timentale: “Anitre d’inverno al chiaro di luna,, 
— “ Tramonto in un giardino abbandonato „ — 
“ Pioggia uggiosa „ — “ Neve sul pino „ — “ Am¬ 
mirazione in autunno,, — potrei continuare al¬ 
l’infinito con questa tiritera di impressioni e di 
sensazioni. A che scopo? Ciascuno venga ed ab¬ 
bia le sue. E la casa per sognare, questo grazioso 
minnujana roseo e turchino, e tutto può far so¬ 
gnare. Anche, vedete, una “ Stalla con buoi „ 
come quella del Tagahashi: fatela fare, se v’ag¬ 


grada, ad un pittore nostro: vi sentirete anche 
l’odore del letame, nella nostra verità occiden¬ 
tale. Il Tagahashi non è meno verista di noi ; 
ma d’un verismo di poesia, che gli fa vedere e 
ritrarre una frotta sbarazzina di vitellucci bian¬ 
chi e biondi che s’affacciano da uno steccato, 
un bel topo grigio in un secchio rovesciato, e 
sotto lo steccato un gran cespo di ortensie fio¬ 
rite. Ed è anche questa una vera stalla; ma che 
od r di primavera!... 

Guelfo Civinini. 



R ( ) M A. L A M O S T R A E T N o c. R A P I C A. 


1 I. P A D I G L I O N E DE L l’ E M I L 1 A E R O M A G N A (fot. Molinari). 



































































LA PITTURA ALL'ESPOSIZIO 



Leon ardo B a z 


zaro. - 1 vecchi a Chioggia (Ultimo conforto). 


DI BELLE ARTI IN ROMA 



Giorgio Bel toni..- Libeccio. 



Francesco Gì oli. - La processione del Sabato Santo a Lisa. 


















































































TORINO. LO 


“5TADIUA,, E I 


grandi padiglioni delle nazioni. 



(Riproduzione vietata . 1 


I ORINO. La imponente cerimonia inaugurale dello 


“ Stadie^,,. - La cantata di seimila fanciulli in presenza dei Sovrani. 


(Fot. Ubt rtalli <.* F. Morso]in - Succ. A. Ambrosio., Torino). 




Il I A I) 1 G L 1 O N E della F ranci a. 


Il Padiglione della Germania. 

























































i38 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 




La SCENA DEI. “ Don Pasquale „ (atto IV). (Cesare Ferri, scenografo.^ 

LA /AUSICA A RO/AA NEL 1911. 


Abbiamo dunque a Roma, in quest’anno, anche 
un’Esposizione musicale in azione. 

Veramente, in azione, fra le Mostre romane 
ce n’èanche un’altra: quella Regionale di Piazza 
d’Armi, in cui i singoli edifìci, caratteristici delle 
varie regioni d’Italia (il canale e lo squero di 
Venezia, il pezzetto di Santa Lucia a Napoli, la 
latteria valdostana, la casa colonica siciliana, ecc.) 
saranno tutti animati da persone dei singoli luo¬ 
ghi, che vestiranno quei costumi, che faranno 
quei loro speciali lavori, che parleranno quei dia¬ 
letti. Un folk-lore cinematografico.... ma vivo — 
se fosse lecito di esprimersi così. 

Ebbene anche 1’ Esposizione musicale non sarà, 
questa volta, una cosa morta, una sala d’archi¬ 
vio in cui sono raccolti degli spartiti che nes¬ 
suno legge, nemmeno quelli che saprebbero farlo: 
il pubblico savio, frettoloso, ogni giorno rinno- 
vantesi, delle grandi Esposizioni, ha altro da fare 
che leggere o sfogliare gli spartiti dei grandi 
maestri ! 

Roma vuol presentare invece nel T911 ai suoi 
ospiti le opere teatrali dei nostri maggiori com¬ 
positori, le opere sinfoniche dei più celebri mu¬ 
sicisti elei mondo nella viva forma di esecuzioni 
teatrali ; e completarle con l’offrir successiva¬ 
mente l’audizione delle massime e più tipiche 
organizzazioni orchestrali e corali delle varie na¬ 
zioni, come l’orchestra Samoureux, quella dei 
filarmonici di Vienna, la Liedertafel di Basilea, 
la Gewandhaus di Lipsia, il coro del Santo Si- 
nodo di Pietroburgo. E ci saranno rappresenta¬ 
zioni della “Compagnia dei balli russi „ del teatro 
imperiale di Pietroburgo e recite dell’ “ Opera 
Comique „ di Parigi, che verrà a Roma con tutti 
i suoi artisti c i suoi allestimenti. 

In verità difficilmente un cultore o un amatore 
di musica troverà, non solo in Italia ma all’e¬ 
stero, una più favorevole occasione musicale di 
studio e di diletto insieme! 

Poiché l’evoluzione della musica è ora una 
questione, come dicono, palpitante d’attualità. 
Per entro le varie forme e manifestazioni mu¬ 
sicali si va cacciando il bistouri del dissettore 
anatomico; e chi vi scopre “ l’omogenità indefi¬ 
nita „ delle forme, chi la loro successiva “ ete¬ 
rogeneità definita, chi l’integrazione della ma¬ 
teria „ che diventa centro di trasformazioni 
crescenti. Ma in verità tutta questa difficile termi¬ 
nologia spenceriana serve poco a spiegare i pro¬ 
cedimenti misteriosi dell’anima musicale, sia in¬ 
dividuale che collettiva, la quale trova ugual¬ 
mente la sua naturale manifestazione tanto nelle 
primitive nenie funebri dei selvaggi dell'Africa, 
quanto nella Nona Sinfonia di Beethoven. È 
l’apparizione e la disparizione di date forme, e 
le loro successive evoluzioni, sono “ i passaggi „ 
che è interessante, curioso e istruttivo di stu¬ 
diare: ma non nel freddo ambiente delle biblio¬ 
teche e per entro le mute pagine dei libri, ma 
innanzi alla viva esecuzione delle manifestazioni 
musicali, la sola prova in cui esse diventano ve¬ 
ramente perfette e comprensibili. 

E per questo che è veramente importante 


1 ’ « Esposizione musicale,, di Roma, perchè è 
una cosa viva, in azione, a tutti accessibile, emi¬ 
nentemente popolare: e certo la parte di essa 
che desterà una curiosità intensa, sarà “lo svolgi¬ 
mento storico „ del melodramma. Poiché tutto 
il ciclo melodrammatico italiano — di questa 
nobile c purissima manifestazione del nostro ge¬ 
nio nazionale — si svolgerà a Roma in questo 
anno, a partire dalle sue prime incerte e remote 
origini. 

E si cominciò dagli Intermedi: al Teatro Ar¬ 
gentina, come intermezzo alla “Cortigiana,, di 
Pietro Aretino (uno dei “ numeri „ del ciclo delle 
rappresentazioni drammatiche d’ogni tempo), ver¬ 
ranno eseguiti quelli scritti da Luca Marenzio, 
da Cristoforo Malvezzi, da Emilio del Cavaliere, 
da Jacopo Peri, da Giovanni de’ Bardi per le 
commedie recitate a Firenze nel 1089 per le 
nozze di l'ordinando de’ Medici con Cristina di 
Lorena; e come intermezzi all’“ Aminta „ del 
Tasso, quelli formanti 1’ “ Orfeo dolente „ di Do¬ 
menico Belli sul testo poetico del Chiabrera. ■ 

All'Accademia di Santa Cecilia udiremo le vec¬ 
chie “ Commedie madrigalesche : „ “ Il cicala- 
mento delle donne al mercato „ di Alessandro 
Striggio e “ L’Antiparnaso „ di Orazio Vecchi; 
e poi assisteremo ai primi albori del melodram¬ 
ma con alcuni frammenti di “ laudi spirituali vol¬ 


gari „ con la “ Rappresentazione d’anima e cor¬ 
po „ di Emilio del Cavaliere, con 1 ’ “ Euridice „ 
del Peri, con la “Liberazione di Ruggero dal- 
l’isola di Alcina „ del Caccini, con la “ Catena 
d’Adone „ del Mazzocchi, con la “ Flora „ di 
Marco da Pagliano. E udremo saggi dell'antica 
opera napoletana, tratti dalle opere del Proven¬ 
zale, di Leonardo Leo, di Alessandro Scar¬ 
latti, ecc. 

E veramente memoranda, anche per il luogo 
suggestivamente magnifico in cui si darà, sarà 
l’esecuzione dei famosi “ melodrammi barberi- 
niani „ nel grande Salone di Palazzo Barberini; 
e sentiremo questa ignorata musica, scritta in¬ 
torno alla metà del seicento: il “Sant’Alessio,, 
del Laudi, 1 ’ “ Erminia sul Giordano „ del Rossi, 
il “ Chi soffre speri „ del Mazzocchi, la “ Fiera 
di Palestrina „ del Vittori, ed altri. 

All’Argentina, il maestro Tebaldini concerterà 
e dirigerà un saggio dell’ “ opera veneta „ : “ L’in¬ 
coronazione di Poppea „, del Monteverdi e il “Gia¬ 
sone „ del Cavalli: al Quirino avremo una serie 
di rappresentazioni, rappresentate cantate e deco¬ 
rate con intenti di arte pura, delle nostre migliori 
opere giocose e semiserie: quelle per le quali 
il teatro era ai nostri nonni onesta letizia e sano 
divertimento, ristoratore delle fatiche del giorno. 
Noi, sia detto tra parentesi, abbiamo fatto del 
teatro un’altra cosa, non so se migliore o peg¬ 
giore — ma certamente un’altra cosa. E si rap¬ 
presenteranno “ 11 matrimonio segreto „ di Cima- 
rosa, “ 11 Socrate immaginario „ del Paisiello, 
“ Le Precauzioni „ del Petrella (che gioiello, que¬ 
sta!), “La Molinarella „ del Piccioni, “L'impre¬ 
sario in angustie,, del Cimacosa, “la Livietta 
e Tracollo „ del Pergolesi. 

E finalmente nella grande stagione lirica del 
Costanzi, che comprende due cicli di spetta¬ 
coli, l’uno diretto da Luigi Mancinelli e l’altro 
da Arturo Toscanini. Ed ecco opere dei no¬ 
stri sommi musicisti, scelte tra quelle che non 
solo, per varie ragioni, raramente possono es¬ 
sere rappresentate (e più raramente ancora lo 
sono con criteri d’arte), ma che giovano a dare 
della produzione dei singoli maestri — dal “ Gu¬ 
glielmo Teli „ e dal “ Barbiere „ al “ Don Pa¬ 
squale „ e al " Don Sebastiano „, dal “ Macbeth „ 
e dalla “ Sonnambula „ al “ Paolo e Francesca „ 
alla “ Fanciulla del West „ e al “ San Seba¬ 
stiano „ di D’Annunzio musicato dal Debussy, 
un'impressione anche storica, precisa ed effi¬ 
cace, per ricchezza d’allestimento scenico e per 
il valore degli artisti. Non capita spesso infatti 
— nè in Italia nè in Europa — di udire in una 
sola stagione d’opera (cito, s’intende, a caso o, 
forse, secondo le mie personali referenze) artisti 
come la Kruceniski, la Darclée, la Fabbri, la 
Russ, la Storchio, o come Battistini e De Luca, 
e Bonci e Kaschmann e Caruso! 

forniamo dunque alle ormai antiche grandi tra¬ 
dizioni italiane della buona musica bene eseguita? 

Sì, torniamo — ma per tornarci ci voleva il 
Cinquantenario.... 


Arturo Calza. 


La SCENA DEL Guglielmo Fell „ (atto 111). (G. B. Costantini, scenografo. 




























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


139 


R O M A. L’ E S P O S I Z I O N E M U S I C A L E A L T E A T R () C () S T ANZI. 



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GUGLIELMO TELL 


GUGLIELMO TELL 


GUGLIELMO TELL 















































































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


140 








ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE DI TORINO 




L’Esposizione, divisa in 26 gruppi, non è sol¬ 
tanto industriale; essa ha il line di dimostrare 
il cammino percorso dalla nazione e dal mondo 
civile in ogni ramo dell’attività fisica, intellet¬ 
tuale, economica e morale. 

.Moda, Industrie artistiche, Città Moderna, 
Città di Torino. 

Chi entra dall’ingresso principale in fondo al 
corso Vittorio Emanuele presso il ponte Um¬ 
berto, trova a sinistra il Palazzo della Moda e 
a destra quello delle Industrie artistiche, con la 
Mostra della Città Moderna e della Città di Torino. 

11 Palazzo della Moda, svelto e grazioso, con 
due avancorpi sormontati da cupole dorate, ha 
una facciata lunga 60 metri e i 5 oo mq. d’area. 
Una galleria centrale con le pareti di cristallo 
offre la vista delle sale di un ricco appartamento 
mobiliato nei differenti stili e popolato di arti¬ 
stici mannequin^. Mobili e abbigliamenti sono il 
prodotto dell’industria nazionale e mirano ad isti¬ 
tuire una moda italiana. 

Il Palazzo delle Industrie Artistiche, che copre 
con gli annessi padiglioni della Città Moderna e 
di Torino 8000 mq., è uno dei più belli, vasti c 
fastosi edilizi della Mostra. La facciata, decorata 
di balaustre, fontane e statue, termina con una 
cupola grandiosa alta 40 m. dal suolo, sulla quale 
poggia una Vittoria alata. Qui è esposto tutto 
ciò che f Italia ha fatto in questo vastissimo 
campo. Una parte notevole della Mostra è ri¬ 
servata al Giappone, che vi presenta i migliori 
prodotti delle sue industrie artistiche. 

Il padiglione annesso della Città Moderna 
(2000 mq.) contiene i progressi raggiunti dalla 
convivenza sociale; dall’edilità alla nettezza ur¬ 
bana, alla illuminazione, al riscaldamento. L’al¬ 
tro padiglione della Città di Torino (1400 mq.), 
elegante, con cupola slanciata, mostra il cam¬ 
mino percorso dalla capitale del Piemonte dopo 
che depose generosamente il serto regale per 
cederlo a Roma. 

Ungheria, Mostra alpina. Caccia e Pesca. 

Dopo pochi passi il visitatore trova sulla si¬ 
nistra una delle mostre più attraenti c più ca¬ 
ratteristiche : il Palazzo dell’Ungheria (6000 mq.) 
in puro stile magiaro, con alte cuspidi e deco¬ 
razioni policrome di maiolica. L’interno, addob¬ 
bato con grande eleganza, offre i prodotti più 
svariati, artistici, agricoli ed industriali. 

Proseguendo a risalire la riva sinistra del Po 
e lasciando sulla destra il Castello del Valentino, 
s’incontra il Padiglione del Club Alpino (708nicp). 
r. un piccolo villaggio delle alte montagne con 
la chiesetta valdostana, un gruppo di casolari e 
la piazzetta. Nell’interno: la Mostra delle indu¬ 
strie montane, l’equipaggiamento per le ascen¬ 
sioni alpine, i rilievi plastici e i dirami delle Alpi, 
e infine i ricordi c le vedute delle esplorazioni 
compiute dal duca degli Abruzzi. 

In riva al Po sorge la Mostra della Caccia e 
Pesca con annesso Acquario ( 65 omq.). Pivi oltre, 
in fondo a un viale di abeti, l’Albergo Modello 
Alpino, pieno di luce e di comodità, igienico, 
economico (lunghezza m. 52 , area 728 mq.), co¬ 
struito per cura del Touring Club Italiano, che 
vi espone Tillustrazione dell’opera propria e l’ar¬ 
redamento di un albergo modello. 

Ponte monumentale, Città di Parigi, 
Castello delle Acque. 

I na grandiosa scalea di piti rampe conduce 
al vastissimo Ponte Monumentale, lungo me¬ 
tri io 6 . 5 o, a cinque arcate, di legno e di stucco, 
adornato di cariatidi e di colonne sormontate 
da Vittorie alate. Il ponte ha nel piano inferiore 
tre passaggi interni: due laterali che da ampie 
finestre ovali guardano sul fiume; una centrale 
con tapis roulant. Sulla destra della scalea sorge 
l’elegantissimo Padiglione della Città di Parigi, 
rievocazione di Versailles, cinto da un vago 
giardino che prolunga le sue aiuole fiorite tra 
le rampe, della scalea e di là da questa termina 
con una fontana e un’esedra a colonne e archi. 

II ponte sbocca sulla riva destra in un piaz¬ 
zale amplissimo, chiuso armonicamente ai Iati 
dai palazzi di Francia e di Germania, abbellito 
da aiuole e giardini, aperto nel fondo, ove un’al¬ 
tra grandiosa serie di gradinate conduce a tre 
cavalcavia sopra la strada di Monealieri, l’uno 
al centro scoperto e gli altri due ai lati coperti 
da portici con colonnati, e di qui al piede della 
collina. Su questa s’innalza la grande mole del 


====■==^3 © ©@ ® 

Castello delle Acque, fiancheggiata da due torri 
alte 80 metri e formata da tre fontane princi¬ 
pali, dalle quali l’acqua si precipita con un’impo¬ 
nente cascata larga 40 metri. Nel centro una 
statua colossale simboleggia la Patria; altre sta¬ 
tue adornano lateralmente sopra e sotto le tic 
fontane e il Castello, al quale fa da sfondo la 
collina verdeggiante. 

La Riva delle Nazioni. 

Da questo punto, volgendo a sinistra, e discen¬ 
dendo il corso del Po, si trova anzitutto il Pa¬ 
lazzo della Francia, imponente, grandioso, elegan¬ 
tissimo, che copre rqooomq. sopra un fronte di 
193 m. e innalza la cupola ardita a 5 o m. dal suolo. 
Se si tiene conto che sull’opposta riva sorgono i 
padiglioni delle Colonie francesi, della Città di Pa¬ 
rigi e della Città di Marsiglia, e se si computa lo 
spazio occupato, inoltre, nelle varie gallerie, si ve¬ 
drà che la Francia copre coi suoi prodotti e con 
le sue mostre ben 40 000 mq. di spazio coperto, 
oltre ad altri loooomq. di giardini e chioschi. 

Segue a valle il Palazzo del Belgio (9000mq.) 
con due corpi laterali a portico, collegati a un 
corpo centrale a grandi archi sormontati da un 
timpano. Scalee con giardini e piazzali, aiuole e 
fontane, da questo edificio e dagli attigui digra¬ 
dano fino alla sponda del fiume tra statue, stuc¬ 
chi e grandi vasi. 

Viene appresso, sempre discendendo il Po, il 
Palazzo del Brasile, con un fronte di i 5 o metri 
e una superficie di 8000 mq. L’edificio è composto 
di parecchi corpi a cupola, collegati da terrazzo, 
con un padiglione centrale riccamente decorato. 

Il Palazzo dell’America Latina, che contiene, 
nell’area di 6000 mq., le mostre del Perù, Vene¬ 
zuela, Equatore, Cile, Messico, Panama, Guate¬ 
mala, Costarica, Bolivia e Cuba, con le sue belle 
lince architettoniche e le vaghe decorazioni, si 
collega artisticamente agli edifici precedenti e 
a quello che lo segue, chiudendo, da questo lato, 
presso il Ponte Umberto, la riva delle Nazioni. 

'l'ale Palazzo è quello dell’Argentina, caratte¬ 
ristico, imponente. 

Risalendo invece dal piazzale del Ponte Mo¬ 
numentale la riva destra del Po, s’incontrano 
altri palazzi delle nazioni che fronteggiano il 
fiume sino al ponte Isabella. 

Anzitutto il Palazzo di Germania, che sorge 
sul lato sud del vastissimo piazzale facendo 
riscontro a quello di Francia e sviluppa sulla 
riva una fronte di 90001119. Ma altri 3 i 000 mq. 
nelle gallerie principali sono destinati alla Mo¬ 
stra tedesca. Il fastoso edificio è intonato, come 
tutti gii altri in generale, allo stile settecente¬ 
sco, e si compone di un corpo c ntrale a tre 
piani, con una cupola alta ni. 46.00 dal suolo sor¬ 
montata dalla corona imperiale, e di gallerie late¬ 
rali terminanti in due corpi con frontoni e cupole. 

Segue il Palazzo degli Stati Uniti, maestoso 
e sobrio ( 5 ooo mq.) con un corpo centrale sor¬ 
montato da timpano, con nicchie laterali e sta¬ 
tue, con un portale artistico al quale si uniscono 
due corpi laterali a colonnato. Una grande ter¬ 
razza corre sulla fronte e con ampie gradinate 
scende al fiume. 

Il Padiglione del Siam (800 mq.) e quello di 
Serbia (looomq.) che vengono appresso, ripro¬ 
ducono l’architettura dei rispettivi paesi. Il pri¬ 
mo è coperto da grandi tetti policromi e da una 
cuspide dorata. Il secondo in stile serbo-bizan¬ 
tino, è costruito con archi allungati tinti in verde; 
la facciata è adorna di policromia. La Serbia con¬ 
fina col ponte Isabella. 

Dal ponte Isabella ripassando sulla sinistra del 
Po, e dirigendosi al fianco meridionale del Ca¬ 
stello del Valentino, s’incontra il Palazzo della 
Marina (4000 mq.) con la Mostra di tutto ciò che 
concerne la nostra armata, dai modelli delle 
grandi corazzate e da un cannone del peso di 
56 tonnellate ai particolari del vettovagliamento 
e dall’assistenza sanitaria a bordo. 

Presso il corso d’Azeglio sorgono la Palazzina 
della Comm ssione esecutiva e il Padiglione delle 

con la Mostra che 
presente, dalla pri¬ 
mitiva macchina Morse alla telegrafìa Marconi. 

Risalendo il corso d’Azeglio fino al limite 
meridionale del Parco del Valentino, s’incon¬ 
trano, collegati da un portico grandioso, che fa 
cornice al magnifico monumento del principe 
Amedeo, due gruppi vastissimi di edifici, tra i 
più belli e piti grandiosi dell’Esposizione. 


Poste, Telegrafi e Telefoni 
comprende il passato ed i 


Anzitutto il Palazzo delle Feste e quello della 
Musica, collegati con gallerie alla Mostra del¬ 
l’Elettricità, a quella delle Meraviglie dell’Elet¬ 
tricità, al Padiglione del lavoro professionale. 

Il Palazzo delle Feste, suntuoso, con grande 
portale, decorato da statue, da due quadrighe 
e da ricche decorazioni pittoresche, ha nel cen¬ 
tro il salone dei concerti, od anfiteatro, di 33 m. 
di diametro, con ardita cupola alta 56 m. dal 
suolo, sostenuta da colonnati. Il Palazzo della 
Musica, più semplice, più piccolo, gareggia in 
eleganza con quello delle Teste. La Mostra mu¬ 
sicale, interessantissima, vi occupa 4000 mq. 

Sopra 20 000 mq. di arca sorgono appresso la 
Mostra dell'Elettricità e quella delle Meraviglie 
dell’ Elettricità. La prima comprende tutti gli 
apparecchi e le macchine attinenti all’elettricità. 
Nel secondo piano è disposta la Mostra del La¬ 
voro professionale ordinata per cura del Mini¬ 
stero di Agricoltura. 

A sud del monumento del principe Amedeo 
sorge il secondo gruppo di grandi edifici tra i 
quali prima si offre la immensa galleria delle 
macchine in azione, lunga 246 m. larga 80, con 
un’area di i6 8oomq. nella quale tutte le nazioni, 
oltre l’Italia, e specialmente la Trancia, la Ger¬ 
mania, l’Inghilterra ed il Belgio, espongono le 
loro macchine in movimento. Lo spettacolo è 
imponente, magnifico. 

L’attiguo Palazzo del Giornale, vasto e gran¬ 
dioso edificio in cemento armato, che copre 
un’arca di 6000 mq. e ha una facciata lunga 
io 5 m. con un salone centrale rettangolare alto 
23 m., di m. 22X80, coperto da una cupola mae¬ 
stosa e circondato da portico, sopravviverà al¬ 
l’Esposizione odierna, cosi come il Castello e il 
Borgo medioevale sono rimasti testimoni dei- 
fi Esposizione del T884. 

Il Palazzo d’Inghilterra, il più vasto tra quelli 
delle nazioni è uno dei più ricchi; sorge su 
20 000 mq. attorno alla fontana monumentale del 
Parco del Valentino, con una fronte curvilinea 
a colonne, portici, guglie e cupole, ed è la di¬ 
mostrazione eloquente della cordiale e larga par¬ 
tecipazione della nazione britannica alla grande 
festa italiana del lavoro e alla commemorazione 
del glorioso cinquantenario. 

Tra questo colossale gruppo di edifici e il 
fiume, sempre nel Parco del Valentino, sorgono 
il Padiglione di Russia, imponente e severo, con 
colonne doriche e cupola, e il Padiglione di Tur¬ 
chia di stile orientale-moresco con finestre bifore 
ad arco Tudor e pareti policrome. 11 Padiglione 
della Manifattura dei tabacchi, con un campicello 
sperimentale e una salina in azione, completa 
questo gruppo minore di mostre speciali nel¬ 
l’area del Valentino. 

Di là dal corso Dante, tra la sponda del Po 
e la cinta daziaria, sorge l’ultimo gruppo di edi¬ 
fìci sulla riva sinistra del fiume, incontro al 
gruppo che, nella località detta Pilonetto, forma 
il termine estremo meridionale dell’Esposizione 
sulla riva destra. 

Iale gruppo comprende: il Padiglione della 
Provincia di Torino con la Mostra dì tutti i ser¬ 
vizi provinciali: ospizi, manicomi, viabilità, fore¬ 
ste: il Ristorante Popolare (i 5 oomq.) capace di 
mille persone; la Mostra della grossa metallurgia 
(7400 mq.) ove sono esposti tutti i pezzi dì grossa 
fucinatura, alberi di acciaio, ruote dentate, ca¬ 
priate metalliche, magli, presse idrauliche, ecc. ; la 
Mostra ferroviaria (i8ooomq.) ove Francia, Ger¬ 
mania, Inghilterra c Belgio occupano ciascuna 
100 m. di binario e ove, insieme a locomotive, 
carri, carrozze, ecc., sono esposti saggi di officine, 
abitazioni, stazioni, apparecchi di manovra, ecc.; 
la Mostra dei lavori pubblici 1 4300'in q.) con tutto 
ciò che si riferisce alle opere e al materiale per 
la costruzione di strade ordinarie e ferrate, ca¬ 
nali, ponti, opere pubbliche in generale, ecc. 

Oltrepassato il ponte provvisorio, che parte 
dal piazzale dinanzi al Ristorante ^Popolare, si 
giunge sulla riva destra agli edifici del Pilonetto, 
ci 1 condati e intramezzati da aiuole, giardini e da 
un amplissimo piazzale fiorito, e riuniti in un 
giuppo immenso che copre un’area di 65 000 mq. 
Il ponte provvisorio sbocca dinanzi al grande 
coi tile d onore della Mostra degl’italiani all’estero 
e delle Industrie manifatturiere, formato dalla fac¬ 
ciata di questi edifizi collegati da colonnati. At¬ 
torno al piazzale si svolge un portico lungo 570 m. 
con avancorpi. Attraverso le colonne si vedono 
1 cortili e gli spaziosi giardini interni. N. B. 


50 années trioraphal succés: contre les TOU X usez des Pastilles Marche sini 



































U X A D ELLE SALE. 



/W 



Reparto s c o l t u r a. 


(Fot. Alemanni.) 


L’ammirato nudo dello scultore f’r ascese B e r. 


161 3 3 d INOlZISOdS3 3 3 















































I 4 2 


LI*: ESPOSIZIONI DEL 1911 



ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE 

GRANDI FESTE 
RIDVZIONI ECCEZIONALI di VIAGGIO 

i 


Il nuovo mani fusto per l’Esposizione di Torino 

lisegnato da Aldo Mazza e riprodotto dalla tipografia del dottor Chappuis di Bologna. 


‘ ' Se io fossi Re !... 

TORINO - ROMA - FIRENZE. 




(Notti a cor rispondenza.) 

11 maggio. 

Che cosa io farei se fossi Re non lo dirò qui 
subito; ma per far comprendere elio cosa farei 
io, se fossi Re, direi che cosa ha fatto il Re in 
questi primi dieci giorni di maggio. 

Re Vittorio con la regina Elena era a l'orino 
(ino dal 29 aprile: i due ultimi giorni di aprile 
furono, nella capitale, per i Sovrani due giorni 
di incessante fatica. Il i.° maggio, mentre le 
masse operaie se ne correvano liberamente alla 
campagna, il Re cominciava, alle 8 del mattino, 
col recarsi a visitare il nuovo palazzo della 

Scuola di guerra eretto 
in corso Vinzaglio; poi 
andava all’Esposizione a 
visitarvi la Mostra Eri¬ 
trea, che è appena siste¬ 
mata, e vi passava in rivi¬ 
sta la bella e caratteristi¬ 
ca compagnia di soldati 
indigeni eritrei (àscari) 
comandata dal tenente 
Pesenti. Dalla Mostra Eri¬ 
trea passava alla Mostra 
degl’ italiani all’ estero, 



parlando con molte e diverse persone; poi alla 
Mostra della Società Geografica Italiana, anche 
qui intrattenendosi con gli uni e con gli altri; 
poi entrava nella Galleria del Ministero per la 
Guerra, guidato dal tenente generale Porro a 
visitare minutamente tutte le singole stazioni, 
tutti i diversi stands , soffermandosi specialmente 
a visitare l’ospedale’da campo e l’ambulanza 
medica della Croce Rossa italiana, clic ha ivi 
allineati tutti i suoi mannequins di cera raffigu¬ 
ranti ufficiali, infermieri ed anche.... feriti!../ 

Poi il Re ha dovuto entrare nelle ampie gal¬ 
lerie della Mostra ferroviaria, tutt’altro che com¬ 
pleta, soffermandosi a visitarvi la Mostra ferro¬ 
viaria italiana. Da ultimo è entrato nella Galle¬ 
ria della Marina, tutto attentamente osservando; 
poi alle u è un quarto è salito in automobile 
e se ne è ritornato a palazzo. 

Quivi ha dovuto accordare varie udienze; dopo 
le quali ha potuto prendere anch’egli quel pasto 
semplice e consuetudinario che si chiama '‘co¬ 
lazione „ — poi ha dovuto esaminare varie pro¬ 
poste di onorificenze da distribuire nella gior¬ 
nata; e per le i5 ha dovuto trovarsi pronto con 
la Regina per intraprendere una nuova spedi¬ 
zione. 

In fatto alle i5.i 5 i sovrani, circondati dai pit¬ 
toreschi magnati ungheresi, da diplomatici e da 
ministri erano all’Esposizione, ad inaugurarvi il 
padiglione ungherese — molto bello — e ad 


udirvi un discorso in francese. Nella sala della 
magnifica città di Buda-Pest eranvi due albmns 
deAdsitatori da firmare, e Re e Regina l’hanno 
firmato; e nella sezione agricola i sovrani hanno 
dovuto bevere una coppa di vino di Tokai, of¬ 
ferta secondo il tradizionale costume magiaro. 

Vuotato il calice fino all’ultima goccia, i so¬ 
vrani hanno potuto salire per pochi minuti nel 
loro automobile per scenderne subito davanti al 
meraviglioso padiglione della Città di Parigi, 
dove, appena stesi sono stati letificati da tre 
brevi ma caldi, si proprio caldi, discorsi augu¬ 
rali, a cui il Re ha dovuto rispondere ringra¬ 
ziando; poi si sono avviati ad esaminare tutta 
la Mostra francese, mentre una musica nascosta 
perseguitava i sovrani col suono della marcia 
reale. 

Passata la Francia, ecco la volta della Germa- 
nia, — subito al di là del Ponte Monumentale, 
che i sovrani hanno attraversato a piedi. Anche 
nel severo e grandioso Padiglione della Germa¬ 
nia due discorsi. Poi accontentata la Germania, 
inaugurazione solenne della Regia Marina Ita¬ 
liana, ascoltando le spiegazioni di un gruppo di 
nostri ufficiali del Genio Navale. 

Erano quasi le 18, quando il Re Vittorio e la 
Regina Elena rientravano a palazzo reale ; atte¬ 
sivi da personaggi che avevano ancora qualche 
cosa da dire. Eppure dovevano abbisognare di 
un poco di riposo, di quiete. E il pranzo di fa¬ 
miglia?... E dopo il pranzo di famiglia, la toilcUc 
per il ballo. Sicuro, perchè vi era gran ballo al 
Circolo degli Artisti, ed i Sovrani hanno dovuto 
intervenirvi in forma solenne, arrivandovi alle 
22 precise, uscendone alle 23. io, e recandosi di¬ 
rettamente alla stazione di Porta Nuova, dove li 
attendeva il treno reale, che dopo dicci minuti 
filava per Roma. 

Per tutto riposo, una notte in treno — per 
quanto treno speciale e reale!... 


Viaggiare in treno reale deve essere un viag¬ 
giare ideale, ma è sempre viaggiare, ed il suo 
tempo ci vuole. Il treno reale arrivava a Roma 
alle i5.3o del 3: l’arrivo fu in forma privatis¬ 
sima — cioè alla stazione non c’era tutto il 
mondo ufficiale, ma un certo gruppo di perso¬ 
naggi, coi quali i Sovrani hanno dovuto intrat¬ 
tenersi, non mancava. E i giornalisti notarono 
che la Regina pareva un poco stanca per il viag¬ 
gio. Ma le fatiche non sono finite. | 

Il 4, nella mattina il Re —-soltanto il Re questa 
volta — ha dovuto recarsi in Campidoglio, sul 
Sacro Monte, nella cento volte veduta sala degli 
Grazi e Curiazi ad inaugurarvi il Congresso in¬ 
ternazionale della Stampa, e ad ascoltarvi tre 
discorsi solenni — di Luigi Luzzatti, di Guglielmo 
Singer, direttore del Wiener Tagblatt e presi¬ 
dente dell’ufficio internazionale della Stampa, e 
‘del sindaco Ernesto Nathan. Dopo i discorsi, 
congratulazioni e strette di mano reali. 

Il giorno 5 non vi fu a Roma nessuna ceri¬ 
monia pubblica, ma non si creda che il Re e la 
Regina, anche nel limite della loro vita consueta, 
non abbiano avute varie e molteplici occupa¬ 
zioni. 

Il 6 di buon mattino la Regina Elena ha ac¬ 
compagnate le principessine Jolanda c Mafalda 
ed il principino Umberto a Valle Giulia a visi¬ 
tarvi per quasi due ore le mostre artistiche 
giapponese e cinese. Poche ore dopo la Regina 
Elena ha dovuto intervenire col Re a Castel 
Sant’Angelo all'inaugurazione di una esposizione 
originalissima detta della “ Vita degli stranieri 
a Roma „. La città eterna è sempre stata, nei 
secoli, la città prediletta dagli stranieri, e in 
questa mostra è raccolto tutto quanto può illu¬ 
strare il soggiorno in Roma degli stranieri illu 
stri, dal cardinale di Polignac a Napoleone I.... 
che non fu mai a Roma!... I Sovrani hanno pas¬ 
sato in questa mostra curiosissima un paio d’ore. 
Poi nel pomeriggio hanno avuto il loro da fare 
a Palazzo, essendovi nei bellissimi giardini del 
Quirinale la garden party offerta da loro a 4800 
invitati per onorare i congressisti della Stampa. 

Dopo quattro ore di ricevimenti, di conver¬ 
sazioni mutevolissime, di frastuono si ha il di¬ 
ritto di essere stanchi; ma questo non è un di¬ 
ritto da sovrani. In fatto, dopo mezzanotte il 
Re e la Regina hanno dovuto recarsi in stazione 
e partire, nel loro treno per Firenze, dove sono 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI - Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO MEMBRO DELLA GIURIA 























LE ESPOSIZIONI DEL 191 i 


T O R I N O. IL P A I) I G L I O N E I) E L L A R USSI A. 


143 



Liberando la caratteristica facciata dalle ultime impalcature (disegno di L. Bompard). 



















Conte ili Bolon^hera Conte Delfino Or.si S. E. Calissano Jean l'arròrc 

Scgr t. Gener. del Comitato. Diretta Gazzella del Popolo. Min. Foste e Tel, del Figaro 

TORINO. I Giornalisti italiani e esteri intervenuti al banchetto offerto dai. Comitato dell’Esposizione (fot. Pomari). 


arrivati alio 9.30 del mattino del 7, cominciando 
immediatamente altri cerimoniali e ricevimenti, 
<• recandosi in forma ufficiale sulla verde, amena 
collina che scende in Mugnone ad inaugurarvi 
la deliziosa Esposizione Internazionale di Fiori 
e di Erutta.... benedetta da Dio con una pioggia 
incessante. 

Appena due ore sono state accordate ai So¬ 
vrani per asciugarsi dalla pioggia e fare un poco 
di colazione. Alle 14.30 hanno dovuto visitare, 
trattenendosi piuttosto lungamente, l’istituto fo¬ 
toterapico del professor Pelizzari; poi il Re si 
e recato alla Biblioteca Laurenziana, mentre la 
Regina visitava l'ospedaletto pediatrico Mayer ; 
e dopo, entrambi sono intervenuti alle Cascine 
alle corse al galoppo. Ere ore appena, hanno 
essi avute disponibili per il pranzo e per fare la 
toeletta della sera, poi subito dopo eccoli alla 
serata di gala al Politeama Nazionale, di dove 
si sono ritirati — e dovevano averne desiderio 
— alle 23 !... 

Altra giornata campale l’8 maggio: dalle 9 
alle 1 1 cerimonia nel secondo chiostro di Santa 
Croce per il collocamento della prima pietra 
della grande Biblioteca Centrale Nazionale, con 
audizione di due discorsi; nel pomeriggio visita 
al palazzo Davanzati, poi alla mostra retrospet¬ 
tiva di Belle Arti, poi al campo di aviazione; 
poi la sera dalle 22.3o a quasi mezzanotte in¬ 
tervento al gran ballo al Casino Borghese. 

11 9, dopo inevitabili udienze mattutine del 
Re, visita dei Sovrani dalle 10 a quasi mezzo¬ 
giorno, alla Mostra del Ritratto a Palazzo Vec¬ 
chio, previo discorso — breve e garbato — del 
sindaco Corsini; alle i 3 la Regina si è recata a 
visitare il patronato delle giovani operaie, ed il 


Re alla Galleria degli Uffizi, poi la Regina ha 
tenuto circolo a Palazzo Pitti, olfrendo il le a 
moltissime dame. Alle 18 da Palazzo Pitti i So¬ 
vrani si sono recati alla stazione, mentre dal¬ 
l'alto nello spazio salutavali il dirigibile Au¬ 
sonia bis, di Nico Piccoli e Celestino Usuelli. 

A mezzanotte i Sovrani — goduto il pranzo 
di famiglia nel loro treno - arrivavano a Roma, 
e, se Dio vuole, a quell’ora non vi era nessun 
altro ricevimento!... 

E così non vi pare giusto che io esclami: “Ah! 
se tossi Re.... „ abolirei tutte le cerimonie e le 
rappresentazioni, dando, forse, il maggior dolore, 
agli amatissimi sudditi!... 

Giorino. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

i maggio - Torino. Inaugurati dal Re il Padiglione Un¬ 
gherese, quello della Città di Parigi, il Palazzo Te¬ 
desco, il Villaggio Alpino, la Mostra della Marina. 

» Inaugurata la Mostra Svizzera delle Macchine Elet¬ 
triche; ed il Congresso degli Ingegneri. 

„ „ Tonni. Ritornati i Sovrani da Torino. 

4 « — In Campidoglio, presente il Re, con discorsi di' 
Luigi Luzzatti, di Paolo Singer e di Nathan, inaugu¬ 
rato il Congresso Internazionale della Stampa. 

„ „ Ialino. Nel teatro dei Salesiani in Valdocco inaugu¬ 
rato il Congresso degli studenti cattolici. 

» ii Inaugurata la Mostra temporanea degli animali ila 
cortile. 

ó „ Tonta. Gita del Congresso dei Giornalisti a Frascati. 

» 11 lonno. Al Congresso degli allievi ingegneri solenne 
commemorazione di Galileo Ferraris. 

6 „ Roma. Al Concorso Ippico chiusa la gara del cavallo 
d’Arme con la vittoria del cavallo " Camerata „ del 
tenente Lacava montato dal tenente Ubertalli, die 


vince la coppa donata dall’imperatore Francesco Giu¬ 
seppe. 

6 maggio - Roma. 11 Re in Castel Sant’Angelo inaugura l i 

Mostra della “ Vita degli stranieri a Roma „. Nel pomerig¬ 
gio nei Giardini del Quirinale garden party offerta dal Re 
al Congresso 
Internazionale i 
della Stampa. 

7 „ Firenze. Sulla 

collina c li e 
scende in Mu¬ 
gnone inaugu¬ 
ra t a d a i So¬ 
vrani la Mostra 
Internazionale 
di Floricoltura 
e di Frutticol¬ 
tura. 

8 „ — I Sovrani 

nel secondo 
chiostro di 
Santa Croce 
pongon la pri¬ 
ma pietra del- ! 
la nuova Bi- \ 
blioteca Cen¬ 
trale Naziona¬ 
le, progetto 
dell’ architetto 
Bazzani 

„ „ Roma. Sulla 
nave Romana 
all’ Esposizio¬ 
ne in Piazza 
d’Armi ban¬ 
chetto di chiu¬ 
sura del Con¬ 
gresso Interna¬ 
zionale dell a 
Stampa. 


UNICO AL 
VMONDO 





MARASCHINO 

LUXARDO! 


Edmondo De Amicis 


SPER ANZE e G LORIE 
LE TRE CAPITALI 

DUE LIRE (TORINO - FIRENZE - ROMA) DUE LIRE 


DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12 ; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68. 


Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza. 














































FASCICOLO io.' 


LE ESPOSIZIONI DEL tqi i 


r 4 5 


R () M A. L I N A U G U R AZI O N E 1) E L RADI G L I O N E R U S S O A V I G N A C A R T O N I 


March, di San Giuliano. 


Conto di San Martino. 








0?)w5f>2; 


* 3 * 


flyWU v i 




» <^>rv^ ^7 


(Riproduzione vietata.» 


I Sovrani con i Gran duchi visitano il Padiglione (disegno di A. Moiinari). 






































T 46 


LE E S F O S I Z I O N I DEL 1911 



Il corteo reale, col Re e la Granduchessa Paulowna, 


il Granduca Boris e la Regina, inaugurano il Padiglione Russo (fot. Molina»). 


Il Congresso Internazionale della Stampa, 


È stato chiamato il congresso dei congressi, 
il congressissimo per eccellenza. Anche a pre¬ 
scindere dalle questioni professionali che vi fu¬ 
rono trattate — le quali non interessano la grande 
massa del pubblico e mediocremente i giorna¬ 
listi, più pensosi delle cose altrui che delle pro¬ 
prie — il XV. 0 Congresso internazionale delle 
Associazioni di Stampa inaugurato ai primi di 
maggio a Roma, nel salone degli Grazi e Cu- 
riazi in Campidoglio, alla presenza del Re d’Ita¬ 
lia e delle piti alte cariche dello Stato, per il 
numero dei convenuti appartenenti a tutte le 
nazionalità, a tutte le razze, a tutte le tendenze 
religiose e politiche, per le svariate manifesta¬ 
zioni cui diede luogo, per la sua durata, per il 
carattere assunto nella sua seconda fase in cui 
si è trasformato in un pellegrinaggio di amore 
e dì devozione attraverso le principali contrade 
d’Italia, ha acquistato un’importanza e un signi¬ 
ficato speciali che vennero rilevati da tutti i 
principali organi d’oltr’Alpe e d’oltre mare. 

Un Congresso internazionale della Stampa, il 
sesto, era già stato tenuto a Roma nel 1899, 
mentre presiedeva alle sorti dell’Associazione 
della Stampa Italiana il compianto on. Bonfadini; 
ma in quell’occasione il convegno di tanti “prin¬ 
cipi dell’opinione pubblica „, come l’on. Luzzatti 
ha chiamato un po’ madrigalescamente i giorna¬ 
listi nel suo discorso inaugurale in Campidoglio, 
non poteva rivestire l’importanza del congresso 
tenuto in un’epoca come questa, che tutti vo¬ 
gliamo consacrata ai ricordi più solenni della 
patria e alle speranze più radiose. Giacché i 
giornalisti calati di questi giorni dalle diverse 
parti d’Europa, e alcuni anche dall’America e 
dall’Asia, si sono raccolti nell’Urbe e han visi¬ 
tato Napoli incantevole, Eirenze gentile, Torino 
industriosa e altri centri d’Italia, non soltanto 
per discutere i loro interessi e per altre ragioni 
professionali, ma per riconoscere e proclamare 
il meraviglioso fenomeno di una nazione gagliar¬ 
damente rifatta in cinquantanni di vita politica. 

Questi periodici convegni, promossi da quasi 
quattro lustri dall’ “ Union Internationale des As* 
sociations de Eresse „, collo stringere sempre 
più i legami di amicizia c di simpatia fra rap¬ 
presentanti di diverse nazioni, finiscono coll’ap- 
portare a risultati pratici, cui non sempre per¬ 
vengono gli ufficiali convegni diplomatici. 

Opportunamente l’on. Barzilai, presidente del¬ 
l’Associazione della Stampa Italiana e della Fe¬ 
derazione nazionale tra le Associazioni giornali¬ 
stiche, nel suo eloquente discorso di chiusura 
del congresso, osservò che sopra i protocolli 
del ministro degli esteri e gli affusti del mini¬ 
stro della guerra i giornalisti possono tenere, 
mercè le pagine di carta stampata, le sorti della 
pace e della guerra, della giustizia e dell'ingiustizia, 
della fratellanza e della discordia dei popoli. E 
nello stesso senso si espressero nei loro discorsi 
il ministro on. Di San Giuliano, l’on. Luzzatti e 
Guglielmo Singer, il venerato presidente del- 


1 ’ “ Union internationale de la Presse „ e presi¬ 
dente del congresso. 

Si deve principalmente al Singer, direttore della 
Neues Wiener Tagblatt, l’autorevole giornale vien¬ 
nese costante amico dell’Italia, se la grande as¬ 
sociazione giornalistica internazionale da lui pre¬ 
sieduta, tiene raccolte le file dei giornalisti di 
tutto il mondo, promuovendo quasi ogni anno 
importanti convegni, in cui va ognor più affer¬ 
mandosi il sentimento di solidarietà fra elementi 
i quali — pur mantenendo fede a principi di¬ 
versi — esercitano collo stesso fervore la tanto 
temuta e calunniata professione del giornalismo. 

Il Singer, il quale è un oratore fine, amabilissimo, 
pieno di tatto squisito, in uno dei suoi discorsi te¬ 
nuti a Roma volle ricordare che il primo statuto 
del grande sodalizio internazionale fu abbozzato 
da Eugenio Torelli-Viollier, il primo direttore- 
proprietario del “ Corriere della Sera „. Di fatti 
il Torelli-Viollier, che ricordiamo di aver avuto 
collega autorevole per vari anni nei consigli di¬ 
rettivi dell’Associazione Lombarda dei Giorna¬ 
listi, fu uno degli assertori più tenaci e convinti 
del principio di organizzazione e di solidarietà 
professionale. E ricordiamo anche che agli inizi 
della sua propaganda per la costituzione di una 
grande Federazione Giornalistica Internazionale, 
dovette lottare contro la diffidenza e lo scetti¬ 
cismo di molti colleglli, cui sembrava utopistica 
la realizzazione del progetto da lui vagheggiato. 

In omaggio alla verità-storica dobbiamo però 
rilevare che precursori dell'idea poi in gran parte 
attuata dal 1 orelli-Viollier furono due giorna¬ 
listi belgi, Goaemare de Kayser e Savino Flainz- 
man. Fu precisamente nel 1892, in occasione del¬ 
l'Esposizione di Anversa, che questi due gior¬ 
nalisti pensarono di federare le Associazioni di 
Stampa mediante un Comitato internazionale. 
L’idea sembrò allora prematura, e fu solamente 
alla successiva riunione di Londra, presieduta 
da Emilio Zola, che fu deciso il primo congresso 
delle associazioni di stampa tenuto poi ad An¬ 
versa. 

Gettate le basi dell’iniziativa, Guglielmo Singer, 
coadiuvato da \ ictor Taunay, l’operosissimo se¬ 
gretario generale del “ Bureau Central de la 
Presse „, e da altri volenterosi, col suo senso 
pratico, il suo tatto e la sua energia riuscì a 
dare consistenza e a far prosperare il grande 
sodalizio, raccogliendo sempre nuove adesioni. 

Al congresso di Anversa seguirono i congressi 
di Budapest, di Stoccolma, di Lisbona ed" altri 
in altri centri d’Europa, e negli ultimi anni quelli 
di Bordeaux, di Berlino, di Londra. 

I soci federati sono ora complessivamente quin¬ 
dicimila, dei quali circa millecinquecento italiani. 
I nostri delegati presso il Consiglio direttivo 
dell’Unione sono i colleghi Ottorino Raimondi 
e Vittorio \ ettori. L’ “ Union Internationale de 
la Presse „ ha anche il suo bravo tesoriere, lo 


Schweitzer, redattore, se non erro, della Frank¬ 
furter Zeitung : egli non si limita ad ammini¬ 
strare le finanze dell’ente, ma prende parte viva 
ai congressi con relazioni e discorsi, nonché ai 
banchetti con brindisi in tedesco accolti da al¬ 
tissimi hoch ! hoch! 


I lavori del congresso, tenuti nell’ampia e fa¬ 
stosa sala dell’Associazione della Stampa Ita¬ 
liana, in piazza Colonna, furono esauriti in tre 
o quattro sedute nè lunghe nè faticose. Eppure, 
a giudizio anche di esperimentati habitnes di 
congressi internazionali, il congresso di Roma 
fu uno dei più laboriosi. Non oserei dire però 
che riuscì molto conclusivo. Del resto, in tutti i 
congressi in generale e in quelli internazionali 
in particolare basta porre dei principi che de¬ 
vono poi essere raccolti ed elaborati da speciali 
organi competenti. 

Si discusse dell’abolizione del “ foro ambu¬ 
lante „ e del “ segreto professionale „ dei gior¬ 
nalisti, del duello fra giornalisti per questioni 
di stampa e del duello nei rapporti dei tribu¬ 
nali arbitrali professionali, del funzionamento dei 
Collegi dei probiviri nel giornalismo e dello svi¬ 
luppo degli istituti di previdenza a favore dei 
giornalisti. 

Sul funzionamento dei probiviri ha presentato 
una lucida relazione Andrea Cantalupi, il dotto 
giornalista-giurista, che nella materia si è fatta 
una speciale competenza. 

Circa la previdenza vennero avanzati molti 
progetti fra i quali quello di una grande Cassa 
federale internazionale. In materia di previdenza 
qualche cosa si comincia a fare anche in Italia: 
oltre la Cassa Pia dell’Associazione della Stampa 
Italiana, che ha un patrimonio di oltre un mi¬ 
lione e mezzo, e la Cassa Pia dell’Associazione 
della Stampa Subalpina, la quale ha cominciato 
a funzionare di recente dando al suo primo pen¬ 
sionato 1200 lire annue, stanno sorgendo, mercè 
l’iniziativa della Federazione tra le Associazioni 
Giornalistiche italiane, una decina di altre casse 
di previdenza a favore dei giornalisti. Ma siamo 
ancora lontani dai risultati ottenuti in Austria e 
in Germania, dove i giornalisti, agitando la ban¬ 
diera della mutualità, sono riusciti ad assicurarsi 
una vecchiezza tranquilla e serena. 

Non credo di calunniare i miei colleglli affer¬ 
mando che mentre ai lavori del congresso il nu¬ 
mero dei giornalisti era limitato, a tutte le altre 
manifestazioni del programma organizzato da 
una speciale Commissione Esecutiva — ricevi¬ 
menti, banchetti, serata di gala, gite, ecc. — i 
congressisti erano quasi sempre alt grand com¬ 
piet. 11 segretario generale del Comitato ordi¬ 
natore del Congresso, l’onorevole Enrico Buo- 
nanno — un collega precipitato, come parecchi 
altri, nell’aula di Montecitorio dalla tribuna della 















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


i47 



R O M A. I Congressisti della Stamp a (schizzi di G. Biàdene). 


stampa — doveva premunirsi in tutti i modi 
contro gli assalti e le richieste di biglietti d'in¬ 
vito da parte di congressisti autentici e anche 
di congressisti improvvisati. Poiché niente è più 
facile della professione di congressista: poeta 
si nasce, .congressista si diventa da un minuto 
all’altro. 

Le sale dell'Associazione della Stampa furono 
animate per parecchi giorni da una folla cosmo¬ 
polita che faceva ressa agli sportelli dell'ufficio 
postale-telegrafico e a quello dei reinsegnemcnls, 
impiantati appositamente per iniziativa di Giulio 
Norsa e in cui lo stesso Norsa, Gustavo Nesti, 
Vettori, Raimondi, De Fiori ed altri colleghi fa¬ 


cevano per turno i postelegrafici, gli interpreti 
e.... i fattorini. 

A quale spirito di abnegazione conduce la so¬ 
lidarietà di classe! 

Le onoranze ai congressisti — cui contribuì 
il governo anche con opportune concessioni spe¬ 
ciali — riuscirono veramente sontuose. Oltre a 
ricevimenti e a serata di gala, i congressisti fu¬ 
rono invitati anche a una gar-den party ne.\ Giar¬ 
dini del Quirinale: Re Vittorio, spirito acuto e 
sagace, volle attestare con questa manifestazione 
la sua deferenza alla stampa, questa sovrana del 
mondo moderno. 

Meravigliosamente fantastico il banchetto sulla 


Nave Romana sorta per incanto a Piazza d’Armi ; 
al quale assistettero circa settecento commen¬ 
sali; alla tavola d’onore sedevano sette ministri 
e quattro sottosegretari: l’on. Barzilai, che si 
trovava nel mezzo, sembrava funzionare da pre¬ 
sidente del Consiglio. 1 Non mancava che l'onore¬ 
vole Marcora munito di campanello, e l'illusione di 
una Camera di deputati con relative suffragette 
— giacché erano presenti anche molte signore — 
poteva dirsi completa. 

Finito il congresso a Roma, i congressisti si re¬ 
carono a.Napoli, a Firenze, a Torino : dovunque 
i “ principi dell’opinione pubblica „ hanno avuto 
accoglienze regali. Giovanni Biàdene. 
























148 


LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 1 









DESCRI T T A 1) A 




TORINO 


E. De Amicis 


—"^>[o]l«][sK? t: 



Veduta del Monte dei Cappuccini (fot. Pedrini). 


(Continuazione e fine.1 

Ma lo spettacolo, sempre bellissimo, è me¬ 
raviglioso verso sera, quando la luce calda 
del tramonto retrocede di altura in altura, e 
tutte le terribili punte si disegnano a contorni 
bruni sul cielo purpureo, come le guglie d’una 
città favolosa sullo splendore d’un incendio, e 
quando tutto il grande cerchio delle montagne 
essendo già immerso nell’ombra, il monte Rosa 
solitario brilla ancora della sua bella luce rosata, 
come se vi battesse il raggio d’un altro sole, c 
le sue cime gloriose fossero privilegiate d’un’au¬ 
rora eterna. Il forestiero deve cogliere quel mo¬ 
mento, quando è tutto compreso della bellezza 
formidabile delle Alpi, e di quel sentimento af¬ 
fettuoso e triste che si prova ai confini della 
patria, per procurarsi uno dei più piacevoli ef¬ 
fetti di contrasto che presenta forino. Deve sa¬ 
lire in una carrozza, e farsi condurre rapida¬ 
mente, per la via più diritta, sulla riva sinistra 
del Po. Là era il poema, qui è l'idillio, davanti 
al quale il pensiero, che già vagava al di là delle 
Alpi, ritorna tutto verso f Italia. E un paesag¬ 
gio tutto verde, pieno di grazia, e un po’ tea¬ 
trale, tanto ogni sua parte è in vista, si mostra, 
si porge quasi allo sguardo, e par che tradisca 
f intenzione d'un artista, più che l’opera della 
natura. Le colline schierate sulla sponda oppo¬ 
sta, s’avanzano sul fiume, si ritirano, si dispon¬ 
gono ad anfiteatro, si risospingono innanzi, s’in¬ 
nalzano le une sulle altre, a curve leggiere e 
gentili, che si fanno accompagnare con uno 
sguardo carezzevole e con un atto di consenso 
del capo: coperte di vigneti, ombreggiate di bo¬ 
schetti di pini, sparse di case e di ville, non 
tanto fitte da toglier loro la grazia della solitu¬ 
dine campestre; simili qua e là nella vegetazione 
e nelle forme a certi tratti delle colline del Bo¬ 
sforo e del Reno. Una schiera di case da vil¬ 
laggio si stende lungo la riva; da una parte il 
Castello del Valentino specchia nelle acque le 
sue mura severe e i suoi tetti acuti, e il fiume 


s’allunga fra due sponde romite, che si curvano 
in mille piccoli seni folti di salici e d’ontani; 
dalla parte opposta il paesaggio s’apre in una 
grande chiarezza, e s’alza in disparte a grandi 
curve riposate e superbe, la collina di Superga, 
coronata della sua Basilica solitaria, accesa dal 
sole. Lo strepito d’un molino, il mormorio d’una 
cascatella del fiume e le voci delle lavandaie 
inginocchiate lungo le sponde, sono i soli rumori 
che turbino il silenzio di quel vasto giardino 
pieno di gentilezza e di pace, dinanzi al quale 
il più prosaico Prudhomme torinese si arresta, 
ammirando. E il vecchio Po, largo c lento, spande 
in mezzo a quella gentilezza la poesia guerriera 
dei suoi ricordi e delle sue glorie. 


Ma non ha visto Torino chi non ha visto i 
suoi sobborghi, ciascuno dei quali ha un carat¬ 
tere suo proprio, non abbastanza osservato, forse, 
neppure dagli stessi Torinesi. C’è da fare un 
giro curiosissimo, partendo da San Salvario, e 
andando su per l’antica Piazza d’Armi e per il 
Borgo San Donato, fino a Borgo Dora. Il Borgo 
San Salvario è una specie di piccola city di 'fo¬ 
rino, dalle grandi case annerite, velato dai nu¬ 
voli di fumo della grande stazione della strada 
ferrata, che lo riempie tutto del suo respiro af¬ 
fannoso, del frastuono metallico della sua vita 
rude, affrettata e senza riposo; una piccola città 
a parte, giovane di trentanni, operosa, formi¬ 
colante di operai lordi di polvere di carbone e 
di impiegati accigliati, che attraversano le strade 
a passi frettolosi, fra lo scalpitìo dei cavalli co¬ 
lossali e lo strepito dei carri carichi di merci 
che fan tintinnare i vetri, barcollando fra gli 
omnibus, i^ tramvai e le carrette, sul ciottolato 
sonoro. L aspetto del sobborgo è ancora tori¬ 
nese, ma arieggia la “ barriera „ di Parigi. I 
portici sono affollati di gente affaccendata, che 
si disputa lo spazio; le scale delle case risuo¬ 
nano di passi precipitosi ; nei caffè si parla d’af¬ 
fari; tutto dà l’indizio d’una vita più concitata 


che nelle altre parti di Torino. E una piccola 
Torino in biouse, che si leva di buon’ora, e la¬ 
vora coll’orologio alla mano, senza perdere tem¬ 
po; che frequenta il teatro Balbo, passeggia sul 
Corso del Re e va a prendere la tazza al caffè 
Ligure, allegra e chiassosa la sera, democratica, 
un po’ rozza, .piena di buone speranze, ariosa e 
pulita, un po’ affaticata, ma che par contenta di 
sè, in mezzo alla verzura e ai larghi viali che le 
fanno corona, davanti alla stazione che l’assorda 
coi suoi fragori e i suoi sbuffi di gigantesca of¬ 
ficina. 

Di là andando su per il Corso Vittorio Ema¬ 
nuele, si arriva nella vecchia Piazza d’Armi, in 
mezzo a una cittadina nata ieri, a una specie di 
giardino architettonico, pittorescamente disordi¬ 
nato, dove ogni settimana sboccia una casa; 
dove si ritrova l 'Hotel dei Campi Elisi, la palaz¬ 
zina del Viale dei Colli, la villetta genovese, il 
casino svizzero, un vero visibilio di capricci sfar¬ 
zosi, ognuno dei quali par la protesta d’una bella 
signora contro l’antica tirannia dell’architettura 
regolamentare. Le strade strette e discrete, in 
cui il silenzio non è interrotto che raramente 
dal rumore di qualche carrozza privata, si bifor¬ 
cano e serpeggiano fra i muri variopinti e le 
cancellate eleganti dei giardini, girando intorno 
alle case mute in curve rispettose e cortesi, e 
formando dei crocicchi simpatici, da cui si ve¬ 
dono qua e là spicchi obliqui di villette lontane, 
terrazze a balaustri, piccoli portici, giardinetti 
d’inverno coperti di vetrate, padiglioncini e chio- 
schetti coloriti; dietro ai quali appaiono e dispa¬ 
iono livree di cocchieri e cuffiette bianche di 
governanti. Si dimenticherebbe di essere a To¬ 
rino, se tutti quei tetti acuti, quei cornicioni 
frangiati, quei camini di forme graziose e biz¬ 
zarre, non si disegnassero sulla bianchezza delle 
Alpi. ^ un quartiere ridente, misto di città e di 
campagna, pieno di fragranze d’erbe e di fiori, 
con un leggero color di mistero, un po’ femmi¬ 
neo, che fa venir sulle labbra dei versi di Al¬ 
fredo de Musset, e sveglia mille fantasie volut- 


50 années triomphal suecés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 


















































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


49 


diose di amori aristocratici, di scalette di seta 
e di duelli all’ultimo sangue nel silenzio dei giar¬ 
dinetti chiusi, al chiarore della luna. I giovani 
romanzieri di I orino si serviranno largamente, 
senza dubbio, nei loro romanzi avvenire, di que¬ 
sta piccola città pomposa e gentile; e intanto 
essa s allarga rapidamente, e si popola da ogni 
parte, aspettando il Re gigantesco destinato a 
torreggiare sulle sue case. 

Poco lontano di là, girando a destra, tutto 
cambia: s’entra in una città militare. L’Arsenale, 
i Magazzini di Artiglieria, il Laboratorio pirotec¬ 
nico, 1 Opificio militare meccanico, la Cittadella, 
la grande Caserma della Cernaia, si stendono in 
una lunga catena da piazza Solferino a piazza 
San Martino, e dànno a quella parte della città 
un aspetto tutto soldatesco, completato dai tre 
monumenti guerreschi del Duca di Genova, di 
Alessandro Lamarmora e di Pietro Micca, che 
brandiscono le spade e la miccia. Qui a certe 
ore del giorno par d'essere in una città forte, 
in tempo di guerra. 1 coscritti fanno l'esercizio 
sui viali e sulla piazza Venezia, per le stranie 
passano i picchetti di guardia, i carri dei viveri 
e le vetture d'ambulanza, passano ordinanze del 
treno a cavallo e ordinanze di fanteria coi bimbi 
degli ufficiali per mano; escono frotte di cara¬ 
binieri dalla Cittadella, stormi d'ufficiali dalla 
Scuola d'equitazione, sciami d'operaie dagli opi¬ 
fìci militari; e qualche volta, mentre l’Arsenale 
d’artiglieria riempie le strade vicine dei suoi ru¬ 
mori minacciosi, dal Laboratorio pirotecnico si 
sentono delle detonazioni, la Caserma della Ccr- 
naia echeggia di canti e squilli di tromba, le 
bande dei reggimenti passano suonando, e le 
macchine a vapore del genio militare percorrono 
le strade, facendo tremare le case. Compiscono 
il quadro i vecchi ufficiali giubilati che leggono 
la gazzetta all’ombra dei platani, e le lunghe 
processioni di figlie di militari, vestite di nero 
e d’azzurro, che passano sui viali, in doppia fila, 
per ordine di statura. Tutto quel quartiere di 
Forino piglia colore dall’esercito. Sotto i portici 
ci son le piccole trattorie che tengon pensione, 
affollate d'ufficiali verso rimbrunire, camere mo¬ 
biliate e libere ai mezzanini, gran quadri di fo¬ 
tografi, pieni di militari puliti e lustri, voltati 
tutti dì prospetto, piccoli banchi di merciaiuoli, 
dove il soldato va a comprare lo specchietto, la 
pipa, il foglio di carta da lettera e la matassina 
di filo, e pilastri tappezzati di giornali popolari 
illustrati, per ingannare il tempo nel corpo di 
guardia e nella stanza di picchetto. La popola¬ 
zione ha pure il suo carattere speciale. La gente 
di bottega conosce i segnali delle trombe e gli 
orarii, le erbivendolo parlano di "traslocazioni 
di corpi,, e di “campi d’istruzione,,, e i mo¬ 
nelli fischiano le arie della ritirata. È una pic¬ 
cola Torino in armi, balda ed allegra, nella quale 
s’incontra una sentinella a ogni passo, e si cam¬ 
mina, la notte, sotto una perpetua minaccia del 
chi va là; bella e pittoresca sopra tutto di notte, 
coi suoi lunghi muri silenziosi, coi suoi vasti 
cortili nascosti, quando la luna batte sui merli 
della grande caserma di Alfonso Lamarmora, e 
pende 

Cornine un point sur un i 

sul carabiniere solitario, ritto davanti al suo ca¬ 
sotto, sopra gli spalti deserti della Cittadella ad¬ 
dormentata. 

Andando innanzi verso ponente, oltrepassato 
il Borgo di San Donato, che s’allunga sopra una 
strada sola, pigliando gradatamente l’aspetto di 
un villaggio grazioso, si entra per il Corso Prin¬ 
cipe Eugenio, in una parte di 1 orino stranissi¬ 
ma, poco nota, nella quale la città si perde nella 
campagna: e dove son raccolti i principali isti¬ 
tuti di beneficenza, fra cui il Ritiro del Buon 
Pastore, l’Ospedale di San Luigi, il Manicomio, 
lo Stabilimento di don Bosco, l’Ospedale di Cot- 
tolengo; edifizi chiusi e muti, dall’aspetto di con¬ 
venti e di carceri, colle persiane rovesciate, coi 
finestrini ingraticolati, con porte e porticine sbar¬ 
rate, che dànno al luogo l’aspetto misterioso 
d’un quartiere di città orientale. Qui vive un 

"ermi, di vecchi, di tra¬ 
viate, di preservande, di 
ragazze abbandonate, di 
bimbi senza parenti, di 
giovinetti poveri, di mae¬ 
stre e di suore che pre¬ 
gano , soffrono, studia¬ 
no, lavorano, si pre¬ 
parano alla vita e alla 
morte, separati dal mon¬ 
do, nel raccoglimento se¬ 
vero della loro piccola 
città solitaria. Le strade 
sono quasi deserte. Pas¬ 


sano delle carrozze colle tendine calate, s’incon¬ 
trai! dei preti, qualche monaca, dei poveri, si 
sentono canti di bambini, echi lontani di litanie, 
rumori di porte interne aperte e chiuse cauta¬ 
mente, e tintinnii di campanelli di parlatori, a cui 
seguono dei silenzi profondi. Tutto spira pace, 
rassegnazione e penitenza. Chi passa di là ab¬ 
bassa la voce, senz’avvedersene; scorda la 'Fo¬ 
rino rumorosa del lavoro e dei piaceri, e si ab¬ 
bandona, rallentando il passo, alla meditazione 
dei dolori e delle miserie umane, punto da una 
curiosità triste di penetrare in quei recinti se¬ 
veri, d’interrogare quelle sventure, di scrutare 
quel mondo sconosciuto e nascosto, a cui tanta 
gente pietosa consacrò la vita e la fortuna. E alla 
tristezza di quel quartiere singolare, corrisponde 
la campagna circostante, piana c silenziosa, spe¬ 
cialmente d’inverno, all’ora del tramonto, quando 
al di sopra delle case e dei campi coperti di 
neve, già immersi nell’ombra azzurrina della sera, 
scintilla ancora sotto l’ultimo raggio del sole 
l’alta statua dorata di Maria Ausiliatrice, ritta 
sulla cupola della sua chiesa solitaria, colle brac¬ 
cia tese verso le Alpi. 

Proseguendo di là per il Corso San Massimo 
s’arriva nella grande piazza ottagonale di Ema¬ 
nuele Filiberto. Ma per vederla in tutta la sua 
bellezza bisogna capitarvi una mattina di sabato, 
d’inverno, in pieno mercato. Uno Zola torinese 
potrebbe mettere li la scena di un romanzo in¬ 
titolato Il ventre di Tarino. Sotto le vaste tet¬ 
toie, fra lunghe file di baracche di mercanti di 
stoffe, di botteghini di chincaglierie e d’esposi¬ 
zioni di terraglia all’aria aperta, in mezzo a monti 
di frutta, di legumi e di pollame, a mucchi di 
ceste e di sacelli, tra il va e vieni delle carrette 
che portai! via la neve, tra il fumo delle casta¬ 
gne arrosto e delle pere cotte, gira e s’agita 
confusamente una folla fitta di contadini, di ser¬ 
vitori, di sguatteri, di serve imbacuccate negli 
scialli, di signore massaie, di ordinanze colla ce¬ 
sta al braccio, di facchini carichi, di donne del 
popolo c di monelli intirizziti, che fanno nera la 
piazza. Intorno ai banchi innumerevoli è un al¬ 
ternarsi affollato e continuo di offerte e di ri¬ 
fiuti, di discussioni a frasi secche e tronche, di 
voci di meraviglia e di sdegno, di apostrofi e 
di sacrati, che si confondono tutti insieme in un 
mormorio sordo e diffuso, come d’una moltitu¬ 
dine malcontenta. Là bisogna andare per vedere 
le erbivendole famose, formidabili di tarchiatura, 
di pugni e di lingua, e per studiare la potenza 
insolente del vernacolo, la ferocia spietata del¬ 
l’ingiuria plebea, il lazzo che schiaffeggia, il sar¬ 
casmo che leva la pelle, strazia la carne e incide 
le ossa. Da una parte c’è il mercato delle con¬ 
tadine, venute da tutte le parti della provincia, 
partite a mezzanotte dai loro villaggi per arri¬ 
vare in tempo a pigliare un buon posto a de¬ 
stra o a sinistra d’un viale fiancheggiato di pla¬ 
tani; e son là schierate, ritte o sedute, colle loro 
derrate esposte su mucchi di neve sudicia, strette 
le uno alle altre come per tenersi calde, inzoc¬ 
colate, imbottite, infagottate, fasciate di pezzuole 
e di scialli, con guanti di cenci, con fazzoletti 
attorcigliati intorno alla fronte, con cappelli da 
uomini sul capo, con vecchi mantelli da carret¬ 
tieri sulle spalle, e lo scaldino fra le mani, coi 
nasi e i menti pavonazzi, e in mezzo a loro passa 
la processione accalcata e lenta dei compratori. 
Qui un pretucolo soffia tra le penne di un pollo 
per scoprire le polpe, là una vecchia signora 
cogli occhiali guarda le uova ad una ad una di 
contro alla luce, più in là un vecchio celibe, ac¬ 
compagnato dalla cuoca colla sporta, scruta un 
formaggio colla lente; da ogni parte si tasta, si 
palpa, si soppesa, si fiuta, si disputa, in un tuono 
di lamento stizzoso, gesticolando coi cavoli in 
mano, brandendo i cardi, scotendo le galline, 
gettando negli orecchi di chi passa frammenti 
eli dialoghi monosillabici, che fanno indovinare 
dei tira tira d’un’ora per un centesimo, delle eco¬ 
nomie disperate, delle avarizie rabbiose, delle 
miserie segrete di famiglie decorose, tutte le 
durezze e le angoscie della gran lotta per la vita. 
Passano delle signore eleganti, dei grossi bor¬ 
ghesi buongustai, dei cuochi tronfi e sprezzanti, 
delle cameriere padrone, dei curiosi allegri, una 
folla continuamente cangiante, fra cui si fanno 
largo ogni specie di rivenditori ambulanti, vecchi 
decrepiti, bambine, mostriciattoli col botteghino 
al collo, che offrono un almanacco, un tartufo, 
due limoni, una catenella d’acciaio, un pezzo di 
tela, facendo un vocìo assordante, dominato dalla 
voce stentorea del venditore della Cronaca dei 
tribunali e della cantilena funebre del sacrestano 
che scuote un bossolo domandando l’elemosina 
per le anime del Purgatorio. Per tutta la piazza 
è un affaccendamento e un rimescolìo rumoroso, 
un farsi e un disfarsi continuo di crocchi in¬ 



torno a carrozze di cavadenti, a venditori di 
specifici, a strimpellatori di violino, a banditori 
d’incanti, a ciarlatani cappelluti che raccontano 
storie di delitti, davanti a grandi quadri rosseg¬ 
giami di sangue, a teatrini da burattini, rizzati 
in mezzo alla neve, a grandi fiammate di paglia, 
accese dai fruttaiuoli infreddoliti per sgranchirsi 
le membra. E non si può dire quant’è pittoresca 
e bizzarra quella confusione di gente e di cose, 
di lavoro e di festa, di città e di campagna, vi¬ 
sta a traverso la nebbia della mattina, che lotta 
ancora col sole, in mezzo a quei grandi alberi 
sfrondati, imperlati di brina. 

D’infondo alla piazza, scendendo per una gra¬ 
dinata, si riesce in una larga strada ricurva, che 
va verso la Dora, davanti a un altro spettacolo 
curiosissimo. La strada è tutta da un capo al¬ 
l’altro una sola enorme bottega di rigattiere al¬ 
l’aria libera, un’esposizione grandiosa e superba 
di miserie, di cui non è possibile farsi un’im¬ 
magine fuorché supponendo die un intiero quar¬ 
tiere di Forino, invaso da un furore di distru¬ 
zione, abbia rovesciato giù dalle finestre tutte le 
masserizie delle sue case, dai solai alle cantine, 
sino all’ultima carabattola dell’ultimo armadio. 
E tutto è ordinato, pulito, messo in vista, con 
una cura scrupolosa, come la merce più rara, e 
accanto a ciascuna delle cento rigatterie, elle 
formano quell’interminabile bazar di cenci e di 
tritumi, siede il venditore meditabondo, appog¬ 
giato alla sua carretta, in atteggiamento filoso¬ 
fico, cogli occhi fìssi sulle rovine da cui ricava la 
vita. La varietà e la stranezza degli oggetti è me¬ 
ravigliosa. iì. una confusione di cose e d’avanzi di 
cose da far impazzire il disgraziato che ne do¬ 
vesse far l’inventario. La pianeta del prete, il 
cappello sfondato del bersagliere, la marionetta 
rotta del teatrino di San Martiniano, la veste di 
seta lacerata al teatro Scribe, la serratura del 
cinquecento, il romanzo incompleto di Eugenio 
Sue, il chiodo rotto, il basto dell’asino, il qua¬ 
dro a olio, il berretto piumato del tenore, denti 
finti, spille scapocchiate, padelle senza manico, 
elmi, mappamondi, gambe di tavola, spogli d’al¬ 
cove, di salotti, di studi d’avvocato, di soffitte, 
d’officine, di taverne, muffiti, sbrindellati, rosic¬ 
chiati dai topi, bucati dalle tignole, marciti dalla 
pioggia, smangiati dal fango, consunti dalla rug¬ 
gine, senza colore, senza forma, senza nome, 
senza prezzo; c’è tutto quello che il mare agi¬ 
tato della vita umana rigetta da sè, tutto quello 
che la mente può immaginare di più miserabile, 
di più inutile, di più spregevole, di piii rifinito 
e di piti snaturato dal tempo, dall’uso e dalla 
violenza. In quello strano mercato comincia il 
lavoro nel cuor della notte, al lume delle lan¬ 
terne, e comincia la folla allo spuntare dell’alba. 
Là va la sartina, furtivamente, a cercare lo scialle 
smesso; ci va il padre di famiglia corto a quat¬ 
trini, a comprare il lume a petrolio; ci va l’ar¬ 
tista a scovar l’abito per il modello, ci va l’an¬ 
tiquario, il bibliomane, l’attore spiantato, l’ebreo 
rigattiere, una processione di collettori di bagat¬ 
telle e di curiosi d’ogni specie, impazienti tutti 
d’arrivare i primi a pescare in quel mare magno 
in cui si nascondono qualche volta dei tesori 
ignorati e delle piccole fortune impreviste; e tutti 
girano e cercano avidamente fino a giorno alto, 
in mezzo a un via vai di contadini e contadine 
che contrattano dei panni logori, di ceticiaiuoli 
girovaghi, carichi di stivali sdrusciti e di pentole 
fesse, di facchini, di raccoglitori di cicche e di 
carte, di guardie municipali, di donne di servi¬ 
zio, di bottegai, di sensali, che fluttuano in due 
opposte correnti fra il mercato dell’erbe e il gran 
pandemonio della piazza vicina. 

Chi ha fatto questo giro, e s’è ancora spinto 
poi, per il corso San Maurizio, fino in faccia al 
Borgo Po, che chiude come un graziosissimo sce¬ 
nario il grande palcoscenico della piazza Vitto¬ 
rio Emanuele, ha visto la città di Torino. Ma 
gli resta da studiare il movimento e l’aspetto 
della popolazione, che c pure curioso. 11 più 
grosso torrente della vita scorre dalla stazione 
di Porta Nuova fino a piazza Castello, dove 
arriva gonfiato dall’affluente di via Santa Te¬ 
resa; e là si rispande per via di Po e per via 
Doragrossa, e serpeggia in mille rigagnoli per 
le vie strette della vecchia Torino, fino al gran 
lago ondeggiante della piazza Emanuele Fili- 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI * Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
[FUORI CONCORSO AEttBRO DELLA GIURIA 















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


i 5 o 


berto. La gente si perde nella vastità delle 
piazze, dove non si vedono che rari nantes ; 
presenta un aspetto generale d’eleganza nell’ul¬ 
timo tratto di via Roma e sotto i portici, e pi¬ 
glia gradatamente un colore modesto e popolano, 
via via che scende verso il fiume o risale verso 
i quartieri di settentrione o di ponente. L’ordine 
è nella folla come nell’architettura : passa una 
processione a destra e una processione a sini¬ 
stra d’ogni strada, l’una opposta all’altra: da 
una parte non si vedono che nuche, dall’altra 
non si vedono che visi. Certi personaggi si suc¬ 
cedono con una frequenza che si nota subito : 
il vecchio giubilato, sbarbato e pulito, che va 
rasente il muro, il giovane ufficiale d’artiglieria 
della scuola d’applicazione, lo studente vestito 
con una certa sprezzatura d’artista, la sartina 
dal corpicino snello e asciutto, con quattro cenci 
addosso, messi con garbo signorile, e aggra¬ 
ziati da un’andatura capricciosa insieme e com¬ 
posta; l’operaio di statura media, d’aspetto rude, 
di membra solide, di movimenti da soldato; 
l’uomo nuovo, l’industriale, il commerciante, l’a¬ 
gente d’affari, fra i trenta c i quarant’anni, tra¬ 
scurato nel vestire, di viso serio, grigio innanzi 
tempo, leggermente invermigliato dal Barolo 
vecchio, col sigaro di Cavour spento fra le dita 
della mano inquieta, e un pensiero fisso sulla 
fronte; il grosso padre di famiglia, borghese 
benestante, con un viso benevolo, che rivela 
poche idee, ma quelle poche nette e salde, e 
inchiodate profondamente nel cervello, nella co¬ 
scienza e nel cuore ; e tratto tratto qualche si¬ 
gnora alta, sottile e bianca, coll’occhio azzurro 
e il piede patrizio, che fa col suo mantello di 
velluto nero una macchietta vigorosa e pomposa 
nel grigio volgare della folla. Tutti camminano 
guardando diritto davanti a sè ; si discorre 
senza rallentare il passo ; poche conversazioni 
ad alta voce; nessuna apostrofe da un lato al¬ 
l’altro della strada ; si parla a mezza voce, a 
frasi spedite, gesticolando in uno spazio circo¬ 
lare di non più di due palmi di raggio, e risa¬ 
lendo prontamente sul marciapiede, per forza 
d’abitudine, ogni volta che s’è stati costretti a 
discendere. E già, nelle strade frequentate, si 
vede, come nelle grandi città del nord, una 
specie di gara ad arrivare i primi, a lasciarsi 
indietro chi ci cammina accanto, come se ogni 
vicino fosse un concorrente in affari. Tutte le 
scorciatoie sono utilizzate, si scantona rasente i 
muri, si attraversa la strada di corsa, s’ inse¬ 
guono i tranvai, si fa folla agli incrociamenti 
delle carrozze e dei carri, e si apostrofano car¬ 
rettieri e cocchieri con voci e gesti impazienti 
di gente clic ha i minuti contati. Ma una certa 
apparenza di gentilezza corregge il carattere un 
po’aspro di quella vita frettolosa di città indu¬ 
striale. I saluti sono premurosi, i cappelli si ab¬ 
bassano profondamente, la gente si scansa con 
dei giri svelti e larghi ; i bottegai riaccompa¬ 
gnano i compratori alla porta con un atto ce¬ 
rimonioso, il cameriere s’inchina all’avventore 
sulla soglia della trattoria, il fiaccheraio riveri¬ 
sce la “ pratica „ , il venditore di giornali rin¬ 
grazia del soldo con un buon augurio, le erbi- 
vendole si chiamano “ madama „ , le due frasi 
spicciole del galateo torinese ca passa grassia 
e ca scasa si sentono da ogni parte e ad ogni 
proposito come il pai-don c il s'il voas plait a 
Bangi ; la città fa i suoi affari alla lesta ma con 
dignità, da signora educata, non da rozza mer- 
ciaia. E come Parigi na l’ora dell'assenzio, Torino 
ha l’ora del vermut, l’ora in cui la sua faccia si 
colora c il suo sangue circola più rapido e più 
caldo. Allora le scuole riversano per le strade 
nuvoli di ragazzi, dagli opifici escono turbe d’o¬ 
perai, i tran vai passano stipati di gente, gli 
equipaggi s’inseguono, le botteghe dei liquoristi 
s’afFoliano, un esercito d’ufficiali e di soldati 
d’ogni arma si spande in ogni parte e mette 
un soffio di gioventù per le vie, e nella mezza 
oscurità della sera, par di veder Torino come 
all’immaginazione piace di raffigurarsela in un 
avvenire lontano : una Torino di quattrocento 
mila abitanti, che riempia la sua cinta daziaria, 
con un nuovo centro e nuovi sobborghi, tutta 
sonante di lavoro e rigurgitante di vita. 


Ma il più bello spettacolo vivo, e nello stesso 
tempo il più originale, che offra Torino, è la 
passeggiata sotto i portici di Po, le sere d’in¬ 
verno. I portici sono i boa levar ds di Torino. 
L'albergo d’Europa può rappresentare il Grand 
Ilùtei ; la chiesa dell’Annunziata, la Madclaine ; 
il caffè Fiorio, Tortola ; il Teatro Regio, il 
Grand Opera. Anche qui la folla maggiore, e il 
fiore dell’eleganza e del lusso sono a destra. La 


prima cosa che dà agli occhi è il contrasto 
della bottega splendida col baraccone da vil¬ 
laggio che le sorge in faccia, nello stesso tempo 
officina e negozio; il banco della fruttaiola di 
fronte alla trattoria aristocratica; il rivenditore 
d’almanacchi e di libri usati in faccia al grande 
libraio signorile. La contessa vestita in gala 
passa accanto ai banchi di legumi e di caci, la 
conversazione leccata dei dandy è interrotta 
dalTuriio plebeo dei cavamacchie e dei vendi¬ 
tori di fotografie; tutto il mondo elegante sfila 
in mezzo a quella lotta muta e continua^ del 
grande e del piccolo commercio, schierati 1 uno 
di fronte all’altro, in atteggiamento ostile, come 
due catene di sentinelle avanzate dei due grossi 
eserciti nemici della borghesia e della plebe. 
Qui la folla è fitta e nera, divisa in due correnti, 
che si toccano, e spesso si confondono, e stra¬ 
ripano fuori dei portici. In alcuni punti è un 
vero serra serra, come all’uscita da un teatro, 
tanto che nello spazio di tre braccia quadrate 
si ritrovano spesso un capitano d’artiglieria, una 
coppia matrimoniale, un prete, un accademista, 
una crestaia, un operaio, stretti in un mazzo, 
che paiono una famiglia sola. Qualche volta per 
pigliar spazio la folla è costretta a fermarsi, e 
tutti “ segnano il passo „ come una colonna di 
soldati. L’aspetto e il contegno generale è grave, 
come l’andatura. La gente gira tutt’intorno alla 
Galleria Subalpina, a passi lenii, processional- 
mente, come nella sala d’un museo, non fa¬ 
cendo che un leggiero bisbiglio, che lascia sen¬ 
tire distintamente le note acute dei cantanti 
nella sala sotterranea del Caffè Romano. Sotto 
i portici non si sente che un mormorio sordo 
ecl eguale, fra cui risonano forte, qua e là, le 
sciabole degli ufficiali e le risa argentine delle 
fioraie e delle sartine, che fanno una scappata 
a traverso il bel mondo, coll'involtino in mano, 
prima di tornare a casa, e le porte dei caffè 
affollati, aperte e richiuse bruscamente, per 
paura del freddo. Par di essere in una galle¬ 
ria d’un palazzo grandissimo, dove i convitati 
sfilino — rispettosamente. Siccome gl’ incontri 
sono frequentissimi c si ripetono, così è un sa¬ 
lutarsi continuo di militari, una continua scap- 
pellatura di amici e di conoscenti, di studenti 
e di professori, di grossi e di piccoli impiegati, 
che si voltano obliquamente, passandosi accanto, 
per non urtarsi nel petto. Della gente non si 
vede che il viso. 1 fiati fumano. Ma i baracconi 
riparano dal freddo. .Si sta bene in quella calca, 
così stretti, l'uno addosso all’altro, e pare che 
tutti provino piacere a pigiarsi, a sentirsi da¬ 
vanti, dietro e dai lati dei pesanti pastrani, dei 
grandi mantelli d’ufficiali, dei grossi borghesi 
ben pasciuti e caldi, usciti allora da una sala 
da pranzo. Da tutte le strade laterali arriva 
gente, chiudendo l’ombrello, pestando i piedi, 
scuotendo i panni bianchi di neve, e tutti si 
ficcano in quella folla, con gusto, tirando un 
respiro, come se entrassero in ca$a. E la folla 
essendo così stretta, si colgono a volo da tutte 
le parti, passando, dei brani di dialoghi som¬ 
messi, frammenti di discussioni scientifiche, 
giudizi letterarii di studenti, riflessioni sullo 
stato dei fondi pubblici, qualche volta frasi stac¬ 
cate di confidenze di signorine, che un’ondata 
di gente ha separate dai parenti che vengon 
dietro, conversazioni francesi e tedesche, parole 
dolci vibrate a bruciapelo nei momenti di mag¬ 
gior confusione ; specialmente allo svolto dei 
portici in faccia alla Galleria, dove accade spesso 
d’incontrarsi faccia faccia con marito e moglie, 
e sentire nello stesso tempo il fumo del sigaro 
del marito negli occhi, il manicotto della si¬ 
gnora contro le mani e la testa del bimbo in 
un fianco. Chi non c’è abituato, può seccarsi 
sulle prime, e impazientarsi di quella strana 
passeggiata: ma tutti, prima o poi, ci pigliano 
piacere. C’è non so che idea d’intimità dome¬ 
stica in quel lento va e vieni di gente affollata 
sotto quegli archi, dinanzi a quelle vetrine 
splendide, che finiscono collo stamparsi nella 
memoria, ad una ad una, come i mobili della 
casa propria; c’è un’apparenza come di buon 
accordo universa^, di affratellamento, un’im¬ 
magine viva di quelTunanimità di sentimenti e 
di propositi che rese forte e simpatico il po¬ 
polo piemontese, qualche cosa di geniale e di 
benevolo, che non si sa ben dire, ma che 
mette un calor salutare nel petto, dalla parte 
sinistra. 


Forino, però, si presenta in molti aspetti 
molto diversi, che un forestiero non può osser¬ 
vare in pochi giorni. Ci son poche città che 
cambino viso così completamente col cambiare 


della stagione e del tempo. I la una bellezza sua 
propria quando è coperta di neve, quando le 
Alpi son tutte bianche, le colline bianche, i 
giardini, gli alberi dei viali lunghissimi, i larghi 
corsi, le grandi piazze, tutto bianco ; special- 
mente di notte, quando a traverso la neve fitta, 
che vela la luce delle file interminabili dei lam¬ 
pioni, non si riconoscono più le vie, si confon- 
dono i crocicchi, la città sembra immersa, e nei 
vasti spazi deserti, regnano dei silenzi cupi di 
città disabitata, in cui fuggono e spariscono 
come ombre impaurite le carrozze la gente, 
e vi par spenta la vita per sempre. E bella an¬ 
che nelle mattinate d’inverno grigie e rigide, 
quando il cielo coperto piglia successivamente 
mille colori strani di viola, d’oro e di porpora, 
che paiono riflessi di grandi incendii lontani, c 
ogni strada è chiusa da una cortina di nebbia, 
come dal fumo del fuoco di fila d una barricata, 
nel quale i monumenti si drizzano come larve, 
e le persone appariscono improvvisamente, come 
se sbucassero di terra, e tutta la popolazione 
affaccendata della mattina, morsa dal freddo, 
precipita il passo, batte i piedi, stropiccia le 
mani, soffia sulle dita, saltella e scantona ad 
angolo retto, colle spalle ingobbite e il gomito 
al muro, come se fosse inseguita e sferzata da 
una legione d’aguzzini invisibili ; e par che i 
raggi del sole, s’arrestino intimiditi sui corni¬ 
cioni delle case, e che la città sia condannata 
al gelo c alla penombra d’un’alba perpetua. Ma 
è bella sopratutto di primavera, in quei giorni 
in cui da un inverno lungo e uggioso si salta 
improvvisamente nella bella stagione, e si sente 
la verità di quello che disse George Sand : la 
primavera dell’Italia settentrionale è la più bella 
del mondo. Allora Torino si riscuote tutta, e 
par che ringiovanisca in poche ore; la popola¬ 
zione si spande per i giardini e peri viali, come 
a una festa ; per le grandi strade passano tor¬ 
renti di luce e d’aria; a ogni cantonata par che 
soffi una brezza nuova; si sentono delle ondate 
di odor di campagna e di fragranze alpine, che 
dànno una scossa al sangue ; il cielo, le mon¬ 
tagne, le colline, gli sfondi lontani delle vie, 
tutto è terso, netto, fresco, allegro ; I orino 
pare una città americana, venuta su da pochi 
anni, nel primo sboccio della sua verde adole¬ 
scenza ; ma dorata da un raggio di bellezza 
italiana. 


Ma per veder Torino nel suo più bell’aspetto, 
bisogna vederla nell’occasione d’una di quelle 
grandi feste nazionali, in cui accorrono qui Ita¬ 
liani d’ ogni provincia, vecchi ministri che vi 
passarono i più belli anni della loro età matura, 
deputati maturi che vi passarono gli anni più 
belli della gioventù, giornalisti che vi fecero le 
prime armi, ricchi che ci vissero nella stret¬ 
tezza, antichi emigrati, senatori, generali, tutti 
i superstiti di quella grande legione di uomini 
di Stato, di scrittori, di lottatori, di soldati, di 
tribuni, che preparò e iniziò qui la rivoluzione 
italiana, e se n'andò colla capitale, iv bello e 
commovente quel ritorno. Tutti hanno qui mille 
memorie ; sparpagliandosi per la città, ne ritro¬ 
vano una ad ogni passo ; riconoscono luoghi e 
persone, rivedono col pensiero gli amici c i 
compagni perduti, ricordano alla svolta d’ogni 
via, si può dire, un avvenimento e un’emozione. 
In quei giorni la popolazione torinese è tutta 
in giro, e aneli’essa rivive in quel bel tempo, 
che par già tanto lontano, in quei begli anni 
di speranze e d’entusiasmi ; anch’essa riconosce 
a ogni passo un ospite antico, deputati incanu¬ 
titi, generali incurvati, gravi pubblicisti di cui 
ha letto le prime appendici letterarie, ministri 
che vivevano in una cameretta al quarto piano 
in via Dora Grossa, visi, voci, gesti clic ravvi¬ 
vano tutti i suoi più cari ricordi e le fanno 
battere il cuore. Allora certi luoghi della città, 
certi angoli storici ripigliano per qualche ora 
1 aspetto antico ; si rivedono nei vecchi caffè i 
personaggi e i crocchi d’una volta; da ogni 
parte si stringono mani d’amici, si sentono escla¬ 
mazioni di sorpresa e di piacere, e conversa¬ 
zioni concitate, piene di domande, di date, di 
nomi, di parole tristi e affettuose, e di echi so¬ 
nori delle antiche passioni giovanili; piazza Ca¬ 
stello si rianima, sotto i portici ripassa un sof¬ 
fio del cinquantanove, tutta la città si sente ri¬ 
fluire al core il suo vecchio sangue di guer¬ 
riera e di regina, e apparisce più bella e più 
altiera in mezzo alla grande cintura verde dei 
suoi platani, nell’immenso anfiteatro azzurro 
delle Alpi. 

(Riproduzione vietata.) 

Edmondo De Amicis. 







LE ESPOSIZIONI DEL 


i g i i 


1 5r 


ROMA. 


LE STAFFETTE DELI/ “ AUDAX ,, PORTANO 


1/OMAGGIO DI ROMA A TORINO. 



Nel Foro pelle Regioni al momento della partenza. 



Le stai-tette in marcia. - Passaggio sotto l’ ingresso monumentale dell’ Esposizione (fot. a. Moiinari). 





































































I 


ROMA. LA MOSTRA ETNOGRAFICA IN PIAZZA D'ARMI 1 = 1 



4 


I Sovrani inaugurano ii. Padiglione Veneto. 


/Rot. •'«•linaii, 

4 

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1 Sovrani inaugurano il Padiglione Emiliano. 


PADIGLIONI DELLE REGIONI APERTI AL PUBBLICO. 



Interno del Padiglione Veneto. - Il pubblico è ammesso dopo l’ inaugurazione. 



J Sovrani si recano ad inaugurare il Padiglione Lombardo. 
































































ESPOSIZIONI DE 


1911 


m 4 


L E 


F I R li N Z E, A L E A M () ST R A D E L R I T R A T T O ITALIA N O. 



Carlo Dolci. - Ritratto di Fra Arnolfo di Bardi cavaliere Gerosolimitano. 













G R IIPPO DELLE BANDE E FANFARE DI TUTTI I REGGIMENTI DEL PRESIDIO DI 1 ' I R E N ZE 
che sotto la direzione del jnaestro Ascolese eseguirono il giorno 27 aprile un grandioso concerto di musica patriottica per festeggiare il 5o." anniversario della proclamazione del Regno d’Italia <1 M , )ntahon , 


Or 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 






















































t56 


LE ESPOSIZIONI DEL x 9 i i 



ROMA. Un canali-: di Venezia alla Mostra Etnografica (fot. Abcnìacar). 

Un viaggio attraverso l’Italia alla Mostra Etnografica di Roma. 


Non conoscete l'Italia? Volete conoscerla? È 
semplicissimo ed economico. Due o tre ore di 
cammino, ed avrete fatto il vostro “ Reise in 
Weltschland „, il vostro “ Travet in Italy „ , il 
vostro “Voyage en Italie,,; potrete anche can¬ 
tare a Suzon, se volete: 

Je rcviens, teI quc tu me vois 

d'iui grand voyage en Italie. 

Qu'as tu fait depms moti de pari ?... 

E Suzon vi vedrà appena un po’ impolverato, e 
vi risponderà che in due o tre ore non c’era 
molto da fare. Ed avrà perfettamente ragione. 
L’Italia si riunisce qui tutta per accogliere cia¬ 
scuno con un sorriso unico, con un volto che 
avvicini e riassuma tutti , i volti che essa ha e 
che voi meno conoscete. E l’Italia dove non vi 
portano le vostre guide, la piccola grande Italia 
provinciale, quella delle cittadine silenziose, dei 
villaggi, dei sobborghi, delle campagne, oscura 
e radiosa, dormente fra le memorie del passato 
e sempre desta fra le operosità che sono d’oggi 
come furono di ieri, quella delle tradizioni, quella 
che non muta, l’Italia nostra d’ogni tempo. 

Veramente siamo fuori dal ferro di cavallo 
che comprende i grandi padiglioni regionali: là 
è, sintetizzata in ognuno di quei padiglioni, ce¬ 
lebrata nella fantasia del Foro delle Regioni e 
del Palazzo delle Feste, l’Italia cittadina, glorio¬ 
samente monumentale: qui siamo fuori, in pro¬ 
vincia, in campagna. C’è anche qui dell’alterezza, 
ma il tono è modesto; c’è anche qui molta luce, 
molto sorriso, ma c’è del rude anche: pochi 
marmi, ma molta pietra, molto mattone, e muri 
scalcinati che il sole ha abbronzato e dorato; 
della povertà, anche, ma sana e serena e forte ; 
e ogni tanto qualche lampo di bellezza, qualche 
fiore che l’arte ha profuso per le mura oscure, 
un insieme di gentilezza e di violenza; segni 
d un orgoglio di signori o di popolo; e non me¬ 
morie o ricostruzioni morte e mute, ma ravvi¬ 
vate dalle imagini e dalle opere della vita d’ogni 
giorno umile e attiva, la calma georgica del 
campo, la vivacità pettegola dei sobborghi cit¬ 
tadini, la semplicità incorrotta delle industrie 
paesane. 


L’Italia, alla Mostra Etnografica, comincia da 
Napoli, se volete principiare a percorrerla da de¬ 
stra: o dalla Sicilia, se volete principiare da sini¬ 
stra. Cominciamola da Napoli, la quale si trova 
proprio accanto alla Val d’Aosta, che, come altri 
vi ricorderà, rappresenta con uno dei suoi castelli, 
nella cerchia gloriosa dei padiglioni regionali, il 
vecchio Piemonte : e anche questa Napoli è vec¬ 
chia, lontana, scomparsa: un angolo della fu 
Santa Lucia. Strano, però: per quanto vecchia è 
ancora disabitata: i ladani debbono ancora arri¬ 
vare, debbono metter fuori dai balconcini i me- 
loncclli e i grappoli di pomidori, pavesare le rin¬ 
ghiere di lenzuoli e fasciatori, apparecchiare le 
bancarelle lungo le case, e distendersi o vaga¬ 
bondare al sole con le capre, le vaccherelle e le 
galline. Verranno. L’impresa Fornari ha scrittu¬ 
rato cinquecento persone da tutte le parti d’Ita¬ 
lia per venire a fare gli Italiani all'Esposizione. 
Verranno dunque anche i luciani e le lucianelle 
e avranno chitarre e putifù; e balleranno anche 
la tarantella. Che festa per gli americani! 

Torniamo a Napoli; due passi, e prima che si 
spengano gli accordi di Fenesta che lucioe, siamo 
in Abruzzo: Aquila e Sulmona: una fabbrica di 
merletti nel delizioso palazzetto de’ Sardi, ed una 
di merletti in un altro. L’ho visto fabbricare, 
questo antico palazzetto: è graziosissimo vedere 
come si fabbricano facilmente le case antiche. 
C’era un uomo che dopo aver fabbricato il muro 
si metteva in funzione di intemperie e con certi 
suoi ferri lo sgretolava, lo corrodeva, lo lisciava; 
un altro che faceva da sole e lo abbronzava. 
Veniva fatto di pensare al Sogno d’ttna notte 
d’estate: “Io sono il chiaro di luna.. E l’ef¬ 

fetto qui, come altrove, è sorprendente; si giu¬ 
rerebbe che mai ala del tempo è passata più 
efficacemente su muro al mondo, a scopo di pit¬ 
toresco e di caratteristico. 

Tre trulli, le bizzarre abitazioni pugliesi dal 
tetto a cono, sormontato sovente da certi strani 
emblemi di pietre sovrapposte a croce, che qui 
sono state dimenticate, e che ripetono, immutati 
attraverso tanti secoli, delle antiche insegne fe¬ 
nicie, e subito ecco apparire Venezia. Bisogna 
vederla uscendo dal padiglione che le è dinnanzi, 


dalla Loggia di C’andia, a cui si unisce in una 
prospettiva mirabile, fantasiosa e squisita di li¬ 
nee e di colori. Non importa che dietro si dile¬ 
guino le pendici di Monte Mario: è uno scena¬ 
rio, un fondale nuovo e inatteso, ma clic non 
turba, come non turbano le altre vicinanze. Le 
note sono diverse, ma l'armonia è unica; varietà 
di dialetti, ma la lingua è la stessa. In questa 
armonica diversità apparisce il senso vero del- 
l’Italia, l'intima fraternità di ogni nostra terra. 
I cipressi di Monte Mario; e sotto un angolo di 
Venezia, col celebre palazzetto von Axel, una 
casa di Chioggia, un campiello di Burano, un 
rio, un ponticello, c, fra non molto, delle gon¬ 
dole. 

Pensate: sembrerebbe, a dirlo, di sentire in¬ 
terloquire una bauta in un dramma di Pietro 
Cossa. E invece c’è una consanguineità profonda 
che unisce i due aspetti cosi diversi: due volti 
che non si assomigliano, ma che hanno egual¬ 
mente l’aria di famiglia. E più oltre ecco il Pie¬ 
monte, colla semplice e gaia chiesetta valdosta¬ 
na, e in mezzo i fabbricati lunghi, neri, neri di 
una armeria di Lardone accanto ad una serena 
casa colonica brianzola: chiesa, casa, officina 
hanno ciascuna il carattere nativo, accuratissimo 
in ogni particolare, meravigliosamente illusivo; 
eppure nulla, in questo loro accomunamento 
sotto un altro cielo, in un altro paesaggio, rompe 
quella illusione; v’è un distacco, ma non è sen¬ 
sibile; quei piccoli edifici si uniscono e si affra¬ 
tellano; sembra che siano delle buone persone 
liete di trovarsi insieme e di conoscersi da vi¬ 
cino dopo essersi voluto bene per tanto tempo 
da lontano. E tutto il resto d’Italia, intorno, è 
così. Di là dalla selva di comignoli a imbuto che 
si levano sulle vecchie case veneziane, rugose, 
scrostate, imbellettate, civettone e civettine, bor¬ 
bottone e chiacchierine, imbronciate e ridarelle, 
siamo nell’Italia Centrale, con una oasi di Cala¬ 
bria, che i terremoti hanno portato quassù. Ec¬ 
covi la casa colonica delle Marche e di Roma¬ 
gna, con un angolo di Ascoli Piceno e una fab¬ 
brica di maioliche faentine, all’ombra di un grande 
torrazzo massiccio, traversato da un arcone basso 
e cupo, dove già si stanno scaricando dei carri 















LE ESPOSIZIONI DEL 


1911 


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di creta die i visitatori vedranno trasformare in 
piatti e vasellami iridescenti; e accanto il Lazio, 
con una capanna di pastori dell’Agro e con Vi¬ 
terbo severa e adorna, rappresentata da una 
delle sue più belle fontane e da uno dei suoi 
più puri palazzetti medioevali, e, sia lode a Dio, 
senza processo Cuocolo; e accanto la Toscana, 
con una C|uieta fattoria di San Giminiano e un 
casale maremmano di Capalbio, tutto aerato di 
loggie e di tettoie, annidato all’ombra di un’an¬ 
tica torre fosca e diruta, dalle mura che sem¬ 
brano impregnate dell’aria greve di una solitu¬ 
dine di boschi e di acquitrini; e poi l’Umbria, 
l’Umbria dolce di Assisi; una chiara pennellata 
di paesaggio, squisita,come manca forse altrove.... 
Ancora una piccola solitudine di Romagna: una 
solitudine sacra, con la capanna di Garibaldi. Ma 
non v’è il mare, non v’è la pineta; e qui la 
mancanza della cornice si sente. 

L’illusione ricomincia subito: dalle rive del¬ 
l’Adriatico si passa al Tirreno, che si attraversa a 
piede asciutto, e senza accorgercene siamo in Sar¬ 
degna. L’isola ci manda incontro un suo rappre¬ 
sentante molto rispettabile: un nuraghe. Sembra 
portato qui pezzo a pezzo e rimontato. Invece 
anch’esso è fìnto. Ma è magnifico: si direbbe 
uscito da una novella di magnifico assolutamente. 
A giudicarne dall’estensione che ha in questa 
mostra, la Sardegna deve essere grandissima: 
quasi quanto l’Italia. C’è una casa del Campi- 
ciano, alcune case di Tempio, una capanna di 
pescatori di Oristano, tutto un gruppo di case 



Gruppo Faentino. 



Torre di Casal Capalbio (Maremma Toscana). 


attorie: il paesaggio, il verde, gli alberi, le siepi, 
i campi. Finora non vi sono che i cipressetti 
d’Assisi, gli aranci di Sicilia, qualche siepe di 
fichi d’india, qualche albero solitario nei cortili 
delle case di Sardegna, un po' d’erba tra le pie¬ 
tre dei nuraghi. Ilo sott'occhio una veduta pa¬ 
noramica della Mostra Etnografica come fu di¬ 
segnata dai suoi ideatori ed esecutori, i bravi 
ingegneri Giustini e Guazzaroni: c’è tutto quello 
che finora manca; ogni casa, ogni gruppo ha 
intorno siepi, cortili e gruppi d’alberi, boschetti, 
orti, giardini; la flora campestre o silvestre pro¬ 
pria d’ogni regione. Ma questo verde è rimasto 
sulla carta; e questa mancanza toglie molto alla 
suggestione. Il personaggio c’è, ed è vivo, ed 
espressivo, ma non c’è lo scenario, il piccolo 
scenario fatto di “spezzati,,, che interrompe la 
scena fìssa. Mi hanno detto che costava troppo, 
che gli alberi costano assai più delle case. Ma 
la giustificazione non è sufficiente: forse più che 
il denaro è mancato suo fratello, il tempo. C’è 
da rinverdirla tutta, questa piccola Italia! Via, 
un po' di pini intorno alla capanna di Garibaldi, 
qualche bel pioppo intorno alla chiesetta valdo¬ 
stana, qualche siepe di biancospino, qualche olivo, 
qualche cipresso fra le case d'Umbria e di To¬ 
scana.... 

Toscana, Toscana, 

Dolce sei pei tuoi orti, 

Che lo spino ti chiude, 

E il cipresso ti guarda.... 

Guelfo Civinini. 


(Da) Corriere della Sera). 


di Fordongianus, tutto un gruppo della Barba¬ 
gia, l’aspra selvaggia Barbagia, e un essicca¬ 
toio del tabacco, e una gualtiera, c una chiu- 
siuola.... L’isola bella e sconosciuta non lo sarà 
più, nel continente, dopo questa esposizione. 
Se ne vedranno i bei costumi, i visi severi della 
sua gente forte e silenziosa, i pastori delle sue 
montagne, i pescatori delle sue marine, l’intimità 
delle sue case patriarcali, l’operosità dei suoi 
villaggi; nè mancheranno i cavallucci, e gli asi- 
nelli, e le greggi, e gli alveari.... Molte cose non 
si vedranno certo ; ma il riflesso di qui ci invo¬ 
glierà ad andare a ricercarle, a studiarle, a preoc¬ 
cuparcene. E quella nostra gente non chiede 
che questo : d’esser conosciuta ed amata. 

Una siepe di fichi d'india, un lieve accenno 
d'aranceti ; abbiamo di nuovo passato il mare, 
eccoci in Sicilia. 

Fermiamoci un momento sotto l’ombra verde 
degli aranci. C’è da dire ora qualche cosa che 
vorrei fosse ascoltata. Lutto questo che io ho 
visto e che gli altri vedranno è squisito, e spesso 
commovente, è pieno di affetti e di parole care 
che si rivolgono ai nostri sentimenti più pro¬ 
fondi, che ci parlano ovunque il linguaggio schietto 
della patria, che te ne dicono la varia e comune 
poesia: una poesia pura e semplice, in cui sor¬ 
ride o s’attrista qualche verso di Giovanni Pa¬ 
scoli, qualcuna delle sue Mirycae, delle più care, 
delle più intime.... ma qualche cosa manca a que¬ 
sta breve Italia, intorno alle case, alle torri, alle 



Casa di Sulmona (fotografie Lampi. 












































■Hi 


i58 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


ROMA. IL FORO DELLE REGIONI IN PIAZZA DARMI (Arch. Piacentini). 



Il toro che simboleggia la città di Torino. 



I 



P A R T I C O L A RE ARCHITETTONICO DEL PO R TICATO Tot. Paolocci). 













































































































LE ESPOSIZIONI DEL i 9 t t 


189 


Borrendo dietro alle Inaugurazioni. 

(Nostra corrispondenza.) 

16 maggio. 

10 non so perchè 1 cartelloni a colori affissi 
per tutta Italia e riprodotti, in gradevoli for¬ 
mati, dalla targa al francobollo, per diffonderli 
negli alberghi, nei vagoni ferroviarii, nella cor¬ 
rispondenza, dicano Esposizioni del 1911. Do¬ 
vrebbero dire, invece: Inaugurazioni — sissi - 
gnori, perchè questo, più che l'anno delle Espo¬ 
sizioni è l’anno delle Inaugurazioni. Da due mesi, 
oramai, non facciamo che inaugurare, e quasi 
ogni giorno il pubblico prova l’emozione di do¬ 
ver correre ad una novità, pui - correndo sem¬ 
pre alle medesime Esposizioni. 

Giovedì scorso a Piazza d’Armi, a Roma, fu 
un accorrere generale. Che cosa inauguravasi ? 
Nulla, veramente; ma veniva finalmente aperta 
liberamente al pubblico pagante l’Esposizione 
Etnografica, che è una delle cose piti belle e 
piti vive, nell’insieme delle varie e veramente 
grandiose esposizioni romane. 

Ma il pubblico, pieno di curiosità, rimase in 
preda alla medesima. Dei dodici padiglioni re¬ 
gionali che dovrebbero essere ammirati a Piazza 
d’Armi, otto sono ancora in potere delle varie 
maestranze costruttrici; e i quattro pronti, l'E¬ 
miliano — primo di tutti, — il Veneto e il Lom¬ 
bardo — erano chiusi, perchè non ne era an¬ 
cora stata fatta l’inaugurazione solenne, fissata 
per il 12; ed il Piemontese, oramai all'ordine 
aneli’esso, era chiuso, e sarebbe rimasto chiuso 
anche il giorno 12, giorno solennemente inau¬ 
gurale. 

A Roma, però, c’è questo di buono — che il 
pubblico, sia per le giornate a pagamento, sia 
per le giornate d’invito, è suppergiù il medesimo 
sempre. Ogni inaugurazione sposta quella stessa 
massa di accorrenti, che anzi non accorrono 
così ansiosamente quando l’entrata è tignale per 
lutti — come la giustizia nel di dietro dei tri¬ 
bunali. 

I centri di distribuzione degl’inviti sono innu¬ 
merevoli: il Comitato, nelle sue varie suddivi¬ 
sioni, la Corte, il Parlamento, i Ministeri, il Mu¬ 
nicipio, l’associazione della Stampa, le singole 
direzioni dei giornali, le Ambasciate e Legazioni, 
i Commissariati stranieri, ecc., tutti centri e sub- 
centri di diramazione d’inviti — cosicché si può 
dire che tutta Roma internazionale, universale, 
è sempre invitata, e le Esposizioni sono un con¬ 
tinuo successo degli invitati. E uno spettacolo 
nello spettacolo, questo della festosa folla degli 
invitati; è, fors’anche, il più bello degli spetta¬ 
coli; ed è anche questa una delle ragioni per 
cui tutti quelli che furono sin qui alle varie 
inaugurazioni si augurano che le inaugurazioni 
continuino e — non dubitate — continueranno!... 

Notate che anche Pii maggio non fu sola¬ 
mente, in Piazza d’Armi, giorno “d’apertura,, 
— fu anche giorno “d’inaugurazione,,, perchè 
il sindaco di Roma, con numeroso codazzo, 
inaugurò il gran Ponte del Risorgimento, un’ar¬ 
ditissima costruzione ad una sola arcata, gittata 
sul Tevere, per unire finalmente l’Esposizione 
Etnografica di Piazza d’Armi, sulla destra del 
biondo fiume, con l’Esposizione Internazionale 
di Belle Arti a Valle Giulia, sulla riva sinistra. 
Ora le due Esposizioni sono unite, e quando le 
comunicazioni ordinarie attraverso il ponte sa¬ 
ranno praticamente stabilite, si potrà uscire da 
Porta del Popolo e visitare Villa Borghese, Vi¬ 
gna Cartoni, passare il Tevere sul nuovo gran 
ponte, visitare l’Esposizione Etnografica a Piazza 
d’Armi, e rientrare nel fitto dell 'urbe per Castel 
Sant’Angelo — un viaggio estivo meraviglioso, 
provando tutte le possibili ed immaginabili sen¬ 
sazioni nazionali ed internazionali, artistiche, pit¬ 
toriche, storiche, antiche, moderne e contempo¬ 
ranee, nel giro non eccessivo di otto o dieci ore, 
comprese le soste inevitabili per il rifocillamento 
del povero nostro individuo!... 

11 12 maggio, però, 1 ’ Esposizione Etnografica 
a Piazza d’Armi fu chiusa nella mattina ai volon¬ 
terosi paganti; e, viceversa, fu aperta a tutta 
un’immensa ondata di invitati, accorsi a fare co¬ 
rona al Re ed alla Regina che inauguravano i 
primi quattro padiglioni regionali. 

II Padiglione Emiliano — che fu costruito con 
energia veramente romagnola — è una mera¬ 
viglia: non lo ha detto nel suo discorso inau¬ 
gurale, nella sala del severo studio bolognese, 
il prof. Carnuti, ma lo hanno esclamato tutti, ad 
una voce, dal Re all’umile sottoscritto. Il padi¬ 
glione non riproduce questo piuttosto che quello 
dei monumenti della artistica regione, ma, se¬ 
condo il genialissimo programma di Alfonso Rub- 
biani, la sua costruzione è stata inspirata alle 


migliori e più caratteristiche forme dell’arte pae¬ 
sana della Rinascenza, unendo in un insieme 
mirabilmente armonico le essenziali linee archi- 
tettoniche del tempio Malatestiano di Rimini, del 
Castello Estense di Ferrara e del Palazzo Ben- 
tivoglio di Bologna, rinchiudendo poi nelle otto 
sale delle provincie di Bologna, Ferrara, Forlì, 
Modena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio 
Emilia, le bellezze dell’antico studio bolognese, 
del palazzo ferrarese di Schifanoia, della cappella 
quattrocentesca di San Biagio di Forlì c della 
Biblioteca Malatestiana di Cesena, della Sala del 
fuoco dei Conservatori di Modena, della Sala 
d’Ora del parmense castello di Torrechiara, di 
una cappella a vòlta della chiesa di San Sisto di 
Piacenza, di mosaici c decorazioni dei monu¬ 
menti bizantini di Ravenna, e della Sala dei 
principi di Correggio. Ripeto — maraviglie!... 

E “ maraviglie „ si dovette ancora ripetere da¬ 
vanti al Padiglione Veneto, che, grazie all’ ar¬ 
chitetto Max Ongaro rievoca, nella facciata che 
dà sul viale delle Regioni, verso la Venezia in 
miniatura della Mostra Etnografica, la Loggia di 
Candia, opera mirabile della Serenissima nel- 
l’isola ellenica per la quale oramai non si com¬ 
muove che il deputato di Chioggia, dottor Ro¬ 
berto Calli. L’altra facciata del Padiglione ri¬ 
produce la forre dell’ Orologio dei Mori che 
vedesi a Venezia all’arco delle Mercerìe; e nel- 
l'interno la gloria di Venezia è celebrata nella 
sala veneta che si intitola appunto della Gloria, 
sviluppata nelle magnifiche pitture di Ettore Tito, 
di Vittorio Bressanin, di Carlo Donati, di Gio¬ 
vanni Vianello. Nella sala della Gloria ha parlato 
brevemente — e ne sia lodato! — il sindaco 
di Venezia conte Grimani; poi i Sovrani si sono 
affrettati a correre le sale: Treviso, è rappre¬ 
sentata da una deliziosa corte d’armi, Vicenza 
ha eretta una magnifica aula palladiana a cupola, 
Padova ha fatto qui rivivere una stanza da studio 
di messer Francesco Petrarca, Verona emerge 
con due sale, una ottagona quattrocentesca ed 
un’altra cinquecentesca bellissima; di Rovigo vi 
è una bellissima sala gotica; ed ancora, in line, 
di Venezia la insuperabile stanza da letto “ di 
Sant’Orsola „, la sala delle arti e la sala della 
Nave, dove è esposto il manoscritto d’Annun- 
ziano. E dove lascio Udine, ricordata in forma 
originale e graziosissima dalla cucina di un an¬ 
tico castello friulano con un effetto d’arte in 
caritevole?!... 

Anche per il Padiglione Lombardo, come per 
quello Emiliano, si vollero far rivivere — su 
progetto dell’architetto Adolfo Sacelli — in ar¬ 
monico coordinamento le linee salienti delle co¬ 
struzioni più caratteristiche della Regione. Ecco 
l’Arengario Monzese del Secolo Nili; ecco rele¬ 
gante casa dell’arciprete di Bergamo, la casa 
dei Besta in Teglio, il Chiostrino della Certosa 
di Pavia, il Castello di Malpaga, la \ illa della 
Bicocca, il loggiato del Monte di Pietà di Cre¬ 
mona, la casa dei Missagliadi Milano per l’esterno, 
e nell’interno la sala del palazzo dei Colleoni di 
Bergamo, di quello dei Gonzaga di Mantova, di 
quello dei Borromeo a Milano, del palazzo dei 
Vertemati a Piuro, alla cui resurrezione tanto 
si dedicò ne’ suoi ultimi anni il povero Napo¬ 
leone Brianzi ; tutta una rievocazione incante¬ 
vole di bellezze longobardiche, ricordanti, — 
come ha detto nel suo lucido discorso l’inge¬ 
gnere Piola Daverio — la vita libera dei Comuni 
ed artisticamente rigogliosa della Rinascenza. 

Si arriva, in fine, al Piemonte. Ma qui, come 
ho detto, non si entra ancora. Bisogna accon¬ 
tentarsi di rimanere nel vasto, severo cortile del 
Castello Medievale d’Issogne, dominato dalla 
Torre del Priorato di Sant’Orso. È questo l’in¬ 
sieme esterno e pittorico del Padiglione Piemon¬ 
tese, dove il tipico stile gotico piemontese si in¬ 
treccia ai motivi dell’arte borgognona — e come 
è accaduto dell’arte è stato della dinastia, dive¬ 
nuta, varcando l’Alpi, da Borgognona Piemon¬ 
te e e da ultimo Italica. Questo è stato anche 
il concetto espresso nel suo succoso discorso da 
Alfredo d’Andrade, a cui il Re 
ha stretta lungamente — ringra¬ 
ziandolo — la mano. 

Questa in succinto, compiutasi 
in due ore, la cerimonia inaugu¬ 
rale dei primi quattro Padiglioni 
Regionali: e, siccome il tempo è 
galantuomo, verranno poi le in¬ 
augurazioni degli altri otto padi¬ 
glioni che 


Valle Giulia, dove il Re e la Regina fecero 
compagnia al granduca Boris ed alla grandu¬ 
chessa Maria Paulowna Wladimiro, venuti da 
Pietroburgo, in nome dello Czar, a felicitare il 
Re d’Italia e la nazione italiana, e ad inaugu¬ 
rare il Padiglione Russo delle Belle Arti, una 
mostra delle più caratteristiche e più fortemente 
impressionanti di Vigna Cartoni. 

E se io era il i 3 a Roma, non era possibile 
che potessi trovarmi a forino dove, quasi alla 
stessa ora, inauguravasi all’Esposizione un pa¬ 
diglione grandioso delle ricchezze dell’Italia con¬ 
temporanea — il padiglione dell’ Industria serica. 
Vi si ammirano i più svariati prodotti, ed i me¬ 
ravigliosi bachi che dondolando le grosse teste 
aggomitolano il bozzolo filando la seta.... mentre 
ad impostare, mangiando la foglia!... 

Giokixo. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 


io filo 


1 1 maggio 


14 


io 


1 1 


nografica, 


i3 


- Roma. Aperta al pubblico l’Esposizione Int¬ 
elaila c|ualc partono le staficttc ciclisti¬ 
che del VAudax per portare a Torino il saluto di 
Roma. 

— A Valle Giulia inaugurato il gran Ponte del Ri¬ 
sorgimento sul Tevere, ad un arco solo, unente 
l’Esposizione di Piazza d’Armi a quella di Valle 
Giulia. 

— Il Re e la Regina inaugurano solennemente in 
Piazza d’Armi i padiglioni regionali Emiliano, Ve¬ 
neto, Lombardo e Piemontese. 

— Arrivano, mandati in missione dallo Czar, il 
il granduca Boris e la granduchessa Maria Paulowna 
Vladimiro, ospiti al Quirinale. 

Torino , Inaugurato all’Esposizione il padiglione del¬ 
l’Industria serica. 

Roma. Arriva a sera la rappresentanza municipale 
di Parigi. 

— A Valle Giulia presenti i Sovrani ed i Gran- 
duchi russi, inaugurato il padiglione russo di Belle 
Arti. 

— Presenti il Re, la Regina, i Granduchi russi, prima 
seduta dell’assemblea generale dell’Istituto interna¬ 
zionale di Agricoltura. 

— All’Augusteo primo concerto della Società Corale 
di Vienna. 

— Da Ponte Salario alle i 5 .i 5 partenza degli 86 
ciclisti per il "Giro d’Italia,, prima tappa Roma- 
Firenze, chi 1. 359,100. 

— AI Quirinale banchetto di gala in onoie dei 
Granduchi russi con scambio di brindisi del Re e 
del granduca Boris. 

In Campidòglio banchetto del municipio alla rap¬ 
presentanza municipale di Parigi. 

Torino. Le staffette dell ’.lrda.r, arrivate da Roma 
la sera innanzi alle 21, presentano a mezzodì in 
municipio il messaggio di Roma. 

— Inaugurato il Congresso dei Commercianti ed In¬ 
dustriali. 

Roma. A palazzo Margherita garden party (con 
esecuzioni della Società Corale Viennese) in onore 
dei Granduchi russi, che partono la sera per Fi¬ 
renze. 

Gaietti Carlo (Bianchi) taglia primo il tra¬ 
vincendo la prima tappa del “ Giro d’I- 


Arriva, con alla testa il capitano generale 
de Rivera, la missione spagtiuola recante a 
al Re le insegne e 


io 


Firenze 
guardo 
talia „. 

Genova 
Primo 

Roma al Re le insegne e l’uniforme di colonnello 
del reggimento “ Saboya „. 

Roma. Nel Padiglione dei Congressi a Castel San¬ 
t’Angelo inaugurato il a. 0 Congresso dei Probiviri 
Italiani. 

Firenze. 1 granduchi russi Boris e Malia Paulowna 
Vladimiro, visitano la Mostra del Ritratto. 

— Arrivo della rappresentanza municipale Pari¬ 
gina e serata di gala in suo onore al Politeama Fio¬ 
rentino. 

Roma. Al Quirinale solenne ricevimento della mis¬ 
sione militare spagnuola, in onore della quale la sera 
banchetto di gala, con scambio di brindisi del Re e 
del generale Primo de Ri vera. 

Genova. Alle 17.21 al Lido d’Albaro arrivo dei 
corridori del “ Giro d’ Italia „ tappa Firenze-Ge- 
nova, chil. 26r, 5 : primo Borgarello di Torino. 


rimangono. 


Un’altra inaugurazione, di ca¬ 
ntere internazionale, vi è stata 
giorno dopo, i 3 maggio, a 


| MARASCHINO 


LUXARDO . 
























LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1 


160 


11 3i maggio uscirà i edizione italiana del 

Martirio di San Sebastiano 

* Gabriele d’ANNUNZIO 

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Roma e dintorni. Con le pianto di Roma 
0 dei dintorni, e 32 incisioni .... 3 — 
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Con preludio di Trimo Levi, e due 
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IL REGNO DE’ CIELI. 
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Edmondo De Amicis 

A completare la collezione Treves degli scritti di Edmondo De Amicis 
si aggiungono ora (1011) raccolte in un volume lo due opero: 

SPERANZE e GLORIE. 
LE TRE CAPITALI. 

Nella prima opera sono riuniti i più importanti discorsi d’argomenti commemorativi 

e sociali, dei quali ecco l’indice : 


Per una distribuzione di premi. 
Per l’inaugurazioce di un cir¬ 
colo universitario. 

Per la questione sociale. 


Per il V Maggio. 

Per Giuseppe Garibaldi. 
Per Gustavo Modena. 
Per Felice Cavallotti. 


Nella seconda opera si trovano i tre meravigliosi scritti su le Tre Capii ali 

(Torino - Firenze - Roma) 

Un volume in-lG di 330 pagine : D UE LIR E. 


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IL 


MANTELLACCIO 

Poema drammatico in quattro atti di 

SEM BENELLI 

;_ TRE LIRE —- - 


DELIO STESSO AUTORE: 

La maschera di Bruto. 5.° migliaio. 3 — 
La cena delle beffe. 21.° migliaio . 3 — 
L’amore dei tre re. 12.° migliaio . 3 — 
Tignola. 3.° migliaio.3 — 

Diripcre vaglia agli Editori Fratelli Treves, Milano. 


IViiovn e< 1 izione pope» I ; 1 re 


GIULIO ADAMOLI 

Da San Martino a Mentana 

ricordi di un volontario. 

In quest’anno dedicato alla memoria del Risorgimento, crediamo utile ristampare 
in edizione popolare questo libro ch'ebbe già un grandissimo successo, e fu para¬ 
gonato ai ricordi dei Mille Giuseppe Abba. L’opera si divide in nove capitoli: 


In Piemonte (1859). 
San Martino (1859). 
In Sicilia (1860). 


Sul Volturno (1860). 
Aspromonte (1862). 
Sul Chiese (1865). 


Vezza d’Oglio (1866). 
In Roma (1867). 
Mentana (1867). 


L’autore,già garibaldino, ora Senatoredel Regno, narra i fatti che ha veduto c a cui prese 
parte: presenta i personaggi grandi e piccoli con cui ha combattuto. Numerosi gli epi¬ 
sodi inediti. 1 racconto è lesto, personale, semplice, caloroso ed elegante al tempo stesso. 

Un volume di 400 pagine: I) U K L I li IC. 


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537 ♦ migliaio 

Cuore 

Libro per i ragazzi 

di Edmondo 
De Am icis 

L n volume di 359 pagine in-16 

DUE LIRE. 

Legato in tela e Oro: TRE LIRE, 


Nuova Edizione Illu¬ 
strata Popolare. Un vo¬ 
lume in-8 di 3oo pagine, 
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Fratelli Treves, editori. Milano 


E USCITO 


La SPAGNA 
= e il VATICANO 

Lettere dalla Spagna 

— ^ Romolo Murri 


i. Piccola o grossa questione? - n. Un col¬ 
loquio con Canalejas. - ni. Cavalieri, alle 
armi ! -ìv. La Cattedrale in ritardo.- v. Con¬ 
venti ed affari. - vi. La scuola popolare. - 
va. Spagna, popolo di letterati. - via. A 
Roma, non a Canossa.-ix. La Spagna delle 
regioni. - x. Dalla politica eroica alla po¬ 
litica realistica. — 

Un volume in-16 con due ritratti : Due Lire. 

DEL MEDESIMO AUTORE : 

Della Religione, della Chiesa e dello Stato, considera¬ 
zioni. con special 1 riguardo all • relazioni f ra la Chie¬ 
sa e lo Stato nella vira e nelle leggi italiane. L. 4 — 

Dalla Monarchia alla Repubblica. Lettere portoghesi 2 — 

Dirigere commissioni e vaglia agli editori Treves. 


PRIMA EDIZIONE TREVES delle 

Eie gie Romane 

di Gabriele d ’Annunzio 

Cn volume tn-8, stampato in rosso e nero , 
con fregi di A. De Karolis : Tre Lire. 

Commissioni e vaglia agli editori Treves, in Milano. 


Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NQDARI in Lugo di Vicenza. 






































































































































r 





FWTREVE5 


S. A. R, LA PRI.N’CIFESSA LaETITIA E LE AUTORITÀ PASSANO SUL PONTE MONUMENTALE PER RECARSI ALL* INAUGURAZIONE (fot. G. Uh.rtalli e F. Morsoli» - Succ. A. Ambrosio, Torini).) 




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FASCICOLO n.° LE ESPOSIZIONI DEL 1911 























l62 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 11 


Nel Padiglione della 


Città di Parigi. 











Il Padiglione della Città di Parigi. 


preziosissima collezione di pizzi, di ventagli, di 
tabacchiere. Non cerchiamovi quindi nò un qua¬ 
dro storico di arte decorativa antica, nò una 
visione completa dell’attività moderna: di que¬ 
stuiti ma offrirà certo documenti più importanti 
il Palazzo della Francia che sorge dalla parte 
opposta del fiume: questa non è che una rac¬ 
colta di poche cose squisite che richiedevano 
una cornice speciale per il loro pregio artistico 
e pel loro valore materiale; l’unità estetica viene 
alla mostra da quel senso nativo di eleganza di¬ 
stinta e raffinata che è il carattere non mai 
smentito dell'arte francese. Non c’ò da fare della 
filosofia dell’arte, raggruppando le cose esposte 
in un quadro estetico; il saggio esiguo non lo 
consente; non c’è che da seguire passo passo 
nelle sale l’ordinamento delle belle cose elegan¬ 
temente esposte e goderne la visione. 

Il garbo ed il gusto francese non sono ve¬ 
nuti meno alla loro fama: le sale sono messe 
con sobria e sottile eleganza: lucidi impiantiti 
di legno o a mosaico; pareti tese di seta, lu¬ 
cernari a vetrate dipinte; e in questa cornice i 
vecchi e i nuovi ori, le stoffe autentiche c quelle 
rinnovate, i vasi ed i quadri nella luce uguale 
e diffusa: si sente di entrare in casa di gente 
che per secoli e secoli ha tenuto lo scettro del 
gusto, che ha imposto al mondo intero le forme 
artistiche dell’intimità domestica, e che anche 
nell’ora presente in cui nuove tendenze etniche 


Esclusa l’arte pura, resterebbe pur sempre alla 
mostra torinese delle industrie e del lavoro il 
vastissimo campo delle arti decorative. Sarebbe 
certo non privo di interesse c di utilità cercare 
nelle manifestazioni dei varii paesi lo stato pre¬ 
sente delle cosidette industrie artistiche e valu¬ 
tare il cammino percorso dall’ultima memorabile 
mostra del 1902. Ma per ora questo sguardo di 
insieme non ò consentito: troppe sezioni sono 
ancora in via di allestimento, dalle quali è le¬ 
cito attendersi qualche saggio più significativo 
di quanto siano i pochi ora in vista: conviene 
per ora riserbare ogni giudizio sintetico ed at¬ 
tenersi a qualche mostra che fa da se. 

Tale è quella clic ha raccolto i suoi documenti 
nel Padiglione della Città di Parigi che sorge 
presso le scalee del Ponte Monumentale. Con¬ 
viene non lasciarsi ingannare dal nome: la mo¬ 
stra non è un puro contributo della città di Pa¬ 
rigi: questa vi contribuisce con una scelta di 
oggetti tratti da quel Musco Carnavalet che ac¬ 
coglie i documenti artistici ed aneddotici della 
città; e con varie mostre relative ai servizi pub¬ 
blici parigini: l’igiene, l’alimentazione, l’ufficio 
antropometrico; ma lo Stato vi ha una parte 
importante coi prodotti delle due grandi mani¬ 
fatture nazionali di Sèvres e dei Gobelins, e coi 
mobili tratti dalle ricche raccolte del (iarde n/en- 
/de de l'Etat: una signora, vi aggiunge la sua 



Una delle grandi sale del padiglione della Città di Parigi. 



sono venute ad affermare il loro diritto, con¬ 
serva quelle delicate tradizioni di stile, di ar¬ 
monia c di sobrietà clic sono il retaggio delle 
nobiltà secolari. Gli oggetti non vi si affastel¬ 
lano come nelle sale di una mostra: si integrano 
nell’ambiente signorile come elementi decorativi: 
vi assumono il vero ufficio per cui furono creati. 

Così fin dalla prima sala. Par di entrare non 
in una sala di esposizione, ma in una ricca an¬ 
ticamera di un palazzo principesco: sulle deli¬ 
cate stoffe delle pareti i gobelins mettono la ric¬ 
chezza armoniosa dei loro toni velati dal tempo: 
attorno le sedie nello stile di Luigi XVI, tese 
di stoffa rossa attenuata dal tempo, mostrano i 
loro fiorami in tappezzeria di Beauvais: nelle 
bacheche dorate le tenere paste dei biscnifs della 
Manifattura di Sèvres, biancheggiano di candore 
discreto e fine: trionfi per tavola, gruppi da ca¬ 
minetto: nudità mitologiche raffinatamente in¬ 
gentilite. I Insenits sono riproduzioni, ma gli 
arazzi c le sedie sono autentiche. E l’arazzo 
maggiore è un capolavoro del settecento. E lì 
tnonjo di Mardocheo tessuto da Monmerque su 
cartone di De Lroy, lo squisito pittore, il ri¬ 
trattista delicato e forte che dipinse per i go¬ 
belins la serie dell 'Mlstoire d'Esther. E certo 
molti moderni potrebbero impararvi un po' di 
scienza di composizione e di armonia di colore. 
Armonia di colore che ò meravigliosamente ri¬ 
prodotta nel sottile tessuto lanoso. Vi sono drap¬ 
peggi turchini e grigi d’ima delicatezza e di una 































Il PRIMO S A L O N E (all’entrata). 


La sala dove sono esposti i famosi “ Gobelin s 






S A L ONE I M P E R O 


(Fotografìe Cliass.au Rinvieni».) 


Sala dei S è vres 


LE ESPOSIZIONI DEL 191 






















































164 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


morbidezza che rivaleggiano con l’opera del pen¬ 
nello: vi è un paludamento rosso che è una mera¬ 
viglia di smaglianza armoniosa. Di contro stanno 
arazzi a fiorami in forma di lunghi pannelli de¬ 
corativi: sono entrecroisécs destinati a occupare 
gli spazi fra le finestre. 

La vecchia e gloriosa manifattura che Jean 
Gobelin fondò verso la metà del quattrocento 
sulla riva della Piòvre e che Colbert acquistò 
per lo Stato, dopo averci mostrato una delle 
sue pagine storiche più belle, ci ofire saggi 
della sua attività moderna. Lo Stato si è rivolto 
negli ultimi anni a molti artisti per averne car¬ 
toni da tradurre in tappezzeria: non sempre la 
sua sollecitudine fu ricompensata; Puvis de Cha- 
vannes mori senza esser giunto a fornire i suoi 
cartoni, ed è peccato perchè la sua arte era per 
la sua nobiltà e per la sua stilizzazione decora¬ 
tiva della forma e del colore singolarmente adatta 
alla traduzione meccanica. 1 Gobelins hanno ri¬ 
prodotto opere di Jean Paul Laurens, di Olivier 
Mer.sou, di Rochegrosse; ma qui non figurano; 
per contro una intera sala è destinata a Chéret. 

Jules Chéret ha avuto pei suoi cartelloni, in 
cui donnine sgambettanti per aria ostentano le 
tinte crude delle loro carni bistrate e dei loro 
abiti sgargianti una grande fama; i critici fran¬ 
cesi hanno scoperto in lui il legittimo rampollo 
di Watteau e di Fragonard: è un’arte non 
priva di brio, ma che stanca terribilmente con 
la sua sbrigliatezza epilettica, i suoi tipi da cafe- 
c/inntaiits e le sue luci crude da ribalta. Se stanca 
nell’effimero genere del cartellone, stanca anche 
più tradotta in arazzo. Nei quattro che ornano 
questa seconda sala è reso modernissimamente 
il vecchio motivo delle quattro stagioni: sono 
figure di donnette moderne che hanno il torto 
di esser campate in aria come dee della mito¬ 
logia: l’ Estate sembra una divelle ; XInverno un 
mannequin di qualche gran magazzino; Au/unno 
una Diana da revue; la Primavera una soubrette 
seduta per aria sopra un cespo di rose: i toni 
delle vesti, gialli, rossi, viola, hanno una cru¬ 
dezza irritante. Anche meno appropriato appare 
questo stile decorativo nelle-stoffe delle sedie 
in cui sono figurati profili di donne fra ghir¬ 
lande di fiori. Credo che dinanzi a questa sca¬ 
pigliatura moderna, indice prezioso di un pe¬ 
riodo in cui si era smarrito il senso delle leggi 
decorative, anche i modernisti piti accesi prefe¬ 
riranno i decors settecenteschi e le mitologie.... 

Ed eccoci al grande salone centrale dedicato 
alla Città di Parigi. E un’ampia sala quadrata 
con zoccoli, lesene e cornici in finta pietra; in 
quella bella pietra arenaria giallognola che con¬ 
ferisce cosi signorile aspetto all’architettura pa¬ 
rigina. 11 pavimento e a mosaico a tessclli tur¬ 
chini e gialli: dinanzi ad una statua della Re¬ 
pubblica che sta nel centro (.Iella parete princi¬ 
pale il mosaico si varia in un finto tappeto viola 
e giallo di vivace effetto. Le pareti sono ornate 
di arazzi c di trofei ili bronzo dorato, riprodu¬ 
zioni di bellissimi modelli del secolo di Luigi XV. 
Su zoccoli stanno enormi vasi di Sèvres, e nelle 
vetrine sono raccolti altri vasi minori e statuette. 

Cominciamo dagli arazzi. Dietro la statua della 
Repubblica è un arazzo decorativo su disegno 
di J. Piane, recante le armi di Parigi: il vascello 
!• inclita/ nec mergitur. In alto sopra le porte 
sono due arazzi, buone riproduzioni moderne 
di arazzi di Boucher. Tutta una parete è oc¬ 
cupata da un vastissimo gobelin lungo otto me¬ 
tri e alto sei: La morte di Da Guesclin su 
cartone di Toudouze, destinato al Palazzo di 
giusti/..a a Rennes; composizione di gusto sa¬ 


namente medievale, in cui la salma del fiero co- 
nestabile di Francia appare tra la selva delle 
lance e le cappe bianche dei monaci. In que¬ 
st’opera, che costò sette anni di lavoro, la ma¬ 
nifattura mostra di non aver perduto la sapienza 
di coloro che l’ha resa famosa; vi sono toni 
bellissimi. E maggior forza di colore appare nei 
due altri arazzi Giasone e Medea e Prometeo e 
le Oceanidi, su cartoni di Albert Maignan; com¬ 
posizioni freddamente accademiche. A questo 
riguardo importa osservare che a torto rimpian¬ 
giamo di non trovare negli arazzi moderni la 
fusione di toni degli antichi; le attribuiamo a 
perduto senso di armonia, e non è. Traducendo 
in arazzo una pittura, i tessitori sono obbligati 
ad aumentare di tre o quattro toni ogni valore, 
per provvedere all' inevitabile attenuarsi delle 
tinte sotto l’influenza della luce. La delicatezza 
di toni delle cose antiche, la patina, è una bel¬ 
lezza tutta moderna; i greci non videro il Par- 
tenone color d’ambra come lo vediamo noi, nè 
i contemporanei ili Donatello videro il Gatta¬ 
melata sotto la deliziosa veste di ossido verde 
con cui appare ai nostri occhi. 

E veniamo alle ceramiche. La manifattura di 
Sèvres ha sentito da anni l’influsso delle nuove 
correnti decorative. La sua è una modernità di¬ 
screta, direi ufficiale, ma è aristocratica e fine. 
11 florealismo francese vi appare sopratutto nel 
gusto del Grasset e del Verneuil: talora si ispira 
al Giappone; meno felice mi sembra quando 
sposa forme floreali moderne a medaglioni di 
neoclassicismo in smalti translucidi. I conosci¬ 
tori ammireranno la bellezza delle paste, se an¬ 
che domanderanno pili ardite ricerche di colore 
e di forma. Nè molti notevoli sono le statuette 
moderne in biscuit. 

Una serie di seggioloni Luigi XV, riprodu¬ 
zione di stoffe del Tissier, appartenenti alla se¬ 
rie della Storia di Don Chisciotte, completa l'ar¬ 
redamento. 

Invece di scendere la doppia scalinata mar¬ 
morea al pianterreno, continuiamo il giro: un 
luccicare di vecchi ori, una delicata spunta di 
pizzi giallognoli: sono le sale composte con og¬ 
getti storici, prezioso contributo del Museo Car- 
navalet. 

Sul vecchio impiantito ili legno storicamente 
tarlato, sulle pareti tese a stoffa di seta rossa 
tramata d’oro, si alzano boiseries dagli eleganti 
profili: sono resti di vecchi itólels demoliti, ru¬ 
deri di un tempo in cui porte e stipiti erano 
opera di artisti e non di macchine, testimoni di 
queirinimitabile eleganza che fu il settecento. 
Un lustro veneziano pende dal soffitto: nelle 
vetrine sono pizzi, ventagli miniati dalle stecche 
di avorio scolpito, dipinto, incrostato ili argento, 
di oro, di bronzo, di madreperla, con scenette 
mitologiche nel gusto di Boucher, idilliche nel 
gusto di Watteau: sono i piaceri delle dìnettes 
sull’erba, tra le grandi masse arboree dei par¬ 
chi, sotto le statue e le balaustrate muscose; 
l’inevitabile scena degli amanti con la gabbia 
deU’uccellino, i piaceri della pesca alla lenza; la 
non meno frequente scena degli amanti che si 
baciano mentre un rivale spia dietro una tenda 
o un cespuglio: gli echi pittorici di quella vita 
sottilmente frivola, epicureamente galante, in¬ 
genua e corrotta. Non manca la satira: la si¬ 
gnora occupata nella difficile confezione della 
sua immensa acconciatura. 11 toppe è così alto 
che il parrucchiere è dovuto salire sopra una 
scala per darvi gli ultimi tocchi, ed il marito la 
osserva col cannocchiale.... E poi specchietti, 
miniature, tabacchiere dipinte o smaltate; un ar¬ 


colaio in bronzo e corno, e pizzi a profusione. 
È la collezione della signora Ricard. 

Ma più mi attraggono i quadri. V’è un gioiello, 
un puro gioiello: il ritratto della Du Barry di 
Fragonard; scollata in abito giallo, dei fiorda¬ 
lisi nei capelli castani, contro un fondo plumbeo. 
Il pittore licenzioso e sbrigliato, il tecnico me¬ 
raviglioso, ha dipinto raramente una testa così 
studiata, come questa della favorita famosa. Come 
tutte le bellezze celebri non è bella: un viso 
pienotto, un nasino schiacciato, una bocca non 
bella, un seno colmo, una freschezza di gioventù 
e nulla più. Ma l’opera d’arte è magnifica per 
armonia e freschezza di colore, per quella fu¬ 
sione di cui si è perduto il segreto. La Repub¬ 
blica è galante: ha fatto i maggiori onori alla 
favorita del re: vi è un altro ritratto di lei, pur 
bellissimo, meno giovane, incipriata, meno pe¬ 
tulante, più cauta nel sorriso: un ritratto uffi¬ 
ciale.... 

Alcune altre tele sono qui raccolte: un colo¬ 
rito ritratto di Laure de Bonneuil, dipinto dalla 
Vigée Lebrun, in costume di Saffo, due vedute 
di Hubert Robert, in cui la solennità della cam¬ 
pagna romana è attenuata dalla grazia francese; 
due ovali di Boucher con motivi di genere ; una 
lavandaia presso il mulino, ed un barcaiuolo, con 
finezze di paesaggio quasi moderne; vi sono tre 
tele di Boilly: la partenza dei coscritti nel 1807; 
la distribuzione dei viveri nella carestia del 1822, 
e Payez, payez, l’episodio allora frequente a Pa¬ 
rigi dell’obolo di pedaggio per passare attra¬ 
verso le assicelle che si ponevano al disopra 
dei rivoli di acque che inondavano le vie, pre¬ 
ziosi per la storia del costume. Vi sono inoltre 
tappezzerie ili Beauvais con soggetti di caccia, 
ed una statua di Luigi XIV in acciaio fuso ce¬ 
sellato e damaschinato, già appartenente a Mas¬ 
similiano Titon, segretario ilei Re. 

Un piccolo salotto Louis XV completa la mo¬ 
stra. Le pareti sono in legno a riquadri dipinti 
di rose e viola, con fiori scolpiti; le sedie sono 
a membrature scolpite e tese di damasco verde. 
Vi sono ammirevoli orologi a pendolo di Bunon 
e Robin, specchiere, un camino di marmo, un 
armadio laccato di gusto cinese ed un pizzo 
lungo quattro metri a punto di Frància. 

Attigua è la sala del Consiglio municipale tesa 
in damasco rosso e oro; tavola Luigi XIV con 
incrostatura di bronzo; tappeto gobelin a fio¬ 
rami gialli e neri; bellissime sopraporte en gri- 
sailles con putti e quattro ritratti di scabini; i 
prcvots des marchands in parrucca e toga rossa, 
ili cui uno per mano di Largillières. In due ba¬ 
cheche sta una raccolta delle nuove monete 
francesi, delle numerose medaglie commemora¬ 
tive e delle placchette stampate dalla Zecca ili 
Francia, da Chaplain a Dupuis, da Roty a Char- 
pentier. 

Converrebbe scendere a pianterreno per vi¬ 
sitare la sala allestita dagli allievi e ilall’allieva 
della scuola di ebanisteria, che prende nome dal 
celebre Boulle; ma non è ancora allestita: per 
compenso coloro che ai fascini dell’arte prefe¬ 
riscono quelli della cronaca giudiziaria potranno 
contemplare nella vetrina dell’Ufficio antropo¬ 
metrico la bottiglia di cognac trovata in casa 
Steinheil, con le impronte digitali.... È anch’essa 
un documento storico, oltreché scientifico: dalle 
favorite del re si passa a quelle delle repub¬ 
bliche: ma i posteri preferiranno verisimilmente 
il ritratto di Fragonard.... 

Enrico Thovez. 

(Dalla Stampa ), 





Siro Ima 


Raccomandata dalie Autorità .Mediche nelle 

Malattie polmonari, 

Catarri bronchiali cronici, 
Tosse Asinina, Scrofola, Influenza 


(il A gl) ARSI dalle LUSTRAI-FAZIOSI 


unici fabbricami : F. Hoffniann-La Roclic Se C.° - Basilea 

























LE ESPOSIZIONI DEL 


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TORINO. IL PADIGLIONE UNGHERESE (Ardi. Maurizio V 


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F RON'TE PROSP1C E N TE IL P O. 


Il Padiglione e l'Arte decorativa 


1 capisaldi dell'arte decorativa sono tutti in¬ 
ternazionali, almeno in quanto concernono la 
costruzione e lo scopo, ma acquistano, nel tras¬ 
migrare di paese in paese, un certo particolar 
carattere di razza: il quale, nella sua originalità, 
dà nell'occhio allo straniero molto più che al¬ 
l'indigeno. L’ornamentazione ungherese è istin¬ 
tiva nel popolo: la sua genealogia è tanto antica 
quanto forse quella della classica foglia d’acanto. 
Essa fu consacrata e tramandata dall'antica in¬ 


dustria domestica ed ha i suoi più tipici rappre¬ 
sentanti nei merletti, nei lavori in /ielle, nelle 
maioliche 

Suo speciale contrassegno c questo: che mai 
essa lascia vuota la superficie che vuole ador¬ 
nare: ma spesso, profonde tuttala sua ricchezza 
in un orlo, in un fregio. Somiglia ad una di 
quelle piante che in cima ad un esile stelo di¬ 
spiegano un vero mazzo di fiori. I suoi motivi 
sono tutti presi nel regno vegetale: c nella loro 


Ungherese* 

disposizione domina la simmetria ed il ritmo: 
il colore è acceso e dà all’insieme una vivacità 
orientale. 

In tutte le Esposizioni, l'Ungheria si distingue 
presentando sale ammirevoli nelle quali, sono 
una amabilità sobria di tinte c di rilievi e una 
fusione armoniosa di luci. In questi ambienti, 
fanno di sò bella mostra, i mille piccoli delicati 
bihelots, i preziosissimi oggetti in oro, i magi¬ 
strali mosaici, le squisite fioriere in rame mar- 



Fronte prospicexte i l P arco d f. l V a lenti» o. 























i66 


L E E S P O SI 7 I O N I DEL i 9 i i 


tellato, le scintillanti iridate mattonelle policrome, 
gli arazzi, i disegni, le monete, i mobili finissimi. 

E tutti i deliziosi minuscoli oggetti, listati, briz¬ 
zolati, screziati, picchiettati di pietre dai vivaci 
colori, dipinti, rabescati a fiori, a stelle, a scudi, 
a scacchiere, terminanti in ricami, in frangio, in 
ciondoli: e tutta quell’aria gentile di mistero, 
quella sembianza orientale, destano nel cuore 
un sentimento dolcissimo di amorosa malinco¬ 
nia e nella mente mille fantasie e desiderii e 
visioni d’un mondo lontano, d’una gente ignota, 
d’ima terra piena d’amori e di delizie. 

* 

Nei primi tempi della loro dimora in Europa, 
dimora ormai più che millenaria, gli Ungheresi 
risentono tutta l’influenza della vicina Bisanzio. 
Questo, è il primo focolare che, in arte, li irraggia 
e li inspira. Venne poi l'Italia, alla quale i re j 
d’Ungheria, avidi d’arte, in due diversi periodi 
storici si rivolsero, prendendola a fonte e mo¬ 
dello. Da Napoli vennero chiamati lapidari e pit¬ 
tori, artisti c industriali. Sul cadere ilei secolo XV, 
il gran Corvino, Mattia Ilunyadi, impone il suo 
ardente entusiasmo pel Rinascimento italiano. 
Alla sua biblioteca, amanuensi, miniatori, rile¬ 
gatori, diedero i più bei codici dell’epoca, degni 
di Firenze e di Roma. (Mattia Corvino improv¬ 
visò delle vere biblioteche, ricche di libri fine¬ 
mente decorati, giunti sino a noi freschi e bril¬ 
lanti come fossero appena fatti). Scultori e de¬ 
coratori, profondono alle Corti di Buda e di Vi- 
segrad miracoli d’arte e di eleganza. 

Ma, poco a poco, accanto all’arte occidentale 
favorita dai principi, si fa strada l’arte nazionale 
degli artisti ungheresi già raccolti in regolate 
maestranze. Cosi, fin dal secolo XIV, i fratelli 
Martino e Giorgio da Koloysoàr, fonditori, an¬ 
ticipano l’opera del Gattamelata, innalzando mo¬ 
numenti equestri senza il sostegno mediano. Son 
queste le basi, sopra le quali, poco dopo, cioè 
dopo il disastro di Moliacs, sorge in Transil- 
vania, nell’èra dei principi nazionali, e si svi¬ 
luppa un’arte schiettamente ungherese. La guerra 
due volte secolare che l’Ungheria dovette . so¬ 
stenere per difendere l’Europa dal pericolo turco, 
non riuscì a soffocare nell’ungherese il senti¬ 
mento dell’arte. 

Dopo il compromesso di Dcak ( 1867) subentra 
una tregua: il re d’Ungheria giura fedeltà alla 
millenaria costituzione ungherese: la nuova èra, 
costituzionalmente pacifica, vede risorgere e fio¬ 
rire l’arte, i commerci e le industrie. La spada 
riposa tranquilla nella guaina: l’incudine, il mar¬ 
tello, il bulino, lo scalpello, l’ago, i pennelli, ri¬ 
vendicano i loro diritti. 

Sempre attaccata al suo passato, sempre ge¬ 
losa eli se stessa, è stata la nazione ungherese. 
Ber mille anni seppe conservare intatta e inco¬ 
lume la sua lingua, in mezzo all’invadente marea 
delle altre lingue dalle quali era circondata nel¬ 
l’aspro cozzo di tanti popoli avversi. Anche l’arte 
magiara, col suo tipo speciale, coi suoi tesori 
di forma ha tali tratti da poter gareggiare in 
antichità con la lingua stessa. I fiori di tulipano 
e di garofano, gii occhi di pavone che fregiano 
il mantello del contadino e la ciarpa della don¬ 
zella o ne adornano gli umili vasi e le semplici 
suppellettili, stanno in stretta parentela con l’an¬ 
tico fiore di loto egiziano, li l’arte popolare recò 
nuovi elementi nel vasto campo. 

L’arte ungherese, tramandata come una sacra 
eredità dagli avi, è tale che, come offre all’u¬ 
mile chiesa del villaggio i paramenti e le ore¬ 
ficerie, cosi abbellisce de’ suoi prodotti i son¬ 
tuosi castelli dei nobili. Ed è questo l’ufficio 
della vera arte. Ella si espande come la luce, cir¬ 
cola come l’aria, lenisce 1 dolori, e l’eco ne resta 
durevole su tutti i luoghi del suo passaggio. 


1 * ra gli edifici dell’Esposizione di forino, ispi¬ 
rati in massima parte alla settecentesca archi¬ 
tettura locale di cui diffuse il gusto l’abate Ju- 
vara, artista messinese, spicca, per un suo sin¬ 
goiar profumo esotico, il Padiglione dell’Un¬ 
gheria, sotto la tenue luce delle vetrate poli¬ 
crome. Esso rivela un senso d’arte raffinato, 
una ricerca di armonia e di equilibrio dei va¬ 
lori, una costante preoccupazione estetica. Ben¬ 
ché il gusto dello strano e del bizzarro — ca¬ 
ratteristico negli ungheresi — ci sorprenda e, 
talora ci urti, dobbiamo nondimeno ammirare 
la finezza squisita che li distingue. II loro Pa¬ 
diglione ci stupisce più di quanto ci attiri, ma 
è giusto riconoscere che la sua ispirazione pro¬ 
viene da uno stile proprio, personale, ben parti¬ 
colare all’Ungheria, ciò che è merito grandissimo. 

Nino n’U rio. 



TORINO. Omaggio dei ginnasti francesi ai. Monumento di Re Vittorio Emanuele. 

Il Grande Concorso Internazionale Ginnastico a Torino* 


Dei grandi convegni prcstabil.ti dal programma di fe¬ 
steggiamenti di cui Torino deve essere teatro in questi 
mesi, limarrà memorabile il Concorso ginnastico federale 
internazionale tenutosi nell’immenso Stadium dall’11 al 
14 di maggio. 

Da ogni parte d’Italia e d’Europa ed anche dail’Africa 
accorsero numerose squadre di società ginnastiche, con 
fanfare e bandiere. Nei cinque giorni durante i quali si 
svolse il Concorso, si trovarono riuniti in Torino non meno 
di tredici mila giovani ginnasti d’ogni paese. 

Delle varie gare destò grande interesse quella per il 
pentathlon (salto misto, lancio dei giavellotti, corsa veloce 
e lotta greco-romana), riuscendo primo nel campionato 
Cardini, della Virtus di Bologna, a cui fu assegnato il 
grande premio reale. 

La pioggia molestò, anzi, perseguitò quasi ogni giorno 
il Concorso, tanto che il r 3 non potè avere-luogo nello 
Stidium il torneo internazionale, essendo la pista ridótta 
un vero pantano; 

11 torneo ginnastico internazionale — il quinto della 
serie — si svolse invece nella sede della società ginna¬ 
stica di Torino: le nazioni rappresentate erano ot(:o } e le 
scpiadre erano formate di sei ginnasti per ciascuna. I ri¬ 
sultati furono questi: 

1. Austria (Praga); 2. Francia; 3 . Italià; 4 Austria (Slo¬ 
veni); 5 . Lussemburgo; <>. Belgio; 7. Cróazia; 8. Romania. 
L’ufficio della Federazione europea decise che il sesto tor¬ 
neo internazionale ginnastico abbia luogo a Parigi nel 
novembre 1913. 

11 14 ebbero luogo le gare ginnico-militari presenti il 
generale Cappello, il prof. Monti e il colonnello Zavat- 
tari del 3 .° alpini olire ad altri ufficiali. La prima gara 
consisteva in una corsa con ostacoli disseminati lungo il 
percorso dallo Stad.lnn al Poligono del Martinetto. Qui i 
concorrenti venivano “ neutralizzati „ di tempo, sparavano 
tre colpi contro un bersaglio e tornavano subito dopo allo 
Stadium per un percorso uguale a quello d’andata ma 
senza ostacoli. 11 risultato fu questo: 1. il sesto regg. al¬ 
pini (59P compagnia); 2. 73. 0 regg. fanteria (Bergamo); 
3 . pompieri di Genova; 4. sesto regg. artiglieria da for¬ 
tezza; 5 . terzo regg. alpini; 6. seconda squadra pompieri 
di Genova; 7. 36 ." regg. fanteria (Modena); 8. 71,° reggi¬ 


mento fanteria (Venezia!; 9. quarto regg. bersaglieri (To¬ 
rino). 

Per le gare nazionali di squadre, conviene registrare 
questi risultati: 

Concorso femminile : gara di squadre allieve. — Corona 
d’alloro: Istituto nazionale delle lìgiie dei militari;. Scuola 
normale “ Isabella „ di Torino: Soc. " Colombo „ di Ge¬ 
nova; Ricr. “ Sciesa „ di Milano; Soc. Umberto 1 , di Vi¬ 
cenza; Soc. di Cagliari e di Genova; Orfan. di Cremona; 
Associazioni di Padova, di Udine, di Castellanza eòli An¬ 
cona; “ Sempre Avanti „ di Bologna; Scuola pop. di 'To¬ 
rino; “ Mediolanum „ di Milano; " Anita Garibaldi „ di 
Roma. — Gare di squadre adulte — Corona d’alloro: 
Istituto naz. delle figlie dei militari: Soc. “ Francesco 
Trotti ,( di Alessandria; Soc. ginnastiche di Torino, di 
Siena, di Sestri Pohcnte, di Genova, di» Lodi, di Brescia, 
di Cremona, di Vicenza, di .Monza, di Asti, di Lione; la 
Scuola “ Duchessa Isabella ,, di Torino; “ Mediolanum „ 
ed “ lnsubria „ di Milano; Ricr. “Sciesa,,* di Milano. 

Gara nazionale allievi. — Corona d'alloro: Orfan. mo- 
scliile di Milano; Collegio eli Rivoli; Soc. ginnastica di 
Savona, e di Cremona; “ Mameli ( , di Genoya; Ricr. po¬ 
polare di Vicenza; Soc. di ] 3 agnacavalIo, di Bari, di Pe¬ 
saro, di Cagliari; Sordo-muti di Lodi; Soc. di Novi Li¬ 
gure, di Busto Arsizio; Ricr. “ Cairoli „ db Roma; 11 Pro 
Italia,, di Spezia; Soc. di Roma, Ancona, 1 Ferrara, Bre¬ 
scia, Padova, Asti, Vogherà; “ Sèmpre Avanti : di Bolo¬ 
gna, di Siena, di Lodi, eli Macerata ; Ricr. “'Garibaldi „ 
di Monza; “ Goffredo Maineli ,, di Milano; Soc. di Castel¬ 
lanza, di bissone; “ Mediolanum „ di Milano; Protezione dei 
fanciulli di Milano ; Scuola pop. ginn, di Bari; Ricreatorio 
‘ Sciesa „ di Milano; Soc. “ Patria „ di Carpi; Soc. di Foli¬ 
gno, di San Giovanni in Persicelo, di Montecatini, di Udine. 

Per la gara nazionale le corone d’alloro furono asse¬ 
gnate alla “ Virtus „ di Bologna, alla Soc. ginn, di Gine¬ 
vra, alla “Forza c Coraggio „ di Milano, ai pompieri di 
Genova, alle Soc. ginn, di Lugano, di Ferrara, di Vige¬ 
vano, di Ginevra, di Brescia, di Genova, alla “ Sempre 
Avanti „ di Bologna. 

La premiazione segui la sera del 14 nel salone al Fortino 
alla presenza del sottosegretario di Stato per l’istruzione 
on. Vicini. 



1TTORIO 



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I ORINO. I rappresentanti jjei ginnasti francesi al Monumento t>i Re Vittorio Emanuele. 

(>. I berta Ili e !•. Morso Un - Sucu» Axiibrosio, Torino.) 























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


167 




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I C) E I N O. I L G R A N D E C O N C O R S () I N T E R N A Z I O N A L E G I N N A S T I C 


O. 


(Fot. (ì. l'b. rtalli c- !•'. Morsoli» - Succ. A. A,nl>r 03 io, Torino.) 






















































































































































ROAA. ALLA MOSTRA INTERNAZIONALE DI BELLE ARTI. 


P A I) I (ì L I O N E 


1) E L L A G E R M AMA. 


RADI G I. I O N E D E L E A S V E Z I A. 








La SALA DEI VARI ARTISTI SVEDESI. (Fotografie Abeniacar.) Il BRONZO DI RI ILLES NELLA SALA ZoRN. 

































































































































































170 


LK ESPOSIZIONI DEL 1911 



Pio J o h 1 s. - Figlie di patrizie e figlie di plebee (Esposizione Retrospettiva italiana) (fot. .ulnari). 


ARTE E FIORI A FIRENZE. 

La Esposizione Retrospettiva Italiana. - La Mostra di Floricoltura Internazionale. 


Il periodo csportivo di Firenze ha raggiunto 
il massimo della sua intensità in questo suo 
dolce maggio: — vogliamo fare ancora delle va¬ 
riazioni storico-poetiche sul maggio fiorentino? 
Accanto alla grande Mostra del Ritratto, che 
continua a deliziare i competenti e a meravi¬ 
gliare gli incompetenti, c’è una Mostra d’Artc 
Moderna, la Retrospettiva, promossa dalla So¬ 
cietà delle Belle Arti, e c’è l’Esposizióne inter¬ 
nazionale di floricoltura: arte antica, fiori fre¬ 
schi, arte nuova.... non mai Firenze mi è sembrata 
così Firenze. Si vorrebbe non conoscerla ancora 
per aver la gioia di vederla la prima volta così 
adorna dei suoi attributi più vaghi, la città cara 
alle Grazie. 

Ciò non toglie che alla “ Esposizione Retro¬ 
spettiva di Belle Arti „ si possa fare qualche ap¬ 
punto, almeno formale: per esempio quello di 
non corrispondere in tutto alle promesse del suo 
titolo. Si immagina di trovare una serie di opere 
d’arte che esprimano più o meno compiutamente 
un periodo della pittura e della scoltura italiana 
che ci facciano vedere, almeno in iscorcio, quella 
che è stata l’arte di ieri, e invece si trova un’an¬ 
tologia piuttosto casuale di opere che hanno 
quasi cinquant’anni e che domandano di essere 
giudicate con l’occhio dello storico e di opere 
che ne hanno uno o due e che di pieno diritto 
rientrano nell’arte contemporanea. 

Gli ordinatori dell’Esposizione hanno avuto 
un’idea piuttosto originale, di raccogliere delle 
opere le quali avessero un carattere retrospet¬ 
tivo non tanto per la loro data di composizione 
quanto per la data di nascita dei loro autori. Si 
sono rivolti agli artisti i quali avessero già com¬ 
piuto i quarantacinque anni — liberi di averne 
anche novanta — e hanno domandate le loro 
opere, fossero dipinte o modellate sei mesi o 
cinquant’anni fa: il termine a quo era fissato 
nell’anno 1862. Da questo ordinamento pregiu¬ 
diziale è venuta fuori una Esposizione che in 
alcune opere è veramente retrospettiva e ricorda 
spirito c forme d’arte a cui non siamo piti con¬ 
temporanei, insieme con 
opere che, per essere 
prodotte da artisti già 
quarantacinquenni, non 
cessano aifatto di essere 
attualissime. Non è forse 
molto attuale un busto 
del Caruso modellato da 
Cifariello ? Ebbene la Re¬ 
trospettiva ci offre Cifa¬ 
riello e ci offre Caruso. 

Ci offre anche — at¬ 
tualità di miglior natura 


- quattro cere di Medardo Rosso. Il più sin¬ 
golare degli scultori nostri, colui che con audace 
innovazione, ha voluto trasformare la scoltura 
in una specie di pittura modellata, l'artista molto 
discusso ma certo unico nei suoi effetti, il rivo¬ 
luzionario di fresca rinomanza rango, in una espo¬ 
sizione che nel nome promette delle impressioni 
pacate, delle contemplazioni quasi storiche ! Pur 
troppo dev' esser vero che è quasi più lacile 
fare una bella opera d’arte che raccogliere delle 
belle opere in un ordine logico. 

Del resto, se un momento rinunciamo alle no¬ 
stre pretese storiche, se consideriamo questa re¬ 
trospettiva nel suo insieme un po’ casuale senza 
pretendere di piti di quello che può darci, vi 
ritroviamo dentro una bella serie di opere che 
non dovranno esser dimenticate quando si farà 
la grande Retrospettiva dell’ultimo cinquanten¬ 
nio dell’arte italiana. 

Con certi quadri si risale non poco in su per 
l’anfiteatro degli anni. Siamo nel '64 con la bella 
monaca bianca che si avanza così piamente nel 
quadro di Edoardo Tofano: siamo nel'62 con i 
paesaggi riposanti e orizzontali dell’Avondo, che 
è morto l'anno scorso. Tutta la scuola meri¬ 
dionale di quarant’anni fa è rappresentata da 
opere significative. La pittura storica minuziosa, 
molto composta ma non senza un certo sapore 
di verità, parla nel quadro dell’altro meridionale 
Miola Plauto Mugnaio, che viene dal Munici¬ 
pio di Napoli. Ma la bella pittura franca e di¬ 
retta che presuppone i grandi esempi del Mo¬ 
relli, splende nelle Mummie di Paolo Vietri, 
e nelle audaci impressioni di Antonio Mancini! 

Quelli che si mostrano in un gruppo piti omo¬ 
geneo e più caratteristico sono" naturalmente i 
vecchi toscani, i buoni pittori coscienziosi che 
sapevano la vita intima delle loro campagne e 
la rendevano con una sincerità profonda a cui 
non manca che un po’ di gioia nel colore: Rug¬ 
gero Panerai, che nel Cavallo malato e nel Guado 
evoca la grande poesia della Maremma, Rug- 
g-ero Focardi, semplice e limpido, e i due Gioii, 
Francesco e Luigi, pittori di movimento e di 
bravura, instancabili a rendere gli aspetti della 
vita nella loro Toscana; cavalli del piano e con¬ 
tadini del monte, chiare visioni del vero fer¬ 
mate in tele spesso vaste. E con questi pittori, 
clic hanno innegabilmente un carattere retro¬ 
spettivo, il loro compagno scultore, Augusto Ri¬ 
volta che ci riporta alla sua prima giovinezza 
alla crinolina declinante e all’ultima poesia ghi¬ 
bellina con le sue statue il Ritorno dalla posta 
e Gian Battista Niccolini. 

Nella loro varietà si sente qualche cosa di 
unico, se non una scuola, certo un’ispirazione 


comune, un momento insomma della nostra arte 
e un momento caratteristico. 

11 resto dell’Esposizione, tanto la parte retro¬ 
spettiva quanto la parte attuale — c’è anche 
questa, e comprende tutti gli artisti residenti in 
1 oscana — è diffìcile ad essere inchiuso in un 
ciclo omogeneo. Si va da Mario de Maria — 
sempre grande poeta e grande pittore — al 
Morbelli, da Traiano Chitarin al Belloni, dal 
Mcntessì al Laurenti e, tra i giovani che ora¬ 
mai hanno il loro posto nell’arte nostra, da 
Adolfo De Carolis a Galileo Chini, dal Nomel- 
lani al D’Achiardi. Una serie d’impressioni d’arte 
in cui forse lo storico dell’avvenire riuscirà a 
trovare un’unica nota, caratteristica del loro 
tempo, ma che a noi risultano diverse e quasi 
inconciliabili come è diversa la personalità dei 
loro artisti. In ogni caso una mostra di opere 
che sentono la freschezza del cavalletto e la 
volontà di riuscir nuove: niente che possa esser 
contemplato con la pacatezza un po’ melanconica 
delle Retrospettive. 

Valgon meglio i vecchi, i più che quaranta- 
cinquenni, o i giovani? Nemmeno a questa do¬ 
manda la Mostra fiorentina può pretendere di 
dare una risposta, chè giovani e vecchi hanno 
latto assai piti di quanto qui risulti. Qui c’è una 
collezione un po’ mista, un po’ ineguale di cose 
vecchie e di cose nuove; piuttosto fan ricordo 
pei chi sa che una dimostrazione per chi non 
sa. In ogni modo interessante. 


Confesso che più interessante mi è riuscita la 
Esposizione, nazionale e internazionale, di fiori- 
coltura. Interessante perchè corrisponde a uno 
dei sentimenti piti spontanei e più universali, 
lamore dei fiori; più interessante perchè ci ri- 
\ela rare bellezze sconosciute in questo domi¬ 
nio della bellezza. 

Ber chi ama i fiori nella loro poesia sponta¬ 
nea 1 umile pratolina fiorita sulla brughiera, può 
valere il più pomposo esemplare d’orchidea; 
anzi 1 effetto complessivo del prato in fiore — 
sieno le genziane del monte o i rosolacci del 
piano è pittorescamente e sentimentalmente 
superiore a quello di un gruppo ben compa- 
gnato di azalee di nuova specie o di anturii di 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI • Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO rtEABRO DELLA GIURIA 






















r 7 i 


LEvESPOSIZIONI DEL t 9 it 



Le Ninfee. Un viale. 

La MOSTRA DI FlORIGULTURA (fot. Istituto Miccoprafico Italiano,) 



nuovo stile. Tutta l'arte di cui si compiace l’arte 
nostra è abbastanza lontana dalla natura per¬ 
chè anche tra i lìori si sappiano apprezzare 
quelli che dalla natura sono più discosti. 

In fin dei conti tutti i nostri fiori, quelli che 
ammiriamo sul seno della donna ammirata c 
quelli che portiamo nel funerale dell’amico rim¬ 
pianto, sono fiori naturali fino a un certo punto. 
Chi vorrebbe ridurre le rose alla loro forma 
primitiva di eglantine a quattro petali, o 
il garofano complicato al piccolo boccio 
sfrangiato del suo tipo competitore? Una 
grande esposizione di fiori, come questa di 
Firenze, ci dimostra che i fiori non sono 
più un genere, molte speci, ma quasi infi¬ 
nite varietà individuali, come gli uomini. 

Ogni vaso, ogni cespo meriterebbe un’os¬ 
servazione particolare, come la merita, per 
l’artista, ogni uomo, qualunque uomo. 

Se ogni fiore è un individuo è logico che 
abbia anche come ogni uomo un nome suo. 

E lo ha. Uno dei divertimenti, per un pro¬ 
fano, può essere anche quello di conside¬ 
rar questi nomi. Chiunque abbia un certo 
amore della proprietà della sua lingua, de¬ 
sidera, all’occasione, poter definire anche 
un fiore con un nome un po’ più preciso 
che non sia quello di rosa rossa, o garo¬ 
fano sanguigno. 

Aimè, bisogna rinunciare sotto pena di 
non farsi comprendere se non dallo spe¬ 
cialista. Vedete, tra le rose compaiono dei 
nomi che assolutamente mi paiono inadatti 
a fissare nel ricordo la loro particolare bel¬ 
lezza. I lo imparato per esempio, che una 
varietà di rosa si chiama Frali ObcrhoJ- 
gartner Singer, vale a dire: “Signora Sin¬ 
ger moglie del capo giardiniere di corte „ : 
non dev’esscr facile farlo entrare in un en¬ 
decasillabo e nemmeno in un biglietto dolce 
che accompagni un mazzo di rose degne di 
esser chiamate con questo nome.... Disgra¬ 
ziatamente non potrei nemmeno tentare di 
descrivere come sono le rose che si fre¬ 
giano di un nome così germanicamente uf¬ 
ficiale, perchè la signora Singer che ho 
vista — in vaso — non era ancora fiorita. 

In compenso si pavoneggiavano nella 
bellezza del loro fogliame decorativo, bian¬ 
co venato di violetto e di rosa, Pietro Ma¬ 
scagni e anche Michele Amari, lo storico 
dei Saraceni in Sicilia — i quali floreal¬ 
mente, se ben ricordo, appartengono alla 
specie degli nninru e vanno tenuti in serra 
anche questa stagione. 

La serra ci vuole sempre anche per le 
orchidee. Alla Esposizione di floricoltura 
fiorentina ce n’è una collezione che non è 
facile trovare riunita. Le orchidee sono tra i fiori 
quello che tra gli uomini sono i milionari: sono 
milionari esotici che non hanno sempre la deli¬ 
cata deganza del gran signore nostrano, ma hanno 
m compenso degli atteggiamenti che sarebbe as¬ 
surdo non voler ammirare. Insieme con le or¬ 
chidee più comuni che hanno la forma di po¬ 
lipi verdastri, con quelle che ricordano vaga¬ 
mente le tenie, ci sono dei tipi di delicatezza 
impareggiabile: infiorescenze che assomigliano 


a misteriose fronture di coralli, screziate dei 
più delicati colori della piti scintillante tavolozza; 
gemme in forma di fiori. 

Sono i floricoltori inglesi e belgi che vogliono 
la palma nell’arte di variare all’infinito le mira¬ 
bili creature della foresta tropicale. Ma questa 
volta gareggiano con loro anche floricultori no¬ 
stri, la scuola di floricoltura fiorentina e alcuni 
privati: il marchese Carlo Ridoìfì, che presiede 


Chi saprebbe trovar le parole per dire i fìam- 
meggiamenti, i pallori, la morbidezza di tutta 
questa avventante bellezza floreale? E in tutti 
i generi di fiori e di piante ornamentali, nei ro¬ 
dodendri come nelle dracene, nelle petunie va¬ 
riamente superbe come nelle cicadee e nelle 
palme, i nomi dei floricultori toscani compaiono 
trionfali. Non vi dirò quanti premi si sono me¬ 
ritati perchè si sa che ad una esposizione di 
fiori un premio non si nega a nessuno. 
Son così belli sempre i fiori, come i bam¬ 
bini! Chi vorrebbe negare un confetto a 
un bambino? 


Queste ricchezze del regno di Flora — 
non dimentichiamo le pallide cinerarie, le 
calle grasse, le ortensie melanconiche, i 
modesti e fragranti piselli odorosi — sono 
un po’ diffuse nelle aiuole declivi del Giar¬ 
dino di Floricoltura, un po’ riparate sotto 
gli ampi padiglioni. Ce ne sono in terra c 
in vaso, ce ne sono anche recise e com¬ 
binate come pronte per un dono. La ri- 
strettezza dello spazio e il numero grande 
degli espositori non ha consentito sempre 
una disposizione che sia anche nell’insie¬ 
me un modello dell’arte di disegnare un 
giardino. Ad un’esposizione è impossibile 
togliere quel carattere un po’ artificiale 
che è dura necessità di qualunque espo¬ 
sizione. 

Ma il Giardino, pur ingombro di padi¬ 
glioni, pur diviso e suddiviso in aiuolette 
e disegnato di musaici fioriti, ha viali tran¬ 
quilli e aperture soleggiate; è un armonico 
insieme di particolari che non si sovrap¬ 
pongono c non si offendono. Se c’è qual¬ 
che chiosco che risente — aimè — della 
baracca di fiera, c’ è qualche ornamento 
nuovo che farebbe onore al più signorile 
dei parchi: la loggetta veramente aerea di 
pietra serena, di maioliche policrome e di 
belle terrecotte in cui la manifattura di Si¬ 
gila espone le sue statue, i suoi vasi, le 
sue colonne riprodotte dall’antico, è un mo¬ 
dello di buon gusto espositivo. 

E duole che questo convegno di fragile 
bellezza sia troppo fragile, che le azalee 
vadano rapidamente perdendo le loro ni- 
vec fioriture, che le rose sparpaglino la 
loro caduca bellezza sul prato, che così 
presto passi questa magnificenza della na¬ 


La Grotta delle Ninfee. 


al Comitato ordinatore della Esposizione, con¬ 
tende con i prodotti delle sue serre alle più 
ricche serre di Francia, di Germania e d’In¬ 
ghilterra. 

Ci sono due regimi in Italia in cui l’arte del , 
fiore ha raggiunto un’abilità che merita essere . 
segnalata: la riviera ligure e questa nostra To- [ 
scana. La riviera ligure trionfa qui con i suoi 
garofani prodigiosi che sembrano aver aggiunto 
qualche gamma alla gamma naturale dei colori, j 


tura che l’arte ha fatta più magnifica. 

Anche per questo bisogna ammirare i 
floricultori che pazientemente studiano e 
provano per offrire ai nostri occhi que¬ 
sti capolavori di un giorno che ci ammoniscano 
della caducità delle cose belle. 

Ici-bas tous Ics lilas meurent 

Tous Ics chants rics oisenux sotti courts. 

Ma quando i fiori sono in fiore e gli usignuoli 
gorgheggiano, si può anche, come il poeta, sognare, 

Ics priufemps qui doncuretii toujours. 

Giulio Caprin. 


50 années 


succes: 


contre les TOUX usez des Pastilles 











FIRENZE. LA flOSTRA R E T R 





Mari us Pictok (Mario De Maria). - Notte a Venezia. 



Paolo Vetri. - Le Mummie. 


(Fotografie 
















































































74 


LE ESPOSIZIONI DEL i 91 i 


T O R I N O. 


I N A U (i U R A Z I O N E 1) E L 


DADI (i L I () N E R U S S O. 



Costumi russi all’ inaugurazione. 



La principessa 


Lai. ii ha coll Ambasciatore di Russia e le autorità entrano nel padiglione. 

(Loto^ralic G. V bcrtalli c F. Morsolin - Succ. A. Ambrosio, Torino.) 





























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 




Le nuove Inaugurazioni a Torino. 

(Nostra corrispondenza.) 

24 maggio. 

Questa volta vi scrivo dalla vecchia e buona 
capitalo subalpina. Li ho letti aneli’ io gli arti¬ 
coli stroncativi., apparsi qua e là, ed inspirati 
ad egregi colleglli dal fatto clic, ai 29 di aprile, 
nel giorno della generale inaugurazione, l’espo¬ 
sizione era più immaginaria che reale. E che 
perciò? Quali sono le esposizioni che sfuggono 
a questa fatalità di non essere pronte nel giorno 
della prima apertura?... 

Vengano un poco adesso a vedere se l’Espo¬ 
sizione c è ?... Penso che non tarderanno a 
sorgere le ^ querimonie perchè ce n’ è anche 
troppa, e c c da stancarsi a volerne fare il giro, 
non dico in poche ore, ma solo in un paio dì 
giorni. 

Alcune nostre gallerie italiane sono in ritardo; 
ma i padiglioni esteri, le grandi sezioni straniere 
sono quasi totalmente in ordine e bastano da 
sole a soddisfare la più esigente curiosità. 

Otto giorni sono, il 18, fu inaugurato il bel 
padiglione serbo. A Roma la Serbia ha ottenuto 
un vero successo con la sua mostra artistica; 
qui lo ottiene con la varia e bene ordinata mo¬ 
stra agricola-industriale-etnografica. 

Il tempio ortodosso, dalla calda espressione 
orientale, c stato il tipo prescelto per questo 
padiglione, nel cui interno sono raccolte tutte 
le varie forme di. produzione naturale e di la¬ 
voro che caratterizzano l’attuale periodo di ri¬ 
nascita del popolo serbo. E un continuo trionfo 
della produzione agricola. I legnami serbi sono 
esposti in tutta la loro ricca varietà. Sono me¬ 
ravigliose le canape bionde, e le barbabietole 
bianche. Ricca la produzione dello zucchero di 
barbabietola, che è una delle industrie ora più 
fiorente in mezzo a quei popolo ardente, fedele 
alle ane tradizioni agricole e pastorali. 

I n saggio pittorico attraente della vita popo¬ 
lare serba è dato — nell intelaio del padiglione, 
nell angolo a sinistra — da un gruppo caratte¬ 
ristico di figure grandi al vero, in atto di com¬ 
piere il patriarcale rito della Slava. Quando in 
questo o quel borgo o paese di Serbia ricorre la 
festa del santo patrono del luogo, la famiglia, ne¬ 
gli abiti più solenni, si raccoglie tutta attorno 
al vecchio capo, che benedice e distribuisce ai 
convenuti la sontuosa focaccia tradizionale. La 
moglie, i figli, i nipoti, i cognati prendono con 
reverenza dalle mani del capo la porzione ri¬ 
spettiva, la baciano con religiosa commozione, 
poi si siedono a tavola a fare onore all’odoroso 
arrosto di agnello cotto infilato nell'avito schi¬ 
dione. È una festa famigliare, che si trova an¬ 
che da noi, presso molte delle nostre popola¬ 
zioni alpine, specialmente apenniniche, dell’Italia 
Centrale e Meridionale. 

Questo gruppo di famiglia serbo è di bellis¬ 
simo effetto, e attorno ad esso si raccoglie con 
simpatia la curiosa attenzione dei visitatori. 

II viaggio in Italia dei rappresentanti della 
Municipalità di Parigi e delle altre delegazioni 
francesi ha avuto il suo epilogo solenne in To¬ 
rino, dove gli ospiti arrivarono la sera del 18. 

( erano da ricambiare le grandi cortesie che 
la Municipalità parigina prodigò, due mesi sono, 
in Parigi, alle numerosissime rappresentanze lo¬ 
cali torinesi recatesi ad invitare i francesi alla 
nostra Esposizione. Tutti a Torino hanno vo¬ 
luto gareggiare nel ricambio delle fraterne acco¬ 
glienze', ma la manifestazione più caratteristica è 
stata radunanza solenne, plenaria del consiglio 
comunale di Torino, tenuta nell'aula consigliare 
la mattina del 19 maggio. 

Come mai far riuscire divertente ed interes¬ 
sante una seduta di consiglio comunale?... 

Eppure fu cosi; intanto, tutto ciò che poteva 
avere troppo sapore amministrativo, consigliare, 
fu eliminato, dirò meglio, seppellito sotto una 
valanga di fiori odorosi. Dall’ingresso, fin su pel¬ 
le scale, nelle sale, nell’aula fiori e bellissime 
piante dappertutto, rendevano impossibile pen¬ 
sare che si fosse nell’ambiente dove quotidia¬ 
namente si impilano e si complicano le cento- 
mila pratiche burocratiche municipali: dapper¬ 
tutto fiori dai colori vivaci e festoni c fascio dai 
colori delle due nazioni e della capitale subal¬ 
pina; persino i calamai infìssi negli ottanta ban¬ 
chi dei nostri consiglieri erano dissimulati da 
fragranti mazzi di rose, di garofani e di bhrettcs 
O;fiordalisi ; c tutta a fiori era ornata la tribuna 
per il pubblico. 

Questa volta, però, non affollavansi nella tri- 


buna i fautori di 1-rola o di Rossi, gli avversari 
di Al berti ni o gli entusiasti di Casalini: nella 
tribuna c erano tutte le più belle signore e si- 
gnoi me di I orino con toelcttes primaverili che 
aggiungevano effetto maraviglioso alla gaiezza 
di quella sala tutta fiori e profumi. 

Quando nell emiciclo dell’aula consigliare sono 
entrati a prender posto gli ospiti francesi, un 
simpatico applauso si è levato dalla tribuna piib- 
bhea c dagli stalli consigliaci tutti occupati dai 
padi 1 cosci itti torinesi sorti in piedi a salutare 
1 colleglli parigini. Evitare i discorsi non era 
possibile, c la seduta aveva precisamente a 
scopo 1 discorsi augurali, che sono stati brevi e 
d tti con caldo sentimento dal sindaco, il neo¬ 
conte senatore I colilo Rossi; dal veterano di 
tutte le assemblee torinesi, Tomaso Villa; dal- 
1 a\ \ ocato Locca, presidente della Camera di 
Cominci ciò c da un consigliere della prefettura 
a nome del prefetto assente. A tutti rispose, 
pet gli ospiti francesi, con un’improvvisazione 
<alda c vibrante Bollan, presidente del Consiglio 
Municipale di Parigi, ricordando le ragioni sto¬ 
rielle, etnografiche, spirituali sulle quali si fonda 
la fratellanza delle due nazione 

Ea giornata del 19 fu tutta dedicata alle fe¬ 
stose accoglienze agli ospiti francesi, clic, dopo 
la riunione in municipio, furono convitati a Su- 
peiga, il cui tempio votivo ricorda la libera¬ 
zione di 1 orino dai francesi.... di duecento anni 
addietro !... 

1* esteggiandosi la h rancia non poteva parer 
strano che si festeggiasse in Torino anche la 
Russia, alleata politica della Erancia e molto 
amica dell'Italia. 

In latto, nella stessa mattina del 19 veniva 
inaugurato all Esposizione, presenti la principessa 
Laetitia, il sindaco Rossi, c le solite u altre au* 
td ita „ il padiglione russo —- un tipico palazzo 
m stile “ imperiale „ racchiudente nelle proprie 
sale, aperte attorno ad un’ampia galleria a forma 
di lei ro da cavallo, tutte le più interessanti cu¬ 
riosità comprovanti la svariata operosità, la 
grande fecondità industriale ed artistica, e la 
ricca magnificenza dell’estesissimo impero, che 
oggi fa nuovamente parlare di sè col severo mò¬ 
nito alla giovine I urchia per il Montenegro, e, 
fra le righe, anche per l’Albania!... 


1 liiers al buon Eallières; e attorno a quei busti 
sono raccolte ammirevoli ricchezze date dallo 
squisito gusto artistico e dalla finezza del la¬ 
voro industriale; nel centro del salone un colos¬ 
sale gruppo in scultura segna l’apoteosi della 
Repubblica. 

Ma, poco oltre — dopo là superba galleria 
dei gobe/tns ecco il piccolo salone ottagono 
d onore, che segna il trionfo della più grande 
tradizione francese. In una luce attenuata e tran¬ 
quilla le tappezzerie di vecchio oro spiccano 
sul fondo bianco delle pareti e delle colonne ac¬ 
coppiate ; dall alto del cupolino a tutto sovrasta 
1 emblema della ambita Legion d'onore; e nel 
centro, fra lo spazio di un intercolonnio una pol¬ 
trona imperiale fregiata della simbolica N na¬ 
poleonica, sembra attendere Colui che non verrà, 
mentre dalla parete retrostante un quadro di 
gran pregio rappresenta Napoleone I che sul fa¬ 
moso cavallo bianco passa in rivista i svioi ce¬ 
lebri granatieri dagli enormi berrettoni di pelo. 
Intorno intorno, nelle varie nicchie, numerose 
statue ricordano le uniformi dei vecchi soldati 
coi quali Napoleone corse l’Europa e fece del- 
1 Italia una vassalla del suo fantastico impero. 

( hi avrebbe mai detto, nel 1811, nell’anno 
della nascita del Re di Roma, che sarebbe toc¬ 
cato cinquant’anni più tardi alla vecchia stirpe 
eli Savoia — con l’alleanza per l’indipendenza ita¬ 
liana — salvare all’avvenire — a quale avve¬ 
nire?... — le ultime penne dell'aquila napoleo¬ 
nica!... Giorino. 


Il Diario delle Esposizioni c delle Feste. 

18 maggio. - /'orino. Inaugurato all’Esposizione il Padi¬ 
glione della mostra Serba. 

„ „ Firenze. Arriva da Roma la Regina Margherita per 
trattenersi a visitare le varie Esposizioni. 

T 9 „ lorino. 11 Consiglio Comunale tiene nella mattina 
una straordinaria seduta solenne in onore della rap- 
P : esentanza della municipalità parigina, arrivata ieri 
sera, e di altre delegazioni francesi. 

» » — Nella mattina inaugurato all’Esposizione il Pa¬ 
diglione Russo. 

11 » (hieglia. Per la terza tappa del giro ciclistico d’Ita 

lia, kl. 274,9, partenza da Genovà alte 6,40, arriva 
primo ad Oncglia alle 17,4 Possiglieli dì Pavia. 

20 „ /olino. Al Circolo degli Artisti grande banchetto in 


Accenno appena al grande banchetto ufficiale 
offerto, il 28, agli ospiti francesi nelle sale del 
Circolo degli Artisti. Altra giornata francese o 
francofila solenne lu quella del 2t, dedicata al- 
1 inaugurazione della Sezione Francese. Più che 
un inaugurazione fu una benedizione, perchè ve¬ 
niva giù un’ostinata pioggerèlla penetrante. Ma 
1 numerosi invitati — alla testa dei quali era, 
intrepida, la principessa Laetitia — non ne eb¬ 
bero paura, e molti di essi non si degnarono 
nemmeno di aprire le ombrelle quando il nume¬ 
roso corteo, attraverso il gran ponte monumen¬ 
tale, si recò al superbo palazzo della Francia, 
eretto sulla riva sinistra del Po. 

11 successo della Sezione Francese — suc¬ 
cesso che, appena aperta al pubblico, si è im¬ 
mediatamente affermato, — è dovuto all’infati¬ 
cabile operosità del commissario generale, signor 
Rerville, che vi ha portato tutte le energie del 
suo genialissimo temperamento di organizzatore, 
di amministratore, di artista. 

J1 ministro francese del commercio, signor 
Masse, venuto appositamente da Parigi, l’amba¬ 
sciatore francese a R*>ma, signor Barrère, i se¬ 
natori francesi Dupont, Mennier, Vermoref, tutti 
i rappresentanti e delegati francesi debbono es¬ 
sere stati ben felici nel vedere rappresentato 
così degnamente, cosi espressivamente il loro 
grande paese, che, in uno spazio di più che 
40 mila metri < uadrati ha riuniti ben 4000 espo¬ 
sitori, tutti accorsi col proposito deliberato di 
dimostrare in modo inoppugnabile che 1 1 Eran¬ 
cia è nobilmente grande per larghezza dei mezzi 
e la bellezza della produzione. 

\ i taccio grazia dei discorsi, che -è facile sot¬ 
tintendere. Sia detto ciò senza mancare di ri¬ 
guardo agli oratori, il ministro Masse, il signor 
Domile, il senatore Secondo Frola, il ministro 
Nitti, che emergeva fra tutti per il suo paletot 
color caffè-latte chiaro. La principessa Laetitia, 
che e nostra, ma è anche francese, ha ricevuto 
dagli oratori e dagli ospiti francesi i più signi¬ 
ficanti omaggi. La Repubblica, non fa passare 
in seconda finca la tradizionale galanteria, e 
nemmeno la storia. 

Nel bel mezzo della grandiosa Sezione Eran- 


n 


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2 I 


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I) 


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24 


cose sorge un ampio, elegantissimo salone bianco, 
ornato dei busti'dei vari presidenti della Repub¬ 
blica,' dall’orleanista ed anti-bonapartista Adolfo 


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»* 




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II 


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onore delle delegazioni francesi. 

Fonia. Il Re riceve solennemente in Quirinale la 
Missione olandese guidata dal barone Sartema vati 
Grovcstins, clic cspriinegli gli auguri della Regina 
Gugìielinina e del popolo olandese. 

— A Palazzo Tcodoli inaugurata la Mostra artistica 
degl’ “ Indipendenti 

/orino. Presenti hi principessa Laetitia, il ministro 
francese del commercio, Masse, il ministro Nitti, inau¬ 
gurata all Esposizione la Sezione liance.se. 

Fonia. Inaugurati il 25 . 0 Congresso annuale degl’in¬ 
gegneri ed architetti italiani, ed il primo Congresso 
nazionale della Federazione artistica. 


— Il gran premio dell’Esposizione un. 4000, L. 3 o 000) 
è vinto alle corse da Brunehilde, di Doria-Marone. 
hircnze. A !• iosole, presente la Regina Madre, ripe¬ 
tesi la rappresentazione dc\Y Edipo Fi’ di Sofocle nel 
teatro Romano. 

Aiottdovi, Per la quarta tappa del giro ciclistico d’Italia, 



kl. 190,3, partenza da Oncglia alle 7,37, arriva primo 
a M o n d o v i- 
Breo, alle 
r 4, ór, Gaietti. 

Fonia. Ajicr- 
to al pubblico j 
nel palazzo ' 
della Scuola 
in Piazza 
d’Armi il ri¬ 
parto della 
religiosità po¬ 
polare. 

7 orino. La 
quinta tappa 
del giro ci¬ 
clistico d'Ita¬ 
lia, kl 3 o_», 
da Mondovì- 
Breo a Tori¬ 
no, partenza 
alle 4,35 com¬ 
piuta con Far¬ 
ri vo a Torino 
alle 164 di 
Petit Brcton, 
con Gaietti a 
mezza ruota. 

Torino. Al¬ 
l’Esposizione 
la grandu ! 
chessa Maria 
P a 11 1 o w n a 
Vladimiro di 
Russia visita 
il Padiglione 
Russo. 


Stampato su carta dello CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lucjo di Vicenza. 





























T 76 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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Questi Saggi vengono a f r seguito a qu Ili contenuti nella Letteratura tragica 
dcU > stessi attore, che divennero cele'ri. L importanza del ittico v lume si rileva 
dal titolo dei nove grandi capitoli in cui è diviso: 


Capitolo I. 

L’amore e la morte 
nell’opera di Maurizio Barrès. 

Capitalo II. 

Leggendo Balza c. 

Capitolo III. 

I tipi femminili 
nell'opera di Gabriele d’Annunzio. 


I . Le voluttuose. 

II . Le dolorose, 
in. La Maddalena, 
iv. L' attrire. 

v. La vergin n . 


vi. Ni 1 regno della 

follìa. 

vii. L’amore sororale, 
vni. Cite cosa è l’a- 

more. 


Capitolo IV. 

La Nave. 

Capitolo V. 

Gabriele d’Annunzio o la folla. 

Capitolo VI. 

La tristezza contemporanea. 
Capitolo VII. 

L’ elogio della malattia. 
Capitolo Vili. 

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Capitolo IX. 

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FASCICOLO 12." 


LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


177 


R O M A. 


A L I : E S P O S I Z I O N E 1) I 


B E L E E 


A R T I. 





Giulio Monteverde. - In alto l’ anima (marmo). 










i 7 8 


LE ES P OS I ZION I DEL 1911 



La folla davanti al Padiglione Spagnuolo durante l’inaugurazione (fot, Abenìacar.) 


L' ARTE SPAONUOl A. 


Gli ideatori del padiglione spaglinolo a Valle 
Giulia, accingendosi a edificare per gli artisti 
del loro paese una degna dimora, non si sono 
ispirati al concetto di esprimere cosi, come si 
sono studiate di fare in massima le altre na¬ 
zioni convenute nella mirabile vailetta, in sin¬ 
tetiche forme d’architettura, lo spirito dell’età 
moderna e delle rinnovate tendenze estetiche. 
Essi hanno preferito rievocare quelle loro glorie 
d’arte clic le vicende storiche del tempo e del 
gusto hanno definitivamente consacrato. 

Non ora (Escuterò se coraggio e fiducia in sè 
stessi si contengano in questa determinazione. 
Della quale non v’ha dubbio s’allegreranno ì miso¬ 
neisti: coloro che attendono al varco ogni espli¬ 
cazione dell’arte nuova e specialmente della nuova 
architettura per ne arile con pietosa compiacenza 
non solo l’efficacia ma pur anche la possibilità. 

Nel rammaricar quest’assoluta mancanza (fo¬ 
gni tentativo innovatore può tuttavia apparire 
confortevole il constatare che la scelta del mo¬ 
numento oggi ricostrutto a Roma, fu guidata 
da un fine, sagace senso di opportunità. 

Meglio che il moresco, risultante da varii di¬ 
sparati clementi, lo stile pi a!cresco serve mira¬ 
bilmente per la sua piti compatta ed originale es¬ 
senza, a manifestare quel fastoso e magnifico 
periodo del rinascimento spaglinolo che com¬ 
prende insieme la fine del secolo decimoquinto 
e il principio del decimosesto. L’architetto La- 
redo che ha composto l’edificio di Vigna Car¬ 
toni si è valso appunto di alcune manifestazioni 
di questo stile, di tre esempi architettonici nel¬ 
l’origine ben distinti fra di loro, ma innegabil¬ 
mente legati l’uno all’altro da visibili partico¬ 
larità decorative. Le due torri che si elevano 
ai fianchi, sobrie e forti nella parte sottostante, 
più tormentate e cariche di stucchi verso la 
sommità, sono imitate dal castello del conte Mon- 
terrey di Salamanca: la facciata con i sette ar¬ 
chi uguali e l’ampia parete nuda di fondo, fu 
riprodotta dal Collegio degli irlandesi pure in 
Salamanca mentre il sopraporta trionfale trae 
origine dal palazzo del cardinale Stisneros in 


Alcalà. L’aspetto generale del palazzo cosi ideato 
non manca d’imponenza e vibra certo di digni¬ 
tosa eleganza, per quanto il corpo centrale ap¬ 
paia un po’ meschino in rapporto alle due ali 
che lo limitano. Veramente bello, invece, equi¬ 
librato e semplice, nello interno si distende il 
palio, riportato dal palazzo del Conte di Santa 
Colloma, armoniosa corte d’eleganza che cu¬ 
stodisce alcune fra le più preziose reliquie del¬ 
l’arte decorativa di Spagna: i capitelli fioriti di 
originalis-imi ornamenti, sul pavimento le al/mii- 
brillas, mattonelle rosse alternate di piccole cera¬ 
miche variopinte e intorno, con vario equilibrio 
dì toni, gli azulejos di Siviglia che compongono 
uno zoccolo vibrante di smalti che scintillano. 

Poi in alto la meravigliosa teoria degli arazzi 
fiamminghi della Regina Isabella: storia della 
presa di Tunisi, con furie di guerrieri pugnanti 
e scalpitare di destrieri carichi di ferro e di 
gualdrappe, sfilate di signori in costumi princi¬ 
peschi, tutta una sinfonia perfetta di colori, squi¬ 
sitamente aristocratica ed intensa. Tra cotanta 
dovizia di decorazioni, nel centro del patio ric¬ 
chissimo s’eleva, rigida, sul cavallo cinto d’ac¬ 
ciaio, la compagine salda dell’armatura del Gran 
Capitano Gonzalo di Cordoba, con altre non dis¬ 
simili armature agli angoli del porticato: quella 
settecentesca Filippo IV e quella di Emanuele 
Filiberto piti semplice e severa. 

Una così completa imponenza d’assieme e di 
particolari predispone il visitatore a un’atmo¬ 
sfera di dignità e di fastosità veramente regale, 
nella quale ognuno di noi a ragione o a torto, 
per consuetudine di studio delle imprese civili 
ed artistiche, si è abituato ad immaginare che 
si debbano svolgere tutte le manifestazioni sia 
ideali che materiali di quel grande popolo che 
è lo spagnuolo. Voglio dire insomma, che il vi¬ 
sitatore, generalmente parlando, pensa in certo 
qual modo, avviandosi a visitare un’esposizione 
spagnuola, di ritrovare in ogni ritratto la signo¬ 
rilità sdegnosa delle figure immortalate da Ve- 
lasquez e in ogni paesaggio la calda festosità 
di sole che s’intravede tanto nella danza turbi¬ 


nosa di una bailadora quanto’ si'sente nelle can¬ 
zoni un po’ tristi dei tocaores. 

Ma se ora dicessi clic l’aspettazione di un tale 
visitatore- viene ad essere appagata dal nuovo 
Padiglione di Vigna Cartoni, direi co.-a che non 
penso adeguata allo spirito di questa esposizione. 

Due intanto degli artisti della Spagna mo¬ 
derna non partecipano a questa mostra col¬ 
lettiva: Zuloaga e Anglada, le cui opere si custo¬ 
discono, come ognuno sa, in sale diverse del 
Palazzo del Bazzani. E della Spagna moderna 
questi due sono certamente gli artisti più eletti. 

Altre infine distinte personalità dell’arte, come 
il Bacarisas, si ritrovano pur esse lontane.... dal 
grembo materno. Ma voi m’insegnate che la 
pittura di questo mirabile paese incantato, conta 
ancora non poch’altre fervide genialità di arte¬ 
fici : Sorolla, Rusifiól, Benliure, Benedito.... 

E sta bene! Le vogliamo insieme per un poco 
rapidamente considerare nell’ordine come si af¬ 
faccino al nostro ricordo. 

il Sotomayor espone un ritratto d’uomo di¬ 
pinto con bravura se pur senza troppa profon¬ 
dità; Ramión de Zubiaurre parecchie grandi tele 
con scene popolari e ritratti segnati con cura 
minuziosa nella ricerca della forma e del colore. 
Questa ad ogni modo del Zubiaurre sarà pit¬ 
tura che richiamerà la vostra attenzione : parte¬ 
cipa insieme della maniera di Zuloaga e di An¬ 
glada senza avere la nerbosità dell’uno e l’ele¬ 
ganza dell’altro. La sua visione coloristica è ve¬ 
lata da una leggiera nebbia verdastra che si dif¬ 
fonde su ogni immagine e le conferisce un 
aspetto non sempre aggradevole. Di tutte le sue 
evocazioni può specialmente commuovere La 
preghiera della sera, quadro ispirato ad un pie¬ 
toso senso di umiltà che ricorda per qualche 
verso XAdorazioni semplici e fervorose dei mae¬ 
stri fiamminghi del Rinascimento. 

Del Zaragoza e del Fabres noto alcuni ritratti, 
assai distinti di composizione; del Barbasan, fra 
quante opere espone, sempre dignitose, un pic¬ 
colo studio d’un cortile su cui fiammeggiano le 
pannocchie del granoturco, pieno di luce vi- 

























LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 


179 


R O M A. 1 N A U G U R A Z I O N E 1) E L P A I) I G L I O N E I) E L L A S P A G N A. 



Il commissario Duca di San Pedro e gli artisti dell’Accademia Spagnuola a Roma (fot. Abi-macar). 


brante e di movimento; di Domingo y P'alolla 
qualche scena di corride, a tempera, ma migliore 
di lui la: Condución de toros, su cui si distende 
il tragico silenzio di un cupo cielo vespertino. 

Meglio che le fantastiche paludi di Enrico 
Serra, i cui tentativi di simboliche evocazioni 
s’infrangono contro il borghesismo nella fattura, 
forse desterei una sensibile commozione il not¬ 
turno paesaggio di Bruges dipinto dal giovane 
Noguè: Bruges la morte! Ma come nelle pagine 
del Rodembach così nel quadro del Nogiié ri¬ 
flessa nell’emozione superficiale della mistica ora 
lunare; non cantata nell’impeto dei fantasmi va¬ 
ganti lungo la architettura della misteriosa città 
medioevale. 

Anche Rodriguez Acosta ha voluto fare del 
simbolismo, ma non gli è riuscito : la sua Tenta¬ 
zione della montagna è cosa troppo umana per 
elevare l’anima di chi guarda all’ idealità evan¬ 
gelica: e lo stesso è accaduto, ’ panni, al Ber- 
nejo il quale nel ricostrui re le mitologica scena 
del Giudizio di Paride non ha animalo i suoi 
nudi di piti misteriosa solennità. Del Bernejo è 
più viva La rivincita, una fosca scena di rissa 
in un bar, con uno scorcio di figura d’uomo fe¬ 
rito disegnato con molta perizia. 

Ricordo degli altri, prima di giungere ai mas¬ 
simi rappresentanti della pittura spagnuola qui 
adunati, l’Hermoso con un gruppo di ragazze 
al sole vestite da una stridente uniformità di 
cromi c di lacche, e pur interessante per qual¬ 
che testa segnata con sapore di ridente verismo; 
il Beruete che espone una Toledo grigia di pol¬ 
vere e addormentata nella quiete di un meriggio 
dardeggiato dal sole; il Ramos con-un Battesi¬ 
mo, dipinto molto alla brava; il Tuset con un 
nudino di donna assai gustoso; il Morena la 
cui Lcnadora vibra di dolce poesia; il Filliot, il 
Pinazo che tra gli altri segnano una nota di 
personalità, e poi ancora l’Estervan, l’Abades, 
la Suicidi, il Domingo e molti altri senza troppo 
notabile produzione. 

Troppo si riporta ai modelli antichi il ritratto 
di donna composto dal Labrada; ma la testa 
emergente dalle cupe ombre del torso è piena 
di luce e l'occhio ne scintilla con una ardente 
vivacità. 

La rapida corsa per le varie sale ci ha con¬ 
dotti finalmente alla mostra di Sorolla: sono 


assai più di cento opere che l’inesauribile pit¬ 
tore ostenta al pubblico di Roma. La sua fama 
ormai consacrata può difficilmente turbarsi di 
critica popolare od erudita; ma credo tuttavia 
che la soverchia quantità di opere esposte non 
gli abbia a giovare. La sua pittura non è di 
quella che s’approfonda nell’anima delle cose c 
delle persone: e però è questa stessa, starci 
per dire, la sua migliore qualità in quanto che 
giustifica la vivezza e la sommaria rapidità del¬ 
l'impressione, e la mirabile bravura della tec¬ 
nica. Ed è questa, se non erro, la ragione che 
fa più intense le composizioni che gli sono co¬ 
state minor fatica e studio: così le vibranti mac¬ 
chiette marine tutte luccicanti di sole e frementi 
di vita. Ma tali impressioni non possono ripro¬ 
durre a lungo le ragioni del godimento estetico 
e minacciano anzi spesso di affievolire l'inten¬ 
sità stessa di questo godimento. Ciò non toglie 
che il Sorolla abbia qui esposte alcune opere 
che bastino a renderlo degno della più alta con¬ 
siderazione: tale il ritratto della moglie in gri¬ 
gio, l’altro ritratto del critico-artista Berruete e 
la dolce, poetica composizione della madre cinta 
dei candori del letto, con a lato il piccolo figlio 
dalle rosee carni palpitanti, sulla bianchezza del 
cuscino, come un fiore sulla mano di una ver¬ 
gine. 

Forse anche il Benliure avrebbe potuto, senza 
nuocere alla sua lunga reputazione, limitare il 
numero delle opere esposte per questo che 
espressioni più vitali della sua attività riman¬ 
gono ancora le tele di antica maniera, di cui 
abbiamo qui un esempio nei Flagellanti , qua¬ 
dretto pieno di goyesco sapore e certo assai piti 
vigorosamente costrutto di quanti non s’incon¬ 
trino ora dell’ultimo suo stile. 

Rusinól esplica pur sempre la dignitosa grazia 
dei suoi motivi or tristi or fantastici, ma sulle 
alterne discese dei suoi prati poca luce scin¬ 
tilla: Rusinól vive in un mondo senza sole c 
più intensa vibra l’anima sua s’egli s'attarda al¬ 
l'ombra di meste alberate e ne penetra le de¬ 
serte solitudini crepuscolari. 

Un bel vigore anche è nelle tele di Benedito, 
di cui alcune figure risentono la robustezza della 
eletta fattura. 

La scultura è rappresentata con assai più esiguo 
numero di opere: di ogni altro forse più nota¬ 


bile è il Capuz, autore con lo Huerta di una 
statua equestre di Alfonso XIII. Capuz si ri¬ 
porta alla statuaria ieratica, assai sintetizzata 
nella struttura dei piani del modellato, della 
quale ha dato oggi stesso il Mestrovic così si¬ 
gnificativi esempi. 

Parecchie opere ha il Clarà: alcune tentate a 
grandi dimensioni, altre limitate a più tenui espres¬ 
sioni di plastica e per (pianto non fervidissime 
di contenuto, certo improntate a un religioso 
studio della classicità italiana. 

Modellata dal Marin, ride giocondamente una 
testina di donna costrutta con molta, forse con 
troppa perizia e derivata direttamente dai no¬ 
bili esempi del quattrocento fiorentino. 

Un giovane, infine, l’Anasagasti, presenta in 
molte tavole il progetto di un cimitero dedicato 
ai morti di una catastrofe marittima: i disegni, 
evocanti la grandiosa compagine delle necropoli 
sulle live del mare sono acquarellati con gusto, 
ma risentono d’assai l’ultima maniera architet¬ 
tonica della Germania. 

Tutte queste varie tendenze, che dirigono l’at¬ 
tività degli artisti spaglinoli verso estranee ma¬ 
nifestazioni della produzione mondiale, ne sna¬ 
turano, è evidente, al tempo stesso il carattere 
precipuo ed unitario. 

In questo senso, incominciando, io afiermavo 
che sarebbe stata delusa l’aspettazione di quel 
visitatore che cercasse nel nuovo padiglione una 
particolare significazione dell’arte spagnuola per 
opera di tutti i suoi artefici. 

Con tutto ciò io credo che quest’arte sia sulla 
via del progresso: coloro che ne hanno seguito 
negli ultimi anni le varie circostanze ben lo 
sanno. Forse gioverà a una più rapida evolu¬ 
zione lo studio dei classici mirabili di cui la 
Spagna fu patria e insieme un più religioso stu¬ 
dio della propria magnifica terra piena di sole 
e di fiori. 

E del resto, intanto, qualunque sia la sorte 
delle sue vicende estetiche, questa nuova Spa¬ 
gna può ben vaticinare a sé stessa le piti pure 
glorie poiché ha educato alla bellezza gli spiriti 
eletti di Xuloaga e di Anglada. Giacché artisti 
come questi bastano, se non erro, a far grande 
l’arte di tutto un paese. 

Gian Bi stolti. 

(Dalia Tribuna ). 






























i8o 


LE ESPOSIZIONI del 191 r 



Gruppo etnografico Siciliano (fot. Lattoni). 

UNA CORSA ATTRAVERSO ROMA 

e al “FORO DELLE REGIONI,,. 


. Ha in sé la luce di un astro 

Noti i suoi cieli irraggia soli, ina il mondo, Ruma. 

Ah era pur luminosa, era pur dorata ed ac¬ 
cesa, era pur viva e palpitante Roma come un 
bell’adolescente dagli occhi fulgidi, dalle guancie 
rosse, dal cuore in tumulto per l’impeto del gioco 
festoso, era ammaliante Roma in quel tepido 
tramonto di maggio in cui per poche ore mi ac¬ 
colse, sfoggiando ogni sua più fastosa seduzione 
e trattenne infinitamente il mio desiderio e il 
ricordo come li può serbare una creatura diletta. 

E nessuna città invero mi parve vivere della 
vita concorde e intensa di una creatura viva, 
come Roma in quel nitido vespero, allorché fi¬ 
nalmente la raggiunsi dopo un lunghissimo viag¬ 
gio e mi sembrò di scorgere colei per cui si valicano 
i monti ed i mari, colei che è la meta e l’inizio 
di ogni nostro pellegrinaggio, colei che ne 
muove e che ne arresta. Al suo cospetto ogni 
mia fatica disparve come se in me si fosse tras¬ 
fusa la sua eterna giovinezza, io mi sono sen¬ 
tito rapito nelle sue braccia, io non ho più 
avuto sguardi che per contemplarla, per saziarmi 
in quella sua inesauribile bellezza che rende 
ogni uomo insaziabilmente sitibondo, io mi sono 
immerso con un profondo senso di voluttà nel¬ 
l'ardore veemente della sua animazione, io ho 
respirato con ebbrezza quella sua aria fatta di 
luce, come si respirano le parole di colei che 
si ama. 

Bella, bella Roma, tanto bella, che la sua 
bellezza mi è divenuta visibile e tangibile, ha 
preso corpo e spirito, si è personificata, si è 
raccolta in un’ immagine vivente, mi si è rivelata 
in verità sotto spoglie umane, in una di quelle 
meravigliose donne regali che imperano sui no¬ 
stri sogni e sui nostri destini e a cui la leg¬ 


genda vermiglia attribuisce un incanto immor¬ 
tale, un incanto che dà il turbamento al mondo. 
Se fossi un pittore penso che saprei raffigu¬ 
rare la faccia e le membra divine, tanto mi si 
manifestarono evidenti, tanto la mia illusione è 
stata profonda. E penso che al pari di me debbono 
averla veduta così, debbono aver avuto la su¬ 
blime rivelazione di questa prodigiosa sembianza 
femminile di Roma, coloro che la amarono per¬ 
dutamente fin dai secoli più remoti, coloro che 
per lei sognarono ed ottennero, con l’armi di¬ 
venute invincibili, il dominio della terra, coloro 
che per lei morirono col suo nome sulle labbra 
come roscuro legionario sul Danubio o il radioso 
Mameli al cospetto dei suoi colli, coloro che ne 
difesero la libertà al Vascello e coloro che la 
invocarono con inni appassionati e dolenti di 
nostalgia come Ovidio e come Goethe, coloro 
che la abbellirono di ogni ornamento e di ogni 
tesoro come Giulio II e Raffaello e Michelan¬ 
gelo, coloro infine, che invasati dalla sua febbre, 
come Orazio come Gabriele d’Annunzio, alza¬ 
rono per lei il voto supremo: E che nulla mai di 
te più grande, possa tu veder nel mondo, o Roma! 

Da due anni soltanto non ero più stato a 
Roma, e in così breve tempo mi è sembrata 
tutta diversa, come rinnovata. Nella rapida ora 
che la ho attraversata dalla stazione di Termini 
alla Piazza d’armi, fino al nuovo ponte Elaminio 
ho creduto di passare per una città meraviglio¬ 
samente ricostruita e ampliata non tanto per il 
tardo sforzo degli uomini, quanto per il pro¬ 
rompere fecondo delle sue intime forze ricreanti. 
Che magica forza di giovanilità solleva e gonfia 
nei secoli, come la simbolica rosa, questa nostra 
Città, che ad ogni primavera rinasce e sboccia 
quasi ad affermare la sua immortalità nei secoli ! 

Non è certo per i consueti abbellimenti tran¬ 


sitori che si sogliono fare per le Esposizioni e 
in occasione di feste, che Roma ha prodotto su 
di me tale impressione. Essa non ha bisogno di 
queste effimere gale, di questi passeggeri arti¬ 
fici. Essa trae da sé medesima i succhi vitali, le 
ricchezze splendide con cui sempre rifiorisce e 
si rinnovella. 

Anzi ho notato che per le vie, per le piazze 
insigni, sugli edifici, sulle ville, lungo la solenne 
vena del Tevere, sui monumenti non vi era 
quasi traccia di quella decorazione, di quella 
toilette improvvisata e rivestita eccezionalmente 
per la festa. 

L’abito di gala, la grande uniforme da ceri¬ 
monia costituisce per Roma il suo aspetto nor¬ 
male. Essa non ha bisogno di mutar di spoglie 
e di cincischiarsi per le grandi occasioni. 11 suo 
modo di essere quotidiano è sempre il pivi illu¬ 
stre e il più sontuoso. 

Roma in questi ultimi anni ha avuto uno svi¬ 
luppo gigantesco e opulento, di cui l’Esposi¬ 
zione per quanto importante e leggiadra non 
costituisce che una minima parte. È Roma in 
se stessa che forma la più vasta, la piti mae¬ 
stosa ed ammirabile delle Esposizioni. E il ri¬ 
goglioso movimento delle sue vie, la tumul¬ 
tuosa e doviziosa corrente di popolo, di vetture, 
di automobili che trascorre lungo i suoi corsi e 
i suoi viali, lungo gli argini soleggiati del fiume 
sacro, che sale e scende per i suoi colli dai nomi 
indimenticabili, la magnificenza dei suoi nuovi 
palagi, delle sue opere pubbliche, dei suoi giar¬ 
dini, dei suoi negozi, non sono già alcunché di 
fittizio, di straordinario, ma formano il ritmo e 
il modo comune della sua esistenza di grande 
capitale, che tale veramente oggi può chiamarsi, 
di grande e nobilissima capitale, di quella na¬ 
zione, l’Italia, che epicamente risorta in Europa 


50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 

















LE ESPOSIZJOjNI DEL 'i 9 ti 


181 


cinquant’anni or sono, miracolosamente, oggi af¬ 
ferma il suo grande destino tra le genti. 

Noi siamo giustamente orgogliosi del pro¬ 
gresso civile e industriale di questa Italia del 
Nord, del vertiginoso e opimo ampliamento di 
questa nostra laboriosa Milano, che gitta ogni 
dì piti lontane e possenti le sue energiche pro¬ 
paggini sul pingue lombardo piano, ma dovremmo 
esserlo ancor più di questa terza Roma, che nulla 
ha ora da invidiare alle più famose metropoli e in 
cui può sentirsi cittadino ogni superbo abitatore 
di Parigi e di Londra. Milano non deve riposare 
sopra i suoi sforzi e le sue conquiste, non deve 
cessare dal suo diuturno impulso di crescita e 
di ingrandimento e sovratutto deve rivolgere al¬ 
tresì la sua immensa attività anche ad alte mete 
di estetica edilizia, anche a quello che può essere 
il lusso della città, come i monumenti, i giar¬ 
dini, i parchi, le fontane, se non vuole lasciarsi 
sopravanzare da Roma, ed essere relegata al po¬ 
sto secondario di città di provincia. Roma cam¬ 
mina terribilmente presto. E quanti la visiteranno 
ora durante l’Esposizione ne saranno persuasi. 

Anche per questa Esposizione Roma non ha 
rifatto ciò che già altrove era stato compiuto, 
ha seguito il suo genio unificatore e organizza¬ 
tore, ha fatto opera originale. Essa ha posto la 
sua impronta caratteristica anche in questa mo¬ 
mentanea improvvisazione di edifici e di mostre, 
talché si presenta con forme e caratteri di sta¬ 
bilità e di serenità. 

Io non ho avuto il tempo che di vedere, e in 




Case di Fordongianus (Sardegna). 


si intona perfettamente con gli edifìci e il paese 
circostante. Ed è strano che mentre è composta 
di tanti edifici, monumenti e costruzioni diffe¬ 
renti, formi un insieme pienamente armonioso e 
che armoniosamente si fonda con tutto ciò con 
cui confina. Il territorio e il circuito dell’Espo¬ 
sizione non dànno luogo a una zona speciale, 
artificialmente apprestata e distaccata dalia città, 
normale, ma al contrario continuano la città e 
sembrano un quartiere della città istessa. E si 
noti bene che non si tratta soltanto del mae¬ 
stoso palazzo delle feste o dell’insigne colon¬ 
nato e porticato da cui si schiude il Foro delle 
regioni e che per la sua monumentalità classica 
si addice convenientemente allo stile di Roma, 
ma anche dei vari padiglioni regionali e ancor 
più dei brani di paesi e di villaggi, delle case, 
dei vicoli, dei castellucci, degli angiporti tra¬ 
piantati da ogni parte d’Italia con rigorosa esat¬ 
tezza e fedeltà su questa spianata. E sono ap¬ 
punto queste minuscole e deliziose frazioni di 
Napoli, di Venezia, della Sardegna, della Lom¬ 
bardia, sono appunto le case tipiche di Fiesole, 
di Faenza, di Viterbo, di San Gimignano che 
(|uivi sembrano nella lor propria sede e non 
istridono affatto con i caseggiati dell’Urbe. 

ficco una inaspettata prova dell’universalità di 
Roma. Roma universa, patria delle patrie. 

lo non so ridire il senso di meraviglia provato 
(piando finalmente mi son reso conto che quel 
grazioso angolo di Santa Lucia, con le sue alte 
case dalle finestre strette, ingombre di vasi di 


furia, il Foro delle regioni, la sintesi monumen¬ 
tale, artistica, popolare dell’Italia, c la sensazione 
più forte e precisa che ne ho avuto è stata ro¬ 
mana, è stata cioè quella di trovarmi dinanzi a 
una creazione definitiva, a qualcosa di costruito 
per restare, a qualcosa clic è naturale che sia 
così, che par quasi che abbia le sue radici nella 
nostra terra e che ci debba essere c che sia 
spontaneamente sorto. 

Ogni Esposizione per quanto bella, per quanto 
ricca e grandiosa, porta in sé l’impronta della 
sua natura provvisoria. Si capisce subito che 
quelle sterminate gallerie, quelle torri, quelle 
pagode, quelle guglie appariscenti bizzarre, per 
quanto edificate con abile maestria, sono come 
una specie dì scenario teatrale, di accampamento 
transitorio. La loro stessa struttura vistosa, 
quanto piti risponde allo scopo per cui deve 
servire, tanto più è anacronistica con tutto ciò 

che la circonda e costi¬ 
tuisce un che di anormale 
di eterogeneo nell’am¬ 
biente in cui sorge. 

L’Esposizione di Ro¬ 
ma, almeno quella parte 
che si comprende sotto il 
nome di Foro delle regio¬ 
ni, non è niente di tutto 
questo. Chi la vede per 
la prima volta ha l’idea 
che vi sia sempre stata e 
che vi debba restare. Essa 




Costruzioni caratteristiche delle Puglie (1 rulli), (fot. Lattoni). 

















182 


LE ESPOSIZIONE DEL 1911 





Grippo della Barp.acia (Sardegna). 


zioni di marmo colorato, e il traghetto, e le gon¬ 
dole, e le botteghe di antichità, e le fanciulle con 

10 scialle e un soffio della soave poesia ve¬ 
neziana. 

Non molto discosto è il villaggio sardo con 
le sue casupole basse e grigie, la sua piazza con 
la croce e gli emblemi della passione, i suoi 
carri miniati come messali, i suoi contadini au¬ 
steri e le sue donne fiere, pure come divinità. 
E più avanti ecco con il suo portico massiccio, 
angusto e turrito Viterbo, e poi la leggiadria aerea 
e sorridente della casa toscana, e poi ancora 
l’aspetto pingue e sereno del contado lombardo 
e la visione orientale moresca degli snelli archi 
siciliani, e poi tutta l’Italia cara bella varia fresca 
come la natura, come il suo mare, il suo cielo, i 
suoi fiori, il suo azzurro e la sua ineffabile 
poesia. 

E accanto a questi messaggi, a queste testi¬ 
monianze dirette della vita popolare italiana, ecco 
i segni eccelsi della sua vita artistica e storica, 
i padiglioni delle ragioni disposti in circolo come 
nel più solenne degli anfiteatri. Si incontra primo 

11 castello del Piemonte, tutto irto di merli e di 
torricelle, tutto a fronzoli di bandiere, di sten¬ 
dardi, di figure araldiche, un altero signore che 
giudica e manda dal sommo della sua valle al¬ 
pina e spiega con pompa tutte le sue investiture 
nobiliari. 

Lo segue il padiglione della Lombardia, che 
raduna in sè il castello e la chiesa, la torre e 
il campanile di bella struttura e decorazione 


fiori e di lini ad asciugare, con i suoi pescatori 
e i suoi arnesi marinareschi, i suoi suonatori 
ambulanti, le sue trattorie all’aperto, le sue bot- 
teguccie di commestibili e di specialità, e i suoi 
scugnizzi, era una delle attrattive della Esposi¬ 
zione, anziché una realtà, strana, se si vuole, ma 
annidiata da tempo immemorabile in quel punto 
di Roma. 1 lo dovuto per convincermene andarci 
ben vicino, c la mia ammirazione è di tanto ancor 
cresciuta. 

Queste riproduzioni di vie, di località carat¬ 
teristiche pittoresche della terra italiana sono 
1 una più attraente dell’altra. Sono state eseguite 
con una cura, con una precisione, con una grazia, 
con una naturalezza lodevolissime. Ottengono 
per intero il loro effetto d’illusione. Il veneziano, 
il napoletano, il siciliano, il sardo può credersi 
di essere miracolosamente per qualche istante 
trasportato nella città natale, lo che ho vissuto 
parecchi anni a Venezia e a Napoli, sono stato 
tratto immediatamente e piacevolmente nell’ in¬ 
ganno. 

Ilo già detto ili Santa Lucia, ma debbo ri¬ 
petere la stessa lode per il quartiere veneziano 
ed il villaggio sardo. 

Con che fine e sagace gusto artistico si sono 
raccolti qui in uno spettacoloso compendio i 
tratti essenziali dell’incomparabile fisionomia di 
Venezia! E il canale e la piccola calle e il ponte 
e la fondamentina e il palazzotto pendente con 
le sue bifore c quadrifore, con le sue decora- 



Casa colonica di Sarle. 



Gruppo Abruzzese. 


Aquila (antica casa borghese). - Popoli (la taverna vecchia). - Sulmona (palazzetto Dcrlard 


i). (fot. Pattoni). 


leonardesca, che richiama il castello di Milano 
con i suoi orologi azzurri dai serpentelli dorati, 
con i suoi stemmi viscontei, e le sue terrazze 
merlate. 

A fianco alla Lombardia, la sua amorevole 
sorella la Venezia, e l'edificio veneziano che raf¬ 
figura la I orrc dell’orologio in Piazza di San 
Marco, con i suoi mori sonori, e che è forse la 
costruzione più signorile e piti artisticamente 
curata. Ed ecco poi la Liguria con il Palazzo di 
*? an Gi° r gi°, ecco l’Emilia, la Romagna, l’Umbria, 
1 Abruzzo, la Sicilia ancora, la Toscana, e tutti 
gli stili, e tutte le decorazioni, e tutte le archi¬ 
tetture, e tutti i marmi, e tutti gli ori, e tutti i 
colori ardenti, e tutta l’arte d’Italia. 

11 foro delle Regióni, l’assemblea della Patria, 
della nostra terra, ben è stata così chiamata 
questa mostra unica e geniale, frutto di un’idea 
nuova e veramente felice, opera di bellezza e 
di arte, insegnamento e testimonianza dei tesori 
del nostro paese, canzone dolce ed eroica del 
nostro popolo, quadro incantevole che ogni ita¬ 
liano dovrà ammirare e portare nel cuore. 

Mario Morasso. 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI • Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO AE/ABRO DELLA GIURIA 













LE ESPOSIZIONI DEL iou 


T O R I N O. G L I () S P I T I 1) K L L A F R A N CIA AL V E SPOSIZIO N E 


i83 



]j. Ministro del Commercio Masse e le autorità attendono l’arrivo dei.la principessa Laetitia. 





S&v -Vicr 




Gli artisti della “ Comi: die Fran<;aise „ e dell’ “Opera 


PER UN CONCERTO NEL PADIGLIONE 1* RANCE SE (fot. Chusscau Flavicns). 














184 


LE ESPOSIZIONI DEL 1.911 


F I R lì N Z E. 


L A M O S T k A I) E L 


R I T R A T T O I T ALIA N O. 



Pulzoxe (Scipione da Gaeta). - I figh di Paolo Giordano Orsini. 























Jij, 


LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


i85 


R O M A. L A 


M O S T R A DI 


B E L L E A R T I. 



Antonio P i a t t i. 


Olandesina. 





















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LI*: ESPOSIZIONI DEL ign 


T () R I N O. C I M E Eli I) E L 


M IMS T E R () I) E L 


T E S O R O. 





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Mostra dui titoli di rendita dei cessati governi italiani 


U'e’di spiegazione alla pag. i Q2.) 























ROMA. Il Monumento a Vittorio Emanuele ii 
(modello distrutto dall’incendio all’Esposizione d Architetti! ra di Milano nel 1906). 


00 


LE ESPOSIZIONI DEL :r 9 1 1 

































L E E S P O S F Z IO N I I) E L 1911 


t88 



Sagrestia della Chiesa di Santa Maria della Passione a Milano (riprodotta nei padiglione). 


TESORI D’ARTE LO/ABARDA 


NEL PADIGLIONE LOMBARDO D’ARTE RETROS PETTI VA ALL’ESPOSIZIONE DI ROMA. 


Questo Padiglione è un glorioso accordo delle 
più insigni costruzioni lombarde. Dall’architet- 
tura comunale, forte, massiccia, austera, dalla 
sobrietà squisita del Rinascimento, alla fantasiosa 
magnificenza secentesca, è tutta una fusione 
armoniosa di eleganze e di vigorie. 

Uno spirito profondo di venerazione ha gui¬ 
dato il pensiero c la mano degli artefici: un in¬ 
telletto d’amore. Già ci siamo occupati ampia¬ 
mente, in un precedente articolo, della parte 
esterna del Padiglione: è interessante ora par¬ 
lare alcun poco degli interni dei vari edifici, che 
riproducono ambienti storici importantissimi e 
contengono mostre copiose delle arti minori: 
ferri battuti, armi, ceramiche, stoffe. 

Di sala in sala, è una evocazione vibrante di 
bellezze, di lusso, di leggiadria. Ogni città ha 
la sua rappresentanza. Milano riporta nella sua 
sala la volta della Sacrestia di Santa Maria della 
Passione e i mobili meravigliosi di quella di 
Santa Maria delle Grazie, la copia dei quali si 
deve all’architetto Monti ed al pittore Comolli 
che, con fine buon gusto, li ha ornati di prege¬ 
voli pannelli decorativi. Nelle vetrine e negli 
scaffali dei mobili, sono le riproduzioni di tutte 
le monete della zecca milanese, da Carlo Magno 
ad oggi, e una collezione dei migliori disegni di 
Leonardo, che si conservano all’Ambrosiana. No¬ 
tevolissimo, fra essi, il ritratto, conosciuto sotto 
il nome di Bianca Maria Sforza. 11 profilo, di 
indicibile grazia ed incantesimo, ha tutta l’inge- 
nuità e la morbidezza del Botticelli; ma con 
molto maggior distinzione, Leonardo, mentre fer¬ 
mava al viso la rassomiglianza fisica e il carat¬ 
tere morale, creò un poema di squisita freschézza, 
profonda quanto limpida. 

Sul tavolo centrale, furono situate la Corona 
Ferrea, e la croce della corona, con la chioccia 
d’oro di Teodolinda. Intorno, in alcune vetrine, 
si esposero belle antiche ceramiche lombarde 
provinciali. (Pittore Lorctz). La ceramica è l’ul¬ 
tima arrivata tra gli ausiliari del Rinascimento. 
Dovette aspettar molto innanzi di raggiungere 
lo slancio degli altri rami dell’arte. 


Ma poi, verso l’alba del secol novo, non vi 
fu altr’arte che personificasse in modo più com¬ 
pleto la passione de W'età d’oro per la policromia. 
Da un libro dell’Argnani, si rileva come dai toni 
bassi e melmosi, i ceramisti siano passati alle as¬ 
sociazioni più vive e brillanti (gialli e bruni, rossi 
e azzurri), veri fuochi d’artificio. E, nel con¬ 
tempo, le forme acquistavano maggior snellezza 
ed eleganza. A Roma, si mandarono appunto pa¬ 
recchie buone copie di ceramiche di quest’epoca. 

Ed ecco la Sala dei giuochi del palazzo Bor¬ 
romeo, la quale è particolarmente interessante 
per la decorazione pittorica che ne adorna le 
pareti. Si tratta di tre grandiose composizioni, 
che misurano più di sette metri in lunghezza e 
cinque in altezza. Ritraggono tre scene campe¬ 
stri : il giuoco del tarocco : il giuoco della balla 
e una danza, attribuite dal Mongeri ai pittori 
Zavattari di Monza, cui si devono anche le pit¬ 
ture della Cappella della Regina Teodolinda, in 
Monza, nella prima metà del secolo XV. 

Dai travi del soffitto, pende la stupenda lam¬ 
pada copiata da quella esistente nella chiesa di 
Castiglione Olona. Di singolare valore è questo 
lampadario pensile. E un prezioso testimonio del¬ 
l'arte decorativa chiesastica di quel tempo. Con¬ 
siste il candelabro, tutto di bronzo, in un largo 
e tondo anello centrale decorato di trafori a 
quadrilobi, e terminante al basso in una graziosa 
sottocoppa a foggia d'imbuto, con nervature tri¬ 
lobate prominenti terminate alle estremità da 
una testa di leone con anello nelle fauci. Otto 
bracci con artistica sagomatura, si protendono 
dal corpo centrale a sostegno di robuste c tra¬ 
forate sottocoppe per torcie da chiesa e raffi¬ 
gurano altrettanti draghi in cui infigge la lancia il 
San Giorgio, avente dietro a sé la Vergine Maria 
da lui liberata. Un agile tabernacoletto, con sei 
asticciuole che finiscono ad aguglia nei vari con¬ 
trafforti, si leva dal corpo centrale sostenendo 
una cupoletta a cono piramidale allungato, ab¬ 
bellita al basso da una fascia a trafori. Stanno 
in piedi, sotto di esso, i due Santi tutelari del 
Tempio: Lorenzo e Stefano. 


Dei Borromeo, si riprodusse anche una sala 
della villa di Senago, nella quale è una vasta 
raccolta di cimeli, pergamene, bronzi, maioliche 
e vetri antichi, frammezzo a vecchi mobili e 
vecchi dipinti di antenati e di soggetti mitolo¬ 
gici. (La villa fu acquistata, con i suoi fondi, da 
Federico Borromeo, nel 1629 ). La decorazione 
di questo ambiente, venne curata dal pittore 
Ponga, dal prof. Enea Negri di Besana e dal 
doratore Cavallotti. 

Pavia, la città dalle cinquecento venticinque 
torri, l’antica “ Ticìnum „ dei Romani, tiene, nella 
storia dell’arte il primo posto, dopo la capitale : 
essa fu la Versailles dei sovrani di Lombardia. 
Nella sua sala, ammiriamo la vòlta dell’oratorio 
del Collegio Branda Castiglioni e i bassorilievi 
della battaglia di Pavia che sono in quella in¬ 
comparabile Certosa, vero Pantheon della scul¬ 
tura lombarda, nella quale i maestri più abili 
(Mantegazza, Omodeo, Ambrogio Borgognone, 
Bartolomeo Montagna, B. Briosco) han lasciato, o 
il proprio capolavoro, o qualche opera famosa. 

Como, ha la Sala dello Zodiaco del palazzo 
Vertemate in Piuro, in cui il Turri dipinge scene 
campestri c pastorali, e un soffitto in legno del 
seicento, di una fattura troppo stentata. 1 pit¬ 
tori del seicento, avevano la caratteristica di 
una pennellata fresca, disinvolta, sicura. E non 
si valevano, per simulare il chiaroscuro, di pen¬ 
nellate simiglianti ai ghirigori dei confettieri. 
V’ha un pittore notissimo, il Prof. Bottaro, che 
del seicento e interprete mirabile. Se a lui si 
fosse affidata l’esecuzione del soffitto si sarebbe 
ottenuta una riproduzione molto più degna. 

\ icini alla Sala dello Zodiaco, trovansi due 
gabinetti d’isabella d’Este, ricalcati sugli auten¬ 
tici, suntuosi di dorature e di decorazioni. Tale 
è il valore di quest’opera, che Corrado Ricci 
volle far concorrere per una parte della spesa 
la Direzione generale delle Belle Arti. Come 
protettrice delle lettere e delle arti, Isabella 
d’Este emerse su tutti i Mecenati del cinque¬ 
cento' per una chiaroveggenza e un entusiasmo 
egualmente straordinari. Ma ella possedeva un’al- 

































































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


189 



Soffitto delta sala del Monte di Pietà di Cremona (fot. \. Novaresi). 


















































190 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 




Il Gonfalone della Città di Milano (sotto l’atrio del padiglione). 


tra qualità rarissima, il dono cioè 
di saper distinguere gli uomini ve¬ 
ramente superiori, tra la folla dei 
mediocri. Nessun mecenate del Ri- 
nascimento, nè Ludovico il Moro, 
nè lo stesso Leone X, poteva van¬ 
tarsi di contare fra i suoi protetti 
od amici, un così grande numero 
di letterati e artisti eminenti. Aldo 
Manuzio, il Bembo, che già dal i5or 
faceva alla Marchesa una corte 
assidua, l’Ariosto, Paolo Giovio, 

B. Tasso, B. Castiglione, il Ban- 
dello: poi il Mantegna, Giovanni 
Santi, Leonardo da Vinci e Tiziano, 
che dipinsero il suo ritratto; lo 
scultore medaglista G. Cristoforo 
Romano; Lorenzo Costa, il Peru¬ 
gino, Giambcllino, Raffaello, il Tran¬ 
cia, Giulio Romano, il Correggio, 

Sebastiano del Piombo e molti altri. 

1 due gabinetti d’isabella, che si 
veggono nel Padiglione Lombardo, 
fanno parte dell’appartamentino del 
Castello di Mantova, detto il Para¬ 
diso, ricco di grandiosi soffitti in 
.egno, il cui fasto è solo pareggiato 
dalla suprema distinzione. 

I mobili a muro di questa sala 
mantovana, si debbono al prof. Ter¬ 
rario di Milano. 

Brescia ha, nella sua sala raffi¬ 
gurante l’anticamera della Regia 
Pretura, buone riproduzioni, (ese¬ 
guite dal pittore Trainimi degli af¬ 
freschi di Lattanzio Gambata ( r53o- 
1 .S 84 ), prodigioso artista che alla 
Scuola del Campi e del Romanino, 
aggiunse l’ingegno suo, il tocco 
gagliardo, la ricchezza dell’inven¬ 
zione, la sapienza nel rilievo, l’abi¬ 
lità negli scorci. Fu cosi fecondo, 
che si può dire non vi sia palazzo 
o chiesa del tempo che non con¬ 
tenga almeno un’opera di questo 
infaticabile artefice. La sala bre¬ 
sciana accoglie pure una pregevole 
collezione di armi. La lavorazione 
del ferro fu in ogni tempo per Bre¬ 
scia, fonte di ricchezza ed elemento della sua 
forza. Nel cinquecento, questa industria toccò la 
perfezione dell’arte. Già nella disperata difesa 
contro il Piccinino, le armi da fuoco bresciane 
avevano menato strage del nemico per la loro 
precisione. Brescia, in questa industria divenne 
un vero emporio: molti stati si rifornivano qui 
di armi d’ogni genere: e con tale perizia veni¬ 
vano lavorate a bulino e ornate con disegni da 
valenti artisti, che, principi italiani e stranieri, 
vollero possederne. 

Bergamo, figura con la stanza da letto di Bar¬ 
tolomeo Colleoni, che è nell’Opera Pia Colleoni. 
Questo palazzo, sia per la parte architettonica, 
come per quella scultoria decorativa, è uno dei 
più smaglianti esempi dello splendore e della 
raffinatezza alle quali giunse l’arte italiana nel 
quattrocento. Rifulge davvero, nel palazzo, in 
cosi detto gusto classico: la finitezza delle scul¬ 
ture e degli ornamenti, la varietà e la novità 
dei partiti architettonici e gli accordi vibrati di 
colore formano una festa di linee e di marmi, 
un insieme di bellezza singolare. 

Ecco Cremona, con il Cortile del Monte di 
Pietà, ov’è una profusione di decorazioni ele¬ 
ganti e leggiadre in terra cotta. Interamente è 
riprodotta pure la sala a pianterreno, a destra 
dell’atrio d’accesso al Monte di Pietà il soffitto 
della quale è una meraviglia. In questa sala sono 
esposti due arazzi di soggetto storico cremo¬ 
nese (Ezzelino da Romano), il camino marmoreo 
del Pedone e il famoso arcibanco della chiesa 
di San Sigismondo, dovizioso di intagli e di intarsi 
in rovere, pero e noce. La tarsia, ossia l’arte 
della intarsiatura in legno, cominciò ad essere 
coltivata, con larghezza di intendimenti, nel quat¬ 
trocento. E in questo secolo che appariscono 
motivi più liberi e piti graziosi, vasi, candelabri, 
fiori, rabeschi : poi, delle vedute architettoniche 
si sostituirono a questi timidi ornati : e per met¬ 
ter innanzi anche la figura umana, gli intarsia¬ 
tori di quel tempo non aspettarono neppure che 
l’arte loro, quanto alla tecnica, fosse progredita 
al punto di meglio riunire i frammenti e di co¬ 
lorarli in tinte apposite, per supplire a quelle 
che la natura non dà: e si accinsero pure sin 
d’allora alle storie complicate: in una parola, ten¬ 
tarono di gareggiare con la vera pittura. 

La provincia di Cremona, ha nel Padiglione 
Lombardo, un lato del Castello di Pandino, il 


celebre feudo di Casa d’Adda, giunto fino a noi 
come una impareggiabile visione, massime nelle 
pittoresche lanbie della corte interna, di una abi¬ 
tazione ducale campestre per soggiorno di caccie 
o per ritrovi autunnali, nella seconda "metà del 


Atrio del Monte di Pietà di Cremona. 

secolo XV. (Le riproduzioni delle pitture cre¬ 
monesi, furono egregiamente curate dal pittore 
Luigi Comolli). 

Dalla villa Visconti di Saliceto, in Cernusco 
sul Naviglio, venne presa una lussuosa saletta 
barocca. E non manca, per Sondrio, una carat¬ 
teristica stufa valtellinese, rabescata di bassori¬ 


lievi a fiori e putti. Infine, sotto l’a¬ 
trio del Padiglione, si drappeggia il 
Gonfalone di Milano (ricamato dal 
Valori), che ci presenta Sant’Am- 
brogio, il buon Patrono della città, 
in atto di schiacciare gli Ariani. 

Il Padiglione lombardo è uno 
dei maggiori (per vastità e bellez¬ 
za), fra quelli che compongono la 
mostra etnografica di Roma. Ed è 
documento notevolissimo, dell’ e- 
nergia e dell’attività talora un po’ 
irrequiete, ma sempre feconde, per 
le quali l’arte lombarda, si distin¬ 
gue traverso i secoli. Già fin dal 
secolo XV, i nostri artieri comin¬ 
ciano a farsi apprezzare. A forza 
di volontà alcuni tra loro diven¬ 
gono architetti, al modo stesso che 
i tagliapietra di Fiesole, di Sett;- 
gnano e di Maiano divennero scul¬ 
tori. Non vi illudete del resto: quei 
modesti Magistri comacini, le cui 
origini si perdono nella notte dei 
tempi, non sono che l’avanguardia 
cfuna invasione ben altrimenti mi¬ 
nacciosa. Poco a poco, essi attire¬ 
ranno dei gloriosi capiscuola: Bra¬ 
mante, divenuto lombardo per il 
suo lungo soggiorno, intraprenderà 
la conquista di Roma e del resto 
d’Italia, preceduto o accompagnato 
da Caradosso, il re degli orefici: 
Sodoma stenderà il suo dominio 
su Siena e le città vicine: Tra Gio¬ 
condo e Andrea Solario sulla Fran¬ 
cia, ove saranno seguiti da Leo¬ 
nardo da Vinci, un altro lombardo 
per adozione. 

Dalla metà in poi del secolo XV, 
gli scultori lombardi, potevano mi¬ 
surarsi, senza troppo svantaggio, 
con i migliori maestri dell’Italia 
Centrale. Pietro da Milano, che la 
scultura e l’architettura possono, 
con egual diritto, rivendicare, fa 
fortuna a Napoli, avendo al suo 
fianco i compatriota Francesco e 
Domenico Lombardo; Andrea Pregno, lavora, con 
successo, a Roma e a Siena: Ambrogio Barocci, 
nel palazzo ducale d’Urbino, poi a Ferrara. 

I medaglisti milanesi non riscuotono minor 
successo : Pietro diviene uno dei favoriti del re 
Renato: Amadeo getta in bronzo le medaglie 
di Leonello e di Borso d’Este. Infine, Caradosso 
modella a Roma le mirabili figure, che non hanno 
cessato d’esser classiche, di Giulio II e di Bra¬ 
mante. 

Concludendo: le nostre popolazioni ebbero 
sempre, una vitalità gagliarda. Percorrendo la 
nostia regione, bisogna fermarsi dappertutto, 
davanti ad ogni scultura, ad ogni tarsia, ad ogni 
pittura: tutte recano un’impronta di ispirazione 
e di chiarezza, talora anche di precisione, che 
attrae e seduce. 

Milano, maggio 191 r. NlNO d’UrIO. 


IL NUOVO INNO DEI TIRATORI 

versi di AURELIO COSTANZO. 

Ecco le parole del nuovo Inno dei tiratori, 
dettate da Aurelio Costanzo: 

Cinto il serto a l’auree chiome 
di regina, muovi il piè: 
suoni ovunque il tuo gran nome, 
inni e voti, Italia, a te. 

A te, Italia, che sortita 
dei tuoi padri a la virtù, 
sorgi e tempri a nuova vita 
la tua balda gioventù. 

Quanti hai figli sparsi al mondo 
senta ognun la patria in sò: 
stringa un palpito fecondo 
il tuo popolo e il tuo re. 

E noi pur, giovani e forti, 
pronti e vincere o a morir, 
inneggiamo alle tue sorti, 
al tuo fulgido avvenir. 

E a la gara, che l’ingegno 

desta e accende il patrio amor, 
fermo il braccio e l’occhio al segno, 
noi ti offriam degli anni il fior. 

Tu presaga del destino 
clic alla gloria ti addurrà 
in noi fida, e il tuo cammino 
segui, e avanti sempre va. 

Usi a l’armi, i figli tuoi 

lancia in grembo a l'avvenir..., 
questo popolo d’eroi 
saprà vincere o morir. 






































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


191 


T O R 1 N O. L* I N A U G U R A Z 1 O N E 


DEL PALAZZO DELLA MODA. 



Davanti al Palazzo 


DURANTE LA CERIMONIA INAUGURALE (Fot. <i. Ubcrtalli 


F. Morsolin - Pace. A. Ambrosio, Torino). 


Sempre inaugurando!... 

( Nostra corris' ondai za.) 

1 giugno rgri. 

Veramente la più grande delle dimostrazioni, 
l’inaugurazione delle inaugurazioni l’ha fatta ieri 
sera l’alfiere della marina francese, Conneau, ar¬ 
rivando come Andrea Beaumont, da Nizza a Ro¬ 
ma in areoplano, in undici ore, poco più, tutti 
sorpassando, tutti sbalordendo ed entusiasman¬ 
do.... ma non è di questo che io debbo par¬ 
lare. 

A me tocca riassumere le inaugurazioni di 
questa settimana, che, fra Roma c Torino, non 
sono state poche, in verità, e mi hanno obbli¬ 
gato ad un vero tour-de-force facendomi correre 
da Roma a Torino c viceversa come un cor¬ 
riere di Gabinetto. 

Abbiamo avuta il 27 maggio a Roma una 
grande festa spagnuola — l'inaugurazione del 
palazzo che la Spagna ha eretto a Monte di 
Valle Giulia e che con la sua architettura tutta 
a trafori e merletti domina il circostante pae¬ 
saggio di Villa Borghese e dell’Esposizione etno¬ 
grafica a Piazza d’Armi. 

L'ideazione del fantastico ed artistico palazzo 
è del duca di San Pedro, delegato del governo 
spagnuolo, e del suo connazionale l’ingegnere 
Pcladrò Laredo: essi hanno ideato un palazzo 
dello stile detto pìatercsco, tra gotico e Rina¬ 
scimento, riunendovi tutte le più svariate forme 
d’arte onde va superba la Spagna. L’orgoglio 
spagnuolo può essere soddisfatto di questa ma¬ 
gnifica costruzione, della quale hanno fatto gli 
onori al Re e alla Regina il duca di San Pedro 
e l’ambasciatore spagnuolo di Val-de-Terrazo, 
nel palazzo della Spagna c’è da passare un’in¬ 
tera giornata, in mezzo alle splendide decora¬ 
zioni storiche ed alle magnificenze artistiche re¬ 
trospettive e contemporanee. Ma, come succede 
in queste visite inaugurali, il Re e la Regina 
non hanno potuto dedicarvi nemmeno un’ora; 
ed appena usciti dal palazzo iberico hanno do¬ 
vuto recarsi, sollecitamente, nella mostra italiana, 
dove attendevanli i principi Nicola di Grecia per 


l’inaugurazione della sala greca di belle arti. 
Appena una sala — ricca però di belle afferma¬ 
zioni artistiche — per l’antica madre delle arti !... 


Mentre a Roma aggiungevansi alle molte mo¬ 
stre aperte quelle di Spagna c di Grecia, e l’in¬ 
domani il Re, prima di partire per Catania, inau¬ 
gurava il nuovo gran campo di tiro, a Firenze 
la Regina Madre compiva la sua tournee fra la 
mostra del ritratto, la mostra d’arte retrospet¬ 
tiva e la grande esposizione di orticoltura c flo¬ 
ricoltura; ed assisteva a Fiesole, nel teatro ro¬ 
mano, sotto la pioggia, ad una seconda rappre¬ 
sentazione dell - 'Edipo Re di Sofocle. 

Quasi contemporaneamente, a dorino, apri- 
vansi le esposizioni dell’Uruguay, del Siam, ed 
inauguravasi, in fine, il padiglione della Moda. 

La mostra dell’Uruguay è, nelle sue circo- 
scritte proporzioni, molto interessante. Ella è 
collocata nel grande padiglione dell’America la¬ 
tina, bianco ed elegante, eretto sulla riva de¬ 
stra del Po. 

Pure su questa riva sorge il Padiglione del 
Siam, vivacissimo nei suoi vari colori, origina¬ 
lissimo per la sua architettura, così da distin¬ 
guersi nettamente da tutti gli altri palazzi stra¬ 
nieri. Il padiglione del Siam, ha forma di croce, 
ed occupa un’area di circa trecento metri qua¬ 
drati. Questa singolare esposizione siamese fa 
fede in modo molto significante dei grandi pro¬ 
gressi civili fatti da quel lontano regno, il cui 
sovrano, recentemente defunto, fu, tre anni sono, 
in Italia, per la quale aveva grandi simpatie, 
condivise dal suo figlio e successore. 

Commissario del Siam a Forino è il colonnello 
Gerirli — originariamente toscano — che ha 
passati utilmente lunghi anni nel Siam, e che 
inaugurando il padiglione parlò molto bene delle 
incessanti relazioni del Siam con la civiltà eu¬ 
ropea e piti specialmente con l’Italia. Quanto al 
Cerini, a Torino, c’è, segretario una vecchia 
simpatica conoscenza, il giornalista bolognese, 
e nomade instancabile, il buon Vigna dal Ferro. 

Ma la maggiore inaugurazione è stata quella 
del 28, giornata consacrata all’apertura del pa¬ 


lazzo della Moda. Nessuno meglio di una gran 
dama — la principessa Laetitia — poteva pre¬ 
siedere a questa festa inaugurale, trattandosi di 
un padiglione interamente dedicato all’eleganza, 
al lusso, alla bellezza. 

Non bisogna credere che il palazzo della moda 
sia esclusivamente dedicato alle eleganze ed alle 
originali e bizzarre creazioni delle sarte e delle 
modiste: tutt’altro: la parola Moda va presa nel 
suo maggiore significato, e, a volere essere pre¬ 
cisi, qui si dovrebbe parlare di palazzo della 
moda attraverso i secoli, o meglio dell’arte at¬ 
traverso i secoli applicata alla moda. 

In fatto il palazzo, che è una bellissima co¬ 
struzione in stile seicentesco — lo stile, checché 
se ne dica, del fasto e del buon gusto — com¬ 
prende, dal vestibolo alla stanzetta per bambini, 
— tutta una sequela di stanze, sale e saloni 
dove l’arte e la squisitezza del gusto s’incon¬ 
trano, anzi si accoppiano incessantemente, con 
tale profusione di cose belle, da dare l’impres¬ 
sione che si tratti, non di un palazzo provvi¬ 
sorio, da esposizione, ma di un nucleo pazien¬ 
temente messo insieme, nella realtà della vita 
quotidiana, da generazioni di gentiluomini e gen¬ 
tildonne piemontesi, preoccupati di conservare 
ai posteri tutte le cose più deliziose dei loro 
tempi. 

Prima di tutto c’è un vestibolo in stile del 
seicento, tutto in legno intagliato riccamente e 
con le pareti coperte da magnifici arazzi. Segue 
un salottino da tè in graziosissimo stile barocco 
piemontese, in mezzo al quale campeggia un su¬ 
perbo servizio da tè in argento. Viene poi una 
sontuosa sala da pranzo con una grandiosa ta¬ 
vola artistica, sorretta da quattro figure ingi¬ 
nocchiate. Là accanto è un delicatissimo boudoir 
Luigi XVI per signora; poi una pomposa stanza 
da letto Luigi XV ; una severa biblioteca in stile 
Luigi XVI, un buffet Rinascimento, nel quale si 
ammirano ricchissime argenterie; un grandioso 
salone da ballo in stile Luigi XVI ornato di 
bellissimi bronzi e copiosamente illuminato da 
grandi lampadari in cristallo; un altro boudoir 
in stile settecentesco piemontese; una deliziosa 
camera da letto Luigi XVI per signorina, ed in 
fine una civettuola, ridente camera da bambini. 


Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza. 






























LE ESPOSIZIONI DEL i'g i i 


192 


Mi pare che da questa sommaria descrizione sia 
facile capire che questo, più che il palazzo della 
Moda, è il palazzo della squisita eleganza arti¬ 
stica applicata alla vita; ed in questa definizione 
mi confermano anche tutti i ben modellati manne- 
(juins di cera raffiguranti, dame, signori, fanciulle 
e fanciulli, gente che signorilmente riceve e gente 
che graziosamente fa visita c tutti in toilettes e 
costumi splendidi ed in atteggiamenti naturali.... 
un ambiente, che, a dir vero, è sempre di moda, 
ma che sopratutto è un ambiente esclusivo di 
arte e di bellezza. 

La vita nostra contemporanea affrettata, in¬ 


calzante allontana ogni giorno più da ambienti 
siffatti; ma un palazzo come quello detto “della 
Moda „ potrà giovare a ricondurre il gusto e 
le abitudini alle finezze deH’elegan^a e dell’arte, 
che hanno tanto decisivo influsso sul costume 
e sulla vita. 

Come vedete, ogni giorno Roma e Torino of¬ 
frono inaugurazioni e ricevimenti. 

Scrivo che sono appena partito da 1 orino i 
festeggiati ospiti della Comedic ; e corro a Roma 
certo di trovare già in treno comitive di sni¬ 
daci che accorrono alla capitale per la grande 
inaugurazione, domenica prossima, del monu¬ 


mento nazionale al Gran Re. Il sindaco Nathan 
nella sua circolare d’invito ha detto che i sni¬ 
daci debbono recarsi a Roma " muniti esclusi¬ 
vamente della fascia sindacale „; e il 'Travaso 
delle idee cogliendo a volo la raccomandazione, 
ne ha subito allineata una pittoresca comitiva 
scendente nel Vurbe in perfetto costume adami¬ 
tico, appena attenuato dalla fascia di rigore: il 
costume primitivo corrisponderebbe, forse, alle 
condizioni reali di molti comuni del Regno, ma 
siamo in periodo di feste, ed i sindaci si av¬ 
viano a Roma con gli abiti della festa!... 

Giorino. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

22 maggio. - Roma. Visita della Regina e dei principini 

all’Esposizione in Piazza d'Armi : scendono nella barca 
del loboggan. 

2) „ Voi ino. La granduchessa Maria Paulowna Vladimiro 
ha visitato il Padiglione Russò. 

2 5 „ Roma. L’ambasciatore del Giappone in udienza spe¬ 
ciale ha presentala al Re una lettera di augurio del¬ 
fini pera toro M11 tsu-Yto. 

„ „ Torino. Arrivo ila Milano della comitiva degli indu¬ 

striali austriaci. 

„ „ — Inaugurata all’Esposizione la Mostra dell’Uriiguay 
nel Padiglione dell’America Latina. 

36 „ All’Esposizione banchetto della Camera di Com¬ 
mercio in onore degl’industriali austriaci. 

„ „ Roiiut. 11 Re c la Regina, guidati da Corrado Ricci, 

hanno salita la torre delle Milizie, e visitala la parte 
orientale di Roma antica. 

„ „ Torino. Riunitosi il Congresso degli spedizionieri. 

07 „ Rotili. A Valle Giulia i Sovrani hanno inaugu¬ 
rato il Padiglione della Spagna ed il Salone della 
(irecia. 

„ „ Torino. Inaugurato all’Esposizione il Padiglione del 

Siam 

„ „ — Solenne inaugurazione del Palazzo della Moda. 

23 „ Roma. Il Re inaugura al mattino il nuovo gran 

campo di tiro; e alle i 3 il Re e la Regina partono 
per Catania, dove il 3 o inaugurano il monumento 
a Re Umberto, del Rutelli. 

3 i „ Sulmona. Nona tappa del giro ciclistico d’Italia; par¬ 
titi 38 alle 7,?3, da Ancona, arrivato primo a Sul¬ 
mona (kl. 218,7) il granatiere. Corlaila, alle 14, r 8. 

„ „ Dresda. All’Esposizione Internazionale d’igiene, in¬ 

augurato alla presenza del Re il Padiglione Ita¬ 
lia no. 


CIMELII DEL MINISTERO DEL TESORO 

all’ Esposizione Internazionale di Torino. 

Interessante nella Mostra di Torino, l’esposizione che il 
Ministero del Tesoro, sotto la personale guida del Sotto¬ 
segretario ili Stato, on. Angelo Pavia, ha tatto elei titoli 
di rendita dei cessati governi italiani. Siamo lieti di pre¬ 
sentare qui la riproduzione di alcuni tra i piii interessanti 
esemplari dei titoli esposti, riuniti in una pagina. 

Il n. 1 rappresenta un buono del debito redimibile 
creato con decreti 2.3 luglio e 24 settembre 1809 del Go¬ 
verno provvisorio di Romagna. 

I n. 2 e 3 pongono di fronte l’eroica Repubblica Ro¬ 
mana del 1849, cui animò Giuseppe Mazzini c difese Giu¬ 
seppe Garibaldi, e la restaurazione papale, opera delle armi 
straniere. Sono i due titoli di rendita intestati a Giovali 
Battista Cattaneo, clic la Repubblica chiama semplicemente 
c romanamente Cittadino, e che il Governo pontificio rein¬ 
tegra nel possesso del suo titolo di Marchese. 

I n. 4 e (> ricordano altri eroismi, al¬ 
tri sacrifìci di popolo compiuti in quel 
tempo in altra regione d’Italia: essi rap¬ 
presentano due monete patriottiche, ri¬ 
spettivamente da 5 e da r lira di qucl- 
l’ultima Repubblica Veneta che si animò 
nell’antica fede, e resistette miracolosa¬ 
mente, (piando ogni altro sforzo per la 
redenzione d’Italia era stato per tutta la 
penisola fiaccato dalla potenza stran era. 

II n. 5 rappresenta un titolo dell’antica 
rendita del primo Regno Italico, emesso 
a carico del Monte Napoleone, e passato 
di poi, come si rivela dai bolli, a carico 
del Governo pontificio. 

I n. 7, 8 e 9 ci riconducono alla Re¬ 
pubblica di Venezia del 48-49. Notevole 
tra essi quello distinto col n. 7, rela¬ 


tivo ad un versamento in oggetti d’argenteria, negli ul¬ 
timi aneliti della disperata difesa: esso reca il fac-simile 
della firma autografa di Daniele Manin. 

11 n. io rappresenta il titolo al portatore del debito 
sardo creato con legge i 3 febbraio 1 853 , mentre il n. 11 
ritrae la quarta pagina di un certificato nominativo del 
debito redimibile Sardo creato con R. editto 3 o maggio 1 83 1, 
notevole per i bolli comprovanti il pagamento delle rate 
semestrali, artisticamente studiati l’uno diverso dall’altro. 

Infine il n. 12 è quasi un simbolo della compiuta unità 
nazionale. Il titolo è una obbligazione al portatore del pre¬ 
stito Rothschild emesso dal Governo pontificio nel 1867, 
e porta la firma autografa — invisibile nella fotografia — 
del segreta* io di Stato di Pio IX, cardinale Antonclli. Re¬ 
stato in circolazione anche dopo il 1870 quando si esauri¬ 
rono le vecchie cedole per il pagamento degli interessi, ebbe 
aggiunto un nuovo foglio di cedole sormontato dall’arma 
del Regno d’Italia. I due stemmi, uno accanto all’altro, 
sono come un segno tangibile del compiuto"destino'palrio. 



SONO USCITI 


RITRATTI d ARTISTI 
ITALIANI- 

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Francesco Paolo Mi¬ 
eli etti. 

Telemaco Siijnorini. 
Marius Pictor. 
Edoardo Dalbono. 


Filippo Garcano. 
Leonardo Bistolfi. 
Giovanni Fattori. 
Domenico Trentacoste. 
Pietro Fragiacomo. 


Luigi Serra. 
Giuseppe Pellizza. 
Ettore Tito. 

Davide Calandra. 
Guglielmo Ciardi. 


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FASCICOLO i 3 .° 


R I‘- ESPOSIZIONI DLL t a i t 


I O R I N (). I RII R O V I K A V () R | T I I) K I. 1/ E S P () S l Z l C) N E. 


193 




Il conte I'eofilo Rossi Sindaco di Torino e la sua famiglia fra 1 Somali della Kermesse (fot. Fomari). 





































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


194 



TORINO. Fantasia di guerra nel villaggio Somalo della Kermesse dell’Esposizione (fot. Pomari). 


Continuano le Inaugurazioni. 

( No'ini cov vis fondai za.) 

7 giugno. 

Ah! Questa volta poi è stata proprio un’inau¬ 
gurazione, e di quelle solenni ! — C’era rappre¬ 
sentata nel modo pivi preciso tutta Italia — nelle 
persone di circa 6800 sindaci, i quali non hanno 
mai sudato tanto per i loro Comuni come in 
questi giorni di patriottica esultanza. 

Finalmente, dunque, il monumento colossale, 
destinato a mettere a pari della gloriosa Roma 
imperiale la Roma moderna, è stato scoperto, 
inaugurato, offerto aU’ammirazionc di centomila 
spettatori, c se c’è ancora chi ne dubita, faccia 
come ho fatto io — corra a Roma a vedere. 

Cioè, inaugurato sì, ma incompleto: l’altare 
della patria non c’è propriamente ancora, ma, 
quando sarà stato deciso il nuovo modello fra 
Lazzi e /amili, potrà esserci; non ci sono an¬ 
cora le quadrighe, non ci sono ancora quattro 
dei sei gruppi principali; non ci sono ancora i 
musei; c’è ancora da sistemare attorno mezza 
Roma perchè il monumento ne abbia una cor¬ 
nice adeguata; ma alla fine dei fini esso è stato 
inaugurato; eia festa è stata grandiosa, propor¬ 
zionata alla immensa opera Sacconiana. 

11 successo però, non fu nè di Sacconi, nè del 
grande cavallo dorato di Chiaradia, nè dei gruppi 
di Monteverde e di Jerace, nè di nessun altro. 
Non fu nemmeno di Ciiolitti, il cui discorso deve 
averlo messo assieme un qualche ritagliatore 
di giornali del ministero. 11 successo fu dei prin¬ 
cipini, dei figli del Re — Umberto, Jolanda e 
Mafalda che furono costantemente tenuti d'oc¬ 
chio dall’immenso pubblico ed incessantemente 
applauditi. 

La partecipazione di quei tre simpatici bam¬ 
bini alla festa fu una vera trovata. 1 soliti per¬ 
sonaggi, i soliti grandi dignitari - ! dello Stato, 
tutta codesta democrazia costituzionale in uni¬ 
forme od in marsina costellata di crachats e ad¬ 
dobbata di nastri, il pubblico la sa oramai a 
memoria, e non riesce che a determinare, dovun¬ 
que si mostri, una fastidiosa stereotipata mono¬ 
tonia. Invece epici tre bambini vestiti di bianco, 
dalle faccie allegre, quasi umoristiche, dalle mo¬ 
venze improvvise, dal sorriso lieto ed arguto 
sorpresero e gradirono a tutti, ed il popolo 


parlò assai più dei “ principi „ che del monu- 
mentone e di tutto il resto. 

Tant’è vero che l’indomani 'quando i 6800 
sindaci — compreso un prete — tutti tricolor¬ 
mente fasciati sui neri abiti, trovaronsi riu¬ 
niti alla garden-party nel luminoso giardino del 
Quirinale, e si videro passare davanti il Re, la 
Regina, i principi e tutti i soliti dignitarii, non 
seppero trattenersi dal gridare ripetutamente: 
“ Vogliamo i principini! Vogliamo i principini!... „ 

Ma i rappresentanti dei Comuni italiani sono 
oramai abituati a chiedere senza ottenere — e 
così fu che il loro desiderio di vedere i prin¬ 
cipini nel giardino della Reggia rimase fra i 
desidcrii civici non soddisfatti. 

Del risultato finale del grande raid aereo Pa- 
rigi-Roma, è inutile, oramai, che io vi parli: 
Beaumont e Garros ebbero un vero successo 
emozionante. In queste imprese qui ci vuole il 
fulmineo, eccitante le fantasie — e questa fu la 
fortuna di Beaumont. Garros ebbe dalla sua il 
sentimento — doveva arrivare primo, trovò per 
strada la iettatura; era il più Sollecitamente at¬ 
teso, il pubblico era per lui fino da principio; 
e varii elementi diversi ed opposti gli procura¬ 
rono un'accoglienza entusiastica non diversa da 
quella fatta a Beaumont. La cortesia internazio¬ 
nale non mancò nè verso Frey, nè verso Vi- 
dart; ma in tutte le gare, e specialmenle nelle 
aeree, ha ragione il proverbio — chi primo ar¬ 
riva, meglio alloggia. 

Ora si stanno facendo i preparativi per il raid 
definitivo — Roma-Torino: e in attesa, tutti i 
giorni, fino al io, Roma vedrà areoplani nel suo 
cielo. L’altro ieri Garros roteava al disopra della 
grandiosa mostra archeologica alle Terme Dio¬ 
cleziano, ieri faceva due volte il giro della Mi¬ 
chelangiolesca cupola di San Pietro, acclamato 
dalla folla e — chi lo sa? — forse benedetto dal 
Papa !... 

Anche senza disporre di un mio speciale areo- 
plano, eccomi di volo a Torino, dove le inau¬ 
gurazioni, i congressi, i concorsi si succedono 
con una rapidità veramente cinematografica. 

L’instancabile Sindaco, conte Teofilo Rossi, 
passa con una elasticità meravigliosa dalla Mo¬ 
stra Eritrea e dalle file dei nostri slanciati Zap- 


tiè, al congresso degli agenti di cambio, dal Pa¬ 
diglione dell’America Latina — interessantissimo 
— inaugurato ufficialmente ieri l’altro — ai boxes 
dei cani, la cui mostra risonante di latrati e di 
guaiti è stata aperta anch’essa ieri l’altro. 

C’è poi, mentre scrivo, un rumoroso, gaio, fol- 
leggiante intermezzo di sartine in isciopero — 
numero non previsto nel programma. Però è 
dei più divertenti; mette in faccende la pub¬ 
blica sicurezza; e fa vedere a quali ardimenti, 
dopo cinquanta anni della resurrezione della pa¬ 
tria, sappia spingersi il gaio sciame femminile 
per le cui mani passano giornalmente i segreti 
e gli artifici della muliebre eleganza. 

Di audacie femminine ne abbiamo avute, a 'Fo¬ 
rino, in questi giorni ben altre, e pubbliche — 
i cimenti delle signore nel concorso ippico. Si¬ 
curo, lo Stadium domenica era straordinaria¬ 
mente affollato perchè il programma annunziava 
la corsa delle signore. O non è forse tutta la 
vita una continua corsa alle signore, o corsa 
delle signore?... E non siamo ogni giorno piti o 
meno eccitati nella nostra curiosità dalle notizie 
sulla tale che è caduta, o sulla tal’altra che è 
pericolante?... Con tutto ciò, la corsa a cavallo 
di elegantissime dame fu per tutti una novità 
e ottenne completo successo. A due o tre di 
esse i cavalli rifiutarono l’ostacolo: una cosa 
che, con le signore, capita anche a piedi. I ri¬ 
fiutati d’altre gare ^applaudirono, in cuor loro, 
i cavalli che rifiutavano. 

Le signore Arona Valletti, Godio-Kay e mar¬ 
chesa Bourbon del Monte fecero degli exploi/s 
mirabili. Sopra undici inscritte, cinque — clas¬ 
sificate a pari merito — disputaronsi brillante- 
mente la vittoria con un salto a doppia bar¬ 
riera. La marchesa Bourbon del Monte riuscì la 
prima avendo fatto saltare al suo Mooulight un 
ostacolo di metri i, 63 : la signora Godio-Kay 
con Rebecca saltò metri i, 55 ; la signora Laura 
Arona-Valletti, con Dora saltò metri 1,40. 

Onore al femminismo ippico!... Avrebbe do¬ 
vuto esservi ancora, fra dame, una gran gara 
reale, ma di inscritte non ne erano rimaste più 
che due, e codesta gara rimase fra i molti de¬ 
sideri! accesi c insoddisfatti di questo elegante 
concorso. 

Si è parlato di cadute.... ma, in pubblico, non 
se ne sono vedute!... 


Giorino. 


















Primo premio Terzo premio 

Marcii . 11 Bourbon ilei Munte. Si;j. a I-aura Arona-Vialetti. 


Secondo premio 
Sij ^.* 1 Godio-Kay. 


La Gara Internazionale delle Signore. 



La marchesa Bourbon del Monte con “ Moonlight „ mentre supera la barriera di m. i.63. 


(Eot. FornsE.) 




La marchesa Bourbon del Monte con “ Moonlight 


Gli ufficiali francesi che vinsero la coppa “ Città di Torino „ nelle gare internazionali. 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 






































196 


LE ESPOSIZIONI DEL 


j 9 1 1 



La Mosiia dell’Arte tipografica all’esposizione di Torino. 


Singolare importanza assume, nella grandiosa 
Esposizione Internazionale di Torino, la Mostra 
della Stampa e del Giornale. 

E .si comprende facilmente, che non connine 
attrattiva abbia ad esercitare cpiesta caratteri¬ 
stica parte della grande Rassegna delle industrii 
e del lavoro, se si pensi che da essa, cioè dal- 
l‘idea modesta, ma prima a manifestarsi, di una 
Esposizione d’Arte Tipografica, sorse appunto 
quella di una ben più vasta Esposizione gene- 
ialt', di una grandiosa Mostra internazionale, de¬ 
stinata a commemorare il cinquantenario della 
Proclamazione del Regno d’Italia. 

I in dal 1900 era anzi nato, a 1 orino, in oc¬ 
casione del V Centenario di Gutemberg, il pen¬ 
sino di un Esposizione del libro, che compren¬ 
desse quanto nell’arte della stampa ha prodotto 
il I irniente dall alba della grande invenzione 
fino ai giorni nostri. E, pochi anni dopo, il so¬ 
natole Secondo fi ola, allora sindaco di l orino, 
raccogliendo e fondendo in una sola le varie 
iniziative (tra cui quella dell’Associazione della 
Stampa Subalpina, lanciata dal suo consigliere 
delegato Delfino Orsi, ili celebrare il centenario 
di Cavour con una Mostra del Giornale c del¬ 
l’Arte della Stampa, ed un’altra proposta del¬ 
l’Associazione Monarchica Umberto I), gittnva ad 
un tratto, con magnifico gesto, in una memoranda 
adunanza, le basi della grande Esposizione per 
il 5 o." anniversario della proclamazione del Re¬ 
gno d’Italia, che ricorre appunto quest’anno. 

Singolare importanza, per tutto questo e per 
l’indole stessa e per i! suo carattere così spe¬ 
ciale, avrà 1 ipeto, chè non è ditlìcile il pre¬ 
vederlo fin d’ora — la Mostra del libro c del 
giornale nella prossima Esposizione di Torino. 
Ea quale Mostra speciale della stampa, per chia¬ 
marla con un titolo solo, comprenderà due parti 
distinte : l'antica e la moderna. 

Mentre infatti nel Palazzo del Giornale si avrà 
tutto l’odierno organismo vario e complesso della 
tipografìa, nel vicino Borgo Medioevale — chi 
non lo ricorda quel cimelio meraviglioso, avanzo 
dell’Esposizione Nazionale del 1884? — troverà 
sua sède la Mostra tipografica retrospettiva in¬ 
sieme con altre affini che le faranno corona. 

11 Palazzo del Giornale sorge su l’area, già 
occupata nel Parco del Valentino dal Palazzo 
delle Belle Arti, ed è veramente grandioso, come 
quello che si sviluppa su quell’area di circa 8000 
m.q., e consta, oltre che di numerose sale, di 
un vastissimo .salone per conferenze, riunioni, eco. 

E potrà quindi essere ospite capace c degno di 
tutto il mirabile movimento della moderna Offi¬ 
cina tipografica, mirabile veramente pei^ il pre¬ 


gi esso sbalorditivo fatto dalle grandi macchine 
e dai nuovi trovati — cosi come le case di Alba 
e di Bussoleno, nel Borgo Me di oc vale, forme¬ 
ranno degna sede e cornice insieme, magnifica 
per carattere e colore, all’antica officina tipo¬ 
grafica. E sarà questa senza dubbio una delle 
pnì belle e interessanti attrattive dell’Esposizione, 
un grande richiamo per gli studiosi, per i cui- 
tmi (ledi arte della stampa, per artisti, tipografi 
ed amici del libro; una grande curiosità per 
tutti. La ospiterà, l’ho già detto, quella parte 
del Borgo Medioevale, che si usa chiamare delle 
case ili Alba e Bussoleno, perchè riproducono 
fedelmente edifici medioevali tuttora esistenti in 
Alba e Bussoleno. Qui, cioè nella casa di Bus¬ 
soleno, troverà posto la fabbricazione della carta 
al tino, e nell’altra, nella casa di Alba, si allo¬ 
gherà al pianterreno l’officina tipografica, c, al 
piano superiore, la mostra degli incunabuli. Nò 
sarà quest’ultima una pura e fredda esposizione 
di vecchie stampe, marche tipografiche, xilo- 
gi alìche, ex-hbns, riproduzioni della prima eil 
ultima pagina dei volumi più preziosi, venuti 
alla luce, specialmente in Piemonte, in quell’aurea 
età della stampa; ma sarà presentata in azione 
e resa così animata e più interessante quindi 
per il visitatore. 11 quale si troverà così davanti 
ad una fedele riproduzione dell’antichissima “ bot¬ 
tega dello stampatore, col suo torchio guten- 
berghiano e tutti i primitivi materiali ed arnesi 
del lavoro tipografico, e con un annesso piccolo 
laboratorio di legatoria, onde più completa rie¬ 
sca l’integrazione storica della patria tipografica. 

Là, adunque, nel magnifico Palazzo del Gior- 
nale e dell’Arte della Stampa, la fragorosa at¬ 
tività industriale dell'odierna tipografia; e qui, 
nell’angolo tranquillo dclPantico Borgo, il lento,’ 
cat attcì istico lavoro di quelle piccole stamperie 
dei primi tempi, alle quali andiamo pur debitori 
di tanti trionfi dell’arte tipografica. Che ben 
noto è oramai come in due secoli di produzione 
tipografica anche solo italiana, nel quattrocento 
cioè e nel cinquecento, siavi tutto un tesoro di 
ammaestramenti, tutto un tesoro d’arte del libro, 
die si rivela in ogni sua parte, dai fregi del fron¬ 
tespizio alle xilografie del testo, dal tipo mobile 
alle testate dei capitoli ed alle lettere iniziali. 

Là, nella maggior sede della stampa, gli in¬ 
gegnosi trovati sempre più rispondenti alla ra¬ 
pidità febbrile e vertiginosa dei giorni nostri, e 
qui, nella più modesta e più caratteristica sede an¬ 
tica delle arti grafiche, l’opera serena, paziente e 
meditata, a-sai più favorevole all’estetica del libro. 

Le due mostre, adunque, in cui si suddivide 
la Mostra del libro e del giornale, sono così di¬ 


verse e attraenti, ciascuna per il suo carattere spe¬ 
dale, da non potersi far concorrenza l’un l’altra. 
I iuttosto una di esse avrà, io penso, qualche 
cosa ila imparare dall altra, E sarà la moderna, 
clic dalla sua antenata arte della stampa di cinque 
secoli fa, potrà trarre utili ammaestramenti. 

Nell’Esposizione del 1902 a Torino, cioè nella 
prima Esposizione di Arte decorativa moderna, 

1 arte nostra del libro non ebbe tutto quel suc¬ 
cesso 1 lie si sperava. Subito e chiaro apparve 
come troppi dei nostri furono trascinati da un 
soverchio spirito di imitazione a seguire cor¬ 
renti straniere, anzi che preoccuparsi di dare al 
libro una tìsonomia ed un carattere proprio, 
essenzialmente nazionali. La decorazione e l’este¬ 
tica del libro non mostrarono di aver fatto passi 
veramente notevoli di progresso verso un tipo 
di chiara bellezza, sobria ed armoniosa, verso 
un insieme di linee e di forme schiettamente 
italiano; e più curato e più progredito apparve 
invece il giornale, specialmente illustrato. 

Ora il poter apprendere con esami e studi e 
raffronti, ila una siffatta mostra, il modo di sa¬ 
per conciliare con le esigenze moderne indu¬ 
striali e commerciali l’estetica del libro e, senza 
ti ascuiare, anzi pur favorendo le idee innovatrici, 
dare alle nostre edizioni una maggior impronta 
nazionale, sarebbe, io credo, il miglior risultato 
da augurarsi all Esposizione tipografica del 1911. 

I moltiplicati mezzi di riproduzione e le per¬ 
fezionate arti sussidiarie della tipografia, se da 
una parte rispondono splendidamente al carat¬ 
tere febbrile della vita presente e dell’odierna 
civiltà meccanica, offrono pure dall’altra tali e 
tante facilitazioni, clic da esse si può e si deve 
sapei tiaire giovamento per una decorazione 
ornamentale che abbia un’impronta tutta pro¬ 
pina, per un arte del libro, che, ispirandosi al 
passato, cioè alle superbe edizioni antiche, senza 
dimenticare i gusti e gli ideali del tempo pre¬ 
sente, si possa dire veracemente e schiettamente 
italiana. Di utili insegnamenti potrà, per tutto 
questo, essere feconda la Mostra del libro e del 
giornale — per la quale ha molto lavorato appo- 
sita Comnussione, presieduta dal cav. Giuseppe 
igliai di-1 ara via, presidente della Scuola Tipo¬ 
grafica di 1 orino e nome ben noto nel campo 
dell aite libraria italiana — e feconda special- 
minte nei suoi rapporti e confronti con la mo¬ 
derna potrà essere la Mostra antica, la quale 
avrà pur la virtù di accrescere la folla dei visi¬ 
tatori ed ammiratori del Castello e del Borgo 
Medioevale, il meraviglioso gioiello del nostro 
bel Valentino. 

Giuseppe Deabate, 































































LE ESPOSIZIONI DEL t 9 ii 


197 


TORINO. Il Villaggio Alpino all’ Esposizione (fot. Pomari), 




Villaggio Alpino alF Esposizione di Torino. 

TORINETTO SOPRANO (m. 1275.50). 


Chi, venendo all’Esposizione internazionale 
vorrà godere dell’illusione di vivere per qualche 
ora in un paesello di montagna non avrà che 
risalire, magari da Ferrara, la valle del Po e, 
giunto all’altezza del Valentino, in su quel di 
Torino, fermarsi nel paesello di Torinetto So¬ 
prano. 11 paesello, per coerenza all’indole sua 
montanina, sorge sul pendio di un monte rap¬ 
presentato per l’occasione da una delle tante 
montagnole del giardino del Valentino, fra una 
cascata che precipita rumorosa dall’alto del suo 
letto di calcestruzzo ed un gruppo d’alberi di 
pino clic dànno uno sfondo verde al quadro 
montanino. 

L’ingresso principale della borgata è dalla 
strada che percorre il fondo.... della valle, ossia 
dal grande viale del Valentino che costeggia la 
sponda destra del Po. 

La fede di nascita del paese si legge a ca¬ 
ratteri di scatola su di un’insegna bianca sporca 
di fango — stile del luogo — nell’angolo esterno 
della prima casa del paese: 

Comune di Tokinetto Soprano - Mandamento Po 

Abitanti 226 — Altitudine sul Mare m. 1275 . 50 . 

Quel gruppetto di case, alcune in pietra, altre 

costruite con tronchi d’al¬ 
bero sovrapposti e pog¬ 
giati ai quattro angoli su 
pietra a forma di funghi 
colossali che le sollevano 
di circa un metro dal pra¬ 
to e le difendono dalla 
invasione dei topi, la chie¬ 
setta ricoperta di lastre 
d’ardesia, il piccolo cam¬ 
panile bianco acuminato 
che domina il paesello, il 
| colore scuro delle pietre 


gre ggie delle abitazioni in muratura, in armonia 
col colore cupo delle case di legno, le piccole 
finestre adorne di fiori rossi, le strabette strette 
che s’internano tortuose fra le casette, dànno al¬ 
l’ambiente un colore montanino di una verità 
sorprendente. Chi, giungendo dalla valle s’iner- 
pichi per una di quelle stradette che conducono 
al piazzale della chiesa ove nel centro zampilla 
la lonte circondata da una grande vasca otta¬ 
gonale ed ove prospettano la Casa comunale, la 
chiesetta, l’osteria ed il Boureau de Guides — 
tutti gli elementi vitali del paese prova l’illu¬ 
sione d’arrivare ad uno di quei paeselli sperduti 
in fondo ad una qualche valle del Monrosa ove 
è così dolce trascorrere qualche settimana col¬ 
l’unico programma di mangiar polenta e bere 
latte non annacquato, lontani dal proto, dai clienti 
restii e dall’agente delle tasse. 


A completare la poetica illusione concorre in 
modo efficacissimo la lastricatura delle stradette 
e dell’unica piazzetta, fatta con ciottoli rotondi 
ma di una rotondità.... approssimativa, sui quali 
un visitatore dai piedi indolenziti, o più tragi¬ 
camente, doloranti, sente tutto il sapore.... agre¬ 
ste della montagna. 

Colgo a volo una frase di una signora ele¬ 
gante dai piedini ben torniti entro le scarpette 
lucide. Ella atteggiando il viso ad una smorlìetta 
esclama rivolta al marito: 

A smia propi d J esse in montagna. 

Am fan mal i jassiti. 

(Pare proprio d’essere in montagna. Mi fanno 
male i calli). 

E poiché il marito è un’autorità del paese, 
e il che vale quanto dire, un membro del Co¬ 
mitato del Club Alpino torinese che ha presie¬ 
duto alla costruzione del villaggio ed alla lastri- 
cazione delle sue strade, si capisce subito dalla 


smorfia c dal gesto di madama che essa — co¬ 
me è uso delle mogli — vuole far risalire al 
marito la responsabilità.... del dolore dei propri 
calli. 

Nell’ingresso del paese, lungo il breve tratto 
dello.... stradone alla piazzetta centrale, è riz¬ 
zata una croce in legno, simbolo di pace, con 
gli emblemi del martirio rappresentati dal gallo 
che cantò tre volte (un gallo che pare una per¬ 
nice) la spugna, i chiodi, la lancia, la benda, le 
tenaglie ed il martello. 

Ed eccoci nel centro del paese, seduti su di 
un tronco posto a ridosso del muro dell’osteria, 
di fronte alla chiesetta ed alla Casa comunale. 


La Casa del Comune ospita indubbiamente 
qualche creatura gentile amante dei fiori e degli 
uccelli. Alcuni vasetti di fiori rossi adornano l’u¬ 
nica finestretta prospiciente sulla piccola piazza, 
ed entro una gabbietta posta sul davanzale 
saltella e cinguetta un canarino. Segreti del 
comune di Torinetto e misteri dei dirigenti le 
sue sorti amministrative. Il partito d’opposizione 
al sindaco, che è un conservatore, vigila con 
occhio attento, e già 

" UEco di Torinetto Soprano „ organo del par¬ 
tito socialista della valle, nell’ultimo suo numero 
ha accennato ai sopraindicati sospetti in un ar¬ 
ticolo dal titolo: 

li canarino del sindaco 
ovvero 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI - Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA 








































198 


le ESPOSIZIONI DEL I 9 I I 


Lo sperpero del danaro dei contribuenti. 

Si parla già di querele c di penalisti die ar¬ 
rotano i denti. 

* 

Su di un angolo della facciata della Casa co¬ 
munale è la meridiana solare provvista di tet¬ 
toia perchè il sole non la guasti ; una meridiana 
che conta certo qualche secolo di vita, a giu¬ 
dicarne dalle scrostature nonché dal motto la¬ 
tino del secolo del “ musa fnusac Tempns tem¬ 
perai tempora „. 

Nell’albo pretorio, grazie a Dio ed a maggior 
felicità degli scapoli del paese, non è segnata 
alcuna pubblicazione matrimoniale. 

Nell’interno della Casa comunale, a piano ter¬ 
reno (essendo il piano supcriore occupato dal 
canarino e dalla sua governante), ha sede occa¬ 
sionalmente la bella Esposizione di quadri di 
montagna, organizzata dal Club Alpino, nella 
quale figurano i più bei nomi di pittori nostrani 
e stranieri che amano cimentarsi con le diffi¬ 
coltà quasi insuperabili del riprodurre, almeno 
approssimativamente, la montagna. Ricorderò 
fra i nostri migliori Tavernie, Maggi Arbarello, 
Folchetto, Ciardi, Polloni, Bozzallo, Eragiacomo, 
Pollini, Mazzetti, Carutti, Rtibmo, Cressini, Emilio 
Longoni, Pollonera, ccc., eco. E fra gli stranieri, 
Menarci, principe in Francia fra i pittori della 
Montagna, Otto Partii di Vienna, Recider di 
Monaco, Morera di Madrid, Compton inglese, 
Wicland II. R. di Monaco di Baviera, Model 
di Zurigo ed altri ed altri che sarebbe troppo 
lungo catalogare. 

Non mi fermo per via a fare della critica d’arte 
in Torinetto Soprano, ove l’arte ci è data dalla 
natura, e tiro avanti. Noto solo di sfuggita co¬ 
me i pittori del luogo abbiano una particolare 
simpatia per il Cervino il quale viene rappre¬ 
sentato da tutti i lati e condito all’olio, in tutte 
le salse, bianca, scura, verde c persino violetta, 
così da dargli l’aspetto di un gelato all’olio di 
ricino. 

Un Cervino purgativo. 


In altra sala della Casa comunale è l’Espo- 
sizicne delle fotografìe le quali nella loro bel¬ 
lezza di riproduzione hanno tutta l’aria di can¬ 
zonare il Cervino, il Monte Bianco, il Monrosa 
e gli altri monti confratelli delle sale attigue, 
fritti.... all'olio. 

Ma io non sono critico d’arte e non posso e 
non voglio addentrarmi in questo tema peri¬ 
coloso. 


Ritornando nella piazza entriamo nell’Osteria 
segnata ai passanti da una bottiglia e da un 
bicchiere dipinti sull’alto della porta. 

Il vino, contro ogni legge fìsica, si eleva dalla 
bottiglia c scende zampillante entro il bicchiere. 

L’oste ha anche lo spaccio dei tabacchi. 

Provvisoriamente, però, ha ceduto i locali al 
Comitato del Club Alpino il quale vi ha collo¬ 
cato i saggi della vasta e complessa opera del 
Club, dalla sua fondazione per iniziativa di Quin¬ 
tino Sella, ai giorni nostri. Sono modelli in le¬ 
gno dei molteplici alberghi c capanne alpine co¬ 
struite per iniziativa ed a spese del Club. — Pri¬ 
meggia su tutti il bel modello della capanna 
Cubetti coll’annesso osservatorio astronomico 
c scientifico, palestra di studio del rimpianto 


Angelo Mosso, sono carte geografiche ed in ri¬ 
lievo, sono volumi sulla montagna, guide e ri¬ 
viste, edite a cura del Club, sono collezioni della 
flora e della fauna montanina, ed è ammirevole 
la collezione della fauna del Cadore. Prendono 
posto in questa sala le esposizioni della Soci et e 
des Tonristes dii Dati pinne (Grenoble) e del Club 
Alpin Francois le quali ci presentano modelli 
di rifugi alpini, ammirevoli per la minuta e scru¬ 
polosa riproduzione di ogni particolare e carte 
di rara produzione. 

Una seconda camera dell’Osteria è dedicata 
esclusivamente alla illustrazione delle varie spe¬ 
dizioni di Luigi di Savoia duca degli Abruzzi. 

Il tetto a fine pioventi dell’alta ed ampia sala 
è sorretto traversai mente da travi storiate col 
motto Fai, il nodo caratteristico dello stemma 
dei Savoia c le date delle spedizioni compiute 
dal Duca. 

All’altezza di un primo piano gira attorno alla 
sala un’ampia balconata alla quale si accede dal 
fondo della sala stessa per una scala a due 
rampe. 

Tutto intorno alla sala, nel piano terreno e 
nella galleria si aprono sulle pareti finestrino 
rettangolari illuminate dalla luce esterna, entro 
alle quali sono incastonate splendide fotografie 
sul vetro, eseguite da Vittorio Sella e dal Duca 
stesso, raffiguranti località, episodi, scene delle 
varie spedizioni, dall’Alaska al Polo Nord, dal 
Sant’Elia al Karakorum. 

Splendida, fra tutte, una veduta occidentale 
del Guskerbrun a 0461 m. nel Karakorum. 

Non è piti fotografia, è realta e pare d’affac- 
ciarci nell’immenso ghiacciaio. 

Un alpinista inglese, dopo aver protestato per¬ 
chè in queste sale non trovò il vino ed i sigari 
promessigli dall’insegna, si è accinto ad entrare 
nel finestrino che incornicia la veduta del ghiac¬ 
ciaio Balloro, col proposito di percorrerlo in 
tutta la sua lunghezza. Tanto la fotografia è.... 
suggestiva! 

A parte gli scherzi; il pittore Maggi, uno dei 
nostri migliori pittori di montagna, dopo esa¬ 
minata questa splendida collezione di fotografie 
ebbe ad esclamare: Se le avessi viste prima non 
avrei esposto alcun quadro. 

Nel centro della sala figurano la tenda del 
Duca ed un plastico del Ruwenzori fatto ese¬ 
guire dal Governo dell’Africa inglese sui dati 
forniti dal Duca. In alto, nella galleria, a fianco 
ad una librerietta che racchiude i volumi di re¬ 
lazioni delle varie spedizioni del Duca figura un 
bel busto di lui, opera dello scultore Tancredi 
Pozzi. 

ti*. 

Entro la chiesa, ove più d’un credente entra 
segnandosi la croce, è l’Esposizione delle pic¬ 
cole industrie alpine, fra le quali primeggia l’o¬ 
pera dei Valsesiani. Entro la chiesa ha trovato 
rifugio per le piccole industrie anche il diavolo 
di Bcnan, in Savoia, un fantoccio dalla faccia e 
d ii colori strani, spavento dei bambini dell’Alta 
valle dell'Arc. Nel coro presso la chiesa è la 
mostra del Club Alpino universitario, esuberante, 
per giovanile attività. 

Segue in altra sala una Esposizione di foto¬ 
grafìe di montagna, veramente riuscita. 

E poiché l’arte montanina ci opprime in tutte 
le sue manifestazioni, ritorniamo alla vita vis¬ 
suta del gentile paesello. 

In Torinetto, come in ogni altro formicaio di 
uomini di questo mondacelo cane, fervono le lotte 
I politiche ed amministrative. 


Percorrendo la “ Ida alla rasenta „ (che, a # 
quanto pare, è il focolaio, il centro dell'oppo¬ 
sizione alle autorità locali costituite) si legge sui 
muri, scritto a carbone c con altre materie.... non 
corrosive : 

“Abaso il sindico,, “Viva il focagio „ “Viva 
il sufragio Universale,, “Viva l’abate Correi,, 

“ Votate tutti per il deputato Parapetto „. 

Indubbiamente il candidato socialista. 


Ma a che avvelenarci il sangue con la poli¬ 
tica? Teniamoci estranei alle lotte politiche lo¬ 
cali in questa nostra breve villeggiatura e con¬ 
tinuiamo attraverso il paese questo nostro giro 
di cittadini a spasso. 

Nella stradetta verso.... la montagna è la lat¬ 
teria esercita da tre belle ragazze, in costume 
di Cogne, le quali hanno la virtù, con la loro 
grazia, di far sorbire non meno di quattro etto¬ 
litri di latte, in occasione di ogni festa coman¬ 
data, ai cittadini in gita di piacere. 

Nel piano superiore è la camera d’abitazione 
del pastore e della pastorina, con le cuccette 
per dormire incavate nel muro, una sovra l’al¬ 
tra, gli arredi montanini per gli usi della vita e 
per la fabbricazione del burro, gli zoccoli per 
terra ripieni di paglia c gli abiti in disordine, 
così da dare l’illusione che i padroni assenti de¬ 
vono rientrare da un momento all’altro. In una 
camera attigua è una grande cucina di un qua¬ 
lunque paese di montagna ove un tornitore di 
Viti ed una cestinaia valscsiana lavorano ala¬ 
cremente attorno all’agreste opera loro. 


Uscendo di là dentro, nel ritornare all’aperto 
fra i viali del Valentino ove ferve la vita citta¬ 
dina vi assale il rimpianto che la gita monta¬ 
nina sia stata un’illusione d’arte, e col rimpianto 
il desiderio di fuggire dalla città per arrampi¬ 
carvi sino ad uno di quei paeselli, ove l'illusione 
si cambi in realtà. Ma una realtà non disturbata 
dallo spettacolo degli areoplani delle signore e 
dai quadri del Cervino. Un paesello ove nell’o¬ 
steria si venda vino sul serio e sia provvisto di 
qualche forno. Il quale forno manca assoluta- 
mente a Torinetto quasi per far capire che i 
suoi abitanti vivono unicamente d'illusioni arti¬ 
stiche, nutrendosi d’arte coi.... quadri del Cervino. 

Torino, Giugno. 

Toga-rasa. 



I.A PIAZZETTA QUINTINO SeI.I.A. 





ù irò lina 


„ Roehe 


Raccomandata dalle Autorità .Mediche nelle 

Malattie polmonari, 

Catarri bronchiali cronici, 
Tosse Asinina , Scrofola , Influenza 


(, l ! AVA I A\S7 eh, He c O.y T/e. I F/\ I ZI osi 































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


199 


L 


ROMA. L'INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE II (4 giugno). 



Davanti al Monumento mentre si attende il corteo reale (fot. Moiinari). 


U inaugurazione del Monumento a Vittorio Emanuele IL 


4 giugno. 

Uno spiritoso scrittore francese ha detto una 
volta die sul Campidoglio gli pareva di sentir 
nell’aria “ odore di secoli „.... 

La frase mi tornava in mente stamane, quando 
alla presenza del Re, della Corte e dei Rappre¬ 
sentanti di tutto il popolo italiano si consacrava 
soleniiL'inente, sulla vetta del Campidoglio, non 
solo il monumento al Re ma ben anche un Al¬ 
tare alla Patria. E pensavo che se noi uomini 
del secolo ventesimo potessimo ancora credere 
che ogni luogo avesse una sua propria anima 
spirituale — quella che i nostri antichi padri 
chiamavano, reverenti, il gaiius loci — nessun 
altro gcnius loci vi sarebbe nel mondo che sa¬ 
pesse e avesse visto più cose che quello del 
Campidoglio ! 

Quale serie immensa di fatti, quale enorme 
indescrivibile fantasmagoria di avvenimenti, sto¬ 
rici e leggendari, paiono incombere su questo 
vecchio colle, da quando, sulla sua cima ancora 
scoscesa e dirupata, eran poche capanne di pa¬ 
stori, i quali, maravigliando, vedevano sorgere 
incontro, sul Palatino, la città quadrata di Ro¬ 
molo! La federazione latina e il saccheggio dei 
Galli; l’insurrezione popolare dei Gracchi soffo¬ 
cata nel sangue; il fulgore dei monumenti re- 
pubblicani e imperiali, e l’aureo Tempio di Giove 
fiammeggiante al sole; l'abbandono c il deserto 
nei foschi secoli intorno al mille, c l’eccidio di 
Cola di Rienzo; le lotte fratricide dei baroni e 
quelle religiose degli antipapi e dei papi; le co¬ 
rone dei Poeti e le pompe degli Ambasciatori, 
tutte parevano rievocarsi oggi queste immortali 
pagine di una storia, della quale nessun’altra 
fu mai nel mondo più interessante piti grande 
piii magnanima più feconda di universali con¬ 
seguenze. 

Perciò la festa d’oggi che a noi pare — per 
quanto possiamo giudicare — quasi l'epilogo su¬ 
premo di questa storia di ventisette secoli, ebbe 
nel suo aspetto esteriore un carattere quasi re¬ 
ligioso: e quando, dopo un delirio di ovazioni e 
di musiche e di grida acclamanti, un grande si¬ 
lenzio si fece sulla colossale rupe marmorea e 
giù nella vasta sterminata piazza; e caddero le 
tende e apparve nell’aureo fulgor del metallo, 
alta c rigida la figura del Re, che ricompose 
le sparse membra dell’Italia, un senso di mi¬ 
stica e quasi ieratica commozione corse in tutte 
le anime nostre. E pure siamo scettici figli d’un 


secolo scettico, il quale tutti i giorni parte in 
guerra contro ogni idealità ed ogni fede.... 

Ma in verità ognuno avrebbe affermato sta¬ 
mane che l’individuo può essere scettico, non 
la folla. Chi non ha visto, come oggi s’è visto, 
il soffio di entusiasmo vivido possente irresi¬ 
stibile che animò tutti i cuori quando passarono, 
inchinandosi all’Altare della Patria, tutti i ves¬ 
silli del nostro Esercito, non potrà mai retta- 
mente giudicare la psicologia del popolo italiano 
moderno. 

Passavano, venute da ogni terra d'Italia, dal 
piano dai monti dai mari dalle isole, le ban¬ 
diere dei nostri reggimenti, quelle a cui, nel '48, 
nel *49, nel ’ 5 g, nel ’6o, nel ’66, nel '70, avevan 
fissi gli occhi i soldati che caddero per la libertà 
della Patria, ciucile che i petti dei nostri padri 
han custodite c difese. Tutto pareva visibilmente 
rievocarsi la grande Epopea: gli schietti popo¬ 
lari ingenui entusiasmi delle prime campagne 
lombarde, e i tristi giorni di Novara quando 
parvero declinar le aspettazioni c sommergersi 
le speranze d’Italia; le vittorie e le sconfitte 
della guerra proclamata da quel Re che “ non 
fu insensibile al grido di dolore „ innalzato dai 
fratelli gementi in servitù; i trionfi della cam¬ 
pagna garibaldina nel Mezzogiorno; le dubbie 
fortune di Custoza e la Breccia di Porta Pia, 
per entro cui passò l’Italia a riconquistare il suo 
Campidoglio. Tutto questo evocavano quelle vec¬ 
chie bandiere, decorate di medaglie, che sali¬ 
vano il colle sacro, e s’inchinavano esse innanzi 
al simulacro della Patria; mentre il capo — c 
l’animo — di ognuno dei presenti s’inchinava ad 
esse. E quando fecero siepe intorno al basamento 
dell’Altare — viva c magnifica decorazione alla 
grande opera d'arte — un applauso tonante 
eruppe dalla moltitudine, e le acclamazioni al¬ 
tissime e l’agitar dei cappelli e il batter delle 
mani c l’entusiasmo vivo sincero profondo che 
animava i vecchi c i giovani e le donne e i gip- 
vinetti che appena si affacciavano alla vita, ta- 
cevan fede che in nessun caso mai la Patria 
avrebbe potuto dubitar dei suoi figli. 

Come il Re, la Regina Elena, fulgente di gra¬ 
ziosa bellezza, e le altre due Regine, Margherita 
e Maria Pia, e tutti i principi ebbero preso po¬ 
sto, e la statua del Re fu liberata dai veli clic 
la coprivano, il Presidente del Consiglio lesse 
un discorso, del quale non occorre parlare. Non 
sono queste le occasioni in cui possono essere 


apprezzate le qualità dell’eloquenza dell’onore¬ 
vole Giolitti, ma, veramente, al discorso, che fu 
breve, nessuno badò; e d'altronde non ve nera 
bisogno: ben altra eloquenza che non di pa¬ 
role e di frasi veniva dal bianco marmo delle 
alte colonne e dalle sculture e dai bronzi ; ben 
altre voci che non periodi abilmente torniti erom- 
pevan dal cuore della folla! 

Finito il discorso, il Re e i personaggi del 
seguito fecero un breve giro per il monumento 
e la cerimonia ufficiale — piccola scolorita e 
inutile cosa — fu così compiuta. Ma un altro 
grande, universale, formidabilmente, fragoroso 
applauso, tuonò dalla piazza quando scendenti 
dall’alto della scalea apparvero Vittorio Ema¬ 
nuele ed Elena circondati dai loro figli: sembrò 
al popolo che fosse atto di suprema gentilezza 
questa del Re e della Regina, che vollero par¬ 
tecipi i loro bambini della mirabile festa della 
Patria celebrata appunto dal popolo. 

E gl’invitati, ond’era gremito ogni spazio di¬ 
sponibile nel monumento, si allontanarono an- 
ch’essi: e il candore dei marmi parve spiccare 
più bello, liberato dagli sgombri nereggianti.... 
La figura di Vittorio Emanuele — primo Re 
d’Italia clic nel corso dei secoli abbia veramente 
meritato questo nome — rimase sul Campido¬ 
glio, sola, rifulgente per la prima volta nel cielo 
di Roma. Ma a chi guardava il Campidoglio dal¬ 
l’alto appariva verso occidente, oltre il Campo 
Marzio, anche un’altra figura che spiccava ni¬ 
tida su quel ciclo: quella non meno magnanima 
dell’Eroe popolare che tu del Re inestimabile 
anfico e aiutatore: dal Gianicolo e dal Campi¬ 
doglio — avrebbe detto un Poeta — vegliano 
ormai su Roma e sull’Italia i Numi tutelari.... 

Così forse avrebbe detto il Poeta: ma ahimè! 
il Poeta, alla civile esultanza d'oggi, non più 
poteva esser presente. E pure a Lui tutti rivol¬ 
gevano gii animi con desiderio intenso, a Lui 
clic solo fra gli italiani del nostro tempo ebbe 
cosi possente voce che avrebbe ben potuto par¬ 
lare dal Campidoglio all’Italia. Ed era oggi piti 
che mai vivo il dolore che Giosuè Carducci ci 
sia stato rapito proprio quand’egli, in questa ce¬ 
lebrazione della piti solenne tra le nostre feste, 
avrebbe potuto dare all’Italia nuova il nuovo 
“ Carme secolare „, forse piti altamente e uma¬ 
namente civile di quello del granile Poeta latino.... 

Arturo Calza. 


































































ROftA. L’INAUGURAZIONE DEL AONU/v\FNTO A.VITTORIO EAANUELE IIug.ugno). 




Formazione del corteo dei Sindaci sulla piazza del Campidoglio. 


La foi.la dopo l’ inaugurazione. 




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ATRI A. 


Le bandiere dei reggimenti italiani attorno all’Altare della P. 


(Fotografi 1 ' A. .Molinari.) 


Intorno al gruppo dell' “Azione,, di Francesco Jerace. 




































































































202 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


* 


ROMA. II. TRENO DEI. PAPA^ALL’ ESPOSIZIONE RETROSPETTIVA A CASTEL SANT'ANGELO. 


Ai tempi dei tempi quando si diceva “ il treno del 
Papa „ s’intendeva tutta una sfilata di carrozze, nelle quali 
prendeva posto la numerosa e pomposa corte pontificia, e, 
in una di tali carrozze prendeva posto, con due cardinali, 
il pontefice. Vi erano diversi “ treni „ del papa — il treno 
di gran gala, o pubblico, quello semi-pubblico, quello di 
campagna; e tutto questo richiedeva sempre la disponi¬ 
bilità di gran numero di carrozze e di grandissimo nu¬ 
mero di cavalli, sempre pronti nelle ampie scuderie pon¬ 
tificie del Vaticano e del Quirinale. 

Quando poi il Papa decideva di mettersi in viaggio at¬ 
traverso i suoi Stati, la cosa diventava ancora più compli¬ 
cata. Non qualora il Papa si recasse per qualche gita di pia¬ 
cere o a Castel Gandolfo, o ad Anzio, o a Frascati, o a Civi¬ 
tavecchia, chè, allora il treno da campagna ordinario per 

10 più tre carrozze — bastava. Ma quando il Papa doveva 
fare un viaggio in tutte le forme fuori deH’immediata Co- 
marca di Roma, le disposizioni venivano date un qualche 
mese prima, perchè alle stazioni (cosi chiamavansi anche 
allora le fermate) di posta si trovassero pronti i cavalli ed 
i postiglioni di ricambio per il servizio di Sua Santità. 

Le carrozze compresa quella per il pontefice, erano di 
solito cinque; occorrevano dunque di stazione in stazione, 
almeno venti cavalli, ed anche ventiquattro o trenta, secondo 
le minori o maggiori difficoltà del percorso; c da dieci a 
dodici postiglioni. Fra tutto uno sconvolgimento dei servizi 
da posta, pei quali allora c’erano e-clusivamente i cavalli : 
dovere far trovare una trentina di cavalli di pili, oltre 
ai venti o trenta che abbisognavano in ogni stazione per 

11 servizio giornaliero, richiedeva una preparazione di ol¬ 
tre un mese di tempo. Notando che le diligenze, le cor¬ 
riere, i velociferi, le staffette che disimpegnavano i diversi 
servizi di posta e passeggicri — tutto ciò immobilizzava 
su un percorso - per esempio, da Roma ad Ancona 

— non meno di centoventi cavalli giornalmente, in via 
ordinaria. 

Quando dal r8a8 in poi cominciarono ad entrare in 
esercizio le ferrovie, non si intravide subito nel vecchio 
mondo la rivoluzione che avrebbe portato il nuovo mezzo 
di locomozione. La Chiesa vi fu fino da principio con¬ 
traria, perchè quel mezzo di locomozione avrebbe rimpic¬ 
ciolito il mondo, avvicinati i popoli, e resa più sollecita 
lo propagazione dello spirito moderno; e Gregorio XVI, 
bellunese (Capellari della Colomba) salito al soglio pon¬ 
tificio nel 1 83 1, quando l’Italia accennava a svegliarsi e 
le Roinagne invocavano riforme, non esitò a dire che le 
ferrovie erano “ un’invenzione del diavolo „. 

Quando, nel 1846, a successore di Gregorio XVI, morto 
tutt’ altro che rimpianto, fu eletto Pio IX (conte Mastai 
di Sinigaglia) tutto il popolo d’Italia gridava: Riforme! 
riforme!... E fra queste riforme noveravansi primamente 
nell'ordine economico le ferrovie. La prima linea italiana 

— da Napoli a Granatello, l’aveva inaugurata Ferdi¬ 
nando li nel 1839; la seconda fu quella Milano-Monza 
nel 1840; poi susseguirono le ferrovie negli Stati Sardi, 
dove presero grande sviluppo. Pio IX non disse che fos¬ 
sero " invenzione del diavolo „ come il suo predecessore, 
anzi le promise, c fece studiare progetti fmanziarii e tec¬ 
nici, ma nello Stalo Pontificio la prima ferrovia non fu 
aperta che nel luglio del 1 856 — il breve tronco di 17 
chilometri da Roma a Frascati; mentre ne erano già in co¬ 
struzione un altro centinaio di chilometri, ed in progetto 
e studio circa 600, compresa la grande linea Roma-An- 
cona-Bologna. Queste però vennero piti tardi a compi¬ 
mento, quando anche la sospirata unità d’Italia non era 
più un problema ipotetico. Nell’estate del 1807 Pio IX 
fece un grande viaggio, ma con carrozze, nell’Umbria, 
nelle Marche e nella Romagna, rientrando nei propri Stati 
per la Toscana -— un viaggio che non costò meno di sci 
milioni di (ranchi e fu politicamente inutile. Egli promise 
dappertutto il pronto sviluppo delle ferrovie, e, tornato 



L’ingresso alla vettura piattaforma. 



Interno della vettura piattaforma, (tot. Bciksi). 


a Roma, andò a Civitavecchia a porre la prima pietra 
della stazione ferroviaria. Quando nel settembre del 1870 
Roma cessò di essere la capitale del piccolo dominio ec¬ 
clesiastico, lo Stato Pontificio, quale era allora, non aveva 
che un 290 chilometri di ferrovie — sulle quali non ebbe 
certamente da fare grandi viaggi il treno papale clic Na¬ 
poleone III aveva donato pochi anni prima a Pio IX e 
che ora figura nell’Esposizione retrospettiva in Castel 
Sant’Angelo, ed è qui riprodotto. 

fi 11 treno componcsi di un vagone da viaggio, di un va¬ 
gone-cappella c di un vagone piattalorma. Pio IX vi viag¬ 
giò pochissimo; e quando gl’italiani entrarono in Roma, 
il treno passò in consegna alle Ferrovie Meridionali (poi 
Adriatichc) le quali assunsero anche l’esercizio delle Ferro¬ 
vie Romane. Per la necessita di sgombrare la stazione di 
Roma, il Leno in trasferito a Firenze, dove rimase per 
anni ed anni quasi dimenticato. Tenutasi nel 1901 a Mi¬ 
lano una prima esposizione di locomozione, la Direzione 
Cenciaie delle Ferrovie Adriatichc ne mandò ad esporre 
le totogialio, ed allora tornò un poco in onore quel treno 
papale, che avrebbe figurato anche alla mostra del 1906, 
in Milano dove figurava anche la grande carrozza di 
gala del Papa, costruita nel 1822, regnando Leone XII; 
ma pei metterlo in condizioni di esser esposto, il treno 
papale richiedeva una spesa non indifferente, che allora 
nessuno volle fare; c che poi è stata fatta dalle ferrovie 
dello Stato perchè figurasse nell’odierna esposizione di 
Roma. 

Giacché 1 hanno rimesso in ordine c alla luce, è desi¬ 
derabile che non ricaschi più nell’oblio e nell’abbandono: 
Io richiedono ragioni di arte e di storia; e sarà una gran 
bella cosa se tutte le varie esposizioni di quest’ anno ri- 
desteianno l’amore per la conservazione anche di ciò che 
può patere o troppo contemporaneo o ricordante tempi c 
regimi tramontati. Vi sono apposta i musei, anche di storia 
contemporanea e recente, e sono indice di cultura, di 
amore alle arti c agli studi al pari degli altri. 

































La carrozza piattaforma. 




La carrozza salone. 


(Fotografie Beilesi.) 


Interno della carrozza salone. 


LE ESPOS ZION DEL i 9 n 2o3 












































204 


LE ESPOSIZIONI DEL t 9 tt 


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T () R I N (). A T T R A V E RSO l P A I) I G L l O N I. 



Il Padiglione dell a 'Purghi a. 



Il Padiglione della Fabbrica 


1 ’ E 1 I ARACCJll (fot. Fornari;. 


































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



























JììO J^rrzfj 


r-'.rj_/ 



LA /MEDAGLIA COW/AE/AORATIVA DEL CINQUANTENARIO. 


il Comitato per le feste commemorative del jgti comu¬ 
nica che, coinè celebrazione ufficiale del cinquantenario ed 
in occasione della solenne inaugurazione del monumento 
a Vittorio Emanuele, esso ha fatto coniare un’apposita me¬ 
daglia commcmerativa per la quale era stato bandito nello 
scorso anno un concorso artistico fra i medaglisti italiani. 
Vincitore del primo premio fu lo scultore Colucci, del se¬ 
condo il Morbiducd, ed al primo fu affidata la esecuzione 


del nclo, ai secondo quella del verso della medaglia stessa. 
Sul rato l’artista ha simboleggiato la tradizionale unione, 
che fa la forza alla quale si deve la gloria dell’ottenuta 
unità; sul verso il Morbiducci ha rappresentato invece i 
simboli della forza di Roma e quelli del lavoro operante. 

La medaglia è stata coniata in cinque diverse dimen¬ 
sioni, in bronzo argentato, argento, oro, e a cura del Co¬ 
mitato viene di fiusa in tutto il Regno e nelle Colonie. 


IL TORNEO STORICO DI ROMA. 

" LE DONNE, 1 CAVA LIER.... „ 


Un sogno.... dove?... non so.... 

Attendo in una vasta sala, sprofondato in un 
seggiolone quattrocentesco ed ho in mano un 
piccolo libro legato in pergamena che assopisce 
la severità antica sotto l’aspetto arcaicamente 
civettuolo di alcune cifre dorate. 

— Libro, come ti chiami? — dico sorridendo 
alle pagine d’avorio. 

Le cifre dorate e i fregi delle miniature mi 
rispondono ghignando di un trillo metallico: 

— Bibliografia del.... — 

Provo un sussulto represso, vedo i caratteri 
distorti danzarmi dinanzi una strana gavotta, 
poi.... poi.... messer Carlo Festini comincia a 
parlarmi gravemente, mentre messer Paolo Sforza 
Pallavicino approva con un cenno lento del 
capo. 

Anche l’Arckenholtz viene ad inchinarsi ri¬ 
spettosamente, e sto per ringraziarlo della sua 
politezza quando una folla di Diaristi Vaticani 
“ come turbine di utero vento „ si precipita ai 
miei piedi lasciandomi appena il tempo di sa¬ 
lutare amichevolmente l’abate Cancellieri che 
apre in cpiesto istante la porta di fondo e.... il 
barone de Bildt che mi tende cortesemente la 
mano aristocraticamente affilata. 

Odo un rombo cupo: è.... messer Pietro Sardi 
che reca in mano il suo " Trattato de le arti¬ 
glierie,,; dopo questo “sparamento orribile per 
lo strepito ma non valido per la caricatura „ 
faccio “ querela opinando lo modo usatosi es¬ 
sere a me pregiudicicvole,,, ma Montecuccoli 
giunge a rassicurarmi con la sua “Arte Mili¬ 
tare,,, e Marincola nvinfonde un tenue sopore 
esplicandomi il suo “ Trattato delle ordinanze 
in squadroni et altre cose appartenenti ai sol¬ 
dati.... „ 

S’avanza una magnifica cavalcata: Sua Emi¬ 
nenza Reverendissima il Cardinale Barberini si 
reca ad incontrare Sua Maestà la Regina Maria 
Cristina di Svezia clic arriva a Roma con “ molto 
splendore di ori et bellezze ,,. 

E forse un dipinto meraviglioso di Salvator 
Rosa? 

Gli araldi e i trombetti in costumi ricchissimi 
di velluto vermiglio aprono il corteo e mentre 
un gruppo di musici volge per l’aria una fan¬ 
fara guerresca; i cavalli scalpitanti degli archi¬ 
bugieri mi annunciano il conte Widnam che nel 
lento incedere agita lievemente al vento le piume 
candide del suo feltro azzurro. Ed ecco il capi¬ 
tano delle Corazze che alla testa dei suoi uo¬ 
mini, canta con le armi tremule una canzone 
tintinnante. Perchè il cardinale Barberini avvolto 


nella sua veste purpurea mi sorride benevol¬ 
mente? M’inchino rispettoso ma l’insigne pre¬ 
lato non mi vede: una vera folla di Protonotari 
apostolici e di Monsignori caudatari mi nasconde 
ai suoi occhi.... Squillano le trombe: giunge l’il¬ 
lustrissimo Senatore con l’eccellentissimo Go¬ 
vernatore di Roma seguito dal Gonfaloniere c 
dai Caporioni della città: un gruppo superbo di 
alabardieri e di variopinti Fedeli scortano i ma¬ 
gistrati ed io sono costretto a tirarmi indietro 
per non essere travolto dall’onda delle milizie 
pesanti. Ed ecco finalmente Sua Altezza Sere¬ 
nissima il principe Tomaso di Savoia, il Gran 
Capitano con i suoi Araldi d’arme e i gentiluo¬ 
mini del seguito. Due squadroni di cavelleggeri gli 
fanno ala ed egli scompare fra le acclamazioni 
del popolo..., 

A poco a poco sono preso dal fascino del¬ 
l’antico corteggio e rido di uno strano godi¬ 
mento dello spirito. Una nuvola evanescente mi 
avvolge l’anima e la libra verso l’ignoto mera¬ 
viglioso come foglia di roseto carezzata dal soffio 
arcano di un bacio d’amanti che sospirano au¬ 
rate visioni.... 

Vedo un cavallo, un cocchio, una lettiga on¬ 
deggiare nell’impaziente attesa.... A chi l’onore 
di ospitare la regina?... Ella sceglierà.... 

Il Parco delle Colubrine si prepara rumorosa¬ 
mente ad onorare l’arrivo della “ augusta so¬ 
vrana „ : un istante ancora.... e le colubrine le¬ 
veranno alto il loro cupo saluto! 

Maria Cristina con le sue dame giunge scor¬ 
tata dalle Carabine e dalla Guardia spagnola. 
Le trine e i merletti la avvolgono in un bianco 
eftluvio di sete aulenti e morbide: per uno strano 
anacronismo il suo volto sembra miniato dal 
pennello fragile di Rosalba Carriera.... Un sor¬ 
riso dolcissimo, un inchino grazioso, ed Ella sale 
agile a cavallo c il corteo lentamente si muove 
come un velo di nuvole vesperali incalzate da 
uno zefiro torpido.... 

Lo spirito mio, nato certamente in tempi lon¬ 
tani, si culla nell’atmosfera azzurra dei rasi e 
dei velluti e nelle melodie misteriosamente ar¬ 
caiche delle vesti istoriate sembra ritrovare il 
canto della sua giovinezza perduta! Tace lo spi¬ 
rito mio e non vede otto quadriglie di cavalieri 
in costumi purissimi che al grido di un Araldo 
d’arme appaiono come una visione ! I giustacuori 
violacei vengono a porsi dinanzi ai giustacuori 
vermigli e s’inizia la lotta cortese, aggroviglia- 
mento gentile di rose e di glicine.... 

Lo spirito mio non vede: egli cerca un sor¬ 
riso bonario per cacciare lontano quella ninna¬ 
nanna di triste gioia che lo carezza lieve. Cerca 


un sorriso bonario e lo trova in una colubi ina 
che con la larga bocca spalancata sembra l’ima-^ 
gine grottesca di un buon borghese faceto.... < 
5 E la colubrina parla, dice allo spirito mio: 

— Sei lieto? sei mesto?... Questa è la vita: 
godi e non pensare.... Ammira e sogna perchè 
il sogno è bello, perchè il ricordo è bello come 
la distruzione e l’oblio.... (iodi e non pensare! 
— La larga bocca parla.... 

Sento una voce dietro a me: 

— Guardi la colubrina: riproduzione perfetta 
dei modelli dell’Armeria di I orino. 

Apro gli occhi, mi volgo un po’ turbato e.... 
e.... allora solo riconosco la voce cortese del 
barone von Kchert, il gentiluomo colto e geniale 
a cui, fra giorni, sarà dovuta nello Stadio di 
Roma la ricostruzione fedele del “Grande lor- 
neamento dato in Piazza Navona nel 1 655 in 
occasione del fausto incontro de la Fallacie di 
Svetia col Marte di Savoia,,. 

— Ha veduto i costumi? — 

— Meravigliosi ! — 

— Ha capito come si svolgerà il Torneo? — 

— Perfettamente! — 

— Non sarà forse una vera festa d’arte e una 
degna continuazione della Mostra di Castel San¬ 
t'Angelo? — 

Non odo più.... non rispondo più.... il passag¬ 
gio dalla visione alla realtà è stato troppo bru¬ 
sco, troppo violento! Sono triste, molto triste e 
dico all’ànima mia: 

— Povera illusa! povera illusa! hai voluto 
filosofare anche in un misero articolo da gior¬ 
nale, hai voluto vedere un mondo inconosciuto 
anche nelle parole di una modesta intervista! — 

— Che importa? — mi risponde l’anima. — 
Ho sognato, e il sogno è bello!... — . 

— Ma fugge presto! — 

— Cosi è ìa vita: non l’ha detto forse anche 
Boileau?... “ Nessuna felicità al di là delle ven- 
tiquattr’ore!... „ 


Roma, maggio 1911. 

Romolo A. Gizzi. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

i.° Giugno. - Roma. Garros vola da Pisa a Roma. Vi- 
dart partito da Nizza a Pisa, resta immobilizzato a 
Cecina. 

fl „ — Da Napoli arriva a Roma con séguito la Regina 
Maria Pia di Portogallo. 

M H —• Prima estrazione della grande lotteria delle Espo¬ 
sizioni: vince il primo premio (L. 1:0,000) la car¬ 
tella 2,803,499 posseduta dalla signora Enriehetta 
Giovannini vedova Casoli di Reggio Emilia. 

2 „ Buri. La decima tappa del giro ciclistico d’Italia da 

Sulmona a Bari (cliil. 363,100) iniziata alle 3,29 ter¬ 
mina alle j 8 ,i, 3 o con l’arrivo di Gaietti primo. 

3 „ Pisa. Frey parte da Pisa, sbaglia la rotta, scende a 

Maccarese, poi prosegue per Roma sino ai l’arioli. Vi- 
dart cade ad Orbetello. 

„ „ Roma. Arrivano le stafiette ciclistiche recanti in Cam¬ 
pidoglio il saluto di Torino. 

„ „ Torino. Inaugurato ufficialmente il Padiglione dell’A¬ 
merica Latina; e l’Esposizione dei Cani. 

4 „ Roma. Il Re, la Regina, i principi, i grandi poteri 

dello Stato inaugurano solennemente il monumento 
nazionale a Vittorio Emanuele II ai piedi del Cam¬ 
pidoglio. 

— Arrivano in Campidoglio le stafiette ciclistiche di 
Sicilia. 

„ „ Torino. Inauguralo il Congresso degli Agenti di Cambio. 

— Al Concorso ippico gara delle signore. 

„ „ Rapali. L’undicesima tappa del giro ciclistico d’Italia 
Bari-Napoli (cliil. 345,200) iniziata alle 4 termina 
alle 17.40 arrivando primo Sivocci, con Sala a mezza 
ruota. 

5 „ Roma. Inaugurato il gran ponte Vittorio Emanuele lì 

che unisce il corso omonimo con Trastevere sulla 
piazzetta dell’Ospedale di San Spi ri to. 

— All’Augusteo riunione generale dei sindaci italiani. 
— All’Argentina apertosi il Congresso dei Veterani. 
— Vidart è arrivato a Roma da Orbetello. 

„ „ Genova. Le Brince vola da Nizza a Genova. 

6 „ Roma. Al Quirinale grandiosa garden-party, offerta 

dai Sovrani ai 6800 sindaci italiani. 

— Il Re riceve l’aviatore Beaumont (Conneau). 

— Prima seduta del X Congresso dell’Associazione 
dei Comuni. 

„ „ Roma. Dodicesima tappa del giro ciclistico d’Italia 
(Napoli-Roma, cliil. 277,100) corsa dalle 7 alle r5,1 
arrivando primo il granatiere Corlaita. Vincitore di 
tutto il giro Gaietti, con punti 5o. 

— In Campidoglio solenne commemorazione del cin¬ 
quantenario della morte di Cavour, fatta dall’asses¬ 
sore Trompco, 


50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 












LE ESPOSIZIONI DEL t 9 i i 


207 s 


R O M A. I L T O R N E () S T O R I C O. 




Carabina della Regina" diJSvezi a. 


Cavalleggero del Cardinale Barberini. 




Araldo d’arme del Principe I omaso 


(Fotografie Bettini.) 


Gentiluomo del Principe di Savoia 

























Milano = fratelli TREVES, Editori - Milano 


RECEUTISSIMB PUBBLICA ZIOlsTI 


Mistero composto in ritmo francese, eia 


Martirio di San Sebastiano G ™-j annunzio 


SPERANZE e GLORIE. 
LE TRE CAPITALI 


(TORINO - FIRENZE * ROMA) 


DI 


EDMONDO DE AMICIS. 

Due Lire. — Un volume in-10 di fi.10 par]ine. — Due Lire. 

Nelf Arte e nella Scienza 


SAfiflI DI 


SCIPXO SIGISELE. 

Quosìi Saggi vengono a far seguito a quolli contorniti nella Letteratura 
tragica dolio stesso autore, oho divennero crlobri. L’importanza del nuovo 
volume si rilova dal titolo dei novo grandi capitoli in cui ò diviso: 

i. L’amore e la morte nell’opera di Maurizio Barrès, - n. Leggendo Balzac. 
in. 1 tipi femminili nell’opera di Gabriele d’Annunzio: Le voluttuose; Le 
dolorose; Le Maddalena; L’attrice; La vergine; Nel regno della follìa; L’amore 
sororale; One cosa è 1' amore? - iv. La Nave. - v. Gabriele d’Annunzio e la 
folla. - vi. La tristezza contemporanea. - vii. L’elogio della malattia. - 
vin. L’elogio della menzogna. - ix. Romanticismo depravatore. 

Lire 3,50. — Un volume in-lG, di 300 pagine. — Lire 3,50. 

Nel deserto, romanzo di Grazia DELEDDA. Un volume 
in-16, di 324 pagine.L. 4 — 

Della stessa autrice è uscita la terza edizione delle superbe novelle: 

I giuochi della vita, novelle di Grazia DELEDDA. 8." ediz. . 8 50 

La guerra lontana, romanzo di Enrico CORRADINI. 

Un volume in-10, di 300 pagine.L. 3 50 

il bacio della Contessa Savina, di Antonio 

CACCIANIGA. Nuova ediz. in-8, illustrata da Gino Di-: Bini. L. 2 — 

Duello d’anime, romanzo di NEERA. Un volume in-16, 
di 320 pagino. Jj. 4 _ 


Storie dell’Amore sacro e dell’Amore 

profano, dui Conto Tommaso GALL,ARATI-SCOTTI. 

Un volume in-16, di 330 pagine.L. 4 — 

L’Occidente d’ OrO* Avventure fra i Pelli^Rosse 

del Canada, di Luigi MOTTA. 410 pagine in- 8 , con 48 disegni 
di Gennaro D’Amato, 0 coperta a colori di L. Bo.mpard . . . . L. 5 


Lire 3 , 50 . 


Nuova edizione popolare 

GIUL IO AP AIWOLI 

Da San Martino a Mentana 

" ricordi di un volontario. " 

In quest’anno dedicato alla memoria del Risorgimento, abbiamo creduto ut ilo ri¬ 
stampare in ediziono popolare questo libro ch’ebbe già un grandissimo successo, e 
fu paragonato ai ricordi doi Mille di G. Abba. L’opera si divido in novo capitoli : 


In Piemonte (1859). 
San Martino (1859). 
In Sicilia (1860). 


Vezza cl’Oglio (1866). 
In Roma (1867). 
Mentana (1867). 


Sul Volturno (1860). 

Aspromonte (1862). 

Sul Chiese (1865). 

I/autove, già garibaldino, die ora è Sanatore (LI Legno, narra i fatti ohe ha veduto o a 
cui prese parte; presenta i personaggi grandi e piccoli con cui ha combattuto. Numerosi gli 
episodi inediti. Il racconto è lesto, personale, semplice, caloroso ed elegante al tempo stesso. 

DUE LIRE. 


La Spagna e il Vaticano. Lettere spagnole, 


di 


Romolo MURRI. In-16, con 2 ritratti.L. 2 — 

i. Piccola o grossa questione? 
n. Un colloquio con Canalejas. 


ni. Cavalieri, alle armi! 

iv. La Cattedrale in ritardo. 

v. Conventi ed affari. 


vt. La scuola popolare, 
vii. Spagna, popolo di letterati, 
vm. A Roma, non a Canossa. 

ix. La Spagna delle regioni. 

x. Dalla politica eroica alla poli¬ 

tica realistica. 


Coi ritratti del Re Alfonso e del ministro Canalejas. 

Dello n t e n s o autore 

Della Religione, della Chiesa e dello Stato. | Dalla Monarchia alla Repubblica. Lettere 
Un volume in-16 , . . . L. 4 — | portoghesi.L. 2 

GUIDE 

Torino e dintorni. Con la pianta di Torino o 20 incisioni. L. 2 — 

Nuovissima edizione con aggiunta sull 'hsposizione. 

— in francese (Turin et ses environs). 2 

Roma e dintorni* Con lo piante di Roma o dei dintorni o 32 in¬ 
cisioni .3 — 

Nuovissima edizione con aggiunta sull’ Esposizione. 

— in francose (Rome et ses environs). 3 - 

Milano, la Lombardia e i Laghi di Como, di Lugano, 
Maggiore e di Garda. Nuovissima edizione. Con la pianta di Milano, 
2 carte doi laghi, o 32 incisioni.2 — 

La Sicilia, la Sardegna, le Isole Maddalena e Caprera. 

Con una carta geografica d’Italia, pianto di città, c 24 incisioni . . 3 50 


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I sentieri e le nuvole, poosio di Guelfo CIVININI. 

I n volume in-8, con ooperta a colori di Licurgo Tioli . . . . L. 4 — 

L amante ignoto, poema tragico iti tre atti, di Amalia 

GUGLIELMINETTI. In-16, in carta a mano, con coperta a colori 
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Un volume in-16 . . 

X. 802. Eldorado, 

volumo in-16.... 


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romanzo di Guglielmo ANASTASI. Un 

.1 — 


Fra due cognate, 

volumo in-16. 

• I luSSUriOSI, romanzo di Luciano ZÙCCOLI. Un v 


N. 818. 

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romanzo di Miss BRADDON. 

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X. 804 

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migliaio 
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X. 805 

X. 806 


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Rinàscita, leggende e fantasie, di Corrado RICCI ] - 

?• Battaglie intime, 


X. 807. 

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FASCICOLO 


o 


LE ESPOSIZIONI DEI 


r 9 i r 


209 


14 . 


R O M A. 


V I N A V G C R A Z I () N E 


I) E L L () S T A 1) I U M 


N A Z I O N A L E. 




Il corteo deli.e scuole elementari di Roma (fot. Moiinari.) 





























210 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1 



ROMA. Il corso dei fiori all’Esposizioni; di Piazza d’Ak.mi in omaccio ai Sindaci 


ITALIANI Molin.mi. 


LO STADIO DI ROMA INAUGURATO. 

(Nostra corrispondenza.) 

14 giugno. 

Quando finirà con queste inaugurazioni Dio 
solo lo sa. Dico Dio, e non il Comitato del¬ 
l’Esposizione, perchè, a dir vero, io non credo 
che il Comitato si trovi ancora in grado di pre¬ 
cisare quando le inaugurazioni saranno finite. 
Anzi, a credere ad un mio intimo informatore, 
ne avremo anche nel 1912, giacche — secondo 
lui — le Esposizioni Romane subirebbero a sta¬ 
gione morta un breve periodo di chiusura, poi 
verrebbero riaperte per goderle ancora tutta la 
primavera dell'anno venturo, fino alla fine del 
giugno. 

Ve la vendo per quel tanto che a me è stata 
data; e vengo all'inaugurazione del grande Sta¬ 
dio costruito fra la via Flaminia ed i colli Pa- 
rioli per aprirsi ai grandi concorsi ginnastici e 
ad altri pubblici ludi. Anzi il quartiere, o meglio, 
la zona di terreno nella quale è stato collocato 
è quasi esclusivamente dedicata ai pubblici di¬ 
vertimenti. Di qui, il campo popolare dei giuo¬ 
chi, di qua il grande ippodromo, da quest’altra 
parte il grande campo di tiro — non ci man¬ 
cava proprio che lo Stadio, e vi è stato costruito 
con una grandiosità veramente romana. 

L’architetto Piacentini, che lo ha ideato in¬ 
sieme all’ingegnere Guazzaroni, si è inspirato al 
grande Stadio Olimpico di Atene. L’ingresso 
principale sul grande viale Flaminio, è di stile 
grandioso e severo e le sue decorazioni artisti¬ 
che, come quelle di tutto lo Stadio, sono state 
fatte su modelli dello scultore V’ito Pardo. 

Nell’area interna si svolgono due estesissimi 
bracci di scalee, per uno sviluppo di circa 490 
metri, ed aventi la larghezza di 20. La lunghezza 
massima dello Stadio è di 220 metri, di fronte 
ad una larghezza massima di 120. Nel mezzo di 
tutta la larghezza apronsi la pista per ciclisti, po¬ 
disti e simili, sviluppantesi per un 400 metri 
circa, e una vasca da nuoto lunga 100 metri e 
larga io. Sotto le scalee, fra gli ambulacri, apronsi 




50 années triomphal succés: con 


belle sale da scherma, palestre ginnastiche, .ba¬ 
gni, refettori, dormitori, sale di lettura, caffè, ri¬ 
storante, uffici telefonici, ecc., tutto ciò, insomma, 
che può occorrere ad una popolazione, che, non 
avendo, altro da fare, volesse passare la propria 
vita fra i ginnici ludi e gli esercizi del corpo, 
come facevano gli antichi. Non v’ ha dubbio che 
questo Stadio è dei più grandiosi, e non ha nem¬ 
meno costato molto, la sua spesa non avendo 
superato di troppo il milione. 

Pontefice massimo della cerimonia inaugu¬ 
rale, avvenuta il sabato, io giugno, è stato il 
senatore Luigi Lucchini, presidente di Cassa¬ 
zione, penalista originale e uomo politico vero-, 
nese ancora più originale, che, in mezzo agli 
stridii del giure, agli affari dell’Alta Corte, alla 
gran fretta che fecegli firmare con una stampi¬ 
glia anziché autograficamente centinaia di sen¬ 
tenze, suscitando un incidente affatto nuovo ne¬ 
gli annali della nostra Suprema Corte, ha sem¬ 
pre trovato il tempo per dare sfogo al suo fer¬ 
vore di ardentissimo apostolo in favore degli 
esercizi ginnastici. 

Egli è tutt’ altro che un Atleta, e non è ve¬ 
ramente un Adone; a vederlo non si direbbe 
che egli abbia mai dedicato praticamente, per 
proprio conto, alla ginnastica nemmeno un mi¬ 
nuto; ma se non ha fatto della ginnastica a pro¬ 
prio profitto, ha sempre entusiasticamente pro¬ 
pugnato che ne dovessero fare gli altri; e la sua 
testa calva e lucentissima, che si riconoscerebbe 
in mezzo a mille e mille per il duplicato di cassa 
cranica in essa bizzarramente sovrapponentesi 
al cranio ordinario di ogni altro uomo — quella 
sua testa tipica movevasi con vertiginosa rapi¬ 
dità, mandando riflessi altamente espressivi, men¬ 
tre la voce di lui proclamava nel cospetto del 
Re e della Regina che questo “ nuovo Stadio 
“ dirà al mondo civile come, di conserva col ri- 
“ sorgiraento politico, abbia fra noi proceduto il 
“ rinascimento di quegli esercizi c di quei ludi 
"che furono amore e vanto dell’antica Grecia, 

“ che prepararono alle più epiche imprese le le- 
“ gioni romane e che nelle loro forme più mo- 


" derno ebbero a precursori e maestri i grandi 
“ umanisti c pedagogisti dell’età di mezzo „. 

Il discorso del senatore Lucchini è stato lo¬ 
devolmente lire ve, ed anche per questo è stato 
salutato, alla fine, da generali applausi, termi¬ 
nati i quali i soldati della brigata del genio hanno 
liberati all’aria circa duemila piccioni delle co¬ 
lombaie militari. E stata una fuga meravigliosa 
di ali, apertesi a frullare festanti su tutte le teste, 
lanciandosi in ogni direzione fra applausi frene¬ 
tici. Dopo di che è cominciata la sfilata dei quasi 
9000 alunni, fra maschi e femmine, delle scuole, 
andati a disporsi su quattro colonne parallele di 
fronte alla curva del pulvinare al cui centro sor¬ 
geva il palco reale. Dopo di che ha avuto luogo 
una serie di esercizi ginnastici, o, meglio, di 
evoluzioni, terminate dal rapido raggruppamento 
davanti al palco reale, e a passo di corsa, di 
tutti i porta-bandiera, che, ad un comando, hanno 
abbassate, con bellissimo effètto, tutte le inse¬ 
gne davanti ai Sovrani in segno di saluto. E 
stato un momento di entusiasmo nella folla, che 
è sorta ad applaudire, ed il re e la regina ap¬ 
plaudivano aneli'essi alla loro volta. 

Dopo ciò gli alunni c le alunne delle V e VI 
classi, che durante l’anno scolastico frequenta¬ 
rono le lezioni ordinarie di canto, sono usciti 
in bell’ordine dalle file, e si sono bellamente 
disposti nello speciale settore destinato, nello 
Stadio, ai cantori. I na Canzone alla patria è 
stata ottimamente eseguita da i 5 oo alunni ed 
alunne accompagnati da due bande, la munici¬ 
pale e quella degli allievi carabinieri; ed anche 
questo numero del programma ha suscitato vivi 
applausi. 

Eoi gli alunni ed alunne delle IV classi sono 
usciti a formare, con ottimo effetto, le cifre com¬ 
ponenti le date 1861-1911. Questo bellissimo 
esercizio fu già eseguito a Villa Borghese, in 
piazza di Siena, ma qui nello Stadio gli alunni 
che lo hanno ripetuto sono stati il doppio e però 
l’etìètto è stato maggiore. 

Al comando — “ seduti „ — tutti gli alunni 
si sono assisi sulla gialla arena e all' altro co- 














































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


,211 


» 



TORINO. Il Padiglioni-: dll Belgio inaugurato dalla principessa Lauti ha ffot. Pomari;. 


mando — “pronti per l’inno!,, — hanno ri¬ 
volti gli sguardi verso il maestro, che dall’alto 
del palchetto di comando, con una piccola ban¬ 
diera doveva battere il ritmo. E un nuovo coro 
ha intonato “l’Inno di Mameli!...,, 

Questa volta, qui a Roma, per la quale il glo¬ 
rioso poeta-martire ligure scrisse l’inspiratissimo 
inno — questa volta, qui a Roma il 

“ Fratelli d’Italia — l’Italia s’e desta „ 

ha suscitate in Campidoglio nella Giunta bloc¬ 
catala gravi e diverse preoccupazioni. L'asses¬ 
sore ad hoc ha sentito il bisogno di purgare 
l’inno degli accenni “ al Signore „ a Dio, perchè 
ciò non offendesse le puritane coscienze dei con¬ 
trarii ad ogni insegnamento religioso. Poi c’c stato 
un altro guaio, per le strofe compromettenti con¬ 
tro “ l’aquila bicipite „. Ed anche queste sono 
state soppresse dalla Giunta bloccarda, nè più 
né meno che essa fosse il Santo Officio, od una 
importante regia procura di Stato di oltre con- 
iìne!... 

Anche cosi mutilato, l'inno di Mameli è stato 
meravigliosamente cantato, e la sua chiusa finale 
Ina visto in piedi allievi e pubblico, acclamanti 
1 ’ Italia, agitando berretti, cappelli, fazzoletti, 
bandiere. 

Poi tutta la gaia folla giovanile ha rotte le 
file, si è precipitata giti dalle scalee ed è ac¬ 
corsa a far siepe di ingenua gioia infantile at¬ 
torno all’automobile sul quale il Re e la Regina 
uscivano dallo Stadio dirigendosi a Roma. 

In fine una gustosa merenda — attesa con 
un appetito invidiabile — è stata distribuita ai 
circa novemila fanciulli e fanciulle, che, sul far 
della sera, fra due ali ili popolo c di vetture 
ricolme di cittadini festanti, sono ritornati a 
Roma, chiudendo la piti bella — forse l'unica 
bella giornata di questo grande Stadio disgra¬ 
ziato. 

Si, davvero, disgraziato, perchè tutto ciò che 
era stato progettato di vario e di fantastico da 
eseguirsi nello Stadio è fallito, e, quasi, quasi, 
si temeva che non vi riuscisse nemmeno la in¬ 
nocente inaugurazione ginnastica latta dagli al¬ 
lievi delle scuole. 

Lo Stadio doveva essere inaugurato con una 


grande corrida de toros, per la quale erano già 
arrivati a Roma i torero s, e banderillcros e gli 
espada e i tori. Ma cominciò una parte della 
stampa a scandalizzarsi, uomini politici come 
Luigi Luzzatti, protestarono contro il barbaro 
insegnamento che ne sarebbe venuto al popolo, 
e la con ida fu proibita. Fu allora progettata una 
grandiosa partita di boxe, alla quale avrebbero 
dovuto prendere parte i più fieri boxeur del 
mondo. Ma anche questo numero suscitò pole¬ 
miche, proteste, e fu abbandonato di fronte al 
divieto prefettizio. Allora si pensò ad organiz¬ 
zare nello Stadio l’arrivo degli ultimi superstiti 
vincitori del giro ciclistico d'Italia, ma tutta una 
sequela di complicazioni e di contrattempi del- 
l’ultim’ora mandarono a monte anche questa ce¬ 
rimonia. 

In fine si disse — facciamo un gran torneo: 
l’arrivo a Roma della Regina Cristina di Svezia 
ricevuta dal cardinale Barberini in gran pompa; 
mescolando al torneo il primo principe di Cari- 
gnano cd una sua cavalcata, che ci sarebbero 
entrati assai meno che Filato nel credo. Per il 
torneo erano stati ingaggiati cinquanta ufficiali 
delle varie armi a cavallo e venticinque giovani 
signori del mondo sportivo. Ma ecco delle cri¬ 
tiche, nella Camera dei Deputati, al ministro 
della guerra per la sua condiscendenza a lasciar 
partecipare gli ufficiali dell’esercito a specula¬ 
zioni private, ed ecco il buon generale Spin- 
gardi proibire immediatamente ai cinquanta uffi¬ 
ciali di intervenire al torneo. Senza ufficiali come 
si fa?... Il Comitato pensò a mettere in scena 
una cinquantina di domestici di buone famiglie, 
montati su cavalli di butteri. E allora venne la 
crisi dei venticinque gentiluomini del miglior 
mondo refrattari a correre la giostra in con¬ 
correnza di cinquanta domestici di livrea. E 
così il torneo è stato rimandato a tempi più 
felici !... 

Non ho ragione a dire che lo Stadio è dis¬ 
graziato?... Quasi, quasi ci sarebbe da credere 
che il povero coraggioso l'rey, andato a fra¬ 
cassarsi gambe, braccia e mandibola sui bo¬ 
schi di Ronciglione sia partito dallo Stadio in¬ 
vece che dall’arcodromo dei vicini Paridi !... 

GlORINO. 


L’Inaugurazione del Padiglione del Belgio 

A TU li I NO. 

A11’ I5 sposizìone. 

Il Belgio operoso, che ha dato, con la sua partecipazione 
all’Esposizione di Torino, cosi bella prova d’amicizia all'I¬ 
talia e cosi superba affermazione di forza, inaugurò il 
giorno 8 giugno il suo padiglione. 

Alla -cerimonia assistevano molte dame dell'aristocrazia, 
che avevano accettato di buon grado l’invito del visconte 
Adriano Vilain X 1111 , commissario Generale del governo 
belga, e figlio di un antico ministro di quella nazione a 
Torino, dove ebbe larghe simpatie. 

Vi fu cosi tutta una fioritura di eleganze femminili, che 
accrebbero leggiadria alla festa. 

Col visconte, faceva gli onori dell’ospitalità l’ex-minislro 
Francotte, presidente del Comitato.belga. 

Fra gl’invitati, numerosissimi, erano il prefetto, sena¬ 
tore Vittorelli, ed il sindaco senatore Rossi, con le loro 
signore, il senatore Fro'a, presidente del Comitato gene¬ 
rale, i vice-presidenti della Commissione esecutiva, commen¬ 
datore Bianchi e comm. Boycr, gli onorevoli l)anco e Com- 
pans, il comm. Bocca, presidente della Camera di commer¬ 
cio, il comin. Sacheri cd il comm. Sclopis, l’as-essore Cauvin 
ed il nuovo console del Belgio a Torino, cavaliere Falco. 

.Mie i 5 . 3 o, accolta dalla Marcia reale, giunse, accom¬ 
pagnata dalla dama, contessa Balbo Bertone di Sambuy, 
e dal gentiluomo di Corte, conte Fossati-Reyncri, S. A. la 
principessa Laetitia, che indossava un magnifico abito di seta 
bianca con larghe guernizioni sovrapposte di pizzo nero. 

La Principessa discese di carrozza alla soglia del padi¬ 
glione francese, che precede quello belga, e fu ricevuta 
dal comm. Bianchi e dal console di Francia comm. Pralon, 
i quali l’accom(lagnarono fino all’ingresso della Mostra del 
Belgio. 

L’augusta dama fu accolta dal visconte Vilain XII 1 I e 
dalla viscontessa, dal ministro plenipotenziario del Belgio, 
conte van den Steen de Jehay, dal comm. Francotte, dal 
■ Console generale Dossognc, dal vice-presidente del Comi¬ 
tato, Conon Legrand, dall’architetto del padiglione belga, 
Caluwacrs, dalle Autorità cittadine e dai commissari gc- 
nerali delle varie nazioni partecipanti alt’Fsposizione. 

Sua Altezza, alla quale una signorina offrì un magni¬ 
fico mazzo di fiori, fu accompagnata nel graziosissimo sa¬ 
lone centrale, dove si compì la cerimonia ufficiale. 

L’ex ministro Francotte prese la parola per il primo, e, 
constatando il successo della Mostra, che è come una nuova 
consacrazione dello sviluppo della nazione, dice che la par¬ 
tecipazione del Belgio a questa festa del lavoro è dovuta 
sopratutto alla simpatia che re Alberto ha sempre avuto 
per l’Italia. Inneggia all ‘Alma farcns ed al Piemonte ga¬ 
gliardo, all’unione del Belgio e dellTtalia, di due razze 
ugualmente industriose, laboriose ed attive. Conchiude ri- 


























212 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



1 Sovrani. Onor. Luzzatti. 

ROMA. Inaugurazioni; della Mostra delle scuole per i contadini dell’Agro Romano. 

(Fot. Tolrntiuo.) 


volgemlo un omaggio alla Principessa, un ringraziamento 
al Comitato dell’Esposizione, un saluto all’Italia, libera e 
grande. 

11 visconte Yilain Xllll imprende a sua volta a par¬ 
lare, e ringrazia anzitutto Sua Altezza dell'onore latto ai 
Belgi intervenendo alla festa d’inaugurazione del loro pa¬ 
diglione. Egli è lieto di esprimere la sua gratitudine a 
quanti hanno collaborato all’edificazione della Mostra, e 
dicendosi interprete dei sentimenti dei suoi compatrioti, 
augura il piti largo successo all’Esposizione di Torino. 
Ricorda la recente partecipazione dell’Italia alla grande 
Mostra di Bruxelles, dichiarando che il Belgio, rispondendo 
ora all’invito della nazione amica, ha sciolto un voto di 
riconoscenza. 

Dopo uno sguardo a quella che è la dimostrazione del¬ 
l'attività del Belgio, il commissario generale constata con 
intimo compiacimento la cordialità dei rappor.i della sua 
nazione con l’Italia, l’antica terra, dove ogni zolla evoca 
la grandezza romana, il regno delle Arti Belle e della glo¬ 
ria militare, e che oggi può essere orgogliosa del nuovo 
trionfo. 

Il commissario generale termina rendendo omaggio ai 
suoi compatrioti, i quali hanno voluto dimostrare al mondo 
ciò che può una piccola nazione, la quale ha preso per 
sua legge: lavoro, protezione, giustizia. 

Come il discorso di M. Erancotte, cosi le parole del 
visconte Vilain sono accolte da lunghi applausi. 

Il senatore Erola, presidente del Comitato generale, con 
felicissima improvvisazione, ringrazia e suin a il Belgio 
operoso, che volle partecipare all’Esposizione italiana, c che 
rispondendo all’invito dell’Italia in questo periodo di ce¬ 
lebrazione giubilare, ha dimostrato come siano sempre 
vivi gli antichi vincoli di amicizia fra le due nazioni. 

Ricorda, egli, che nei tempi calamitosi, in cui l’Italia 
anelava ancora alla sua libertà, i patrioti italiani trova¬ 
rono a Bruxelles conforto ed asilo, e che Camillo Cavour 
strinse fra il Piemonte ed il Belgio il primo trattato di 
Commercio, base poi di ininterrotte relazioni. 

il senatore Erola inneggia alla nazione che ci fu mae¬ 
stra nella via del progresso industriale, e che ora va con 
l’Italia, fraternamente, innanzi nella via della civiltà. 

11 pubblico prorompe in un applauso caloroso, e l’or¬ 
chestra intona l’Inno belga, fra le acclamazioni. 

La cerimonia è finita. La Principessa firma un album 
in ricordo della festa, e gradisce una coppa di dumi paga 
augurale. Sua Altezza fa quindi una visita alla Mostra in¬ 
teressantissima, ed esprime, prima di lasciare il padiglione, 
il suo vivo compiacimento per l’opera bella. 

11 banchetto. 

Alla sera, nel salone dc\V Hotel t{‘Europe, il visconte 
Vilain Xllll con squisito senso di signorilità lui offerto ai 
membri del Comitato e della Commissione esecutiva, ai 
commissari generali delle varie nazioni un banchetto. 

Alla tavola d’onore, erano, con l’ospite, il ministro ple¬ 
nipotenziario, conte van don Steen de Jehay, il prefetto, 
senatore Yittorelli, il senatore Erola, l’assessore Albertini, 
per il sindaco, l’ex-rainistro Erancotte, il comm. Bianchi, 
il console germanico, von Kulmer, il console francese, 
comm. Pralon, i commissari Sadazuchi, per il Giappone: 
Ou-Kouanze, perla Cina; Willorè Smith, per l’Inghilterra ; 
Redenze, del Brasile; Doborusky, per la Russia, bang, 
per la Svizzera; il vice-presidente belga, Canon Legrand, 
l'assessore Cauvin, il comm. Boyer, il conte Balbo, il 
marchese Compans, il senatore Hiard, il commissario del¬ 
l’Argentina, M. Casiers, il comm. Bocca, il comm. Sacheri, 
il cav. Gorrin, il comm. Hamaide, ecc. 

I giornalisti belgi, venuti a Torino per la cerimonia del¬ 
l’inaugurazione, erano largamente rappresentati. Fu rive¬ 


duto con grandissimo piacere fra loro il comm. Rotiers, 
che l’anno scorso fece cosi cordiali accoglienze ai giorna¬ 
listi italiani. 

Allo champagne il ministro van don Steen de Jehay ha 
parlato, a nome del suo governo, salutando con calorosis¬ 
sime frasi la superba affermazione del progresso italiano, 
e inneggiando al lavoro, la grande e vera forza delle na¬ 
zioni, c dicendo clic, dopo cinquant’anni di vita feconda, 
l’Italia, e T orino, con la sua Esposizione, celebrano de¬ 
gnamente l’apoteosi della Casa di Savoia, che alla causa 
della redenzione ha dato ogni sua forza, ha consacrato ogni 
sua aspirazione. Brinda ai Sovrani d’Italia cd alla na¬ 
zione che dà cosi magnifica prova delle risorse più vive, 
di intelligenza, di lavoro, e di concordia. 

L'orchestrina, che aveva dato concerto durante il pranzo, 
intonò la Marcia reale. 

11 prefetto, senatore Yittorelli, a nome del Governo, ri¬ 
sponde che gli Italiani guardano con simpatia al popolo 
belga, esempio di civile progresso. Inneggia a S. M. il re 
Alberto, alla Regina, alla prosperità del Belgio, che par¬ 
tecipa oggi alla festa giubilare della grande famiglia ita¬ 
liana. 

II discorso, ascoltato in piedi, come quello del ministro, 
è salutato da grandi applausi e dall’Inno belga. 

11 visconte Vilain Xllll sorge allora a ringraziare To¬ 
rino ospitale, e coloro che hanno dato, con a capo il se¬ 
natore Villa, opera intelligente cd assidua alla creazione 
dell’ Esposizione meravigliosa. Saluta quanti dedicarono 
studio c fatica alla Mostra del Belgio, ed ha parole gen¬ 
tili per la stampa italiana, i cui rappresentanti sono oggi 
accomunati a quelli della stampa belga in un unico ideale 
di pace: la celebrazione del lavoro fecondo. Conchiude 
con un brindisi a Torino. 

11 comm. Bianchi parla a nome del senatore Villa e 
della Commissione esecutiva, per ringraz-are i rappresen¬ 
tanti tutti del Belgio per la loro cooperazione, e rende 
omaggio alla nazione amica ed al suo re, terminando col 
grido di Vira il Belgio ! 

L’assessore Albertini, a nome del sindaco e della città, 
è orgoglioso di ringraziare il Belgio per l’atto di fraternità 
compiuto, partecipando, Ircmente ancora della, sua bella 
Esposizione, a questa Mostra. Ricorda anch’egli la ospita¬ 
lità che nel Belgio ebbero gli esuli d’Italia, e rivolge il 
saluto augurale di sempre miglior fortuna alla terra amica. 

Argutamente parla ancora l’ex-ministro Erancotte, per 
ricordare tutti i validi cooperatori di questa, clic è ma¬ 
nifestazione magnifica della possanza industriale e com¬ 
merciale belga, salutando i compatrioti lontani, c, con ca¬ 
valleresca cortesia, rivolge il suo pensiero ad un fiore di 
grazia e di bontà, alla assente consorte del visconte Yi¬ 
lain Xllll. 

I commensali applaudono fragorosamente, c con questo 
saluto alla gentile signora la festa ha fine. 

I giornalisti belgi a Torino. 

Ber assistere all’inaugurazione del Padiglione della Se¬ 
zione belga, e per trattenersi alcuni giorni à Torino, onde 
visitare e descrivere la bella Esposizione internazionale 
erano giunti a Torino alcuni rappresentanti della stampa 
belga, i signori Donuddor, del giornale " Le Soir „ Fei- 
belmann, dell” 1 Indópendence Belge,, c Rizzardi, del “Jour¬ 
nal de la Mense „ di Liegi. 

Yennero ricevuti alla stazione di Porta Nuova, in rap¬ 
presentanza della Commissione esecutiva, dal cav. Traver¬ 
sino, direttore dell Ufficio pubblicità e stampa dell’Espo¬ 
sizione. Con altro treno arrivò il signor Cattici - , direttore 
della * Gazette de Bruxelles ,,, e per i prossimi giorni si 
aspettano pure i signori Fischer, Cles e Fauvel dei gior¬ 
nali " Peuple „ “ Métropole „ e “ Chronique 


LA MOSTRA DELL’AGRO ROMANO 

INAUGURATA ALLA PRESENZA DEI SoYRANI. 

11 r5 giugno, alla presenza dei Sovrani, c stata inau¬ 
gurala la Mostra dell’Agro Romano. Essa sorge presso il 
nuovo ponte Flaminio, sulla grande via eh^ conduce da 
Valle Giulia alla Mostra Etnografica, ed è stata ideata per 
venire in aiuto all’opera delle scuole nell’Agro Romano, 
iniziate da un gruppo di volonterosi alcuni anni or sono, 
e feconde di risultali confortanti. 

L’edificio, ove tutto, fino ai sedili, alle portiere, porta 
l’impronta grezza e arcaica dell’Agro, Servirà per svolgervi 
un programma di conferenze, accompagnate da proiezioni 
sui lati archeologico, leggendario, sanitario, economico della 
preparata trasformazione agricola della regione Nel recinto 
sono inoltre: la riproduzione di una autentica capanna di 
contadini, una p’eco la mostra etnografica dei modelli delle 
loro costruzioni, istrmnenti, telai, carri da trasporto, sup¬ 
pellettili, ecc. 

La cerimonia dell’inaugurazione si e svolta nel modo 
più semplice. Frano presenti i ministri Credano, Nitti, il 
sindacò Xathan, il prefetto, i membri del Comitato pro¬ 
motore e molti invitati. Sulla guida di filaticcio tessuta 
da contadini dell’Agro, le contadi nelle, prima che vi pas¬ 
sassero i Sovrani, hanno sparpagliato petali di ginestre e 
di rosolacci, i fiori che adornano i prati delle campagne 
romane. 

Alle 1 1 precise, ossequiati dalle autorità presenti, giun¬ 
gono in automobile i Sovrani, c subito l’on. Luigi Luz¬ 
zatti pronuncia il discorso inaugurale. 

L’oratore ha rifatto il bilancio dell’opera benefica delle 
scuole nell’Agro Romano e ha ricordato come maestri non 
chiedenti alcun compenso, negli inizi dell’opera si recas¬ 
sero a piedi a cercar gli scolari, affrontando i rigori del 
verno e le caldure dell’estate: come moltitudini di intere 
famiglie di coloni assistessero alle lezioni senza diminuire 
l’efficacia del lavoro, sottraendo al sonno il tempo occu¬ 
pato nello studio. 

Ulto anni or sono fu iniziata la prima scuola. Erano 
lezioni soltanto festive e, meglio che lezioni, conversazioni 
amorevoli di alcune signore con le madri e con le bam¬ 
bine delle famiglie nomadi dei contadini, coltivatori del¬ 
l’Agro Romano. Uggì la tenue vena è divenuta un fiume 
benefico: sono venticinque le scuole con mille alunni, i 
quali nell’anno scorso, per la prima volta, si prepararono 
agli esami di proscioglimento. Ottantasei di essi, su no- 
vantacinque, furono approvati. Cosi gli eredi di tante ge¬ 
nerazioni di ignoranti, sitibondi di coltura, si preparano 
a oltrepassare i giovani figli delle famiglie felici. F ciò 
clic imparano'— nota l’on. Luzzatti — ritengono, in con¬ 
trapposto ai risaltati nuccanici di tante scuole, le quali 
insegnano a dimenticare facilmente quanto si è appreso. 

Ora si pensa ad aggiungere alle scuole una biblioteca 
circolante e l’anno prossimo si apriranno scuole nella pa¬ 
lude Pontina. 

“Sire! — conclude l’on Luzzatti. —Queste notizie ral¬ 
legreranno l’anima vostra poiché siete il Re di tutti gli 
ordini di cittadini, dei potenti come dei derelitti in Voi 
speranti, ed è ornai certo clic la grandezza di uno Stato 
si misura in principal modo dalla trasformazione delle 
plebi, oppresse dalla ignoranza c dalla miseria, in popolo 
libero e felice. „ 

Grandi applausi hanno salutato la fine del discorso del- 
l’on. Luzzatti e il Re si c congratulato vivamente con l’o¬ 
ratore. 

Quando il Re e la Regina sono usciti sono stati falli 
segno a una commovente dimostrazione da parte dei con¬ 
tadini raccolti presso l’uscita. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

8 giugno. - 'l'orino. Inaugurata nel Borgo Medioevale la 
Mostra retrospettiva della slamila, e all’Esposizione 
il Padiglione Belga. 

„ „ Roma. In Castel Sant’Angelo inaugurato il li Con¬ 

gresso delle aziende municipalizzate dei Comuni italiani, 
io „ Ruma. Il Re e la Regina inaugurano fuori Porta del 
Popolo il grande Studi uni, dove 9000 ragazzi delle 
scuole fanno bellissime evoluzioni ginnastiche. 

„ „ Torino. Inaugurata all’Esposizione la Mostra della 

Turchia. 

„ „ Rivoli. Inaugurata la Mostra umoristica della cari¬ 

catura. 

ir „ Roma In Campidoglio nel salone degli Orazi e Cu- 
riazi i Sovrani inaugurano il il Congresso degli ita¬ 
liani all’estero. Nel pomeriggio i Sovrani interven¬ 
gono alla premiazione per le grandi gare di tiro a 
segno. 

— E inaugurato il Congresso dei ricevitori postali- 
telegrafici. 

„ „ Tonno. Inauguratoli Congresso delle Società Anonime. 

„ „ San Marino. Auspice la Reggenza solenne comme¬ 

morazione del cinquantenario dell’Unità Italiana. 

12 „ Roma. Ripartita per Napoli la Regina Maria. Pia di 
Portogallo. 

1 5 „ Torino. Inauguralo il Congresso della Lega Navale. 

„ „ Roma. I Sovrani inaugurano la Mostra dell’Agro 

Romano. 

16 „ Torino. Inaugurato il Congresso dei costruttori 

edilizi. 


Questa settimana esce : 

Le Fiabe della Virtù 

a; Alfredo PANZINI 

Lire 3, o O . 

_ 2 ___;_ 

Dirigere Taglia ai Tratelli Treves, editori, in Milano. 




















LE ESPOSIZIONI DEL 19 ir 


2 l 3 


T () R 1 N (). A L L' lì S P O S I Z I () N E C A N I N A. 



Ebbe luogo nei giorni scorsi, noi locali delle Mostre temporanee — una esposi¬ 
zione di cani — che diventò subito un ritrovo di vita e di eleganza. 

Vi erano rappresentate tutte le razze c tutte le misure — dai maestosi Terranova 
agli eleganti levrieri russi — dai setters ai griffoni — dai bull-dogs a tutte le innu¬ 
meri variazioni di cani di lusso fino ai piii piccoli, deliziosamente graziosi o meravi¬ 
gliosamente grotteschi. 

Ed era un ululare assordante; uno strano concerto in cui i guaiti acuti c languidi 


(Disegno di L. Bonipard). 

si univano ad abbaiamenti imperiosi — in cui tutte le tonalità si frammischiavano c 
formavano un insieme musicale quasi futurista. E le espressioni di tutti questi pri¬ 
gionieri chiusi in tante piccole gabbie erano divertenti e diverse — vi erano le calme 
e rassegnate — le furiose le abbattute che sembrava chiedessero per pietà di liberarle 
dalla prigione. 11 pubblico principalmente di eleganti signore si aggirava continua- 
mente da una gabbia all'altra con il catalogo per guida — guardava, ammirava, 
compiangeva, e desiderava, e sussurrava i diminutivi più affettuosi e carezzevoli. 












LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


2t4 



I I, I 1 A D I n I. 1 O M E I ' I E M 0 X T E S E (riproduzione dei Castello d'Issognei. 


ESPOSIZIONE ETNOGRAFICA DI ROMA 


Il Padiglione Piemontese. 


Ilo già detto che l’Esposizione Etnografica è 
composta principalmente di due parti: e cioè i 
Padiglioni regionali e i Gruppi caratteristici delle 
varie Regioni. Questi ultimi, che sono vere rap¬ 
presentazioni di vita e ricostruzioni di ambienti 
popolari, son tutti naturalmente intonati ad un 
solo concetto: quello di riprodurre con la mas¬ 
sima fedeltà i luoghi e le particolari condizioni 
della vita che li anima. 

I Padiglioni Regionali sono invece edifici rap¬ 
presentativi c riassuntivi dell’arte di un Paese: 
è naturale perciò che vi sia stata la maggior 
varietà nei modi di svolgere e di interpretare 
questa rappresentazione. Ci furono perciò alcune 
Regioni che vollero compendiare in un edificio 
i tratti più caratteristici non di un solo monu¬ 
mento, ma delle maggiori opere architettoniche 
che sono nella Regione; altre diedero una li¬ 
bera riproduzione di un particolare edifìcio, al¬ 
tre infine vollero ricostruire un monumento si¬ 
gnificativo dell’arte loro, in tutti i suoi partico¬ 
lari architettonici e decorativi. 

II Piemonte segui quest'ultimo indirizzo e ri¬ 
produsse in Piazza d’Armi uno dei più caratte¬ 
ristici monumenti dell'arte sua più caratteristica: 
quello dei Castelli medioevali. 

La scelta cadde su quel Castello d’Issogne 
che la liberalità del pittore Avendo donò con 
tutto il mobilio al Governo italiano: e l’archi¬ 
tetto D’Andrade, che con tanto amore da qua¬ 
rantanni tutela la conservazione dei monumenti 
del Piemonte, e il giovane avvocato Giuseppe 
Frola che lo coadiuvò efficacemente, sorretto 
dalle sue larghe e profonde conoscenze di sto¬ 
ria dell’arte, meritano un singolare elogio per 
“ la grande coscienza „ che han posto nella ri- 
costruzione del magnifico edificio. Poiché essi 


non si lasciarono sedurre da lenocinli di forma 
nè da particolari tendenze o preferenze: essi 
interpretarono direi quasi con austerità il loro 
mandato, e ci diedero un Castello d'Issogne che 
soddisferebbe, forse, persino il difficile e aristo¬ 
cratico spirito di René Challant.... 

Singolare famiglia questa dei conti di Chal¬ 
lant, che, spenta ormai da tre secoli, ha lasciato 
nella storia una così viva traccia di magnificenza 
e di tristezza! Visconti di Val d’Aosta, in nome 
dei principi di Piemonte, esercitarono l’ufficio 
senza aggiungervi particolare importanza poli¬ 
tica, ma con tutto il fasto che era loro conce¬ 
duto dalla grande ricchezza della Casa: ebbero 
anche parentele e uffici altrove, in Lombardia, 
a Venezia e a Roma, com’ò attestato da quel 
curioso e interessante documento grafico che è 
inscritto sulle pareti del gran cortile d’ingresso 
del Castello. 

In questo cortile, in cui un albero di melo¬ 
grano in ferro battuto sorge in mezzo a una 
fontana, le pareti son tutte istoriate, e sotto 
ognuno degli stemmi, v’è il nome di un perso¬ 
naggio della famiglia che si era particolarmente 
distinto in qualche impresa o carica onorifica: 
e i nomi e le imprese e le cariche di tutti que¬ 
sti conti e guerrieri e ambasciatori e cardinali 
della famiglia {v’è anche un Entufrede che fu 
senatore di Roma e che porta nello stemma 
1 S. P. Q. R.) sono sinteticamente definiti dal¬ 
l'orgogliosa inscrizione Miroir fiour Ics cufants 
de Challant. 

L v’è anche, al posto d’onore, uno di que¬ 
gli enigmi, o rebus, che erano tanto nel gusto 
del medio evo: una croce con sottoposto il 
mondo e dalle due parti queste parole così 
disposte: 


tout est 

et le 

nest rien 

la probabile interpretazione del quale rebus è 

questa (la croix) est tout; et le (monde) n’est 
rien. 

L’anno in cui il Castello, o più esattamente 
il Palazzo, fu eretto, non è noto; perchè l’in¬ 
scrizione posta sopra la porta d’ingresso è di¬ 
ventata illeggibile nell’ultima sua parte: essa 
dice così: 

CE FUT FAIT LAN DE C.RAS MCCCC.,.. 

c mancano le altre lettere; è certo però che 
la data deve riferirsi all’ultimo decennio del 
secolo. 

Il porticato del cortile è assai curiosamente 
affrescato con scene d'un realismo veramente 
meraviglioso: v’è il panettiere, il venditore di 
formaggi, il venditore di frutta, il farmacista cir¬ 
condato dalle sue fiale con le varie acque me¬ 
dicinali che si usavano allora. Ma altre cose in¬ 
teressanti questo farmacista del quattrocento 
tiene esposte nella sua bottega; e cioè dei pezzi 
anatomici in cera, mani braccia gambe stoma¬ 
chi piedi : evidentemente erano questi degli ex 
voto già preparati, perchè i fedeli a cui occor¬ 
reva di comperarli per offrirli in chiesa al Santo 
protettore, li trovassero belli e pronti. 

La porta d’ingresso mette in una saletta per 
la guardia, dalla quale si passa in quella che è 
comunemente chiamata la sulle basse, la quale 
era evidentemente un salone di ricevimento, nel 
cui fondo s innalza uno di quegli alti e profondi 
camini, decorati da grandi alari, che sono l’in¬ 
dispensabile complemento delle nostre fantasie 



















LE ESPOSIZONI DEL 1911 


2 10 



Il rozzo col melagrano. 


mediocvali. Ricordate la “Partita a scacchi,,? 
Non è difficile evocarla qui dentro.... 

E quando i grandi tronchi ardono sugli alari, 

Io li guardo, li guardo; li ascolto sospirare 
Con quei lunghi sospiri, e penso alla foresta 
Dove un giorno levarono fieramente la testa. 

E, aiutando un po' la fantasia, in questa pe¬ 
nombra della sulle basse dei Conti di Challant, 
tutta istoriata alle pareti di ingenua pittura del 
primo Rinascimento, par di udire Jolan.la: 

Venite, 

l’adre, a sciogliere al fuoco le membra intirizzite! 
Chiameremo a compagni Cristoforo c Martino.... 

Ne ho visti dei folletti svanir su pc’l camino! 

Medio Evo un po’ fantastico nella forma, non 
però nel suo contenuto. E forse ebbe un po' di 
torto il Carducci quando così aspramente rim¬ 
proverò al Giacosa “questo suo Medioevo,,; 
perchè il grande critico non volle avvertire che 
il Giacosa non faceva nò intendeva fare opera 
scientifica, ma soltanto di cogliere poeticamente 
qualche lato della vita di quei secoli ormai così 
lontani da noi non solo nel tempo ma nelle abi¬ 
tudini e nelle conquiste dell’intelligenza. E che 
il Poeta piemontese sia riuscito a cogliere effica¬ 
cemente questi spunti di vita, e a farne un’opera 
d'arte — non importa se vera — ma verosimile 
c in ogni modo sincera ed evidente, lo prova ora 
questa folla dei visitatori del Castello d’Issogne, 
i quali innanzi a questa perfetta rievocazione 
d’ambiente, rievocano a lor volta i bei versi delle 
“ storie di battaglie d’amor di cortesie.... „ 

Ma anche “ Una storia vera „ rievocano questi 
visitatori: quella di Bianca Maria, la Dame de 
Challant, decapitata a Milano, e la cui ombra 
pare aggirarsi nei luoghi che le furono famiglia- 
ri.... Pare, nelle fantasie vivaci e un po’ eccitate, 
che tutto parli di lei, nel castello dov'ella abitò 
e dove la sua mano tracciò così sovente graf¬ 
fiti, che ancora si reggono, sulle pareti e sui 
quadri. Ma Bianca Maria, giovane e avida di 
feste e d’amore non poteva reggere in questo 
triste maniero sepolto in Val d'Aosta, dove ap¬ 
pena per molti mesi dell’anno si vede il sole, e 
dove altre voci non giungono che l'urlo dei 
venti che s'ingolfano nella valle, il mormorar 
delle acque montane, c, spesso nell’inverno, lo 


scrosciar delle valanghe che precipitano dagli 
aspri gioghi dell’Alpe. E la sua sete di godimenti 
la fece fuggire a Milano; c la tumultuosa Capitale 
lombarda e forse la cupa crudeltà dei suoi prin¬ 
cipi la travolse e la spense. Nè il marito l’amava: 
intanto si sa ch’egli si sia occupato dell’orrendo 


fatto della moglie, in quanto, poco dopo l’ecci¬ 
dio, ne reclamava tranquillamente f eredità.... 

Non è gaio questo Castello dei Challant : e la 
ricostruzione ne è così fedelmente suggestiva, 
che all’uscire dalle tetre muraglie si rivede con 
gioia l’aureo sole! Arturo Calza. 



U N A N G O L O D K 1. COR T 1 L E. 








































































RO/AA. IL PADIGLIONE 


PIE/AON T5 SE (RIPRODUZIONE DEL CASTELLO D'ISSOGNE). 



L A “ S A L I. E BASSE 


% 


1) E T T AGLIO P E L I’ 0 RTM'A T 0 . 








































































2l8 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 


ROMA. LA MOSTRA DI ETTORE TITO ALL’ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI. 



Canalazzo. Redenzione. Ritratti dei miei figli. 



pS) 

% 


Altipiano d'Asiago. 


Nubi d'alpe 


Canalazzo 


(Fot. Abcmacar.) 


.AMMMXmtm 



















2 i g 


LÉ ESPOSIZIONI DEL 19 ti 


ROMA. LA MOSTRA DI ETTORE TITO ALL’ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI. 



Bagnanti. L’aratro. (Fot. Abcniacar.) 

LA MOSTRA DI ETTORE TITO. 


Con sette quadri di varie dimensioni e di sog¬ 
getto diverso, si presenta Ettore Tito, l’instan¬ 
cabile pittore veneziano, all’Esposizione di Roma. 
Essi figurano nella Sala IX e portano per titolo: 
L'aratro, Bagnanti, Ritratto dei mici bambini, 
Redenzione, Canalazzo, Rubi d'Alpe, e Altipiano 
d’Asiago. 

Ettore l'ito abbraccia dunque ogni genere di 
pittura; lo tentano il mare e la montagna, il ri¬ 
tratto, l’allegoria, e in ogni tentativo egli appare 
maestro, sicuro di sè, senza esitazioni. Nel grande 
medaglione che corona la cupola del Padiglione 
Veneto — e che già fu ammirato in queste pagine 
— egli dà magistrale saggio della grande pit¬ 
tura decorativa, in cui, come in ogni altro, ap¬ 
pare subito maestro. Dal suo pennello e la sua 
retina non v’è mistero; egli sembra risolvere 
tutto con facilità meravigliosa; le sue tele sem¬ 
brano dipinte di getto, senza meditazione, con 
quella furia creatrice che non dà tregua e che 
incalza. I suoi intimi invece assicurano ch’egli 
medita a lungo sopra i suoi quadri, che spesso 
fa e rifa, scontento di sè stesso, autocritico acu¬ 
tissimo, artefice sconsolato, non mai contento 
di sè e dell’opera sua. 

Riproducendo la Sala che reca sulle pareti le 
sue tele, ci piace riprodurre un brano del recente 
volume di U. Ojetti, Ritratti d’Artisti Italiani, ove 
del Tito è tracciato un profilo gustosissimo: 

“ Ettore Pito è nato nel 1860 sul golfo di Na¬ 
poli, a Castellammare di Stabia. Sua madre era 
veneziana, suo padre pugliese, capitano della 
marina mercantile. Nel suo sangue è molto sai 
marino. Egli ha per razza il diritto di descri¬ 
verci il mare. Infatti, appena se ne allontana — 
nel Lago d'Alleghe o n éìYAlzajd sul Brenta, nel- 
P Eterna storia o nella Vita dei campi — diventa 
triste e i suoi cieli si rannuvolano e il suo sole 
si spegne; e anche quando il mare non è visi¬ 
bile, come nelle Rappezzatrici, nelle Macchie di 
sole, nella Biancheria al sole, nella Pagina d’a¬ 
more, nella Vita, nei Bordi di laguna, nel Sole 
di primavera, si sente che la scena è presso la 
riva, che è invasa dalla luce riflessa della ma¬ 
rina lì dietro, dalla brezza che viene dal largo. 


“ Lasciò Castellammare che aveva appena due 
anni, e andò a Milano. A otto anni venne a Ve¬ 
nezia. La franca serenità delle sue tele è forse 
un ricordo istintivo e indelebile del golfo napo¬ 
letano che i suoi occhi contemplarono appena 
s’apersero. 

“ Ma i primi anni di lavoro furono duri. Egli 
studiava all’Accademia di Venezia sotto Pom¬ 
peo Molmenti. Questi pur vecchio — era nato 
nel 1819 — aveva avuto con lo Zona il gran 
merito di ridare ai quadri storici una qualche 
larghezza d’aria e d’emozione, e aveva allora il 
merito anche maggiore d’essere stato il maestro 
di Giacomo Eavretto il quale nel 1873 lo aveva 
ritratto nella Lezione d’anatomia. 

“ Col Eavretto altri tre pittori allora narra¬ 
vano gli aneddoti del popolino veneziano: Cedi 
Van Haanen un olandese ormai veneziano per 
diritto d’arte, Eugenio De Blaas e Ludwig Pas¬ 
sini, tutti c tre commercialmente ben piti fortu¬ 
nati del Eavretto. 

“ Dell’importanza del Van I Iaanen nella pittura 
veneziana contemporanea, della sua influenza 
sullo Zezzos, sul Laurenti, sul Tito, nessuno ha 
ancora scritto di proposito. Pure le sue Infi- 
lairici di perle e la sua Sartoria sono — dice 
P. G. Molmenti in un suo saggio sul Eavretto — 
“ due gioielli ricchi di finezza, di ricerche deli¬ 
catissime, di colorito locale, nei quali la perfetta 
esecuzione risponde all’arguzia dell'osservazio¬ 
ne „. Il viennese Passini è già più manierato di 
lui; ma la maniera, la grazietta liscia della cro¬ 
molitografia, la pastorelleria dolce dolce di Eu¬ 
genio de Blaas non sono superate da nessuno. 
Per vivere, tra i venti e i venticinque anni, an¬ 
che Ettore Tito dovette fingere di credere a 
questa Venezia impomatata e imbellettata che 
ancora nei negozii di Londra e di Berlino, di 
New York o di Vienna si vende come il pane. 

“ Ma ciò che egli ricavava da quelle fatiche 
soltanto utili, egli lo spendeva anche a viag¬ 
giare, a vedere, a prepararsi le forze e i mezzi 
per escir dal limbo. Dei suoi quadri di quel pe¬ 
riodo preparatorio, bastano la / ’cnditrice di zoc¬ 
coli e la Modella a mostrare quanta giustezza 


d’osservazione, quanta fermezza di disegno, 
quanta scienza di composizione già fossero in lui. 

“ Non s’ha da essere pessimisti. Anche da quel 
suo tempo di rinuncio egli ha tratto molte qua¬ 
lità, prima di tutto quella signorilità e quella 
piacevolezza che tanti ottimi pittori contempo¬ 
ranei disdegnano come una concessione al gusto, 
anzi al cattivo gusto del pubblico, mentre è 
spesso un segno del cattivo gusto loro anche 
in opere tecnicamente ammirevoli. 

“ Mal nel 1887 finalmente Ettore d ito espo¬ 
neva proprio a Venezia la Pescheria che oggi è 
a Roma, alla Galleria nazionale d’arte moderna, 
e che allora elevò d’un tratto quel giovane di 
ventisett’anni fra i massimi pittori nostri.' 

“ L’anno stesso a Venezia moriva Giacomo 
Eavretto. „ 

“ La Pescheria vecchia raccoglie tutti i caratteri 
dell’arte del Tito dentro una composizione salda 
come un’architettura. 

“ Sulla riva del Canal Grande sono tese sopra 
alti pali con corde grosse come gomene, tende 
palpitanti come vele: quel lembo di riva sem¬ 
bra così una zattera immensa pronta a scendere 
col vento propizio sull’acqua verde verso la la¬ 
guna. Pescatori e donne vi s’affollano a con¬ 
trattare, intorno al pesce che luccica e stilla 
sulle tavole del mercato, empie le tinozze, le 
canestre, le ceste. E gli uomini son validi, duri, 
senza sorriso, venditori sospettosi; e le donne, 
meno una comare in primo piano, son tutte gio¬ 
vani, servette leste a pesare, a contrattare, a 
scivolar via tra la folla in cerca d’un altro banco 
e d’un mercato migliore. Una dai capelli rossi 
che andandosene si volta a lanciare un’ultima 
risposta, pare conservi sotto lo scialletto mo¬ 
derno tutta l’insolenza leggiadra e civettuola 
delle Colombine e delle Zelinde goldoniane. La 
scena popolosa è chiusa tra due figure erette 
immobili di v pescatori come tra due stipiti; un 
palo e una corda, tagliandola in tre parti quasi 
eguali proprio in primo piano, le dànno una vaga 
apparenza di trittico, pur aumentando con un 
semplice e facile mezzo la fuga prospettica delle 
parti più lontane. „ 












220 


L E E S P O SI Z I O N I DEL i 9 i i 


Il Padiglione del 


Siam a Torino. 


Il padiglione del Siam, che sorge sulla riva 
destra del fiume, tra quello della Serbia e un’ala 
estrema di quello degli Stati Uniti d’America, 
si distingue dagli altri edifici dell’Esposizione 
per la sua architettura caratteristica, che ripro¬ 
duce, come già i padiglioni dell’Ungheria e della 
Serbia il tipo delle costruzioni del paese, sinte¬ 
tizzandone, per la nostra curiosità di linee e di 
colori esotici, le varie particolarità di struttura 
e di decorazioni. Benché, dato il carattere prov¬ 
visorio dell’episodio, si sia dovuto in certe parti 
ricorrere ad espedienti sommari, e sopprimere 
in genere motivi decorativi troppo sfarzosi, tut¬ 
tavia il padiglione che si specchia nelle acque 
del Po si può ilire di schietto stile siamese, 
quale si ammira nei templi e nei palazzi storici 
specchiantisi nelle placide acque del Mò-Nam. 
Un triplice ordine di terrazze, cui si accede per 
mezzo di scale ripidissime, con alti scalini, for¬ 
ma il basamento dell’edificio. La pianta di que¬ 
sto è in forma di croce, con le braccia laterali 
molto allungate; i tetti sono a due spioventi, 
notevolmente inclinati, e le capriate seguono la 
linea delle braccia della croce: una cupola pi¬ 
ramidale, a sette ordini di gradi, variamente fra- 
stagliata e fregiata, sormonta l’edificio nella sua 
parte centrale. Quest’architettura subito, a una 
prima osservazione, rivela le sue origini dalle co¬ 
struzioni in legname, di cui sono rimaste le lince 
caratteristiche anche in quelle in muratura, che 
il padiglione tende a riprodurre: cosi si osserva, 
ad esempio, l’inclinazione verso l'interno delle 
pareti, come ragioni di stabilità e di solidità 
consigliavano in terreni alluvionali, soggetti a 
periodiche inondazioni; e il materiale legno è 
ancora adoperato qui, come in ogni costruzione 
siamese, per le capriate e le travate dei tetti, 
per l’ossatura delle cupole e delle guglie, per 
vari fregi decorativi. In questi la fantasia vivace 
degli artisti paesani si è sbizzarrita, rievocando, 
per mezzo delle arti dell'intaglio, della laccatura 
e della coloritura, figure mitiche e leggendarie, 
foggiando una immaginosa fiora e una fauna mo¬ 
struosa: ecco il re dei pennuti Garuda che fa 
sua predà di Naga, il serpente, ecco stilizzati 
gli steli ed i fiori del loto, ecco cigni e leoni, 
ed elefanti a tre teste e forme umane imbestiate: 
ecco, sopratutto, l’elemento religioso figurato in 
idoletti diversi, tra cui emergono le rappresen¬ 
tazioni del dio Visnù e cui sovrasta il mite in¬ 
dico Buddha, seduto sulle gambe incrociate, con 
le mani congiunte sull’umbilico. La cupola, co’ 
suoi sette ordini elevantisi piramidalmente, sim¬ 
boleggia il cielo, con le sette sfere planetarie; 
le guglie a scaglioni conici raffigurano gli or¬ 
dini del mondo, culminanti nel monte Meru, 
apice e fulcro. Un motivo di decorazione pitto¬ 
rica, che ricorre frequentemente, è un disco 
d’oro con raggi bianchi lievemente ricurvi: è il 
( labro , emblema dell’universo, e più precisa- 
menti' del sole, segno di potenza, c come tale 
emblema del monarca. 

Ancora e lungamente si potrebbe dire del¬ 
l’architettura e della decorazione di questo pa¬ 
diglione siamese; ma le mostre contenute nelle 
sale hanno pur diritto alla nostra attenzione. 
Questa, ad esempio, riguardante l'istruzione pub¬ 
blica, e che ci si presenta con saggi di disegno, 
di pittura, eseguiti dagli scolari, con le prove 
di questi nelle varie discipline. Il colonnello Ce¬ 
rini c’informa: 

— Nei riguardi della cultura il Siam si trovò 
compreso, fino all’età moderna, nella sfera di 
influenza dell’India; e l'educazione e l’istruzione 
rimasero affidate quasi esclusivamente ai monaci 
budclhisti: i tredicimila monasteri che sono sparsi 
per il paese rappresentano altrettante scuole; e 
ancor oggi essi sono rimasti tali nelle regioni re¬ 
mote. L istruzione pel sesso maschile è resa 
obbligatoria non da una legge civile, ma dalla 
legge religiosa, che impone che ogni fanciullo 
prossimo alla pubertà, dal re all’ultimo suddito, 
riceva la prima ordinazione di Sàmancra, o no¬ 
vizio, nel tempio da cui dipende o in quello che 
gli piaccia scegliere, e che quindi trascorra in 
un monastero un periodo di clausura di almeno 




Ditta G. ALBERTI - Benevento! 

Esposizione Inteimazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO rtErtBRO DELLA GIURIA] 


tre mesi. Ne viene di conseguenza che per pre¬ 
pararsi al rituale dell’ordinazione, che comporta 
non solo il sapere leggere e scrivere, ma anche 
qualche conoscenza della lingua Pali, in cui sono 
redatti i testi sacri, il ragazzo deve subire un 
tirocinio preliminare sotto la guida cl’un mae¬ 
stro, sia ecclesiastico che secolare, tirocinio che 
vale come scuola elementare. Al ventesimo anno, 
poi, la legge religiosa impone che ogni giovine 
riceva la piena ordinazione di Bhikkhu, o frate, 
c trascorra altri tre mesi al monastero; e solo 
dopo questa pratica egli acquista i diritti di cit¬ 
tadino e può pensare a formarsi una famiglia. 
Quindi è una nuova scuola, con più vasti c più 
importanti programmi d’istruzione, che gli si 
rende necessaria. Questo stato di cose perdura 
ancor’oggi, sebbene alquanto attenuato. Ed oggi, 
accanto a quelle dei monasteri, sono sorte scuole 
governative, cosi per i maschi come per le fem¬ 
mine: l’educazione di quest’ultime era prima 
molto trascurata, specialmente nelle classi po¬ 
vere. Fu il re Mong Kut che iniziò la riforma 
dell’istruzione, in questo senso di avocarla allo 
Stato; il suo successore Ciulalongkorn, il re 
defunto or’è poco tempo, entusiasta della scienza 
e del progresso occidentale, la continuò e la 
sviluppò costantemente durante tutto il suo re¬ 
gno, provvedendo all’educazione primaria, a 
quella secondaria, a quella tecnica c professio¬ 
nale, e preparando il terreno all’educazione su¬ 
periore. 

Lassiamo in altre sale della mostra. Una se¬ 
zione è dedicata ai lavori pubblici, che sono in 
gran parte opera di emigranti italiani. E la nostra 
guida commenta: 

— Per imprimere maggiore impeto al rinno¬ 
vamento edilizio del paese, venne nel 1887 creato 
un Ministero dei lavori pubblici, con un ufficio 
tecnico che dal 1890 in poi ebbe a capo ed a 
componenti esclusivi, eccetto in qualche carica 
secondaria, ingegneri ed architetti italiani. Strade 
carrozzabili, per centinaia di chilometri, furono 
costruite in luogo delle antiche tortuose stra- 
dicciuole, praticabili appena alle primitive car¬ 
rette indigene; numerosi ponti si inarcarono su 
corsi d’acqua e canali, prima attraversabili sol¬ 
tanto a guado o in barca; e, sempre a cura di 
quest’ufficio tecnico, in ogni capoluogo di pro¬ 
vincia vennero stabiliti convenienti uffici per 
l’esercizio e per l’amministrazione dei pubblici 
servizi. E per questo riguardo, si può decisa¬ 
mente affermare che il Siam deve tutto all'opera 
degli italiani, che recarono, come ho detto, il 
contributo primo, essenziale deH'intelligenza di¬ 
rettiva. 

Vengono poi le mostre dei mezzi di trasporto 
terrestri, fluviali c marittimi: dalle carrette indi¬ 
gene trainate da buoi e da bufali, alle ferrovie, 
che si svolgono oggi nel Siam per io 32 chilo¬ 
metri di linee e che saranno quasi raddoppiate 
entro il 1914; dalle piroghe e dalle canoe, sca¬ 
vate in un unico tronco, alle suntuóse barche 
regali, lunghe fin oltre cinquanta metri; dalla 
imbarcazione insommergibile, usata nei viaggi 
nell’alto Mè-Nam c ne' suoi affluenti, alla rila 
Pel, o “ barca anitra .., snella, agile, velocissima; 
la mostra dei servizi postali: la mostra della de¬ 
corazione, del mobilio e dell’arredamento delle 
abitazioni; la mostra del materiale per l’arte tea¬ 
trale; la mostra agricola, e quelle della silvicul¬ 
tura e delle industrie forestali.... 

Il commissario della sezione, con felice pen¬ 
siero, ha invitato il pittore Ferro, che, confò 
noto, fu parecchi anni al Siam, lavorando alla 
reggia del defunto Ciulalongkorn e a varii pa¬ 
lazzi di Bangkok, a decorare una sala del pa¬ 
diglione con i suoi studi e le sue impressioni 
siamesi; ed ecco freschi, vivacissimi di colori, 
luminosi, i cartoni e le tele in cui ride il paese 
e si anima la vita di cui le varie mostre ci hanno 
offerto notizie e saggi varii, particolari : ecco ori 
di aurore e fuochi di tramonti sul Mè-Nam, scor¬ 
rente con vasta placidità d’acque tra le rive 
verdi di bambù, segnate di leggere multicolori 
costruzioni ; ecco animate scene di mercati, di 
feste, e vie fervide di popolo; ecco ritratti, 
delicatamente trattati a pastello, che rievo¬ 
cano tipi di giovinetti forti, dalla pelle bron¬ 
zina, tipi di bellezze esotiche, che, attraverso il 
vetro, ci fissano con grandi occhi sereni, schiu¬ 
dendo le labbra un poco tumide a un sorriso 
soave.... 

Mario Bassi. 

(Dii La Slum fa. i 


Una visita alla Mostra Retrospettiva 

dell’Arte Tipografica a Torino. 

Una visita adunque, e non un’ inaugurazione c stata 
quella che fu fatta la mattina de!I’8 giugno, nel Borgo 
Medioevale, come diceva l’artistico biglietto d’invito, in 
magnifico stile arcaico, disegnato dal bravo Dalbesio c 
stampato impressimi in alma civiiate Taurini in Borgo 
antiquo. Il Borgo antiquo, quel gioiello di riproduzione 
meraviglioso di un villaggio medioevale — lasciatoci dal¬ 
l’Esposizione nazionale del 1884 — il Burgus vc/us Ctvitatis 
Tauriniprope Paduni, era ben degno di accogliere questa 
Mostra retrospettiva dell’arte tipografica, il cui pensiero 
sorse prima ancora che nascesse quello dell’attuale Espo¬ 
sizione internazionale. 

Ma quale sia stala la vera genesi di questa caratteristica 
Esposizione, la quale doveva poi figliare quella che fini col 
diventarne invece la madre, cioè la gigantesca Esposizione 
mondiale delle industrie del lavoro — che ora ospita, fra 
le tante speciali, la Mostra dell’arte della stampa moderna 
nel palazzo del Giornale, prossimo ad aprirsi, e quella 
dell’arte antica nel Castello Medioevale — quale fu la vera 
origine sarà ampiamente narrato in un volume d'immi¬ 
nente pubblicazione ; dove, per iniziativa c per opera della 
scuola tipografica, sono state raccolte (precedute da una 
chiara prefazione del senatore Frola) le notizie storico¬ 
statistiche di tutte le scuole professionali di Torino. 

Narrasi in questo volume clic, costituitosi nel 1900, per 
iniziativa dell’Unione Pio-Tipografica, un Comitato per il 
quinto centenario di Giovanni Gutenberg, questo Comitato, 
dopo aver nominato presidente il cav. Giuseppe Vigliardi- 
Paravia, desse incarico ad im giornalista torinese di rife¬ 
rire più ampiamente intorno ad un suo progetto di una 
Esposizione del libro, mentre al signor Dalmazzo Gianolio, 
vice-presidente di quel Comitato, affidava Pufficio di rife¬ 
rire con dati di fatto sull’istituzione di una Scuola profes¬ 
sionale ti p og i • a fi e a . 

Quelle due proposte sono oggi un fatto compiuto. La 
Scuola del Libro, da un decennio, vive vita rigogliosa e 
promettente; e l’Esposizione d’arti grafiche, sognata e va¬ 
gheggiata dal Comitato gutenberghiano, s’è aneh’essa at¬ 
tuata; e al Valentino fra poco si potrà ammirare l’Espo¬ 
sizione in azione del giornale c dell’arte della stampa, 
mentre il Borgo Medioevale ospita, nelle case dette di 
Alba, Bussoleno e Susa, la singolarissima Mostra, la quale 
la mattina dell’8 fu, non inaugurata od aperta, poiché 
era in ordine fin dal primo giorno, ma semplicemente vi¬ 
sitata da una folla di invitati. 

La Mostra tipografica retrospettiva è costituita dalla 
Fabbrica di carta a mano; dalla Stamperia del secolo XI 
(con fonditori di caratteri, compositori, stampatori, allumi- 
natori di stampe, ecc.); dalla Legatoria antica e dalla Bot¬ 
tega ile! Bibliopola ; e dalla Mostra degli incunaboli. 

Lutto questo, tutta questa curiosissima Mostra dell’an¬ 
tica arte della stampa, venne l’8 giugno ammirata dal¬ 
l’onda dei visitatori e delle visitatrici, che alle io, 3 o ir¬ 
rompevano dalla gran porta, custodita da un alabardiere, 
nella viuzza del Borgo Medioevale; dove i pittoreschi co¬ 
stumi dell’epoca, disegnati con tanta fedeltà dal Dalbesio, 
facevano uno strano contrasto con i modernissimi abiti 
estivi dell’elegante mondo femminino. 

E le ospiti gentili mostrarono di interessarsi con quel 
loro senso così vivo della curiosità, ad ogni parte di 
quella rediviva officina tipografica del quattrocento; alla 
fabbricazione della carta nel tino, alla fondita dei carat¬ 
teri, alla stamperia propriamente detta (coi suoi stampa¬ 
tori, compositori, correttore nell’uniforme caratteristica dei 
tempi) al piccolo laboratorio di legatoria, alla raccolta de¬ 
gli incunaboli, rappresentata da pagine, mirabilmente ri¬ 
prodotte delle più celebri pubblicazioni del secolo XV e 
dei primi anni del secolo XVI ; a tutto insomma — non 
esclusi i modesti arnesi e le piii umili cose — che costi¬ 
tuisce l’originalissima Mostra. 

Per la cui riuscita, è dovere ricordare clic essa, caldeg¬ 
giata vivamente in seno alla Commissione del gruppo XXI 11 
dal cav. Vigliardi, dal cav. Arneudo e dal cav. GianoHo, 
fu precipuamente preparata dalla Scuola tipografica, a cui 
la Commissione esecutiva, non badando a sacrificio di 
spese, con intuito veramente moderno e degno di plauso, 
affidò l’esercizio deH’officina tipografica quattrocentesca. 

Ma la Mostra retrospettiva tipografica non sarebbe stata 
completa senza un'Esposizione dell’incunabolo, di quei 
primi libri che sono splendido documento dei luminosi 
primordi dell’arte grafica; ed è così che la Commissione 
chiamò a sè il dott. G. Carbonelli, che speciali studi dotti 
ed amorosi indicavano utile collaboratore dell’iniziativa. 

Alla parte tecnica poi, e cioè alla vera effettuazione 
dell’opera, diedero opera specialmente i cav. GianoHo 
Dalmazzo e G. I. Arneudo, col fervido presidente della 
Scuola tipografica patrocinatori di questa bella risurrezione 
storica. 

Alla parte artistica intese con la ben nota competenza il 
valente ing. Adolfo Dalbesio, che diede disegni di mobili, di 
costumi, desumendoli con arte c studio inimitabili da figu¬ 
razioni del tempo. Un grande contributo fu così dato all’ini¬ 
ziativa da questo sapiente illustratore dell’arte medioevale. 

L’officina tipografica medio- 
evale dell’Esposizione di To¬ 
rino forma, così come si vede, 
e formerà maggiormente, quan¬ 
do, non molto lungi da essa, si 
potrà ammirare nel palazzo del 
Giornale l’arte modernissima 
della stampa una delle più ge¬ 
niali attrattive del Valentino, 
specialmente per gli studiosi: 
e non mancherà di offrire cam¬ 
po ulteriore di osservazioni, di 
esame, di rievocazioni non pri¬ 
ve di interesse. 

















>' * 



TORINO. Il Padiglione DEL Siam (da un acquerello di Carlo Pollini). 






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ESPOSIZIONI DEL igi j 




























002 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


T () R I N O. A T T R A V E R S () L E G A L L E R I E. 



Nella Galleria delle M acciò ne in azione. 





Nella Galleria internazionale di Elettricità 


(fot. Trcvts). 






















































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


223 



r O R I N O. L A M O S T K À DELLE C A M P A N E (fot. Trcvcs). 


La partecipazione del Giappone. 

Il Governo Giapponese ricevette nell’anno 1908 l’invito 
del Governo Italiano di partecipare all’Esposizione inter¬ 
nazionale di Torino 1911; ma in quel tempo l’impero del 
Sole Levante concorreva all’Esposizione di Londra indetta 
pel 1910 e preparava una Esposizione nel Giappone per 
l’anno 1912. Perciò gli espositori giapponesi erano dub¬ 
biosi se potessero prender parte anche nella Mostra di 
Torino. Ma la viva amicizia ognora esistita tra Giappone 
e Italia, e la considerazione che in quest’anno si celebra 
il cinquantenario dell’Unità italiana, decisero la Nazione 
giapponese a partecipare all’Esposizione di Torino con la 
fiducia di rendere così più intimi i legami tra i due po¬ 
poli e di stringere un’efficace alleanza commerciale italo- 
giapponcse. Il Parlamento del Giappone accolse con entu¬ 
siasmo la proposta del proprio Governo di prender parte alla 
Mostra torinese, e tosto si formò una grande associazione di 
espositori per concorrervi, col plauso del popolo giappo¬ 
nese, lieto di associarsi alla grande festa della Nazione 
italiana. 

A cagione delle grandi spese a cui dovette e deve sot¬ 
tostare in questo momento il Governo giapponese, esso 
non potè accettare la proposta fattagli di far costruire un 
padiglione proprio, e si accinse a collocare invece le sue 
mostre nella Sezione delle Industrie Artistiche, offertagli 
dalla Commissione esecutiva dell’Esposizione, che riservò 
al Giappone metà di tutta la parte destra, e altro spazio 
adeguato nelle gallerie delle Industrie manifatturiere e del¬ 
l'Agricoltura. Il totale dell'area così occupata dalla Se¬ 
zione giapponese è di 2G00 metri quadrati. 

Tutti gli articoli esposti sono interamente giapponesi 
sia per la produzione che per la fabbricazione, c com¬ 
prendono i campionari di tutto ciò che potrà interessare 
maggiormente il pubblico italiano specialmente nel genere 
artistico, e che è fabbricato in Kioto, Nagoya e Canazava, 
città che si dedicano esclusivamente ai lavori d’arte. Tali 
articoli comprendono: ricami in seta, tessuti di seta, qua¬ 
dri in velluto, porcellane, smalti, oggetti preziosi, gioiel¬ 
leria, oggetti in bronzo, denti d’elefante lavorati in guisa 
speciale, oggetti in lacca (prodotto esclusivamente giappo¬ 
nese), fiori in seta, ecc.... 

II Governo giapponese spera che la Mostra di tutti questi 
articoli scelti accuratamente fra i migliori, produrrà buona 
impressione sugli Italiani c riuscirà a far valutare i me¬ 
riti dei figli del Sole Levante. 

Nella Sezione dell’Industria manifattrice che si trova 
vieino alla sponda destra del Po il Giappone espone: venta¬ 
gli e mobili in bambù, paglie per la lavorazione dei cappelli, 


carta, seta, giocattoli, bottoni, altri articoli in madreperla 
e spazzole, l’esportazione dei quali oggetti va di giorno in 
giorno aumentando, e inoltre olio di pesce e canfora. 

Nella Sezione dell’Agricoltura, che si trova vicino alla 
Mostra del Ministero della Guerra, saranno esposti: riso, 
thè, pesci in scatola e affumicati, dei quali si esportano 
grandi quantità specialmente nelle Americhe, in Inghil¬ 
terra e nella Russia. Tale Sezione è specialmente importante 
poiché Giappone e Italia sono ambedue per buona parte cir¬ 
condati dal mare e si rassomigliano nel clima, nell’aria, 
nei prodotti naturali e nella produzione delle materie tessili. 

Il Giappone che esporta in Italia adesso principalmente 
seta, tessuti, paglie per cappelli, coralli, ventagli, desidera 
anzitutto di far ben conoscere tutti i propri! prodotti, e 
di potere così avviare e sviluppare importanti interessi com¬ 
merciali tra i due paesi. Tale speranza è fondata sul fatto 
che i rapporti commerciali italo-giapponesi vanno ogni anno 
crescendo, come risulta da questa statistica delle merci giap¬ 
ponesi importate in Italia negli ultimi anni, che salirono: nel 
1908 alla somma di 12.049.360 yen; nel 1909 a 12.118.376 
yen; nel 1910 a 16.834.878 yen. Lo yen vale lire 2.5o. 

I Giapponesi sono spiacenti che dall’Italia non si esporti 
gran che alla volta del Giappone, ma essi sperano che 
coll’attuale Esposizione si potranno combinare innumere¬ 
voli affari con buon esito per ambo le parti. Un’eguale 
speranza dev’essere generale in Italia, la quale può tro¬ 
vare nell’Estremo Oriente ottimi sbocchi commerciali. 

II Governo giapponese espone pure una statistica di 
tutti i prodotti nazionali ed essa sarà visibile a ogni per¬ 
sona che desidererà di vederla negli uffici della Sezione 
giapponese presso le Industrie Artistiche. 

Il Governo del Giappone delegò come Commissario del¬ 
l’Esposizione l’egregio Dott. Tsurumi, segretario del Mini¬ 
stero d’Agricoltura e Commercio e degli Affari esteri, e Di¬ 
rettore dcirimperiale Museo commerciale; perciò chi-desi¬ 
derasse dettagliate spiegazioni potrà rivolgersi al suo uffi¬ 
cio, essendo egli al corrente di ogni cosa, e desiderando 
di fornire ogni possibile spiegazione. 

Il Giappone, così lontano da noi, per confermare e di¬ 
mostrare vieppiù la simpatia che nutre per l’Italia si de¬ 
cise con trasporto a partecipare alla nostra Esposizione 
ed augura un pieno successo a questa nobile festa nazio¬ 
nale e la sicura riuscita della concordia italo-giapponese. 
Tali sentimenti sono nutriti egualmente tra noi in Italia, 
ov’è ancor viva l’ammirazione per l’eroico popolo giap¬ 
ponese e dove se ne apprezzano altamente i meravigliosi 
progressi. Auguriamo, dunque, che la Mostra giapponese, 
che sarà tra le più attraenti nella Esposizione torinese, 
valga a rinsaldare i vincoli d’un’antica simpatica amicizia 
a avviare tra i due paesi attivi scambi commerciali. 


La Mostra della Casa Moderna a Roma. 

L’ing. Edoardo Talamo, direttore generale dellTslituto 
dei Beni Stabili, ha aperto la casa moderna costruita nel 
recinto dell’Esposizione a Piazza d’Armi. E uno degli edi¬ 
fici del concorso di architettura e precisamente della gara 
per case destinate a famiglie di civile condizione. E sud¬ 
divisa in tre'corpi, quello centrale in senso orizzontale di 
fronte al Padiglione delle collezioni etnografiche, gli altri 
due in senso verticale separati del tutto da giardini, ma 
uniti per comunicazioni sotterranee e comprende comples¬ 
sivamente 24 appartamenti di sei stanze principali cia¬ 
scuno. 

La casa, che apparentemente non differisce dalle piii 
comode abitazioni con i suoi ascensori, la copiosa illumi¬ 
nazione elettrica, l’acqua fresca e abbondante, comprend- 
un’ardita e (piasi temeraria novità, che reca una rivolue 
/.ione nei nostri costumi. 

Qual’è il fondamento di questa innovazione? L’aboli¬ 
zione dei domestici, o per meglio dire, una più razionale 
divisione di lavoro e un piii razionale impiego dei lavo¬ 
ratori, diciamo così, della casa con risparmio dì tempo, di 
denaro, e con vantaggi igienici e morali. Ad esempio in 
questi appartamenti, ben dotati di mobilio di studiata co¬ 
modità e di sobria eleganza, la cucina è soppressa e il 
bngno diventato una sala luminosa e gaia come il bul¬ 
inimi romano. 

Ma la cucina, domanderete, dove è andata a finire? In 
un edificio a parte, spazioso come la cucina del maggior 
albergo, vi è tutto l’apparato necessario per le ventiquat¬ 
tro famiglie dalle grandi caldaie alla pasticceria e alla ri- 
governatura dei piatti. Per i pasti è sufficiente una breve 
intesa telefonica con questa cucina centrale e i desinari 
per mezzo di porta carichi giungono nell’anticamera di 
ciascuna sala da pranzo bell’c serviti. Le signore, che deb¬ 
bono perdere buona parte della giornata a pensare al 
pranzo, ad inquietarsi con la cuoca, non crederanno a que¬ 
sta benefica rivoluzione, la quale assicura una maggior 
vigilanza all’educazione dei figliuoli. 

Ecco all’inaugurazione, le impressioni delle molte si¬ 
gnore invitate dalla signora Talamo c dall’ing. Talamo, che 
facevano da par loro gli onori della nuova casa. A molte 
pareva di sognare c di vivere in una società che avesse 
trovato un miglior assetto. Non sappiamo se l’immagi¬ 
noso Wells abbia pensato a dimora siffatta nelle sue An¬ 
ticipazioni. Certo è che la nuova casa di Piazza d’Armi 
merita d’esscr chiamata, anziché “ casa moderna „, " casa 
del futuro „ di un futuro che tutti ci augureremmo pros¬ 
simo. 


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^NTacca (Angelo). L'uomo aulir Alpi. Studi 
IJlUbbU fatti sul Monte Rosa, con numerose 
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°Qw»ì1oo (Samuele). Viaggio d’un ragazzo 
DIIlllLb intor no al mondo. 7.* ediz. 1 00 

ITALIA. 

♦ Danoa-iin (V.). Roma, la rapitale d’Ita- 
DCrbcZlU (jon 295 incisioni . . .25 — 

*PVior>t/-»r» (Edoardo). Chioggia, nella la¬ 
vila.! LUI! guna veneta. Con 15 ine. — 60 

■‘Tlal Rolvn (Carlo). Napoli e i Napolitani. 

UtJl Ddl LKj illustrato da Armemse, Dal- 
bono e Mat ania . . 15 — 

“Fortunatog**’"’. 1 - . R ‘. co : di . d .‘ ì» 

“Modòni (Antonio). Su per l’Etna . 1 — 


°lWnccrt (Angelo). Un’ascensione d'inverno 
ITlUbbU al Monte Rosa. 2.“ ediz. . . 1 — 


°IW/-ko~z\ (Angelo). Vita moderna degli Da- 
IVlOSiO u anU Saggi.4- 

*lVIiin 1’7 (Eugenio). Firenze e la Toscana. 

ITIUI1 IL Paesaggi, monumenti, costumi e 
ricordi storici. Illustrato da 367 disegni, 30 — 

*Vnilliar> (Gastone). La Sicilia. Impres- 
V Umici sioni e ricordi. Con270ine. 20 — 

Ck\j (Francesco). J musei del Vaticano. 
»» “j Con 52 incisioni. Nuova edizione. 3 — 


*Vriorfa (Carlo). Le rive dell’Adriatico e 
* 1 idi LtJ il Montenegro. Un volume di 584 
pag. con 257 ine. e 2 carte. Nuova ediz. . 20 — 

Vniontn (Carlo). Trieste e l’Istria. Con note, 
I 1 idi Lt? 28 incis. e 2 carte . . . .2 — 

ALTRI PAESI D’EUROPA. 

+ Rar*ta1ini (Gino). L’Anima del Nord. 

XJCl LUI 1X11 studi e viaggi attraverso Nor¬ 
vegia, Svezia e Danimarca. Con 129 incis. 10 — 

°D 0 nf nlìni (G-)- Tra Mussulmani e Slavi, 
Del LUI 1111 j n automobile a traverso Bo¬ 
snia ed Erzegovina, Croazia e Dalmazia. Un 
volume di 276 pag. con 80 ine. fuori testo. 6 — 

ORrunialti (Attilio). Gli eredi della Tur- 
Di Uilldlll ehia, studi di geografia politica 
ed economica sulla Questiona d’Oriente. Voi. I. 
Grecia, Bulgaria, Serbia, Montenegro, l’Austria- 
Ungheria nella Bosnia.3 50 

°CarlettÌ (Tommaso). J ‘ a P us -V a contem- 


poranea, nuovi studi 


4 — 


Da ll’Ital ia a Vienna , Con 38 in. 2 — 

Dargaud e Nogaret. 

l'interno dell’Islanda. Con 72 inc.e 2 carte 3 — 


*nniMllior» (Carlo). I.a Spagna. Un volu- 
DdV lllltJI me di 1026 pagine, illustrato 
da 849 incisioni di Gustavo Dorè. . . 20 — 

* -Edizione di lusso.40 — 

°Tìa A wiinic (E.). Olanda. 18*edizione ri- 
B'O AlIllUb veduta dall’autore . . 4 — 

orlo A tv»inic (E). Costantinopoli. 30*edi- 
DtJ iLIIllLlb 7 ,ione. 2 volumi. ... 5 — 

+- Edizione illustrala da C. lliseo . . 10 — 

“DeAmicis d> ì 1 - 

Tic» A minio (E.). Ricordi di Londra. 25* 
itIIllLlb edizione. Con 22 incis. 1 50 

TVp Pnetpr* (Caldo) I.a Zelanda. (Neerlan- 
UU Ldlalol dia). Con 50 disegni, una carta 
geografica e una pianta.3 — 

0 F1q T-TnVin (A.). La Bulgaria dei Bulgari. 
Do nuilll j^te sulla rivoluz. di Kilippo¬ 
poli, e sulla guerra serbo-bulgara (1886 ) 3 50 

O ninfolln\ 7 i (Giovanni ).ITedeschi nella 
DlOLdllfc/Vl v ita moderna. . . . 3 50 

+ Imperiale di Sant’Angelo ( s c a : 

re). Una crociera del yacht «Sfinge» (Spagna 
e Marocco). Con illust. di A. Della Valle. 4 — 

Hari (W.). La Svizzera, con illustra- 
xVa.LlOll z ioni di Alessandro e Arturo Ca¬ 
larne ed altri celebri artisti. Un volume di 630 
pagine, con 436 ine. intercalate nel testo 10 — 

* -Edizione di gran lusso.30 — 

Serbia durante la 
1876. Con 40 ine. 2 — 


T 0 77 5 »pf» (Nicola). La I 
LtclLLtxL U querra del 187t 


+1 nmnnnipr (C.). Il Belgio. 2 volumi, 
DOIilUIlIllOl con incisioni e carte. 20 — 

*r amnnnÌAP (° ) Anversa. Un volume 
LiOillUIlIlloi di 208 pag. con 41 ine. 3 50 

oiVTqT ifonrQ(Paolo). Ricordi di Spa¬ 
lli cIIILv^cILLlI g na e dell'America Spa¬ 
glinola . 2 50 

“Mantegazza < Vi00) ' ^ m6Si in Bul 


garia. Con incis. 


4 — 


°Mortorro 770 (Vico). Macedonia. Con 41 
ITldllLegdALd incis. e 1 car ta. L. 4 — 

^IVrn vit a rv-n mn (\ ico). La Turchia libe— 
lTld.Il LUgcLLLd ra i e 0 j e Questioni Bal¬ 
caniche. Voi- di 470 pag., ili. da 48 ine. 6 — 

f lYInc:cn (Aogelo). Escursioni nel Meditrr- 
uiuaau ranco e gli Scavi di Creta. Con 
176 fotoincisioni 0 due tavole fuori testo. Nuova 
edizione con raggiunta ili tre capitoli, di nu¬ 
merose incisioni e di due tavole a colori 12 — 

MnCSfl (Angelo). L.c origini della civiltà 
itUlooU mediterranea. Con 187 incisioni e 
una tavola a colori. 12 — 


°IWn1tkp (mar., conte di). Lettere dalla Rus- 
IllUILlVu gfa dirette a sua moglie nel 18-56. 
Queste lettere sono seguite da La nuova Russia, 
compendio dei recenti studi di Molinari, Wesse- 
lowsky, Wallace, Trubetzkoy ed altri . 2 — 

Il Volga, mar Caspio e mar Nero. 


Moynet. 


Con 48 incis., carte e piante. 3 


°MnrH q li (M ax > Parigi sotto la terza re- 
lvUl UdU pubblica, nuovi studi e bozzetti 
. . ... 4 — 

, ___ in Germania. 

Un volume di 360 pagine , 4 — 

moderna. 
. . 3 — 


dal “ vero paese dei miliardi 
(Felice). Vivendo 


°Pagani 


Pennazzi 


(Luigi). La Grecia 
Con 31 incisioni . . 


opimrn *-» n 11 ì (Emilio). Caledonia. 2 voi. di 
riovaneill compì. 082 pag. ... 7 — 

*Russia (La) descritta e illustrata da Dixon, 
Biancardi, Moynet, Vereschaguhie, Ilenriet e 
Vambéry. 2.* edizione, con un’ampia conclu¬ 
sione del professore Angelo De Gubernatis. Un 
volume in -8 di 800 pagine con 406 incisioni 10 — 

°Pv>o r i (Marcello). Gli Inglesi nella vita nw- 
1 1 dii de rna . .350 

°Qnn rvpnrrl Ir» Ln Levanteea traverso iBal- 
DUdl lUg 1IU halli. Note e ricordi . 2 50 

Stroobant e Carnot. | l Z£™nl 

Con una carta e 40 incisioni.3 — 

°TumÌatÌ (B° m 0 ni c °)* una primavera in 
Grecia. ....... 3 t) 


Y'pìopfp (Carlo). Il Montenegro. Con 43 in 
X 1 Idi LO cÌ 8 ioni e una carta geogr. . 2 50 


°VrÌnrtP (GaUo)- La Bosnia e l'Erzego- 
1 X Leti LO x-ina durante V insurrezione, 
note di viaggio. 1 — 

REGIONI POLARI. 


+ Armindcon (Roald). Il passaggio . 
rtlliuuuscii O? est. 11 mio viaggio a 

L'nlli fllAtl TTlI r rtl ili IMO finn. n ,. ■» 1 


Nord- 

..— . a! Polo 

sulla “Gj 8 a„. Un voi. di 640 pag., con 140 in¬ 
cisioni e 3 carte geografiche a colori. . 10 — 

-t Duca (capitano 8 . A.). Verso il Polo Sud. 

DLloO Memorie della Spedizione Antartica 
diretta dal prof. Nordensbjold. Con 148 inci¬ 
sioni e carte. 5 — 

IJo VPQ (Isacco J.). La terra di desolazione. 
Ilajca Con 27 incisioni e una carta. 1 50 

In mejjo ai ghiacci, viaggi celebri 

al Polo Nord di Sir John Franklin, Rane, Mac 
Clintock, Ilayes, Hall, Tyson, IIegemaiin,,Kolde- 
vey, Payer e Veyprecht, Nordenskjóld. Nares, 
Klutschak,De Long e Greely, narrati dai viaggia¬ 
tori stessi, con prefazione, del prof. G. Dalla Ve¬ 
dova. Un volume di 1000 pagine, illustrato da 
321 incisioni, e una carta delle regioni polari 
secondo le ultime scoperte (1888), preparata dal 
prof. G. Dalla. Vedova. 6 — 

^IflntQpVlQlr (Enr.). Da Eschimese fra 
gli Eschimesi, racconto del¬ 
le avventure della spedizione Schwatka alla ri¬ 
cerca di Franklin negli anni 1878-79. Un voi. di 
444 pagin e, con 43 incis. e 3 carte geogr. 8 — 

•Le ultime spedijioni polari : 

Il viaggio della./e«miet(e e la Spedizione Greely, 
o Gli affamati al Polo Nord. 137inc.e2carte 13 — 

Nordenskjold 

del jiassaggio nord-est fra l’Asia e 1’ Europa 
(1875-76), narrato dal capo stesso della spedi¬ 
zione. Due volumi col ritratto dell’autore, 468 
incisioni e 18 carte geografiche . . . .26 — 

Nnrrìpn<;kinlrl (A. e .). La nuova spe- 
mjl UCIlblAJUlU dizione in Groenlan¬ 
dia, i ghiacciai dell’interno (islandis) e la co¬ 
sta orientale. Con 139 incisioni e 5 carte. 12 — 

*PP9rV (Roberto E ). J.a Scoperta del l’oto 
X Ceti j y 0r g. Con 400 incisioni fuori testo. 
8 tavolo a colori o una grande carta, . 15 — 

+ SVmpk]pfnn ( E La Conquista del 
OlldLlVlcLUIl / do Sud. Due volumi con 

265 incisioni in nero, 12 tavole a colori, 2 fron- 
tispizii in eliotipia e una grande carta. 30 — 

HTvcnn (Giorgio). La zattera di ghiaccio. 
A J Naufragio del Polaris. Con 29 ine. 

e nna carta geografica . . 1 50 

ASIA. 

Asia Minore e Turchia, di m ou - 

stier, Jerusalemy e Proust. Con 42 incisioni e 
una carta.i ó0 

+ Do r» 7 ? r» i (Luigi). La battaglia di Mukden, 

xjci i z,ini riccamente illustrata da 52 inci¬ 
sioni, 15 piante e una grande Carta segreta del- 
P armata giapponese, riprodotta per speciale 
autorizzaziono dello Stato Maggiore. . 6 — 

VntpUnni (Enrico). L’Estremo Oriente e 
laiciiaii i e sue [ 0 it e> con 6 carte 5 — 

e Si- 

... viaggio 

nell’estremo Oriente al seguito di S. A. R. il 
Duca di Genova. Un magnifico volume di 500 
pagine, con 223 incisioni e 12 carte . . 15 — 

°De Gubernatis ( , An?el0) - In Terra 


Vfipmn (conte L.). Giappone 
Ddl VOI me beria Note di un vii 


santa. 


4 — 


+ (Giovanni). Il Giappone mo- 

A'^ll-l^vlb derno. Con 192 incisioni. 3 - 

’ h Dll Tfl ì 11 ì <? (Giovanni). Pelino-Parigi in 
du idillio automobile, con prefazione di 
Mario Morasso. lllustr. da 60 fotoincis. 6 — 

*Ppflplp (Adelfredo). Il Giappone nella sua 
X cucio evoluzione. Studi e ricordi di nna 
campagna nell’Estremo Oriente compiuta con 
la R. Nave u Vettor Pisani „ durante gli anni 
1903-1904. Un volume con 20 incisioni, una carta 
e sei grandi quadri a dolori . . . .; . 10 — 

vi nn (Manfredi). La Cina dopo il Vaio. 

di a vma y n volume di490 pag., illustrato 

da 88 ine, e 2 carte a colori fno ri testo. 8 — 

+ f o hhp (Faolo). L’Isola di Sakalin. Unvo- 

iu<xvkj\3 lume con 18 incisioni e prefazione 
del professor G. Ricchieri.L. 3 50 


0 JVTQnf'PO'£i' 7 ’ 7 Ci ( p -)- India - 4 - il edizione 
iildIlLcgdZ<Z<d illustrata da 32 incisioni, 

con una nuova prefazione.3 50 

eTVTrklflro (maresciallo, conte di). Lettere 
IflUlLKt) dall’ Oriente (1835-1840). Tradu¬ 
zione autorizzava dall’autore. 2 .“ edizione ita¬ 
liana. Un volume di 400 pagine .... 3 — 

°Perolari-Malmignati %ì‘ p fr il 

Siria, note e schizzi. Un voi. di 244 pag. . 2 50 


* 


viaggio nel- 
e nel Ben- 


Sven-Heclin 


Un voi. di 6148 
4 — 


Rmiccplpf 'huifù)- L’India 
DUUbbcicL l'india centrale --- 

gain. Un magnifico voi. di 638 pag., con 80 ta¬ 
vole e 303 incisioni intercalate nel testo. 40 — 

Co vìn t Pietro).// Giappone al giorno d’oggi, 
OdV 1 U nella sua vita pubblica e privata, po¬ 
litica e commerciale. Viaggio nell’interno del¬ 
l’isola e nei centri sericoli eseguito nel 1874. 2.* 
edizione. Un volume di 220 pagine, corredato 
di 4 nuove carte geografiche, e 31 ine., nonché 
dei bolli dei cartoni seme bachi da seta . . 3 50 

+ Schweiger-Lerchenfeld.,i }ì £ 

Un volume di 840 pagine, con 216 incis. . 15 — 

Trans - Himalaja <Sco¬ 
perte ed avventuri• nel 
Tibet). 2 voltimi con 2 -7 incis. e lOcar e 25 — 
-In prepar.: In Persia attraverso l'India. 

'Thompson e Choutzé. §£ $2^; 

di 420 pagine illustrato da 167 incisioni tolte da 
schizzi e fotografie dell'autore . . . . 3 — 

AFRICA. 

Alla ricerca delle sorgenti 

del Nilo, viaggi celebri dei signori Bur- 
ton . Spelte, Grant. e Baker, 
pagine, con 144 incisioni . 

* A imi nni (Luigi). Diciotto mesi al Congo. 
rii Uldlll Con 148 fotoincis. e2carte. 3 50 

Rnkpp (^ am -)- Ismailia (Gondokoro). Rac- 
DdrVci (jonto d’una spedizione armata nel¬ 
l’Africa Centrale per l'abolizione della tratta dei 
neri (1869-70). Con 60 ine., carte e piante . 3 — 

! Ri SD PÌli (Gustavo). Alla Terra dei Galla, 
DidllLIXl narrazione della spedizione Bian¬ 
chi in Africa nel 1879-80. Nuova edizione (1885) 
corredata da una prefazione biografica di At¬ 
tilio Brunialti e da una carta della regione per¬ 
corsa da Gustavo Bianchi. Con 1014 incis. 20 — 
v-Nuova edizione economica illustrata. 8 50 

R|o np 1 prigionieri di Teodoro e la cam- 
DidilL. pagna inglese d’Abissinia. 4.“ edi¬ 
zione italiana illustrata da 18 incisioni, con la 
carta geografica dell’Abissinia .... 1 50 

°Rr’iinÌQlfi (Attilio). Algeria, Tunisia e 
DI Uii Idi LI Tripolitania. Studi di geo¬ 
grafia politica sugli ultimi avvenimenti afri¬ 
cani. Con una carta della Reggenza di Tunisi 
e delle regioni limitrofe.3 50 

f 1 c»mor*ivn (V. IL). Attraverso l’Africa. 
Vdlllcl UH viaggio da Zanzibar a Ben- 
guela. Due volumi con 1146 incisioni, il ritratto 
dell’autore e 4 carte e piante. 6 — 

TpppVli (Gap. Ant.). L’AMssinia. Con due 
VCLUll g ran( ji carte, costrutte apposita¬ 
mente dall'autore in base alle più recenti sco¬ 
perte. 7.* edizione.3 — 

+TV Alhpntic (capitano E. A.). I.a Crociera 
-niuci Lio del Corsaro alle Azzorre. 
Con 21 incisioni e 7 carte. 6 — 

D ’ A 1 hpr»t 5 o (capitano E. A.). Una gita al- 
xLlUcl Lib l’Narrar. Con 62 ine. 3 50 

TV A 1 hprtic (capitano E. A ). Periplo dol¬ 
ly tiiuci Lia l’Africa. Con 540 incisioni e 
tro carte a colori. 20 — 

°De Amicis 21 5 a f: 

4'- Edizione illustrata da Ussi e Biseo. 10 — 

TqqpI (Arturo). Viaggio nel mar Rosso e tra 
laoUi j Eogos. 4.* edizione in -8 (1885), illu¬ 
strato da27 ine. con un’appendice sul Mar Rosso 
nei suoi rapporti coll’Italia dopo il 1870. 3 50 

°T (G- B-)- Assab e i Danàcliili. 2.’ ed. 

VlLdld 00 i ritratto dell’autore . . 1 — 


T Ivìn o’ctnnp (G-). Lo Zambese e i suoi 
viviiigaiUllc affluenti, secondo viaggio 

(1858-1864). 3.* edizione. Con 31 incisioni e 3 
carte geografiche.2 50 

(D.). L'ultimo giornale. Con 
28 incisioni .... 2 50 


Livingstone 


i vi D oectnTl P (B'b I in Africa. 

DlVillgbLUIlU con 80ine. e 3 carte 4 — 


'Mantegazza 


(V.). Da Massaua a Saati 
(1888). Con 74 ine.. 6 — 


' IVTq ti fprrn 770 (^ico). Il Marocco e V Eu- 

if ldllLt?j^d/iAd ropa illustrato . . 3 50 

(Vico). Il Benadir. Con 33 
incisioni e 3 carte . 5 — 


'Mantegazza 


* rVT Q pf i TI i (Ferdinando). (Deputato e mem- 
XfXdl um ) jro della, R. Commissione d’in¬ 
chiesta per la Colonia Eritrea). Nell’A ffrica Ita¬ 
liana, impressioni e ricordi (1891 ). Ediz. illustrata 
riveduta dall’autore, con 150 incisioni, 2 carte 
geografiche e numerose note ed aggiunte. 5 — 

+-Nuova edizione economica con 2 carie, 

note ed aggiunte. 2 — 

°Pnnlì (R®» a to)- Nella Colonia Eritrea. U- 
1 dUll lustrato da fotogr. fuori testo. 4 — 

“Perolari Malmignati %&££ 

Egiziani (1885). 3 50 

L’Autore racconta la ribellione di Aràbi 
pascià, l’occupazione inglese e l’invasione 
colerica, avvenuta durante il tempo ch’era 
console italiano al Cairo. 

*Pptpr>c (dr. Carlo). Un po’ più di luce sul- 
x etcì o l'Africa tenebrosa, relazione sulla 
Spedizione Tedesca per Emin Pascià. Un vo¬ 
lume riccamente illustrato da 32 tavole fuori 
testo e 80 disegni intercalati, dal ritratto del¬ 
l’autore e da una carta a colori. . . . 12 50 


V Oasi di 

Giove Aminone. Un voi. in -8 di 370 pag. con 163 
incisioni e una grande carta geogr. . .12 — 

: RrtCCÌ (Adolfo). Inglesi e Boeri, a t t raverso 
AUbbl l'Africa Australe e il Transvaal. 
Con 28 ritratti, 60 incisioni e una grande ta¬ 
vola a colori del Teatro della Guerra. L. 2 50 

+ Comvo Pintr» Come ho attraversato 
ocl pd XAIILU. l’Africa, dall’Oceano 
Atlantico all’Oceano Indiano, per regioni in¬ 
cognite. Due voi. con 167 incis. e 8 carte £0 — 

4-Cf „ rilpv (®*)« Attraverso il Continente Ne- 
O Ldlllcj ,. 0) ossia 7,e sorgenti del Nilo , i 
grandi laghi dell’Africa Equatoriale e lungo 
il fiume Livingstone fino all’Oceano Atlantico. 
Con 150 incisioni e 7 carte geografiche, fra 
cui una grandissima carta geografica dell’A¬ 
frica Equatoriale.12 — 

RtnnìPV avventure e scoperte, 

OLdlllcj attraverso l’Africa Equatoriale 
(Novembre 1874-Settembre 1877). Lettere al 
Kew-Yorlc Herald e al Daily Telegraph, con 
45 incisioni e una carta. ...... 3 — 


°RtnnlPV (®*)* l-a liberazione di Va 
D LdlHCjr ,vc*Y) narrata nellesueletti 


■^tfinlPV (E ')' Ffaffpi alla ricerca di Li- 
OLdlllCjt %-ingstone. Come io trovai J.ivivg- 
stone e Attraverso il Continente Nero. Con 102 
incisioni, il ritratto dell’autore e 3 carte. 4 — 

Emin-Pa- 
1 lettere.Tra¬ 
duzione italiana con un’appendice sui viaggi e le 
avventure del capitano Casati, dalle sue lettere. 
Un voi. di 276 pag., con 4 ritratti e 2 carte. 1 50 

'StnuloV (F-)- Nell'Africa tenebrosa. Re- 
OLdlllcj iasione autentica dellasua ultima 
spedizione, ricerca, liberazione e ritorno di 
Emin, governatore della Provincia Equatoriale. 
L’ edizione italiana è perfettamente conforme 
all’edizione originale inglese. Due grossi volumi 
di complessive 1200 pagine, con 150 incisioni e 
13 calte .1.“ edizione.25 — 

- c Mounteney-Jephson. 

Emin pascià; capitano Casati e la Ribellione 
all’Equatoria. Un volume di 466 pagine con 
47 incisioni, una carta geografica e un fac-si- 
mile della lettera del Mahdi.IO — 

°Tiim?oti (Domenico). Tripolitania. Un 
1 LI 111 Id Li volume di 340 pagine. . 3 50 

Tunisi, viaggi di Crapelet .Rebatel eTirant, 
seguiti da I.e rovine di Utica, di A. Daux, e 
li mare Saharico e la spedizione italiana in 
Tunisia, del dottor A. Brunialti. Con 57 inci¬ 
sioni e 2 carte.3 — 

AMERICA. 

Rr>llW 9 Pr>th (B -)' Chicago e T Esposi- 
uk u w aci in zione universale Colom¬ 
biana del 1803. Con 62 disegni.... 3 — 

Rnr>tr»r» (Riccardo). J Mormoni e lacittàdei 
DUI LUI! Santi. Con 31 ine. e 1 carta. 2 — 

D ’AlRpvfio (capitano E. A.). Crociera del 
/ilUoI Llb “ Corsaro „ a San Salvador, 
la prima terra scoperta da Cristoforo Colombo. 
Con 5 tavole a colori fuori testo e 35 ine. 3 50 

Dì VOTI (Guglielmo Hepwort). la Conquista 
DI AUI1 Bianca. Con 121 incis. e 3 carte 5 — 

nallpTirro (A.). La Perla delle Antille, 
UdllcIIgd Q on y jncis. ed una carta 1 50 

Il Parco Nazionale degli Stati 

Uniti, tre spedizioni di Doane, Hayden e 
Langford, seguito da I.a Svizzera Americana, 
spedizioni di Hayden e Witney. Con 61 inci¬ 
sioni e 1 carta.3 — 


0 


Lombroso-Ferrero 

dionale (lirasile-Uruguay-Argentina), note e 
impressioni.4 — 

°T , ii-toti (Cesarina:. Vita Argentina. Argen- 
DUpdLl tini e Italiani al Piata. . . 3 50 

(Angelo). La Democrazia nella Re- 
liiuabU Ugione e nella Scienza. Studi sul- 
l’A sierica .4 — 

Oj 0 1 ti (U^O ). L’America e l’avvenire. 1 — 

°Pppnrirtì (Alberto). Gli Americani nella 
X CLUI IIll vita moderna .... 5 — 


Terolari Malmignati % 


(P.). Il Pe¬ 
rù e i suoi 

tremendi giorni (1878-81). Pagine di uno spet¬ 
tatore .3 50 

Poussielgue FLoHda \ Con 3 

Pppl,,Q (A.). L’Istmo di Panama. Con 100 
nt/LlUb ine. e una carta geografica . 3 — 

°Ppqo Q p« (F.). Alle rive del Piata, viaggio 
ncbdbUJ nella Repubblica Argentina e a 
Montevideo (1890). 2.* edizione .... 5 — 

Q?rv»r»r»ìr» (B.). Attraverso agli Stati Uniti, 
OilIIUIllII d a ])’ Atlantico al Pacifico. Con 
56 incisioni e 7 carte geografiche . . . 4 — 

Vigneaux nel Messico. Con 


44 incisioni e 4 carte 


°Winderling 


(G-). 

vira 


Ricordi 


2 — 

d’ Ame- 
. . 4 — 


OCEANIA. 


Rnttnni (Antonio). Da Genova a Dataria. 
DULLUU1 Q on 3 ^ incisioni e una carta 3 — 

’XT'q y»i qttvit - (G.)- Quattordici anni alle 
.Ut/ V di lgliy isole Sandwich (Hawaii). 
Con 27 incisioni e due carte.2 — 

P ieri ini ì ( E< H.). I Tasmaniani. Con 20 in- 
UTgllUH eisioni e una carta geogr.. 2 — 

PoilViàc (A.)- L'Arcipelago Tahiti e le isole 
r dilIIUb g e i Pacifico. Con 42 incis.. 2 — 

p Qvn nl (Edoardo). Il nuovo Robinson 
Hdyildl Crusoè, ossia I naufraghi delle 
isole Auckland. 6 * edizione italiana. Con 28 
incisioni e una carta geografica. ... 2 — 


DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, MILANO, VIA PALERMO, 12 , E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64 - 66 * 68 . 























































































































































































































































FASCICOLO i 5 ° 


LE ESPOSIZIONI DEL 191 t 


220 


ROMA. INAUGURAZIONE DEI NUOVI PADIGLIONI DELLA MOSTRA ETNOGRAFICA. 



Il Padiglione delle M a r c ii e. 



Il Padiglione d ell' U m b r i a (R>t. MoiinarìL 























226 


L E E S P O S I Z I O N I DEL 1911 


I Padiglioni delle Regioni alla Mostra Etnografica. 


Padiglione delle Alarche. 

Il i5 giugno furono inaugurati in Piazza d’Ar¬ 
mi, i Padiglioni delle Marche, c i gruppi dell’A¬ 
bruzzo, dell’Umbria e della Sardegna. II piti im¬ 
portante è il Padiglione delle Marche che desta 
ge n crai e amm i rn z : 0 n e. 

E un leggiadro e rigoglioso fiore del Rina¬ 
scimento, che sorto robusto e saldo dal suolo 
roccioso, drizza verso il sole, a guisa di smi¬ 
surato pistillo, la sua torre a gridar il saluto di 
liberazione e di gaudio. L’aspra, chiusa e cupa 
muraglia medievale si è rotta, si è abbattuta, 
e quale rosa primaticcia s’apre il nuovo edifìcio 
con i grandi archi, le frequenti bifore, gli ampi 
veroni alla gioia della luce e alla gioia della vita. 

Nè poteva esser diversamente. Scarse sono 
nella regione le traccie dell’arte medievale, ove 
si tolga l’architettura sacra, scarsi sono i deliri 
del Seicento e i fasti del Settecento. Le Marche 
eccellono neH’equilibrio di grazia c di forza dato 
dai secoli XV e XVI. E per influsso delle vi¬ 
cine contrade, specie della Toscana e dell’Emilia, 
o per naturale disposizione deH’ingegno marchi¬ 
giano? La storia artistica, non men che apo¬ 
litica, starebbe per la seconda ipotesi. Quel mi¬ 
scuglio di stirpi che dette origine alla popola¬ 
zione marchigiana — del resto non ancora etni¬ 
camente ben determinata risentendo al setten¬ 
trione la vicinanza dei romagnoli e al mezzo¬ 
giorno degli abruzzesi — è forse causa di que¬ 
sto armonico temperamento di doti e di energie, 
che sfugge da ogni eccesso. Le antiche tribù 
italiche sotto il segno del picus, il loro “totem,, 
sacro, s’incrociarono con gli umbri e con altri 
italici, con genti immigrate dall’ Il liria e con i 
Dori della Grecia, e sotto il segno dell’aquila 
di Roma si fusero in un sol popolo; ma delle 
buone qualità di ogni elemento etnico originario 
nessuna andò perduta. 

Quello stesso equilibrio, che guidava il genio 
di Giuseppe Sacconi a temperare sulla vetta del 
Colle Capitolino la grandiosità romana e la gra¬ 
zia ellenica, trionfa, nell'arte marchigiana che 
fiorì ed ebbe sue impronte unicamente nel Ri- 
nascimento. La scelta non poteva esser dubbia 
sullo stile del padiglione. Ma a Guido Grilli, si 
presentavano varie vie di esecuzione: o inventare 
liberamente sullo stile prescelto, o copiare un 
dato edilìzio, o fondere elementi diversi in una 
costruzione nuova. Scelse l’ultima, la più diffi¬ 
cile, e con parti reali dei vari edilìzi delle Mar¬ 
che fece un’opera mirabile di originalità, di ele¬ 
ganza, di armonia. 

11 bellissimo padiglione, che entra vittoriosa¬ 
mente nella fila dei piti ricchi e dei più lodati 
di Piazza d’Armi, non appare allatto come un 
mosaico di cento e più elementi diversi, ognuno 
tratto da un paese diverso delle Marche, ma 
come un tutto uscito dalla mente geniale del 
Grilli, il chiaro architetto anconetano, degno 
discepolo del Sacconi. 

La torre merlata arieggia quella celebre di 
Gradara, e anche quelle di San Benedetto di Monte 
bario, di Recanati, di Acquata. È il segno della 
regione, così feconda di architetti e ingegneri 
militari, primo fra tutti quel Paciotto, che fece 
fortificazioni per mezz’ Europa, ed anche per 
Emanuele Hlibcrto di Savoia. L’arcone centrale 
è ispirato al Palazzo del Podestà di Fabriano, 
il coronamento sotto il tetto a Sant’Agostino di 
Fermo. 

Sulla facciata a tramontana vi sono traccie 
del Palazzo Benincasa di Ancona, una porta di 
| or di Palma collegata con una finestra della 
Sant Agostino di termo, c una serie di finestre — 
un magnifico poema di terracotte — del palazzo 
Malatestiano di t ano. Nella facciata posteriore 
evvi lo stemma imperiale di Jesi, gli archi della 
Madonna del Buon Gesù di Fabriano e alcune 
porte e finestre della severa e robusta architet¬ 
tura ascolana. E nel quarto lato spicca come 
gioiello la loggetta del Palazzo Ducale di Urbino. 

La corte ha le scale a giorno con elementi 
del Seminario, del Brefotrofio di Fano e del Pa¬ 
lazzo Bugile di Recanati. Ere porte ricordano 
Pesaro: la porta di casa Colennuceio, una porta 
del Palazzo Ducale ed una autentica di ferro 
battuto, prestata dall’Ateneo. 

Nel mezzo un bel pozzo anconetano di via 
della Loggia. 

L’interno è tutto un inno alla civiltà e alla 
gloria delle Marche. Pensate: dal Bramante al 
Sacconi, da Raffaello agli Zuccari, dai Malate- 
sta al generale di Montevecchio, dal cartografo 
Benincasa all’esploratore della Cina Matteo Ricci 


da Iraiano Boccalini da Cecco d’Ascoli a Gia¬ 
como Leopardi.... E tra questi, nomi universali 
nelle arti e nelle lettere. 

E chi dicesse che quel temperato equilibrio 
di facoltà abbia tolto ai marchigiani l’energia 
dell’azione, ecco apparire Federico da Moltefel- 
tro, anima di grande principe in guerra e in 
paese, il quale avrebbe meritato, se non vi fosse 
stato un dominio temporale della Chiesa, la for¬ 
tuna di essere re d’Italia. Poche anime come la 
sua furono piti degne d’impero. La gloria vive 
in Urbino, come in questa miranda rievocazione 
della Patria. 

Le sale sono dedicate agii illustri marchigiani 
e alle arti proprie della regione. Procediamo per 
ordine. Primo a sinistra di chi entra si presenta 
la Sala Montcvccchio. E decorata alla maniera 
quattrocentesca con gli stemmi delle quattro 
provincie e con il motivo araldico del Picco. 
Quivi è ricordato il generale morto per ferite 
in Crimea, Rodolfo conte di Montevecchio, che 
fanese prestò la mente, il braccio, la vita all’u¬ 
nico esercito nazionale che v’era ai suoi tempi. 

La Sala dell'Adriatico è il soffitto della sa¬ 
crestia del Duomo di Ancona. Le pareti sono 
decorate da un bellissimo fregio pittorico raffi¬ 
gurante l’Adriatico con le variopinte paranze 
marchigiane e colicgate con motivi che, spie¬ 
gati da motti latini simboleggiano la fertilità, 
Pubertà e le industrie della regione picena. 

Sala Leopardi. Segue la sala consacrata ai 
poeti e letterati delle Marche, da Cecco di Ascoli 
a Guidobaldi Bonarelli, ad Annibai Caro, al poeta 
patriota Luigi Mercantini, autore dell’Inno di Ga¬ 
ribaldi. Su tutto trionfano i ricordi di Giacomo 
Leopardi. Il soffitta è la riproduzione di uno 
simile in terracotta, esistente in Ascoli. 

Sala Sisto V. È la sala dei papi: da Gio¬ 
vanni XVIII di Rapagnano del secolo XI a Si¬ 
sto V, l’ultimo grande papa, a Pio IX. ^ ri¬ 
prodotto il soffitto di Crocciti di Ascoli. 

Sala Mamiani. u. la sala dei filosofi, politici, 
giuristi, teologi, geografi, fisici. Ivi sono ricordati 
i giuristi Bartolo da Sassoferrato, Alberto Gen¬ 
tili, il geografo Grazioso Benincasa, Trajano 
Boccalini, Bartolomeo Eustacchio, Andrea Bacci, 
Benvenuto Stracca, Carlo Rinaldini, Francesco 
Puccinotti e infine Terenzio Mamiani della Ro¬ 
vere filosofo, poeta, storico e politico, È ripro¬ 
dotto il soffitto del Seminario di L'ano, impor¬ 
tantissimo per la sua originalità. 

Sala Rossini. È il salone dei musicisti, dove 
vengono ricordati il Pergolesi, lo Spontini, il Ros¬ 
sini, il Vaccai, il Mancini, Lauro Rossi, Filippo 
Marchetti ed ancora il fossombronate Ottaviano 
Petrucci, inventore dei caratteri mobili musicali, 
e Luigi Zucconi, storico musicale del sec. XVI. 

Il soffitto riproduce quello del Palazzo della Santa 
(Fano). 

Sala Raffaello. Si passa quindi al salone de¬ 
gli artisti, architetti, pittori, scultori: da Gentile 
da Fabriano, dai fratelli Salimbeni, da Timoteo 
Viti al Barocci, al Lilli, ai Fratelli Zuccari, al 
Maratta, al Matas, a Francesco Podesti pittore, 
ad Ercole Rosa scultore. 

Tre nomi giganteggiano : Bramante, Raffaello, 
Sacconi, 1 ultimo grande artista marchigiano, cui 
tutta 1 Italia decretava nei passati giorni l’im¬ 
mortalità. E riprodotto il soffitto dell’ex Con¬ 
vento di San Domenico a Pesaro. 

Sala l\uci. L ultimo salone è quello degli uma¬ 
nisti, degli eruditi: da Cariaco di Ancona, Pan¬ 
doro da Colenuccio, da Angelo Colucci, da Fran¬ 
cesco P ileifo al Padre Matteo Ricci, il primo 
grande descrittore dell'Impero Cinese, al Com¬ 
pagnoni, a Colucci Giuseppe, al Lancellotti, al 
l erotti, al Lanzi. Il soffitto è copia di quello 
esistente nel palazzo dei Conti Castracene (Fano). 

Busti, ritratti, opere, autografi, cimeli comple¬ 
tano le memoria delle glorie marchigiane. 

V'è un magnifico ritratto di scuota francese 
di Gaspare Spontini, con suoi autografi, il ri¬ 
tratto di Terenzio Mamiani, i busti di Lauro 
Rossi e di Raffaello Sanzio, la lucerna, il cala¬ 
maio e il tappeto dello scrittoio di Giacomo Leo¬ 
pardi, gentilmente offerti dalla Famiglia dei Conti 
Leopardi. 

Sala c studio del Duca Federico. Il gioiello del 
Rinascimento, il Palazzo Ducale di Urbino, ha 
giustamente uno speciale posto d’onore. In un 
ampio salone sono armonicamente riportati ele¬ 
menti artistici del palazzo, il camino degli An¬ 
geli, due porte con lunette e ricche tarsie, due 
finestre bifore, gli stucchi del salone, degli arazzi. 

Accanto vi è fedelmente riprodotto lo stu¬ 
dio del grande Federico. 


Sala della Maiolica. È decorata con cerami¬ 
che appositamente eseguite, su disegni dell’ar¬ 
chitetto Grilli, dalla Ditta Molaroni di Pesaro. 
Conterrà una illustrazione delle antiche cerami¬ 
che marchigiane del Ducato di Urbino (Pesaro, 
Casteldurante e Urbania) Urbino, Esanatoglia, 
Fabriano, ecc. La decorazione moderna starà 
a dimostrare come anche ora tale arte non ab¬ 
bia in nulla perduto della eccellenza di un tempo. 

Tutta la parte artistica del padiglione è opera 
di marchigiani. 

L'illustrazione di Urbino e le decorazioni pit¬ 
toresche esterne sono state eseguite, con squi¬ 
sito sentimento d’arte, dal professore Diomede 
Catalucci dell’Istituto di Belle Arti di Urbino. 

Il soffitto dcll’ex-convento di San Domenico 
di Pesaro, nel salone degli artisti, è opera dei 
giovani della giustamente rinomata scuola d’arte 
professionale di Pesaro. Lo stemma di Jesi è 
stato riprodotto dai fratelli Cardinali di Jesi. 

Tutte le altre riproduzioni di Ancona, Fermo, 
Recanati, Fabriano, Ascoli, 'l'or di Palme, Fano, 
sono state eseguite dalla scuola d’arte profes¬ 
sionale di Fano, presieduta dal nostro chiaro 
scultore Adolfo Apolloni, e diretta egregiamente 
dal prof. Menegoni con la voluta cooperazione 
del prof. Pernacchia. 

Il prof. Garofoli patinò e colorì i soffitti di 
Ascoli e di Fano. 

Speciale encomio meritano le decorazioni in¬ 
terne dei saloni, finamente concepite ed eseguite 
in armonia all’ambiente, sono del pittore pro¬ 
fessor Biagio Biagetti, allievo del Seitz. È co¬ 
me il Grilli anconitano, un nuovo vanto della 
regione marchigiana, essendo nato a Porto Re¬ 
canati. 

L architetto Marcello Piacentini, che ebbe cam¬ 
po di osservare tutti i lavori di Piazza d’Armi, 
giudicava il padiglione marchigiano come il piti 
solidamente costruito. Costruttori sono i fratelli 
Mengoni di Ancona. 


Nei prossimi fascicoli diremo lungamente de¬ 
gli altri gruppi inaugurati, dei quali, per ora, 
diamo una sommaria descrizione. 

Padiglione Abruzzese. 

Questa bella costruzione ideata dall’architetto 
Antonio Liberi s’inspira principalmente alla fa¬ 
mosa chiesa di San Clemente a Casauria, presso 
I or de’Passeri, uno dei piti insigni, più ricchi 
e più caratteristici monumenti dell’Abruzzo: ma 
altri elementi completano l’insieme dell’edificio. 
Accenneremo oggi soltanto che il massimo ar¬ 
tista abruzzese, maestro Nicola, è rappresentato 
dalla sfarzosa lunetta di Santa Maria Maggiore 
in Guardiagrele. Nell’interno sono raccolte le 
piti significative manifestazioni delle arti carat¬ 
teristiche dell’Abruzzo: i merletti, i tessuti e le 
ceramiche. 

Padiglione Umbro-Sabino. 

Il concetto generale di questo bel Padiglione, 
ideato e costruito dagli ingegneri Viviani (di¬ 
rettore dei monumenti dell’Umbria) e Cafderini, 
è inspirato alla libera riproduzione del Palazzo 
del Popolo di Perugia, limitato però al perime¬ 
tro della così detta Sala dei Notari e ridotto a 
edificio isolato in tutte le sue parti. Completa l’in¬ 
sieme del Padiglione la storica torre detta “ della 
Gabbia,, che in antico si ergeva al limite del 
l alazzo: nell interno del Salone dei Notari, sono 
fedelmente riprodotte tutte le decorazioni alle¬ 
goriche e storiche con gli stemmi dei Podestà 
e dei Capitani del Popolo che ne adornano le 
pareti. 

Padiglione Sardo. 

Ideato dall’architetto Luigi Scano questo Pa¬ 
diglione rappresenta una sintesi dell’arte archi- 
tettonica sarda del secolo N1V. È sopratutto 
notevole la riproduzione della famosa Torre pi¬ 
sana detta dell Elefante, c alcuni caratteristici 
elementi della chiesa di San Domenico in Ca¬ 
gliari; le cupole invece sono inspirate a quelle 
della Cappella del 1 esoro in Oristano. Nelle due 
sale interne sono notevoli i mobili, tutti di arte 
sarda, e un esposizione di oreficerie, di tessuti e 
di merletti, che dà un’idea completa di quell’arte 
così originale, la quale, in epoca anche tarda, 

1 iproduceva motivi e maniere che nell’Italia con¬ 
tinentale erano da tempo ormai sorpassati. 




















LE ESPOSIZIONI I) E L 1911 


227 


ROMA. INAUGURAZIONE DEI NUOVI PADIGLIONI DELLA MOSTRA ETNOGRAFICA. 



Il P a D 1 f. L J 0 N JL D l 1 LA S A RP E G N A, 





Il Padiglione del l’ Abruzzo e M olise (fot. Moiiuari). 

























228 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1 


Il Padiglione del Belgio a Torino. 


Finis coronai opus. Tutti 1 padiglióni dell L- 
sposizione di Torino sono aperti. 

Dove il dì prima era ancora un pantano la¬ 
sciato da un furioso acquazzone, già olezza una 
aiuola, sorgono cespugli e alberelli ; dove il gior¬ 
no innanzi faceva schermo una impalcatura, già 
riluce una cupola dorata o ramata; dove si muo¬ 
vevano macchine mostruose, sbuffando, respi¬ 
rando fuoco, trascinando sulla ghiaia i loro enormi 
rulli, sorride civettuola, tra verdi fogliami, qualche 
bella statua di donna, o splende, in tutta la viva¬ 
cità gaia delle sue tinte, qualche magnifica pittura. 

Poco a poco si sono riempiti tutti gli spazi 
vuoti ; grandi lastre vi sono appoggiate, aggan¬ 
ciate, inchiodate, murate, da schiere di uomini 
polverosi affaccendati in opere tumultuose, in 
mezzo a una scenografia monumentale, tra fu¬ 
ghe d’archi e di loggiati e di steli di colonne. 
Erotte di bandiere si levano e fluttuano nel 
cielo, i labari e gli arazzi si distendono lungo 
le torri di travertino. E una vita speciale, che 
esalta lo spirito in un mondo insueto di gran¬ 
dezze, sostituisce la grigia vita quotidiana, la 
ingentilisce, la rende viva, ricca, agile, ardente, 
intensa di emozioni nuove. Torino è diventata 
internazionale. Infatti ogni nazione, ha creduto 
opportuno intervenire, diremo così personal¬ 
mente, inviando qui vere legioni di figli suoi. 
Dai Serbi, caratteristici nei loro costumi, arieg¬ 
giatiti un po’ quelli dei nostri popoli d’Abruzzo, 
alle piccole gentili Giapponesi dall’andatura molle 
e dalle occhiate voluttuose, agli Inglesi dignitosi, 
semplici nell’abito, laconici nel dire, è tutta una 
folla varia, pittoresca, cosmopolita, che risponde 
alle domande nostre, e ci è guida cortese in 
tutti questi grandi Padiglioni, doviziosi di ele¬ 
ganze e di raffinatezze. 

L’Esposizione di Torino avrà un mirabile,, in¬ 
contrastato successo. Già la stampa estera, ne ha 
rilevata tutta l’importanza. Gli stranieri non sono 
facili lodatori delle iniziative italiane. Pieni di 
entusiasmo pel nostro ciclo e pei nostri monu¬ 
menti storici, sono in genere arcigni, diffidenti 
e spietati per le nostre imprese odierne, 

Il contrasto fra la bellezza delle opere di tanti 
secoli di splendida fioritura artistica e la po¬ 
vertà dell’oggi li rende quasi sempre dispettosi 
e ingiusti verso gli sforzi moderni. In piti d’uno 
di essi è radicata l’idea che l’Italia debba con¬ 
siderarsi un museo e rinunciare ad ogni attività 
nuova. Se gli italiani mostrano di imitare i loro 
predecessori, i vigili stranieri gridano alla co¬ 
pia insipiente: se accennano a far di loro capo 
e ad imprimere nella loro opera uno spirito 
nuovo di modernità, ecco il critico d’oltr’alpe gri¬ 
dare all’abbominio, rinfacciare loro l’oblio delle 
grandi tradizioni. Grande era quindi il pericolo 
che l’Esposizione torinese fosse giudicata con 
questi criteri, e peggio, dovesse sopportare il 
peso del disprezzo che la mercantile produzione 
italiana, la quale, da molti anni infesta all’estero 
tutte le esposizioni grandi e piccine, ha adden¬ 
sato a torto su l’arte decorativa italiana e sulla 
potenzialità dei nostri artisti. Possiamo quindi 
rallegrarci dei risultati ottenuti. Poiché, in mas¬ 
sima, la critica straniera ha reso pienamente 
giustizia allo scopo e ai risultati dell'Esposizione. 
Essa è veramente degna del grande avvenimento 
ond’ebbe origine, ed è una magnifica festa per 
gli occhi dei visitatori, dal recente Ponte Um¬ 
berto I, al Ponte appositamente costrutto, d’onde 
si spiega a volo una teoria di Vittorie: dal vecchio 
Ponte Isabella, su su fin oltre il Pilonetto. Una 
sessantina di edilìzi e saggi pregevoli di tipiche 
architetture straniere: interni fastosi nei quali 
notissimi costruttori di mobili d’arte, squisiti 
creatori eli eleganze maschili e muliebri, e in¬ 
dustriali che possono definirsi poeti dell’arreda¬ 
mento della casa, si sono uniti, per comporre 
degli ambienti, che hanno virtù di affinare l’e¬ 
stetica della folla. 

Era i vari padiglioni primeggia quello carat¬ 
teristico del Belgio, del quale, è doveroso par¬ 
lare alcun poco. L’edificio, dalla architettura lo¬ 
gica, seria, raccolta, denota una cura delicatis¬ 
sima d'ogni particolare. Gli architetti belgi hanno 
il merito non comune di esser stati i primi che, 
arditamente, ruppero con le viete tradizioni che 
inceppavano il libero svolgimento dell'architet- 
tura. Essi non ebbero, come gli architetti della 
scuola viennese, l’ambizione di rivoluzionare lo 
schema organico dell’edificio: ma presero il tipo 
di casa privata comune nelle città belghe e cer¬ 


carono di trattarlo con più profondo senso di 
logica e con severa eleganza di forme. Lo sche¬ 
ma costruttivo prediletto dai Belgi consiste nelle 
parastine sottili che dividono le facciate in ve¬ 
trate ampie, nei boiv Windows che corrono dal¬ 
l’alto in basso, in forma di torricelle sopportate 
da mensole, nonché nella graziosa semplicità 
delle modanature e dei particolari decorativi. 
L’architetto belga si preoccupa anzitutto di for¬ 
nire al cliente una dimora che risponda al ca¬ 
rattere, ai gusti e alle abitudini dell individuo c, 
studiato l’organismo interno della dimora sot¬ 
tomessa scrupolosamente alle esigenze della vita 
dell’inquilino, ne accusa onestamente, all’esterno, 
la struttura, e da questa si sforza di trarre il 
miglior partito decorativo. Nella soluzione di 
questi problemi, i Belgi si valsero dapprima, 
vantaggiosamente, dell’unione della pietra col 
ferro. Invece di nascondere il ferro, lo misero 
audacemente in vista e gli domandarono non 
solo uua funzione statica, ma anche decorativa. 

E bisogna ammettere ch’ossi fecero uso eli 
questo metallo, spesso con sapienza e con sin¬ 
golare buon gusto. Nelle prime costruzioni bel¬ 
ghe moderne, questa tendenza è visibilissima. 
Nella Maison da Peuple (dell’architetto Victor 
I Iorta), essa tocca l’apogeo. Le paraste, le men¬ 
sole, le piattabande e persino le file dei chiodi, 
sono studiate a scopo decorativo. Ma poi, la pre¬ 
valenza del ferro, diminuì rapidamente. Un nuovo 
materiale costruttivo venne alla luce, dotato di 
qualità ben superiori. E fu il cemento armato. 

Come l’esterno del Padiglione c di una di¬ 
gnità severa, così la decorazione c l’arredamento 
interno rivelano la ricerca della grazia nella 
semplicità. Poche fascio ornano i muri: i tavoli 
e le sedie sono di puro legno: nessuno sfoggio 
di decorazione plastica o pittorica, arricchisce 
i corridoi, i vestiboli, le scale. E nondimeno, l’ar¬ 
chitetto trova il modo di imprimere un carattere 
d’arte in ogni angolo e in ogni oggetto, mediante 
il semplice galbo di un dossale, la curva ondeg¬ 
giante di una mensola, il becco di una cornice. 
In questi ultimi anni, la scuola Belga ha svolto 
un suo stile più geometrico e austero, abban¬ 
donando l’artificio un po’ eccessivo e la irrequie¬ 
tezza, di cui i Van di Velde, 1’1 Iorta e l’IIobè, 
diedero altra volta saggi. 

Un carattere comune, vale a dire uno stile, sorge 
dall’esame dei diversi oggetti esposti nel Padi¬ 
glione. E questo stile è comune tanto al tratta¬ 
mento delle forme vegetali quanto a quelle delle 
forme puramente ornamentali e lineari che for¬ 
mano in certo modo il fondo della decorazione 
belga. Sembra ormai ben fisso c definitivo e 
l’epoca delle ricerche e degli assaggi chiusa. La 
decorazione belga ha un carattere pratico e ra¬ 
zionale e lo si deve al fatto che essa é promossa 
dagli architetti, mentre in Italia questi sono, salvo 
onorevoli eccezioni, i più fieri nemici del rin¬ 
novamento. 

11 Padiglione belga è risultato un tale insieme 
armonico, squisito, prezioso, che non si può nep- 
pur pensare di descrivere dopo una visione ra¬ 
pida. Bisognerebbe fermarvisi ore e ore, indu¬ 
giare dinanzi a ogni scultura, a ogni mobile, a 
ogni minuzia, per giungere a ridire il fascino 
racchiuso in quella ricchezza di interni che re¬ 
spirano e diffondono tanta c così varia nobiltà. 
Ridicola pretesa da cervelli piccoli e gretti quella 
di volersi rendere conto di primo acchito di 
quanto a un complesso c delicato artista è co¬ 
stato tutto un lento e progressivo lavorio in¬ 
timo! Delle opere d’arte — parlo naturalmente 
di quelle soltanto che meritano davvero l’onore 
di tale qualifica — si potrebbe dire, modificando 
lievemente una celebre frase di Victor Hugo, 
che sono esseri viventi: come tali, bisogna vi¬ 
verci insieme per poterle intendere e apprezzare 
al giusto loro valore. Vi sono persone che si 
rivelano appieno fin dalla prima volta che le in¬ 
contriamo, ma non sono certo quelle che più 
meritano d’interessarci, che posseggono una più 
spiccata individualità, e da cui sentiremo un 
giorno la parola che ci sorprenderà o ci esal¬ 
terà. Lo stesso si dica di un' opera d’arte nella 
patria di Rubens, lo spirito artistico fu cd è 
sempre intensissimo. L’arte costituisce qui, in¬ 
fatti, una specie di mercanzia consentita e quo¬ 
tata dalla Borsa, e non è raro che si compia 
una transazione di olio, di grano c di rame per 


l’offerta di un quadro. Talvolta, questo, passa 
per una ventina di mani, aiutando così la cir¬ 
colazione dei capitali: poi, in un giorno di rialzo, 
dopo un felice colpo di borsa, un finanziere vi 
getta l’amo e l’errante pittura va ad immobiliz¬ 
zarsi nel lusso pesante d’un salone dove gli 
amici vengono in processione ad ammirarlo. Il 
gusto del colore, lato essenziale del carattere 
fiammingo si esalta fino al fanatismo nella po¬ 
polazione belga. Non v’ò ricco borghese, non 
v’c grosso negoziante che, nella sua casa ani- 
mobigliata di vecchi cofani scolpiti e di rastrel¬ 
liere sovraccariche d’argenteria, non riserbi un 
largo posto alla sua collezione di pittura. Per¬ 
sino il piccolo commerciante, quello che vende 
al dettaglio e vive dietro un banco, inorgoglisce 
di possedere tre o quattro quadri moderni. Un 
pittore belga mi assicurava che non è possibile 
morir di fame, nel suo paese, per poco che sì 
sappia sgorbiare con un pennello: vi ha sempre, 
a difetto di clienti seri un rigattiere spilorcio 
che acquista della pittura. Qua e là, infatti, dalla 
sua cornice cariata, un placido ritratto sorride 
al sogno del passato, pendendo, tra gii abiti 
smessi, le gabbie senza uccelli, i saniovars ar¬ 
rugginiti. Una specie di culto circonda la pos¬ 
sessione di un quadro antico: non si ha per un 
reliquiario più fervore. E il caso di un tesoro 
nelle mani d’un miserabile è assai frequente. Le 
trasmissioni ereditarie hanno fatto discendere 
fino al popolo, tele cui è congiunta la gloria 
delle più belle epoche d’arte. Non è raro il caso 
di vecchie donne che nella più assoluta indigenza, 
si decidono a vendere dei Quinten Massys e de¬ 
gli Otto Venuis. 

V’ ha, dunque, nel Belgio, una vita dell’arte, 
e l’arte vi è considerata come un agente di ric¬ 
chezza pubblica; vi si vendono tanto corrente- 
mente un paesaggio, un soggetto di genere, una 
natura morta, quanto ciò che necessita per la 
sussistenza materiale. 

Ed è questo amore, questa passione profonda 
per l’arte, che la sezione Belga afferma, in con- 
spctto del mondo intero, all’ Esposizione inter¬ 
nazionale di Torino. 

Le opere, gli oggetti, che adornano il lussuoso 
Padiglione non possono essere discussi. Poi¬ 
ché hanno superato lo speciale criterio d’arte 
che guida in ogni tempo gli intelletti creatori, 
stanno più in alto di ogni forma transitoria di 
sensibilità: sono un’espressione perfetta di menti 
forti, lucide e mature, in cui tutte le qualità che 
presiedono alla traduzione plastica del fantasma 
ideale, hanno raggiunto un pieno e armonioso 
equilibrio. 

Nel suo complesso, la Mostra c altamente fe¬ 
conda non solo per il critico, ma anche per tutti 
gli artisti. 

Nel Padiglione Belga, è contenuta una piccola 
c interessante esposizione del Congo, la terra 
promessa della piccola-grande Nazione. Da un’ac¬ 
colta di tavole statistiche e di carte geografiche, 
si rileva tutta la grandezza di un lavoro che da 
anni e anni si svolge pertinace. In una bacheca, 
la Compagnia Mineraria espone saggi di cassi- 
teritc, di blenda, di cuivrc, di pepite d’oro. Qui 
si comprende veramente la nostalgia e tutta la 
possente poesia che emana dal terreno vergine 
di orma europea, e che ha fatto suoi schiavi no¬ 
bilissimi gli esploratori e gli scopritori. Per biz¬ 
zarro contrasto, una parete di stucco, solamente, 
divide le armi barbare dai tappeti e dagli abbi¬ 
gliamenti raffinatissimi dell’epoca nostra. In dis¬ 
parte, semplice, austera, quasi sdegnosa, sta la 
piccola insegna che sorregge le tavole statistiche. 

Il Congo Belga d’oggi è il medioevo europeo 
con le sue ferocie e le sue nobiltà cavallere¬ 
sche, le sue superstizioni, la sua sete di avven¬ 
ture, la sua arte infantile, i suoi innumerevoli 
conventi e i suoi castelli merlati e infine la sua 
feudale costituzione politica. Condizione del resto 
del tutto simile a quella che, sotto la nominale 
sovranità turca si verifica sull’altipiano yemeni- 
tico, nell’Arabia, abitata da popoli che sono i 
cugini germani di quella pura stirpe di abissini 
denominata Amhara, le fattezze, il colore e il 
grado di civiltà dei quali non hanno il più lon¬ 
tano punto di contatto con quelle dei negri pro¬ 
priamente detti. 


Giugno, 


1911 . 


Nino n’ Urio. 


50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marche sini 














T 9 T I 


LE ESPOSIZIONI DEL 


229 


T O R I N O. N E L L A S E Z I O N E I N G I. E S E I) E L I. E M A C C II I N E. 



La galleria delle automobili. 




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Un PARTICOLARE DELLA GALLERIA (fot. Treycs). 


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L E E S P O S I 21 O N I DEL 


T ORIN O. I L P A D I (i L I O N E D E L 1/ U N G H E R 1 A. 




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G R A NOIOSO 


A T RIO D INGRESSO CO N L A 


K O N T A N A M O N U M E N T A L E. 


(fot. Trcves). 
































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


23 1 


T O R I N O. N E L P A I) I G L I () N E 


D E L L' t T N G 11 E R I A. 




Gli in t k r n 1 (fot. Tavis). 


Il Padiglione Ungherese è bellissimo, indubbiamente il più originale. 

Entrando ci si trova in forte penombra piena di colore interrotta da tenui e con¬ 
tinui luccichii che si diffondono tutt’intorno dalle pareti e dalle decorazioni. 

È una strana sensazione d’irreale che si riceve al primo momento. 

In una piccola sala, in l'accia un candido gruppo statuario, sembra ancora più bianco 
contro la parete scura, e ai suoi due lati, da due sale che sono due deliziose fontane, 
partono dei tenui mormorii di acque. 


E tanto suggestivo e raccolto questo ambiente che invita a guardare e ad osservare 
Con calma. E l’Esposizione è ricca di prodotti d’ogni specie, disposti con armonia nelle 
sale c in quei caratteristici ambienti a vòlte che formano come un lungo porticato. 

Dai mobili strani e massicci si passa alle ceramiche che sono meravigliose, sparse con 
profusione in tutti gli angoli, su tutte le mensole, dai costumi alle riproduzioni graziose, 
ai gioielli, ai prodotti metallurgici, via via, fino ai prodotti agricoli che sono racchiusj 
in un altro apposito Padiglione. 









































232 


LE ESPOSIZIONI DEL 191 t 


R O M A. A L V E S P O S I Z I O N E I) I 


B E L L E A R T I. 



O N O K A T O C A R L A N D I. - ALBA NOVA, 


Continuiamo con la riproduzione delle opere d’arte italiane più ammirate all’Espo¬ 
sizione Interna ionalc Artistica a Valle Giulia. I pittori, di cui diamo i quadri in queste 
pagine, non hanno bisogno di presentazione: Onoralo Cariatidi, è da anni notissimo 
specialmente per i suoi bellissimi acquerelli della Campagna romana, che ebbero suc¬ 


cesso grandissimo anche all’estero, e specialmente a Londra ove il pittore romano visse 
per molti anni. Giuseppe Carossi, lombardo, è un amatore della montagna, un sapien¬ 
tissimo interprete della gioia e della malinconia, delle aurore e dei tramonti sulle Alpi. 
La fine di un giorno e Mattino d'ottobre che si vedono qui riprodotte sono mirabile 



Ulisse Capu t o. 


II. BALLETTO. 





























LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


233 


R O M A. A I. 1/ E S P O S I Z I () N E 


I) I B E L L E A R T I. 



Giuseppe Carozzi. - La pine di un giorno. 


saggio del suo sentimento profondo e della sua tecnica audace e personale. Ulisse Ca¬ 
puto, è un giovine pittore italiano, residente a Parigi, come il Baldini, il Cappiello ed 
altri; in pochi anni egli ha conquistato bella fama. Vivendo a Parigi egli ha assor¬ 
bito l’eleganza dell’ambiente c predilige le scene eleganti, di un pariginismo raffinato, 


e specialmente il teatro. L’anno scorso espose a Venezia II proscenio ; // balli Ilo, che 
è qui riprodotto figura con molto onore a Valle Giulia. Nei prossimi numeri andremo 
pubblicando altri quadri e altre statue, perche i lettori abbiano un quadro abbastanza 
completo dell'arte contemporanea a Roma. 



Giuseppe Carozzi. 


Mattino d’ ottobre. 














LE ESF OS I Z I ON I DEL 1911 



LA MOSTRA DELL’URUGUAY. 


L’Uruguay occupa con la sua mostra quasi 
tutto un padiglione che sorge sulla riva destra 
del Lo, tra quelli del Brasile e della Repubblica 
Argentina. 11 padiglione, costruito nello stile co¬ 
mune alla maggior parte degli edifici dell’Espo¬ 
sizione, si compone di un corpo di fabbrica ('en¬ 
trale, sormontato da una cupola ramata, segnato 
ai quattro canti da quattro pinnacoli imbandie¬ 
rati; dal corpo centrale si dipartono due ali, che 
si spiegano lungo la riva dei fiume e terminano 
con due padiglioni minori, sormontati da cupo- 
lette, ugualmente ramate. Questi due corpi ter¬ 
minali sono destinati alle mostre del Perù e del 
Venezuela, mentre il corpo centrale e le due ali 
contengono la mostra dell’Uruguay. 

Attraverso i due piani e le varie sale di que¬ 
sta sezione mi ha guidato il signor Luis Scar- 
zolo Travieso, segretario al ministero della pub¬ 
blica istruzione dell’Uruguay e commissario ge¬ 
nerale del suo paese alla nostra Esposizione. E, 
in piacevole conversazione, egli mi ha fornito 
interessanti notizie sulla Repubblica che stende 
il suo territorio tra l’Argentina e il Brasile, sulla 
riva sinistra del Rio della Piata e sulle due rive 
del Rio Negro, e mi ha illustrato il carattere e 
gli intenti della mostra. La quale è varia di 
prodotti disparati; ma subito alla prima osser¬ 
vazione, si manifesta specialmente importante 
per i prodotti dell’agricoltura c dell’allevamento 
del bestiame. Oltre a questi, principali, ma che 
l’Uruguay ha comuni con mostre di altri paesi, 
un argomento particolare e spiccatissimo d’inte¬ 
resse esso ci offre: i documenti dello sviluppo, 
davvero eccezionale, dell’istruzione pubblica. 

— L’Uruguay — m’informa il signor Scarzolo 
Travieso — è uno dei paesi più belli e più sa¬ 
lubri dell’America. Con le sue numerose catene 
di colline, con le sue valli ricche di acque sor¬ 
give, co’suoi grandi fiumi, il paese presenta un 
mirabile aspetto panoramico; c subito al viag¬ 
giatore rivela, con le sue foreste e con i suoi 
campi la fecondità del suo suolo pingue. Dopo 
avere formato, insieme con l’Argentina, il vice- 
reame spaglinolo del Rio della Piata, resosi 
indipendente e costituitosi in Repubblica nella 
prima metà del secolo XIX, l’Uruguay è oggi, 
dopo cento anni di vita, una piccola nazione se 
si considera la superficie del suo territorio e il 
numero de’ suoi abitanti ; ma esso si può dire, 
e, credo, per parte nostra, senza presunzione, 
una grande nazione, se con piti retto criterio, si 
considera che i suoi 187,000 chilometri quadrati 
di superficie sono tutti coltivabili e che i suoi 
abitanti, un milione c centomila, formano un 
popolo attivissimo e industriosissimo: se, sopra¬ 
tutto si considera che lo sfruttamento della terra 
e l’esercizio delle industrie possono essere svi¬ 
luppati incalcolabilmente. Montevideo, la nostra 
capitale, è la dimostrazione potente della forza 
di sviluppo del paese. Nel 1727, fondata da un 
missionario gesuita, essa era composta di due 
case e di quaranta capanne; verso la fine del 
secolo XVIII le case erano quasi seicento; poi 
la città andò sempre ampliandosi, finché nei di- 
ciassett’anni tra il 1872 c il 1889 ebbe un pe¬ 
riodo di rifiorimento meraviglioso, paragonabile 
solo a quello delle maggiori città dell’America 
del Nord, durante il quale le costruzioni au¬ 
mentarono del 253 "/,,: nel 1901 il numero delle 
case era di .17,106: oggi esse superano le 26 mila; 
e gli abitanti sommano a 400 mila, di cui qua¬ 
rantamila italiani. 

— Lasciamo, se permette, la città, di cui que¬ 
ste fotografie, qui esposte, illustrano così mae¬ 
stosi i palazzi e così fervide di vita le vie e il 
porto: e mi dica qualche cosa della campagna. 
Questi documenti sotto forma di diagrammi e 
di cartogrammi, di erbari, di campionari di pro¬ 
dotti, di pubblicazioni statistiche attestano che 
l’agricoltura è in doride condizioni. 

— A questo proposito le riferisco un giudizio 
del direttore dell’Istituto di Agronomia eli Mon¬ 
tevideo, il dottor Backaus. L’Istituto compare 
qui nella Mostra con queste analisi chimiche 
delle varie qualità di terre uruguayane. 

E la mia guida mi conduce ad una vetrina 
ove sono disposte, su dei cartoni, delle fialette, 
contenenti ciascuna un campione di terra: e ac¬ 
canto sono i risultati delle analisi. 

— Ella comprende l’importanza pratica, per 
l'esercizio razionale dell’agricoltura, di queste 
ricerche di gabinetto. E questo anche le rivela uno 
dei caratteri dell’attività che tende a svilupparsi 
secondo le norme suggerite dalla scienza: è ban¬ 
dito da noi, per quanto è possibile, l’empirismo, 
anche in quelle industrie in cui generalmente 


esso prevale in altri paesi. Ciò in conseguenza 
della diffusione della cultura, dell’influsso eser¬ 
citato in ogni classe sociale dalle numerosissime 
scuole di cui le parlerò più avanti. Dunque, il 
dottor Backaus ha scritto: “Le diverse analisi 
ci attestano grande varietà di terreni nell'Uru¬ 
guay.... Ma, in tesi generale, il suolo dell’Uruguay, 
paragonato a quello dell’Europa o dell’America 
del Nord, rivela una grande ricchezza. K la ve¬ 
getazione che stabilisce in modo definitivo la 
fertilità del suolo. Ora, nell’Uruguay la flora è 
esuberante. Le piante vi si sviluppano in modo 
ammirabile. Se si paragonano i nostri alberi a 
quelli della stessa specie che crescono in Europa, 
si può dire che i nostri crescono due o tre volte 
piti in fretta. Quanto alla configurazione geo¬ 
grafica, non si può paragonare il suolo dell’Uru¬ 
guay nè alle pianure di Milano e di Valenza, nè 
ai fertili terreni della Normandia e dei Paesi 
Bassi, nè agli tshernismien del sud della Russia 
o ai Boer di Magdeburgo; questo suolo somiglia 
piuttosto ai terreni montagnosi dell’Inghilterra e 
alle campagne ben coltivate dello Schleswig- 
Holstein, quantunque in verità, la vegetazione 
sia inferiore.... La terra uruguayana riceve il 
doppio di calore e di pioggia delle terre d’Eu¬ 
ropa e dell’America del Nord ; e ne viene di 
conseguenza che lo stesso lavoro rende qui un 
orodotto quasi doppio rispetto agli altri paesi „. 
E doveroso però tenere conto che questa ric¬ 
chezza del suolo, nel corso degli anni, in certe 
regioni troppo coltivate dell’Uruguay è ridon¬ 
data a danno dell’agricoltura stessa : fondandosi 
su di essa e troppo illudendosi, i coltivatori 
trascurarono di preparare e concimare conve¬ 
nientemente il terreno : così che questo andò 
impoverendosi, fino al punto da diventare meno 
produttivo di altri terreni, in condizioni origi¬ 
narie inferiori, ma convenientemente trattati e 
rinnovati. Ora l’opera delle scuole va, come le 
ho detto, illuminando i coltivatori, e li disin¬ 
ganna dal credere che l’agricoltura, sia pur nel¬ 
l’Uruguay, possa essere esercitata senza saggi 
criteri, senz’altra preoccupazione che di sfruttare 
il suolo, non rendendo ad esso nulla di ciò che 
i raccolti gli hanno sottratto. 11 suolo dell’Uru¬ 
guay è produttivo più di altri, solo, evidente¬ 
mente, a patto che non lo si tratti diversamente 
dagli altri. Ora, sotto questo dell’agricoltura, 
come sotto molti altri aspetti, l’Uruguay attra¬ 
versa un periodo di febbrile trasformazione, di 
cui fa fede, in gran parte, questa mostra : si 
supporrebbe clic i suoi abitanti, arrestatisi per 
qualche tempo nello sviluppo industriale e com¬ 
merciale, considerino ora eh’essi devono rigua¬ 
dagnare il tempo perduto, e accelerino impetuo¬ 
samente il loro cammino. 

—- Veggo qui, pelli, lane, carni salate, carni 
conservate, estratti di carne : l’Uruguay ha evi¬ 
dentemente una ricca produzione di bestiame. 

— L’industria e l’allevamento del bestiame è 
la principale fonte di ricchezza nazionale. La 
nostra produzione, in rapporto al numero degli 
abitanti, supera quella di tutti i paesi del mondo; 
i risultati dell’ultimo censimento agricolo pub¬ 
blicati dalla Repubblica Argentina lo dimostrano 
chiaramente: per ogni dieci abitanti l’Uruguay 
ha 64 capi di bestiame, mentre l'Argentina ne 
ha 04, e l’Australia 35 , la Danimarca e gli Stati 
Uniti 8, la Svizzera, la Francia, la Germania e 
l’Austria 4, l'Inghilterra, il Belgio, la Russia 3, 
l’Italia e la Spagna 2, il Portogallo 1.... Il numero 
totale dei nostri animali, la loro fecondità, la 
loro mortalità quasi insignificante, sono tutti fat¬ 
tori di primo ordine nello sviluppo sempre più 
vasto dei nostri allevamenti; ma impongono an¬ 
che, come regola generale, un’esportazione in¬ 
tensa e continua dei prodotti. Quindi ella vede 
qui manifesta l’attività di tutte le industrie che 
provengono dalla cultura del bestiame, diretta- 
mente e indirettamente: l’industria delle carni 
conservate e degli estratti di carne; e queste 
del cuoio; e queste minori del corno, dell'osso.... 

Dalla sala centrale del padiglione, passiamo in 
una attigua, dedicata alla mostra dell’istruzione 
pubblica : al centro s’allinea una duplice fila di 
banchi, di diverso modello, da quelli per gli asili 
d infanzia a quelli per le scuole secondarie ; 
lungo le pareti sono altri mobili da scuola, e 
vetrine, entro cui sono raccolti saggi di lavori 
eseguiti da alunni di scuole elementari, da alunni 
di scuole speciali; poi scadali contenenti i libri 
di testo approvati dal Governo.... Al fondo una 
grande carta, tutta segnata di bandierine, ci in¬ 
dica il luogo ed il numero degli istituti scola¬ 
stici nell’Uruguay. La mia guida, che in questo 


campo, nella sua qualità di segretario al Mini¬ 
stero dell’Istruzione Pubblica, si trova ad avere 
una speciale competenza, mi spiega: 

— Lo svolgimento dell’istruzione ufficiale e 
particolare della Repubblica, dacché fu regolar¬ 
mente organizzata fino al 1877, dimostra che la 
necessità di elevare il livello morale ed intellet¬ 
tuale del popolo era sentita da tutti gli uomini 
di Governo, senza distinzione di partito; ma le 
disposizioni che essi dettarono e le riforme che 
operarono, mostrano che, in generale, essi man¬ 
carono della preparazione necessaria per la riso¬ 
luzione dell'arduo problema scolastico. 11 rinno¬ 
vatore, si potrebbe dire l'instauratore della scuola 
uruguayana fu Giuseppe Pietro Va re la, nella :-e- 
conda metà del secolo scorso. Dopo un viaggio 
di studio negli Stati Uniti, egli fondò la “ So- 
ciedad de Amigos de la Educación Popolar „, il 
cui fine è chiaramente significato dal nome ; 
tenne conferenze, pubblicò articoli in giornali e 
riviste, fondò corsi normali per gli aspiranti al 
magistero, raccolse tutto il suo patrimonio di 
studio e di esperienza in un’opera fondamentale, 
intitolata La educación del pueblo ; quindi fondò 
una Enciclopedia de educación, rivista ove erano 
accolti, tradotti n ispagnolo, i più notevoli la¬ 
vori di pedagogisti americani ed europei, ed 
espose nel libro De la Legislacióu esco/ar le 
cause della crisi economica e politica che in 
quel tempo soffriva l’Uruguay, e, cercando ri¬ 
medi al male, propose, primo rimedio, la diffu¬ 
sione dell’istruzione popolare. Da quando, nel 3877, 
il Governo accolse e diede forza di legge al 
progetto che il Varela aveva posto come appen¬ 
dice a questo suo volume, s'iniziò il cambio ra¬ 
dicale dei sistemi, metodi e procedimenti nel- 
1' insegnamento : 1’ accentramento governativo 

produsse la desiderata uniformità; e coll’inge¬ 
renza del popolo nell’amministrazione scolastica, 
mentre il magistero veniva rialzato in dignità 
conveniente, mentre i capitali sbilanciati per 
l’istruzione venivano profittevolmente impiegati, 
mentre le scuole aumentavano di numero e si 
affollavano di alunni, sulla tradizione antica trion¬ 
fava la scienza moderna; e il Paese non tar¬ 
dava a sentire i più benefici effetti da questo 
rinnovamento radicale dell’ istruzione pubblica. 

— Vedo che le scuole sono oggi numerose 
eccezionalmente nel vostro Paese.... 

— Per un milione e centomila abitanti noi ab¬ 
biamo io 58 scuole. E siccome la scuola non ha 
valore se gli scolari non ne profittano, eccovi i 
saggi di come vengono impartiti e di come sono 
ricevuti gli insegnamenti. 

E il signor Scarzolo Travieso trae dalle ve¬ 
trine quaderni di compiti; ma meglio ancora che 
queste prove, mi persuadono i lavori manuali, 
che trovano posto in vetrine accanto, e che di¬ 
mostrano la praticità ben intesa dell’insegnamento 
primario, il quale qui non appare veramente ri¬ 
formato secondo concetti non teoreticamente 
cattedratici, ma tecnicamente profìcui. 

M’avvio verso l’uscita del padiglione. La mia 
guida richiama la mia attenzione su di un quadro 
di fotografìe : 

Guardi : sono caratteristiche, c la possono 
interessare da vicino. Sono fotografie di una co¬ 
lonia totalmente e schiettamente piemontese, che 
si è insediata nel dipartimento di Colonia, presso 
La Paz, a quattro ore di ferrovia da Montevideo. 

I la nome di colonia \ aldese, poiché quasi tutti 
i coloni sono oriundi delle valli di Pinerolo. 
Questo emigrato, che sorride dal ritratto, certo 
Giovan Battista Griot, di San Germano Chiosone, 
venne cinquant’anni fa nell’Uruguay, si ammogliò 
con quella che gli è accanto, Susanna Roland, 
nativa di I orre Pollice, e si stabilì presso La Paz: 
attorno a lui si vennero raccogliendo altri emi¬ 
grati valdesi, che sopraggiunsero; altri ne chiamò 
egli stesso dalle sue valli : oggi la colonia 
conta 0000 persone, e prospera, ed è delle mi¬ 
gliori, per moralità e per laboriosità, di tutta 
I Uruguay. 

Si! Attraverso le sale di queste mostre del- 
1 America Latina ogni segno dell’attività più sana 
e più industre fiorita sulle rive della Piata e 
sulle rive del Rio Negro, dalla Ferra del Fuoco 
all’Equatore, ogni sforzo, ogni manifestazione, 
ogni vittoria ci parla di un popolo che noi tal¬ 
volta dimentichiamo, cui troppo poco pensiamo : 
del popolo dei nostri contadini e dei nostri ope¬ 
rai emigrati oltre oceano: stirpe diseredata di 
Roma eterna: esercito glorioso che a compiere 
1 immensa conquista non volle altre armi che gli 
strumenti del lavoro. Mario Bassi, 

(Da La Si linfa ). 













TORINO. Il Palazzo dell’America Latina (da un acquarello dell’architetto Bongij 


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LE ESPOSIZIONI DEL 1911 












236 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


La Mostra delle Scuole per FAgro Romano a Roma* 


Molti anni fa Aleardo Aleardi dedicò una delle 
sue poesie sonanti e declamatorie, piene di sen¬ 
timento e di sentimentalismo, a quel “ paese 
guasto „ che giace “ fra le foci del 1 evere e 
dell’Arno 

La buona gente d’allora fu molto commossa, 
e pianse. Una poesia e alcune lacrime. Per mol¬ 
tissimi anni l’umanità, che è una strozzina sen¬ 
timentale, non ha avuto altri fondi di benefi¬ 
cenza per le grandi sofferenze di popolo. 

E poi, che popolo.... 

Una torma strana e raccogliticcia, che scen¬ 
deva in lunghe teorie dai monti lontani, dai vil¬ 
laggi pietrosi dell’Appennino, poveri di terra e 
di pane e veniva a falciare nelle immense pia¬ 
nure della Maremma, dell’Agro Romano e delle 
paludi Pontine il grano per i signori, e la morte 
per sè. 

1 superstiti tornavano a casa, battendo i denti 
per la terzana. Se qualcuno, lungo la via, si vol¬ 
geva a guardare la pianura silenziosa, aveva l’il¬ 
lusione che le lunghe erbe si curvassero lenta¬ 
mente, sotto il passo insensibile d’un esercito di 
fantasmi. Racconta la vecchia storia che una 
volta uno straniero domandò ad un contadino: 

“ Come si vive laggiù ?... „ — “ Signore, rispose 
questi, si muore. „ 

Le boscaglie basse dei tomboìeti sono tanti 
piccoli cimiteri. Qualche volta il morto rimaneva 
all’aria aperta, orrendo sotto il cielo squisita¬ 
mente bello, attestando come Abele, l'infamia 
di Caino. La confraternita della Buona Morte 
nacque in Roma, per i poveri morti di campa¬ 
gna, allo scopo di far posto, nella casa dei morti, 
a queste vittime dei vivi. 

La nuova Italia ha molto studiato su questa 
tragica zona di barbarie e di desolazione che 
circonda Roma come il lutto della sua gran¬ 
dezza. Non è qui il caso di discutere l’opera 
dello Stato, che è stata molto, o poco utile, o 
inutile, secondo i tempi e gli uomini. La incol- 
tura del latifondo è stata combattuta, la febbre 
è in via d’esser vinta. Rimaneva qualcosa di più 
da fare, rimaneva da combattere l’osturità delle 
anime. 

E allora questa piccola e buona borghesia 
brontolona delle grandi città, piena di miserie 
e di sogni, di idealità e di appetiti, questa vec¬ 
chia Roma che si ostina, come quando era grande, 
a far la storia senza degnarsi di scriverla, ha 
avuto un gesto d'ima bontà squisita e profonda. 

Con qualche sussidio del Ministero, con qual¬ 
che oblazione di privati, con un enorme tesoro 
di buona volontà e di fede, s’è creato una vera 
“ Missione delle scuole „. 

Dapprincipio, quando il maestro scendeva dal 
biroccino o dalla bicicletta e si arrestava in¬ 
nanzi alle capanne rozze e fumose, i volti, che 
si affacciavano dalla penombra degli abituri, ave¬ 
vano una espressione di dura diffidenza. 

Che voleva, quel signore?... 

1 più vecchi, specialmente, sentivano in sè 
una infinità di sordi rancori atavici ridestarsi 
confusamente. Pareva che nell’aria stessa, nella 
muta desolazione delle cose vi fosse una osti¬ 
lità repellente e accigliata. 

Pian piano, compresero. 

1 contadini finirono con l’elevare con le pro¬ 
prie braccia la capanna-scuola, e con l’adornarla 
di fiori: ora, quando giunge il maestro, gli cor¬ 
rono incontro con fasci di ginestre odorose: i 
piccoli volti intenti e pensosi sentono una indi¬ 
stinta benedizione di cose scendere nelle anime 
oscure. 

Qualche volta bisognava lottare con ostilità 
più intelligenti. Una volta un patrizio fece ab¬ 
battere la scuola elevata dai contadini, perchè 
il padrone era lui. 

Questa bestia milionaria non fu sola: qualche 
volta, dove c’era una chiesa, il prete faceva quello 
che poteva per portar via i clienti alla scuola. 

Tuttavia le scuole prosperarono con irreduci¬ 
bile slancio. Nel 1908 erano 8, con 3 qo alunni, nel¬ 
l’anno scolastico 1910-11 
erano 20 con 988 alunni. 

Sotto la guida del pro¬ 
fessore Marcucci, che è il 
direttore di queste scuo¬ 
le, e con la collabora¬ 
zione di Giovannini Ce¬ 
na, dell’onorevole Celli, 
di molti altri valorosi, si 
è potuto giungere al pun¬ 
to, non solo di liberare 
dall'analfabetismo un for¬ 
te numero di cittadini, 


che la legge dimenticava, cosa che le avviene 
spesso, ma di portarne, quest’anno per la prima 
volta, 86 all’esame di proscioglimento. 

Veramente, occorreva che fra le feste del 
cinquantenario, si celebrasse anche questa non 
lieve vittoria, che è l’alba di molte altre più 
grandi. 

Quando fu scoperto il monumento di Vittorio 
Emanuele II, nel corteo degli scolari fu veduta, 
con grande meraviglia, una comitiva di nuovo 
genere. Un gruppo di contadini con le vesti pit¬ 
toresche del Lazio, procedeva, marcando il passo 
con le ciocie , i sandali antichi, e portando, su 
due aste che le contadine tenevano inclinate 
come le croci d’una processione, un immenso 
stendardo di tela grigia. Una maestrina elegante, 
che guidava le sue bimbe cittadine, vestite di 
tela azzurra e calzate di scarpette fine, senti ve¬ 
nirsi le lacrime agli occhi. 

Salutate!... esclamò. Cento manine inguantate 
toccarono l’ala dei berrettini bianchi, e la pro¬ 
cessione bizzarra sfilò innanzi, col sordo calpe¬ 
stio delle sue ciocie. 

Qualcuno disse: Che cosa curiosa!... Ma la 
voce gli tremava in gola. 


Queste scuole hanno la loro Mostra, una pic¬ 
cola Mostra bizzarra che s’inaugurò il 16 giugno. 

E sorta, come le scuole, per iniziativa e per 
volontà di pochi. 

La capanna centrale è opera di Duilio Cam- 
belotti. Questo magnifico artista è uno dei po¬ 
chissimi che intendono le forze originarie del¬ 
l’arte ornamentale. I.a macera, la doghefta e lo sca¬ 
piglio, tre elementi della costruzione campestre 
laziale, si sono associati in un’armonia sponta¬ 
nea e rude sotto le sue mani, i tre bucrani veri, 
come quelli che biancheggiano al sole sulle terre 
morte, hanno creato, con i gioghi, le funi e gli 
aratri, un motivo ornamentale d’infinita sugge¬ 
stione. 

NelTinterno della capanna sono alcuni quadri 
del Balla, vedute magnifiche e solenni dell’Agro, 
e qualche scultura del Cambelotti, rilievi di man¬ 
drie equine e bovine, in cui la tecnica rapida e 
sintetica fonde il moto fulmineo dei cavalli e la 
placida andatura dei bovi in un’armonia di linee. 
Par d’intendere in essi una potenza uniforme e 
vasta, quello strano senso di unicità che fonde 
in una monodia le voci disperse della campagna 
deserta, e pare le moduli sulle curve dolci e 
stanche dell’orizzonte. 

Sono esposte anche due figure taurine che la 
naturale giacitura stilizza spontaneamente in una 
magnifica attitudine di supporto, egregiamente 
decorativa. 

C'è una piccola Mostra libraria di tutto ciò 
che si riferisce all’Agro Romano, una breve Mo¬ 
stra etnografica, con gli attrezzi bizzarramente 
primitivi dei lavoratori, un telaio centenario, una 
capanna-scuola ed una scuola-baracca smonta¬ 
bile, l’ambulanza dello spirito, la Croce Rossa 
dell’ intelligenza. 

Tuttociò, ripeto, è stato fatto da pochi. I con¬ 
tadini hanno edificato le capanne, gli artisti 
hanno dato l’opera loro e le decorazioni è gli 
adattamenti sono stati compiuti da un gruppo 
di giovani e volonterose signore e signorine, le 
più allieve del Balla o del Cambelotti, la si¬ 
gnora e la signorina Sinigaglia, la signorina An- 
tonielli, la signorina Annie Nathan, la signorina 
Se lui oh te, le signore Balla, Cecconi e Cena. 

E un piccolo villaggio barbaro e strano, una 
specie d'isola selvaggiamente pittoresca. Il cul¬ 
mine fosco della capanna oltrepassa il muro e 
sembra guardar con stupore la lunga via bianca 
su cui corrono squillando le vetture elettriche. 

E le larghe insegne di tela grigia a lettere 
rosso crepitano al vento, come le rozze vele 
d’una nave antichissima, evocata per forza di 
pensiero e di cuore nella modernità ardente e 
tumultuosa. 

Luigi Lucatf.li.i. 

(Dal Scroto ). 


Ecco il testo del discorso inaugurale che 
S. E. Luigi Luzzatti pronunziò alla presenza dei 
Sovrani : 

Sire ! 

“ Quei benemeriti che hanno ideata la redentrice iniziativa 
delle scuole nell’Agio Romano e la svolgono ora con sa¬ 
piente bontà, vivamente desiderano che il loro nome non 


acquisti il rumore della fama, e strana cosa a dirsi di 
cosi morbosa e clamorosa pubblicità non si sentirebbero 
interamente disinteressati senza la gioia del silenzio e senza 
il silenzio della lode! 

“ Maestri non chiedenti alcun compenso, che si recavano 
a piedi a cercar gli scolari, affrontando i rigori del verno 
e le ce 1 dii re dell'estate; moltitudini di intere famiglie di 
coloni intente alle lezioni, senza diminuire l’efficacia del 
lavoro, sottraendo al sonno il tempo occupato nello stu¬ 
dio; provvida solidarietà della coltura con l’ignoranza, 
di lla ricchezza con la miseria, rappresentata da una sot¬ 
tile e concorde schiera di pensatori e di agiati, che amo¬ 
rosamente e tacitamente sorvegliano, insegnano, aiutano, 
fra avversari occulti o palesi, i quali conferiscono a sif¬ 
fatta iniziativa una specie di aureola.... tutti questi bene¬ 
meriti anonimi si avvicinano davvero ai santi, lieti e in¬ 
consapevoli dei sacrifici che compiono, dei fastidi che af¬ 
frontano. 

“ Perciò, Maestà, essi Vi ospitano in questa capanna sfa¬ 
villante di modestia, illuminata dalla luce della bontà. 

“ E invero i santi uscirono spesso dai tuguri dei poveri, 
talvolta dai palazzi dei re e ilei potenti, mai dalle assem¬ 
blee politiche! 

“ Questi, o Sire, sono i tipi dei promotori dell’opcni 
nostra che io Vi ho effigiati, stanno dinanzi a Voi e, non 
ostante il divieto di additarli, li scoprirete facilmente per 
l’accordo felice della regale intuizione con la loro sem¬ 
plicità. 

“ Otto anni or sono fu iniziata la prima scuola. Erano 
lezioni soltanto festive e meglio che lezioni, conversazioni 
amorevoli di alcune signore con le madri e con le bam¬ 
bine delle famiglie nomadi dei contadini, coltivatori del¬ 
l’Agro Romano. Oggi la tenue vena è divenuta un fiume 
benefico: sono venticinque le scui le con mille alunni, i 
quali nell’anno scorso, per la pr ina volta, si prepararono 
agli esami di proscioglimento. Ottantasei di essi, su no- 
vantacinque, furono approvati. Cosi gli eredi di tante ge¬ 
nerazioni di ignoranti, sitibondi di coltura, si prepara no 
a oltrepassare i giovani figli delle famiglie felici. 

" E ciò che imparano, ritengono, in conlrapposto ai ri¬ 
sulta/' meccanici di tante scuole, le quali insegnano a di¬ 
menti are facilmente quanto si è appreso. 

11 Ora non vi può essere spettacolo pili triste di una 
mente, la quale si spegne nell’atto che cominciano a ba¬ 
lenare in essa i primi raggi del vero. Somiglia a un cieco, 
a cui una felice operazione ridoni per pochi istanti la 
luce perchè poi un eterno velo gli si ridistenda sugli oc¬ 
chi ; meglio sarebbe clic non avesse mai salutato i gai 
colori della creazione! 

“ 11 bilancio del sodalizio crebbe col numero delle scuole 
e delle lezioni: nel iqro-ri registra ventiquattro mila lin¬ 
di spesa, alle quali provvedono le spontanee contribuzioni 
dei privati, dello Stato, del Comune c della Provincia di 
Roma. 

“ Per venticinque scuole, con l’aggiunta, a poco a poco 
estesa, delle lezioni di cucito, di una più accurata assi¬ 
stenza sanitaria nei luoghi più infesli dalla malaria, che 
si va spegnendo per effetto delle audaci bonifiche, il ca¬ 
rico è relativamente tenue. 

“ Q11 nta economia in queste alleanze libere della cin¬ 
tura c della bontà con l’ignoranza! L’assenza della buro¬ 
crazia e l’opera spontanea della benevolenza umana ope¬ 
rano prodigi anche per la mitezza dei mezzi finanziari. 

“ E questa carità fatta alle anime insegna i metodi mi¬ 
gliori di risparmiare. 

“Ora si pensa rd aggiungere ala scuola una modesta 
biblioteca circolante e per tal guisa le famiglie dei conta¬ 
dini avranno anch’esse la compagnia e la ricchezza del sa¬ 
pere condensato in preziosi volumi. E poiché il bene ge¬ 
nera il bene e ha anch’esso dei rapidi contagi, 1’ anno 
prossimo si apriranno scuole nella palude Pontina; da ven¬ 
ticinque saliranno a trentacinque e gli alunni da mille a 
mille trecento. E io prego i miei amici di studiare la op¬ 
portunità di modesti spacci di viveri sani. 

“ Queste notizie rallegreranno l’anima vostra poiché siete 
il Re ili tutti gli ordini di cittadini, dei potenti come dei 
derelitti, segnatamente dei derelitti in Voi speranti, ed è 
ornai certo che la grandezza di uno Stato si misura in 
Principal modo dalla attitudine sua a trasformare le plebi, 
oppresse dalla ignoranza e dalla miseria, in cittadinanze 
libere, fiorenti e felici. „ 


Il Diario dello Esposizioni c delle Feslc. 

l l giugno. - Roma. In Piazza d’Armi i Sovrani inaugu¬ 
rano i Padiglioni della Mostra Etnografica delle Mar¬ 
che, dell’Abruzzo e Molise, della Sardegna e del¬ 
l’Umbria e Sabina. 

18 „ Roma. Nei giardini del Quirinale g arden-partv in 

onore dei membri del Congresso degl’italiani all’e¬ 
stero. 

19 „ forense. 11 Re, improvvisamente arrivato da Roma, 

visita nuovamente la Mostra del Ritratto, 
oo „ Roma. Solenne chiusura del Congresso degl’ Ita¬ 
liani all’estero, con elevato discorso di Guglielmo 
Marconi. 

„ „ Torino. Inaugurata la Mostra Fotografica. 



LIQUORE STREGA 


Ditta G. ALBERTI • Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO AEABRO DELLA GIURIA 






















mi 



L'IMPACCHETTAMENTO DEL TABACCO (disegno di !.. Bompard.) 


<v 






o 

y: 






LE ESPOSIZIONI DEL i 9 t r 




























238 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 


IL PADIGLIONE DEL BRASILE 

^INAUGURATO A TORINO.^ “ “ ^ 


La mattina del venerdì, 23 giugno, fu inaugurato so¬ 
lennemente a Torino il Padiglione degli Stati Uniti del 
Brasile. 

Assistevano molte notabilità cittadine, una larga rap¬ 
presentanza consolare, e una grande, varia, elegante folla 
di invitati. 

La cerimonia fu aperta da un fervoroso discorso pro¬ 
nunciato dal Commissario generale del governo brasiliano, 
onor. Antonio de Padoa Rezende, illustrante il progresso 
del Brasile non solo nel campo poiitico e commerciale, 
ma anche in quello artistico, inneggiante da ultimo alla 
fraternità dei popoli, all’unione simpatica e salda tra l’Italia 
e il Brasile. 

Rispose il senatore Frola che trovò espressioni di viva 
lode e di ringraziamento per l’ospitalità che il Brasile offre 
ai nostri operai. 

Parlò da ultimo, a nome del Comitato dell’l'.sposizione, 
il comm. Bianchi, che si disse orgoglioso di salutare il 
Brasile, che con tanto slancio ha partecipato a questo no¬ 
bile e grande torneo internazionale del lavoro. 

Quindi gl’ invitati cominciarono a visitare e ammirare 
la bellissima ed interessante Mostra, incontrando, simili a 
deliziose oasi, in tutte le sale, fiorite tavole di rinfreschi 
«untuosi. 

Dal salone riservato alle feste ed ai concerti, d’uno stile 
severo — colonnati bianchi, poche decorazioni, ampie ve- 
triate — per una vasta terrazza che guarda il fiume si 
accede alla prima sala del nucleo architettonico centrale 
dell’intera Mostra. 

Mormora zampillando nel centro una fontana con i fe¬ 
nicotteri di un bel rosso fiamma, mentre la luce vi piove 
gaia e serena da ampi finestroni decorati a fuoco. A si¬ 
nistra un affresco simbolico occupa tutta la parete, e torno 
torno le bacheche ospitano i saggi minerari d’una ric¬ 
chezza e varietà notevolissime. La scuola mineraria di 
(furo Proto ha raccolto piriti, amianto, cassiteriti, rame; 
due enormi blocchi di quarzo attestano la ricchezza del 
suolo di Congonhas. Per il ferro pochi saggi, ma scelti, 
confortati da una eloquentissima tabella: su n. 65 o chi¬ 
lometri quadrati si estraggono 5.75o.ooo tonnellate. 

La luce nella seconda sala è variamente ingentilita da 
pannelli in tela trasparente clic rappresentano scene co¬ 
loniche. Tutta la sala ò riservata alle industrie manifat¬ 
turiere: da sinistra in giro le vetrine ospitano stollo, cal¬ 
zature, vestiari. Ma in fondo, prima di uscire, da un pic¬ 
colo armadio a vetri l’arte ò degnamente rappresentata 
nelle riproduzioni in bronzo della Fundicao indigena del 
Farinha Carvalh: vi ha un busto di Don Carlos e una 
copia del Perseo di squisitezza impeccabile nella sincerità 
della riproduzione. Con questo senso di godimento este¬ 
tico, ci appare il salone centrale a cupola sestacuta de¬ 
corata con scene marinaresche, illustrata da un pannello 
a vetri rappresentante il raccolto del caffè. Ed ni caffè è 
dedicata la sala; l’aromatica bevanda è presentata nelle 
vetrine a tavolo ed in vasi di cristallo con una varietà 
meravigliosa. 

E superfluo far notare l’importanza della Mostra : si rac¬ 
comanda da sè. 

La disposizione della terza sala oltre la centrale è sim¬ 
metrica all’altra; cambiano le scene coloniche ai pannelli 
delle finestre che ospitano invece i bovini al pascolo. Le 
vetrine abbondano di pizzi, di scialli, di stoffe, anche di 
cordami e di calzature. Con ciò il Brasile vuol dimostrare 
di non usufruire soltando delle sue stupende ricchezze 
naturali, ma di fondare lo sviluppo del suo commercio 
sulle industrie manifatturiere. 

L’ultima sala ha nel centrale di destra un affresco ri- 
producente tutta la Mostra Brasiliana. La pittura è sin¬ 
golarmente viva e di buon effetto perchè eseguita col si¬ 
stema divisionista. Chioccola al centro una fontana simile 
a ciucila della prima sala: intorno nelle vetrine altri saggi 
di minerale. 

Fuori, sulla terrazza clic conduce all’altro importantis¬ 
simo padiglione, sotto ampi parasoli vien servito il caffè 
in tazze. 

Dopo l’inaugurazione del Padiglioni- vi fu, poi, alVHóIel 
d ‘Europe un sontuoso banchetto offerto dalla Commissione 
Generale Brasiliana, ed al finire del quale furono scam¬ 
biati simpaticissimi brindisi all’amicizia ed ai successo 
dei maggiori interessi fra i due paesi. 


Dal risveglio torinese al tramonto del torneo romano. 

(Nostra corrispondenza.) 

23 giugno. 

Non vi parlo delle molteplici inaugurazioni av¬ 
venute questa settimana tanto a Roma quanto 
a Torino. Vi ho già detto da un pezzo clic è 
continuo, incessante l’inauguramento, e i fatti mi 
danno, giorno per giorno, ragione. 

Ora, specialmente a Torino, l’esposizioni vanno 
prendendo quell’aspetto di vita e di funziona¬ 
mento produttivo che — specialmente per le 
esposizioni industriali — è condizione indispen¬ 
sabile perchè si possa dire che esse sono real¬ 
mente. La galleria del lavoro, quella delle mac¬ 
chine risuonano di quel frastuono tipico che ne 
rivela la vita. Gli impianti sono veramente gran¬ 
diosi ; emerge da ogni parte una imponenza di 
costruzioni di installazioni, di opere, rivelanti 
a quali vertici di progresso l’ingegno umano ha 
saputo spingersi disponendo delle più perfette 
c poderose applicazioni moderne della elettricità 
e della meccanica. 

Quando si viene qui a vedere tutto quanto è 
stato possibile raccogliere, impiantare, coordi¬ 
nare in queste immense gallerie, si capisce che 
non sia stato possibile avere tutto pronto a sca¬ 
denza fissa, come il programma dell’esposizione 
avrebbe portato; e come siano stati necessari 
quasi ancora due mesi per ottenere una siste¬ 
mazione riuscita veramente perfetta e gran¬ 
diosa. 

In questo momento in cui tanto si discute in 
Italia di nuove statizzazioni — ho notato in 
modo particolare la mostra dell’amministrazione 
dei Tabacchi, presentata con molta efficacia tec¬ 
nica ed industriale, e con un’appariscenza che 
interessa vivamente il pubblico. 

Questo aumenta ogni giorno: l’avanzarsi dei- 
restate ed il migliorare della stagione, che è 
stata sin qui delle più perfide, rende popolate 
le gallerie, i padiglioni, i viali ; e la grande espo¬ 
sizione internazionale di Torino comincia a rac¬ 
cogliere meritatamente i frutti di una prepara¬ 
zione così assidua, così volonterosa e così sa¬ 
piente. 


Vi ho già detto della iettatura toccata a tutti 
i grandi spettacoli preparati per lo Stadio di 
Roma, compreso il grande Torneo storico. 

Ma le vicende oramai romanzesche di tale tor¬ 
neo ebbero uno strascico divertente che merita 
di essere narrato. 

La notte del 17 giugno, improvvisamente, dopo 
aver provato e riprovato, dopo aver tutto di 
sposto per le prove generali che dovevano aver 
luogo rindomani alle 6, il comitato del Torneo 
storico decise di rimandare il grandioso spetta¬ 
colo al prossimo ottobre. 

1 giornali del mattino annunciarono la cosa, ma 
ciò nonostante moltissimi torneanti, circa 400, 
si recarono alle 6 allo Stadium nazionale. 

La disillusione riuscì impressionante. 

Una rivenditrice di giornali aveva avuto l’oc¬ 
casione di portare laggiù un centinaio di copie 
di giornali del mattino piantando la sua bot¬ 
tega ambulante proprio sulla porta dello Sta¬ 
dium presso le alte monumentali colonne sor¬ 
montate dalle alate vittorie, gridando a squar¬ 
ciagola: “ Il Torneo storico rimandato,,. 

Questo il primo annuncio dato agli interessati. 
L’avviso ufficiale tardò molto ad arrivare per 


motivi che si comprendono. Alle 6 , 3 o si trova¬ 
vano nello Stadium quasi 400 torneanti, quelli 
che avrebbero dovuto montare a cavallo. 

Noto il rinvio, la notizia produsse subito un 
certo fermento. 

Cosa fare? 

.1 prodi cavalieri si erano alzati così di buo¬ 
n’ora ed avevano fatto la non brevissima pas¬ 
seggiata e tutto ciò per il bel gusto di sentirsi 
dire che il torneo ci sarà indubbiamente.... ma 
in ottobre! 

— Giacché non si può fare il torneo, faccia¬ 
mo una passeggiata di protesta. 

Una piccola colletta a un soldo a testa fruttò 
in un momento la non cospicua somma di L. 4,85, 
ma più che sufficiente per persuadere tutti i ra¬ 
gazzi portanti trombe o tamburi di volere ince¬ 
dere alla testa del semigrandioso corteo. 

•Così si ebbe un corteo di protesta per il man¬ 
cato torneo. Lo aprivano tre cavalieri; segui¬ 
vano i bravi tamburini emettendo suoni confusi, 
arrabbiati, persistenti, in mezzo ai quali di tanto 
in tanto galleggiavano le note ben conosciute 
di inni popolari, non escluso, si intende, quelli 
dei lavoratori e di Garibaldi, poiché i torneanti 
a forza di prove e di rinvìi avevano costituito 
in questi giorni una vera e propria particolare 
classe di strani lavoratori. Dopo i musicisti ve¬ 
niva la rumorosa folla degli scioperanti per 
forza. 

11 corteo procedette ordinato per tutta via Fla¬ 
minia; si fermò un momento in Piazza del Po¬ 
polo, poi infilò vittoriosamente il Corso. I tor¬ 
neanti poterono proseguire indisturbati attra¬ 
verso Piazza Colonna, poi si fermarono sotto 
il palazzo Bonaccorsi, dove emisero una salva 
di sonori e solenni fischi, una sequela di squilli 
stonati, un chiasso diabolico. Qualcuno ebbe 
l’idea di strappare la targa che indicava la sede 
del Comitato del torneo storico, e quindi, qual 
novo trofeo di guerra issata su di un bastone, 
la targa venne portata nel cortile del palazzo 
Sciarra, e consegnata ad alcuni giornalisti in 
segno di protesta. 

Intanto la folla dei torneanti sostava in via 
Marco Minghetti innanzi all’agenzia dei viaggi 
della società pel movimento forestieri. Un car¬ 
tellone del torneo venne ridotto in pezzi da 
cento mani che vollero compiere un’opera di 
vendetta. 

E fu rotta pure una lastra di vetro. 

11 chiasso cominciava a divenire assordante, 
e già dalla vicina questura giungeva un drap¬ 
pello di guardie e di carabinieri. Bisognava cal¬ 
mare le giuste ire dei novelli cavalieri di cappa 
c spada, e l’incarico lo prese sulle spalle quadre 
il comm. Avellone procuratore generale della 
Corte d’Assise, che dopo aver ottenuto un po’ 
di silenzio, avendo constatato che i torneanti 
avevano ragione di protestare, li invitò alla 
calma e soggiunse: 

— E adesso bisognerebbe pensare anche alla 
lastra rotta. 

— Ci sono le 4,85 dei trombettieri — gli fu 
risposto. E così finalmente, come Dio volle, si 
decise che, rinunziando trombettieri e tambu¬ 
rini a una qualsiasi mancia, i soldi raccolti 
nella colletta sul campo di battaglia dello Stadio 
sarebbero stati offerti al legittimo proprietario 
del vetro andato in pezzi. 

Compiuto quest’ ultimo atto di giustizia il cor¬ 
teo si sciolse; e i torneanti si rivedranno in ot¬ 
tobre — se il torneo si farà ancora!... 

Giurino. 































L E E S P O S I Z I O N I D EL 1911 


239 


T O R I N o. aspe: t T I 


C A R A T T E R I S T I C I 


I) E L i; E S P () S I Z I O N E. 



L’ Esposizione al Pilonetto, veduta dal tunnel del Ponte Isabella. 



Nel Parco dei divertimenti. - L 5 8 volante sul tipo delle montagne russe (fot. -pomari). 

















240 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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dello stesso autore, clic divennero celebri. L’importanza del nuovo volume si rileva 
dal titolo dei nove grandi capitoli in cui è diviso: 


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Capitolo II. 

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Capitolo III. 

I tipi femminili 
nell'opera di Gabriele d’Annunzio. 


I . Le voluttuose. 

II . Le dolorose, 
in. La Maddalena. 

iv. L'attrice. 

v. La vergine. 


vi. Nel regno della 
follia. 

vu. L’amore sororale, 
vm. Glie cosa è l’a- 
tnore. 


Capitolo IV. 

La Nave. 

Capitolo V. 

Gabriele d’Annunzio e la folla. 

Capitolo VI. 

La tristezza contemporanea. 

Capitolo VII. 

L’ elogio della malattia. 

Capitolo Vili. 

L’elogio della menzogna. 

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Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza 





































































































FASCICOLO 16. 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


241 


R C) M A. L A M O S T R A A R C H E C) L () G I C A A I. L E T E R M E I) I O C I. E Z I A N E. 



Un RAFFRONTO FRA LA DONNA ANTICA e LA DONNA MODERNA (impressione dal vero di A. Molinari). 

































































242 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


ROMA. Il Congresso Femminile (fot. Abenìacar). 



I CONGRESSI DI R O/A A 


IL CONGRESSO DEGLI ITALIANI 


Inaugurato nella gloriosa sala capitolina deg 
( )razi e Curiati, alla presenza dei Sovrani, dell 
alte cariche dello Stato e di una lolla di cor 
grossisti e di invitati, il secondo congresso dt 
gl Italiani all’estero svoltosi^ a Roma^ nella se 
conda decade di giugno, assunse una importanz 
singolare, oltre che per le numerose importuni 
questioni trattatevi, per l’adesione di tanti nc 
stri connazionali residenti abitualmente fuori d’1 
talia —- primo tra tutti Guglielmo Marconi - 
adunatisi nella città eterna come a riconsacrar 
nel Cinquantenario il loro sentimento e la lor 
idealità di patria. 

Il primo congresso degli Italiani all’estero, tc 
mitosi pure a Roma nell’ottobre del 1508 sott 
la presidenza del senatore De Martino, attua 
mente governatore della Somalia italiana, ser\ 
quasi eli preparazione al congresso chiusosi c 
questi giorni, in cui furono meglio concretat 
alcune proposte presentate nel precedente coi 
veglio. 

Il strano che 1 Italia, di Ironte al fenomen 
dell’emigrazione che da vari anni va prendenti 
proporzioni sempre più grandiose, si sia accori 
soltanto da poco tempo dell’opportunità di sti 
diare e discutere pubblicamente, in solenni in 
portanti assisi, 1 problemi che si attengono all 
vita dei nostri connazionali all’estero. 

Sono un milione i nostri lavoratori che ogi 
anno partono e tornano dalla patria, solcami 
t; risolcando l’oceano. Sono ormai circa sei m 
boni di italiani che vivono Cuori d’Italia, in U 
lune li a le nostie pili popolose città; quasi se 
centomila italiani a New Vork, quattrocentomil 
a Buenos Aires, più di centomila a Filadelfi, 
cinquantamila a San brancisco. Per ritrovare u 
cosi enorme movimento di uomini, bisogna risi 
lire col pensiero alle grandi immigrazioni che ; 
compirono dal terzo al nono secolo nell’occ 
dente di Europa. 

Che cosa abbiamo operato finora, cosa dol 
biamo operare nell’avvenire perchè i lavoratoi 
nostri che emigrano, perchè queste nuove forz 
siano usate per la maggiore prosperità nazie 
naie . (Queste due domande poneva a sé, ponev 
all’imponente uditorio raccolto nella grande aul 
del Campidoglio, fon. Guido Fusinato, president 
dell’Istituto Coloniale Italiano, nel suo splendidi 
discorso inaugurale del congresso, cosi denso d 
pensiero e così vibrante di patriottismo. 

Finora fu fatto assai poco e in modo frani 
mentano e inorganico a favore dei nostri emi 
giati, veri artefici oscilli di una seconda Italia 


molto resta quindi da fare per risolvere gli sva¬ 
riati problemi che interessano l’esistenza di centri 
operosi e fiorenti di italianità nel mondo e pri¬ 
mardi tutto per conservare e rinvigorire nelle 
nostre collettività il sentimento della coscienza 
nazionale. 

Certamente i congressi, nei quali i fiori della 
1 eterica amano spesso intrecciarsi leggiadra¬ 
mente con quelli profusi nelle ricche imbandi¬ 
gioni inaffiate di champagne, non possono aver 
la pretesa di risolvere in modo sollecito e con¬ 
creto tutte le questioni che vi vengono trattate. 
E neppure questo secondo congresso degli Ita¬ 
liani all estero, il quale, come abbiamo detto, 
avrebbe dovuto contribuire al complemento e ai 
coronamento di quello tenutosi tre anni fa, non 
ha risolto e non poteva del resto risolvere tutte 
le questioni durevolmente e definitivamente: ha 
additato le soluzioni pili prossime al senno e al 
patriottismo delle assemblee legislative e all'a¬ 
zione integratrice del governo. 

ii C ongresso, nelle diverse sezioni in cui era 
composto, trattò degli accordi internazionali per 
la tutela degli emigrati italiani, dell’assistenza 
degli operai italiani all estero, dei rapporti degli 
italiani con la vita pubblica dei paesi di loro 
residenza e del grave e delicato problema della 
cittadinanza; discusse intorno ai mezzi migliori 
per aiutare, mediante istituzioni di credito, le 
imprese italiane e dell’ opportunità di creare 
nelle nostre colonie istituti di credito speciali, 
in modo che l’incremento economico sempre cre¬ 
scente si diffonda in correnti di ricchezze rin¬ 
novatrici all'estero. 

Una vivace discussione si svolse prima nelle 
Sezioni e poi nell assemblea plenaria a propo¬ 
sito dell ordinamento delle rappresentanze di¬ 
plomatiche e consolari per il migliore esercizio 
delle loro funzioni di tutela: il personale delle 
nostre rappresentanze fu giudicato numerica- 
mente insufficiente e non sempre adatto ai nuo¬ 
vissimi uffici imposti dalle nostre numerose e 
vaste colonie. Uno dei critici più violenti del- 
1 ordinamento consolare fu.... un giovane con¬ 
so e, il quale, a congresso finito, si ebbe una 
solenne reprimenda dal ministro degli esteri ono¬ 
revole Di San Giuliano. 11 quale, con molto ama¬ 
li 1 pai ole, porse il saluto ai congressisti, nella 
cerimonia inaugurale, con molto cordiale espan¬ 
sa ita assistette ai convegni conviviali, con molto 
gai baia signorilità accolse gli ospiti in un son¬ 
tuoso ricevimento alla Consulta, ma fu tuttavia 
fatto segno da taluni congressisti ad aspre ram- 


ALL’ ESTERO. 

pogne per la sua politica giudicata troppo quie¬ 
tista e remissiva. 

La nota bellicosa contro la politica dell'ono- 
revole Di San Giuliano fu portata al congresso 
dal gruppo dei giovani nazionalisti capeggiato da 
Giulio De Frenzi, il terribile arciere che ridusse 
il nostro ministro degli esteri in condizioni peg¬ 
giori del San Sebastiano dopo il “mistero,, di 
Gabriele d’Annunzio. 

1 nazionalisti non perdonano al marchese Di 
San Giuliano la sua politica prudenziale spe¬ 
cialmente nei riguardi della Tripolitania che essi 
giudicano un magnifico campo d’espansione o 
quanto meno di conquista morale. Ma obiet¬ 
tano taluni che il giudizio dei nazionalisti deve 
essere accettato con qualche riserva, che il loro 
osservatorio dal quale puntano i telescopi e le 
loro fortezze dalle quali puntano i cannoni sono 
rappresentati dalle quattro pareti della: “ terza 
saletta,, di Aragno, sacra alle disquisizioni let- 
t e r a r i o - fi I o s o fi c 0 - s o c i a 1 i più che alla trattazione di 
problemi di politica coloniale e di tattica mili¬ 
tare. Come parecchi dei nostri nazionalisti — 
fi a i quali sonvi giovani di fervido ingegno e 
di saldo cuore — vorrebbero liberarsi delia za- 
vona di qualche romanzo o di qualche com¬ 
media o libro di versi per guadagnarsi, senza 
diffidenze, la riputazione di gente pratica che 
Può discutere con autorità di questioni che in¬ 
teressano la nostra vita nazionale!... 

Mentre uno di questi ardenti nazionalisti par- 
lava nel congresso, inneggiando con parola alata 
a l idea di patria, sfiorando poi in rapida sintesi 
alcune questioni pur vive ed urgenti, sentii mor- 
moiaie la solita frase: — Letterati della poli¬ 
tica! — 

La fiase era uscita da un gruppo di italiani 
all estero. Badate: per essere un italiano al- 
I estero, specialmente nei congressi, non occorre 
sempre essere usciti dai confini della patria. Ba¬ 
sta per taluni pagare la tassa d’iscrizione alla 
sede dell Istituto Coloniale Italiano, provvedersi 
delle tessere necessarie, inalberare un cilindro 
e indossare la redingote occultando così la con¬ 
sueta fisionomia e i connotati normali. Può di¬ 
ventare così un “ italiano all’estero „ il più au¬ 
tentico romano de Roma, mai uscito in vita sua 
da Porta del Popolo. 

Morale: Immunizzatevi contro le audaci intem¬ 
peranze di certi nazionalisti, ma diffidate anche 
dalla competenza di certi “ italiani all’estero 


Giovanni Biàdene. 


















LE ESPOSIZIONI DEL 19 i r 


R O AI A. A L C O N G R ESSO 


D E G L I I T A I. I A N I A L L’ E S T E R O. 


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VesUmte del 


alvini 


243 


(Schizzi di G. Biàdni,-.) 










Il Ponte Monumentale presso il Padiglione della Musica, una delle passeggiate favorite (tot. Pomari). 


Ritrovi preferiti all’esposizione di Torino. 


A zonzo per 1’Esposizione. 

Preludio Crapottiano. 

Vai all’ Esposizione oggi ? 

— Si, nel pomeriggio. 

— Verrò aneli’io. ì)ove ci troveremo? 

Nel “ Viale dei Sospiri „ oppure nell’ “ Un¬ 
gheria „ o nel “Padiglione dell’Arte Musicale,,. 

Parecchi di questi dialoghetti di puro stile cra¬ 
pottiano, scambiati qualche diecina di volte fra 
amici rispettosi degli appuntamenti — così rari 
fra la gente di nostra razza! — bastano a po¬ 
polare di un pubblico speciale le località pre¬ 
scelte, ed a circondarle della riputazione e della 
fama di “ritrovi preferiti,,. 

Non è facile ricercare e precisare le cause 
concorrenti a determinare queste particolari pre¬ 
dilezioni di un pubblico per una data località, 
massime se si tratta di un pubblico raccogli¬ 
ticcio quale è quello di una Ksposizione. 

In una città queste predilezioni hanno un’ori¬ 
gine storica o topografica; in una Esposizione 
no, perchè essa ha la vita effimera di pochi mesi 
e quindi non ha storia, e la topografia della lo¬ 
calità, dato lo spazio non molto esteso ove una 
Esposizione si adagia, non ha una grande im¬ 
portanza. 

Le cause della predilezione sono le più strane. 
Basta la vicinanza ad un caffè o un ristorante, 
bastano alcune panche all’aperto, lasciate all’uso 
gratuito, poste davanti o di fianco al ristorante 
cosi da potervisi sedere per fare quattro chiac¬ 
chiere economiche avendo l’aria di essere nel 
novero di coloro che spendono lautamente; ba¬ 
sta la consuetudinaria apparizione sul luogo di 
qualche persona celebre, per le donne occorre un 
poeta, per gli uomini un diplomatico od un uomo 
politico, in mancanza di un aviatore, di un po¬ 
dista, o di un corridore in voga; bastano alcuni 
alberi che proiettino un po’ d’ombra, su qualche 
sedile durante le ore calde del giorno; basta la 
vista di un po' di verde, di un po’ d'acqua che 
zampilli entro una qualunque vaschetta per dare 
ad una data località il battesimo e le funzioni 
di “ritrovo preferito,,. 


Il Viale dei Sospiri. 

Ebbene, vi è una località nell’Esposizione di 
Torino ove tutti questi coefficienti concorrono 
dandosi maravigliosamente la mano per crearne 
un ritrovo preferito anche da chi non abbia la 
levatura intellettuale ed il gusto artistico di Mas- 
sinclli e Crapotti il cui dialogo mi ha dato lo 


spunto per queste considerazioni che voi vor¬ 
rete, ve ne prego, ritenere profonde. 

Questa località — preparatevi, o signori, a so¬ 
spirare — è il “Viale dei Sospiri,,. Un nome 
che è un poema d’amore o meglio, la sintesi di 
migliaia di poemi, inni, ballate, romanzi, roman¬ 
zetti c poemetti tutti d’amore, molti dei quali 
finiti, ahimè! — alla.... Maternità! — Vicende 



attinge^acqua per la fabbricazione del caffè (fot. Pomari). 



















LE ESPOSIZIONI PEL tqtt 


24.S 



Un pomeriggio nei viali ombrosi dell’Esposizione a<>t. tivmm. 


delle cose umane e massime di quelle amorose! 
IL rchè la funzione sociale di questo viale, da 
oltre mezzo secolo, dalla creazione del giardino 
del Valentino in poi, fu quella di far da Galeotto 
dando ombre discrete nelle ore serotino agli 
amori degli studenti — nessun corso escluso — 
con le sartine e cucitrici tanto in bianco che in 
nero, affidate alle cure ed alla illuminata prote¬ 
zione dell’Ateneo torinese, come si è visto in 
occasione dell’ultimo sciopero delle sartine. 

L’ampio viale, sito nel bel mezzo del Valen¬ 
tino, fiancheggiato da due file di secolari ippo¬ 


castani, si stende su di un elevato altipiano pa¬ 
rallelamente alla sponda destra del Po, di fronte 
al maestoso panorama della collina, rigogliosa 
di verde. 

Lungo i lati ed attorno gli si pavoneggia 
quanto ha di più bello l’Esposizione ; da un lato, 
il bell’edifizio del “Salone dei Concerti „, dall’al¬ 
tro, verso il fiume, il “ Ponte monumentale „ che 
sbocca ad angolo retto sul viale sospiroso, of¬ 
frendogli nello sfondo il grandioso quadro del 
“Castello delle Acque,,, prospettato sul verde 
della collina che gli fa da spalliera; pure a si¬ 
nistra l’elegante “ Padiglione della Città di Pa¬ 


rigi „, il chiosco dei Eratcdli Branca per lo spunto 
amaro, il chiosco di Calissano d’Alba per lo 
spunto politico ed il “ Restaurant da Rare „ per 
la colazione ed il pranzo. 

Una lunga fila di sedie, a pagamento, ed al¬ 
cune panche municipali, gratuite, danno mezzo 
ad un pubblico vario e fluttuante di godere con 
poca spesa, o gratuitamente, del concertino di 
dame \icnnesi native tutte di Torino che suona 
nel Restaurant, e di prendere un po’di svago 
e di riposo dopo le lunghe e faticose gite at¬ 
traverso le interminabili gallerie dell'Esposizione. 



1 nuovi abitanti del Valentino : spalli* d’Alrica (fot. Pomari>. 


Ma oltre a queste sue mansioni innocenti e 
di carattere ufficiale il “ Viale dei Sospiri „, fedele 
al suo nome e alle sue tradizioni, continua ad 
esercitare le sue mansioni birichine a vantag¬ 
gio delle ragazze da marito desiderose del me¬ 
desimo e delle madame già provviste di un se¬ 
condo palmento matrimoniale od aspiranti a 
procurarselo. 

E qui che nel pomeriggio, dopo la chiusura 
delle gallerie, convengono giovanotti e signore 
eleganti, quanti hanno un ritrovo da fissare, un 
nuovo areoplano da esporre all’ammirazione de¬ 
gli amici e conoscenti ed all’invidia delle amiche 
c delle rivali, un nuovo vestito da sfoggiare 
che riveli più dell'altro indossato il giorno pri¬ 
mo le audacie dei fianchi e le esuberanze, vere 
o fìnte, anteriori e posteriori. 

Qui infine si danno convegno ogni pomeriggio 
e nelle “serate elettriche,, la maldicenza e l’ele¬ 
ganza del mondo che si diverte, mentre in lunga 
fila vetture ed automobili padronali, forti di cen¬ 
tinaia di cavalli, attendono pronte a trasportare 
a domicilio con rapidità quasi fulminea questo 
mondo di gaudenti, questi sfaccendati dei due 
sessi cosi frettolosi d’arrivare pur avendo nulla 
da fare. 

Nel padiglione dell’Ungheria. 

Ma vi è pur della gente che vive fuori della 
vita elegante e degli intrighi amorosi e che non 
subisce l’influenza del “Viale dei Sospiri „ e tanto 
meno quello dei sospiri del viale, e questa gente 
cerca rifugio in altri ambienti più riparati,meno 
caldi quando fa sole ed al coperto se piove. 

Quando il sole scotta e si sente il bisogno di 
























le ESPOSIZIONI DEL 19 ri 


246 



L’ INGRESSO PRINCIPALI - ' AL PlLONETTO. 


provare almeno l'illusione del fresco, è “ritrovo 
preferito,, il padiglione dell’l ’ngheria. 

(Ili Ungheresi, gente di spirito, hanno capito 
che il segreto del successo d’una Esposizione 
internazionale consiste tutto nell’ abbondanza 
delle poltrone a disposizione del pubblico e per¬ 
ciò nel loro padiglione non ne hanno fatto ri¬ 
sparmio collocandone in ogni angolo. Vi sono 
poltrone di ogni genere e di ogni dimensione, 
in pelle, in cuoio, in vimini, e sedili in pietra, 
in legno ed in porcellana. Si direbbe che l’in¬ 
dustria principale dell’Ungheria sia quella.... del 
sedere. 

Attorno a due vasche artistiche poste nel 
mezzo di due rotonde, aperte nell’alto, d’onde 
piove entro le vasche con curioso stillicidio, 
sono collocati grossi dadi di porcellana degni 
della lode di un poeta nazionale, il poeta del 
sedere. 

Ivi è una ressa continua di mamme con bam¬ 
bini, di vecchie, di signori attempati, di sposini 
accalorati desiderosi di un po’ di fresco e di re¬ 
frigerio da sopra e da sotto, e non ci è caso 
che uno solo di quei dadi resti vuoto e disoc¬ 
cupato un momento. Chi non trova posto a se¬ 
dere nelle rotonde va a cercarlo altrove e lo 
trova di certo. Ciò, a parte le sue speciali at¬ 
trattive artistiche, costituisce uno degli elementi 
principali del successo del bizzarro “ Padiglione 
ungherese „. 


alla Galleria, in grazie a certi panini.... gravidis¬ 
simi eletti panini illustrati, del prezzo di una 
lira e che basterebbero a sfamare tutta la fa¬ 
miglia del Conte Ugolino. 


Per i contadini, gli amanti provinciali e gli 
amatori di una musica purchessia è ritrovo pre¬ 
ferito la Galleria dell’ “Arte musicale,, o meglio, 
la galleria degli strumenti musicali, presso il sa¬ 
lone dei concerti. 

Entrando là dentro par d’entrare nel paradiso 
o nell’inferno dei gatti, attiguo a quello dei 
cani. 

E un ribollimento, un rumore confuso di note 
di piano, di gridi di patefono, di canti di gram¬ 
mofono ed un incrociarsi di sconnessi dialo¬ 
ghi.... metallici fra tenori, baritoni, bassi e con¬ 
tralti a spasso intermezzati da qualche cantata 
di un qualche tenore celebre che impone il si¬ 
lenzio ai colleglli richiamando a sè l’attenzione 
di tutto il pubblico. 


— Io moro, io moro, io moro!! — canta in 
un chiosco un tenore invisibile di dentro ad un 
grammofono come rivolgendosi a due sposini 
che ascoltano estasiati. — Muori e che ti pigli 
un accidente! — gli grida un signore seduto lì 
d’appresso, disturbato da quel vociare insistente. 


— Oh tremenda vendetta tremenda! — Urla 
un baritono da un altro chiosco, mentre un au¬ 
topiano, in un chiosco, passa in rivista tutti i 
pezzi martellati nostrani e stranieri suonandoli.... 
coi piedi. 

Sicuro, in questo genere di strumenti suo¬ 
nati per forza di mantice il merito è tutto dei 
piedi, ed il complimento diremo così musicale 
alla signorina che suona non può essere che 
questo: Signorina, lei ha dei piedi agilissimi. 
Lasci che mi feliciti con lei che le stringa un.... 
piede. 

Il pubblico si affolla curiosamente attorno a 
queste maraviglie della meccanica, a questi trionfi 
del mantice, mentre d’intorno tenori e contralti 
gemono e tubano d'amore, schiattano di rabbia 
i baritoni, fremono d’odio i bassi, trillano i vio¬ 
lini c le arpe all’olio, formando fra tutti tale una 
disannonia da meritare a questo salone dei con¬ 
certi il nome più appropriato di salone degli 
sconcerti. 


Ritrovi professionali. 

Vi sono poi i ritrovi speciali determinati da 
simpatie professionali o da particolari tendenze. 
1 militari giubilati si danno convegno nel padi¬ 
glione della marina; i setaiuoli nella sezione del- 
ì’“ Industria della Seta,,, i fabbricanti di cuoio, 
nella sezione dei “ Lavori in cuoio c pelle i fila¬ 
tori in quella delle “ Industrie tessili „ gli eno¬ 
logi nel riparto delle macchine agrarie, ove sono 
pure molti chioschi per spacci di vino, attorno 
ai quali si raccolgono i buongustai e gli ama¬ 
tori del medesimo. 


Pericolo imminente. 

Il padiglione della Francia. 


Intanto un altro ritrovo preferito si è ora ag¬ 
giunto ai già indicati e ben più pericoloso, di 
ogni altro ritrovo, pei mariti e per i padri; il 
padiglione della Francia, inaugurato da tempo 
ma aperto al pubblico definitivamente solo da 
poco. 

Ivi la moda femminina sfoggia in chioschi ele¬ 
gantissimi tutte le sue attrattive. Sete, pizzi, pel- 
liccie, abiti di tutte le foggie, per ogni ambiente 
e per ogni stagione, corsetti, biancheria perso¬ 
nale elegantissima. Quanto può costituire la fe¬ 
licità di una moglie e la disperazione di un ma¬ 
rito è raccolto lì e presentato con gusto e garbo 
tutto francese. 

E lì, attorno a quelle vetrine ed a quei chio¬ 
schi, una folla di signore incuba desideri di nuovi 
vestiti per lunga serie di stagioni. Meglio, molto 
meglio, o signori mariti, condurre le vostre mo¬ 
gli al “ Padiglione dell’ Ungheria „, al " Padi¬ 
glione dell’ Arte Musicale „, al chiosco delle 
incubatrici dei bambini nati prima del tempo, al 
Viale dei Sospiri ove quanto meno non sospi¬ 
rano.... pelliccie di martora. Ma non conducetele 
al Padiglione della Francia!! 

Marito avvisato è mezzo salvato. 


Torino, giugno. 


Toga-kasa. 


Perchè questo del potersi riposare entro le 
gallerie, (piando si è stanchi, rappresenta per 
i nostri visitatori di una Esposizione internazio¬ 
nale uno dei problemi piti inquietanti, non meno 
inquietante di un altro problema con cui si trova 
alle prese il visitatore dell’Esposizione di 'Fo¬ 
rino, s a nelle Gallerie che fuori, lungo i viali, 
per la deficienza di monumenti all’insigne Ve¬ 
spasiano d’imperiale memoria. 

Avviso al Comitato! 

Nel padiglione della Germania. 

La Germania, per (pianto in minore abbon¬ 
danza dell’Ungheria, ha offerto anch’essa alcune 
poltrone di vimini ai suoi frequentatori, nella 
così detta sala d’onore o sala dell' Imperatore, 
sotto il grande cupolone centrale sulla cui base 
si legge il motto 

“ / r ivere non rsf necesse, navigare necesse est „ 
che fu il motto glorioso dei Veneziani. 

Le poltrone sono collocate di fronte alla sta¬ 
tua dell'Imperatore camuffato da ammiraglio. 

Ma quella sua posa, che vorrebbe essere eroica 
e pare invece posa di un primo ballerino che 
inizii un ordine di piroette fra i modelli di navi 
d'argento collocati attorno, riesce poco simpa¬ 
tica e pesante, e vi costringe a levarvi per non 
disturbarlo in quella sua danza della vanità. 

Le poltrone sono sempre vuote e la Ger¬ 
mania non è mai riuscita a crearsi un “ ritrovo 
preferito,, salvo che nella “ Birraria „ sottostante 



Uno dei viali preferiti presso l’ Ungheria (fot. Pomari) 


























LE ESPOSIZIONI DEI 


i g r i 


2 47 


ROMA. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI BELLE ARTI A VALLE GIULIA. 



Erulo E r u l i. - L’alba del 23 ottobre 


1867 


Gli eroi di Villa Glori. 



\ r r u r o T o s 1 


Poesia campestre (fut. a. Paoktti) 



































































I 


TORINO. ATTRAVERSO I P A D I G L i Q: ) DELLE INDUSTRIE E DEL LAVORO, 




Nel Padiglione n ell’Industria dei.le Lane. 



Nel Padiglione dell’Industria della Seta. 



Una macchina tipografica della Sezione Svizzera d’elettricità. 























































































200 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


La Mostra Retrospettiva della Francia a Torino, 

PALI.A SPADA DI NAPOLEONE ■ 

al diadema della taglioni. 


Tre secoli di storia hanno fornito agli ordi¬ 
natori della Mostra retrospettiva francese pre¬ 
ziose e curiose memorie iconografiche ed epi¬ 
stolari: l'ottocento ha loro concesso di rievo¬ 
care pagine di storia non meno interessanti 
pei dotti, ma più vive ed affascinanti pel gran 
pubblico. Sono eventi di cui non si è spenta 
ancora la risonanza diretta nelle nostre fibre, 
figure ancor vive nei nostri occhi o nella no¬ 
stra memoria. 

Una intera sala, la maggiore, è consacrata alle 
campagne napoleoniche in Italia. Non più Tele- 
ganza agghindata del Rinascimento o quella sot¬ 
tilmente graziosa del Settecento, non più le ri¬ 
gide calligrafie gotiche e quelle elegantemente 
decorative dii Cinquecento e del Seicento: la 
febbre dei nuovi tempi precipitosi sembra tra¬ 
dursi nella baldanza dei visi, nella libertà fanta¬ 
siosa delle fogge vestiarie, nella scrittura non¬ 
curata e frettolosa. Alla semplice curiosità storica 
sottentra un palpito involontario quando in calce 
a qualche autografo scarabocchiato con furia, si 
decifra un nome magico: Napoleone. L’ardore e 
il fremito della pugna sembrano vibrare da quelle 
figure che paiono slanciarsi dai quadri con pi¬ 
glio animoso, da quei proclami i cui caratteri 
tipografici mal allineati rivelano la fretta della 
composizione, da quelle lettere scritte sul tam¬ 
buro nell’ansia di una lotta o nell’ebbrezza di 
una vittoria. Dalle armi, dalle vesti, dai quadri 
sembra vaporare l’atmosfera eroica dell’età me¬ 
ravigliosa. 

L’insieme è stato disposto con accorgimento. 
Attorno al soffitto corre un fregio di figure ni 
grisaillc, dato dal Musèo Carnavalet. Nel centro 

o t 

della parete maggiore sta un gran quadro di 
Monsiau : e la proclamazione della Repubblica 
Cisalpina, ai Comizi di Lione del 26 gennaio 1802. 
11 pallido corso è proclamato Presidente. Ne ve¬ 
diamo il magro viso giovanile, animoso e fre¬ 
mente fra le ciocche dei capelli sconvolti, in un 
bel busto del Corbct: lo rivediamo a cavallo, 
m ila \ ivacità della redingoti’ purpurea, in un go¬ 
belin. E nell’altro arazzo che lo fronteggia ve¬ 
diamo uno degli eroi della gran gesta: Désaix 
che cade a Marengo nel fulgore della dura vit¬ 
toria. 10 tutt’attorno da altri quadri appaiono le 
figure dei marescialli: Scherer, Masscna, Mo- 
reau.... Una serie di acquerelli evoca le pagine 
dell’epopea, da Arcole al San Bernardo: nelle 
vetrine sono sciabole, pistole, miniature; nelle 
cornicctte: proclami, incisioni, lettere. Gli occhi 
si arrestano su una lettera del cittadino console, 
datata da Udine, scritta sopra un foglio intestato 
da un fregio in calcografia, in cui si felicita col 
generale Yial per la ricuperata salute e gli or¬ 
dina di raggiungerlo ad Udine; si indugiano sopra 
qualche stampa: un Bulle/in de VArmei d’italie 
dell’8 Brumaio, anno XIV, in cui si annunzia la 
presa di Caldiero; leggono le sonanti parole della 
stampa originale del manifesto di Bonaparte “Ai 
popoli della Repubblica Cisalpina „, del 21 Bru¬ 
maio dell’anno VI.... : “ I Pus ctes, après la France, 
la republique la plus populeusc, la plus riche. 
Finis ctes le premier exemple dans l’histoire d'un 
peaple qui devient libre sans factions, sans revo¬ 
lution et sans déchirements.... „ ; guardano in un 
busto marmoreo il duro viso della sorella di 
Napoleone, Elisa Baciocchi, principessa di Piom¬ 
bino; in un quadretto il viso infantile di Eugenio 
ili Beauharnais, viceré d’Italia. 

Ricca è la collezione delle miniature: noto 
quella di Bonaparte per mano di Isabey, in figura 
eli un pallido giovane che nell’abito rosso sem¬ 
bra un ecclesiastico, quelle di Moreau, di Euge¬ 
nio Beauharnais, del principe Borghese, e quella 
bellissima di Elisa ; più ricca è quella delle armi: 
vi è la spada di Napoleone in forma di gladio 
romano, rigidamente classica, la sciabola di onore 
del maresciallo Augerau e quella di servizio di 
Macdonald, la sciabola offerta dalla città di Mi¬ 
lano ad Eugenio di Beauharnais con la leggenda: 
Dio me l’ha data; guai a chi la tocca : uno scia- 
bolone di Désaix, fabbricato a Costantinopoli e 
recante un’ iscrizione araba, la spada di Murat, 
una carabina di Kcllermann, duca di Valmy, la 


sciabola d’onore di Massena. Varie sono quelle 
di Napoleone; una con l'impugnatura a becco 
d’aquila, un’altra con un'iscrizione in caratteri 
arabi: Tu schiacce)-ai i tuoi nemici e protegge¬ 
rai i mussulmani ; v’è un paio di ricchissime 
pistole incrostate d’oro o istoriate da sfingi : fu¬ 
cili d’onore dati dal console e dal re agli croi 
delle sue battaglie. E non manca il trono, a dor¬ 
sale tondo, riccamente scolpito, dorato, teso di 
velluto rosso tramato d’oro. 

•* 

Dalla Repubblica Cisalpina si balza al regno 
d’Italia. La documentazione scade in pompa ed 
in ricchezza ma la curiosità si fa anche più viva. 
Sono dapprima ritratti e documenti di rifugiati 
politici italiani: Garibaldi, Manin, Bixio, Orsini. 
E di Orsini vi è un preziosissimo cimelio: la 
minuta ingiallita, sgualcita c lacerata della fa¬ 
mosa lettera da lui scritta dal carcere di Mazas, 
alla vigilia della esecuzione, a Napoleone, in cui 

10 supplica pel bene stesso del suo treno e per 
l’equilibrio europeo, di rendere l'indipendenza 
all’Italia. Si può sorridere degli errori di orto¬ 
grafia del rivoluzionario che scriveva sacriffices 
con due effe, ma non si dimentica che quella 
invocazione fu non ultima spinta a Napoleone 
verso l’impresa della campagna del cinquanta- 
nove. E come prologo ad essa è bene avvici¬ 
narvi una lettera che si assicura inedita, scritta 
da Daniele Manin da Parigi, il 20 maggio 1 856 
a Valerio, con una fine calligrafia regolare, quasi 
femminile e con una dignitosa fierezza. Manin 
vi si difende dall’accusa di tradire gli interessi 
dell'Italia, consigliando il partito nazionale a 
confidare nella monarchia piemontese. Il par¬ 
tito nazionale deve aver fiducia in lei, “fin¬ 
ché ed in quanto questa cammini audacemente 
allo scopo comune: l’indipendenza e l’unifica¬ 
zione d’Italia,,. 

Come nella sala precedente, per le battaglie 
napoleoniche, anche in questa, una serie di ac¬ 
querelli e di oleografìe illustra i campi della 
campagna del cinquantanove. E anche qui pen¬ 
dono dalle pareti i ritratti dei marescialli del 
Secondo Impero: la bionda figura di Mac Mahon, 
Vaillant, Espinasse, Renault. Di contro stanno 
i ritratti del principe Gerolamo Bonaparte e 
della principessa Clotilde, per mano di I Iébert, 
giusta evocazione delle nozze principesche che 
furono preludio della campagna liberatrice, e il 
ritratto in arazzo di Napoleone III. In una ve¬ 
trina sono commoventi memorie della campa¬ 
gna: brevi parole evocatrici di giornate me¬ 
morande: un dispaccio delle 8 del mattino del- 
l’8 gennaio 1859, da Milano a Parigi, al ministro 
della guerra: “ L'empercur et le roi de Sarda igne 
entrent à Milan. La reception est magnifique et 
pieine d'euthousiasme „. In una lettera Napoleo¬ 
ne III con quella sua calligrafia leggera e ne¬ 
gletta che sembra immagine del suo carattere 
debole ed esitante, annunzia la presa di Caste- 
nedolo. Vi è il trionfante ordine dei giorno, 
scritto la sera della battaglia di Solferino: l’or¬ 
dine autografo dell’Imperatore al Generale An¬ 
seime di raggiungere Pozzolengo; l’originale del¬ 
l'ordine del giorno dopo la presa di Balestro; 
la copia della lettera scritta da Vittorio Ema¬ 
nuele al colonnello del 3 .° Zuavi che combattè 
sotto i suoi ordini a Palestro. In due vetrine sono 
raccolti ricordi della campagna: le spalline, le 
armi, i bastoni di maresciallo di tre degli arte¬ 
fici principali della vittoria: Mac Mahon, Canrc- 
bert, Baraguay d’Hillier. Da un lato la mortale 
maschera di Cavour sembra assistere con cal¬ 
ma sicura al compiersi degli eventi congegnati 
dalla sua gran mente; da un altro lato il niz¬ 
zardo mostra, in una lettera a Re Vittorio, la 
sua modestia e il suo disinteresse di uomo di 
Plutarco: “Nizza, 21 novembre 1859. Sire, Se¬ 
condo il desiderio della Maestà Vostra partirò 

11 23 da Genova per Caprera, e sarò fortunato 
quando voglia valersi ancora del mio debole ser¬ 
vizio. La demissione mia, chiesta al Governo 
della Toscana e al generale Fanti, non è otte¬ 


nuta ancora: prego la M. V. si degni ordinare 
mi venga concessa. Con affettuoso rispetto di 
V. M. dev.mo G. Garibaldi „. 

•x- 

Un’ultima sala ci attende: sono le memorie 
di trionfi italiani in campo incruento: il teatro, 
e sotto tre diversi aspetti: la drammatica, la 
musica, la danza. Il campo è sterminato, ma que¬ 
sto saggio, per quanto contenuto in modesti con¬ 
fini, non manca di interesse. 

Sono dapprima ricordi di quella Commedia 
Italiana che ebbe tanto favore ed anche tanti 
nemici nella Parigi del seicento e del settecento. 
Vediamo gli originali dei cartelloni, allora più 
modesti di dimensioni, ma più ricchi d’arte, di 
quelli odierni: ve n’è uno che annunzia la rap¬ 
presentazione di Arlequin Gran Fizir ; un altro 
dice: Les comediens Italiens ordinaires du roi 
donneront aujourdhui Mere redi 16 Decenibre i-jji : 
ILAmoureux de quinze ans, comedie en trois actes 
mclee d’ariettes. Incisioni da quadri di Watteau 
mostrano scene della commedia italiana c La 
partenza dei comici italiani da Parigi nel /Ò97. 

Dalla drammatica si passa alla musica. Vi è 
un bellissimo ritratto del Lulli, in atto di suo¬ 
nare la chitarra, ritratti della Grassini e della 
Catalani, dipinti dalla Vigée Lebrun, ritratti in 
litografia ed incisione di altre celebri ugole, ma¬ 
schili c femminili, la Crisi, la Malibran, Tam¬ 
burini, Rubini, la Tadolini, la Pasta. Talvolta 
queste evocazioni iconografiche non sono senza 
qualche delusione; così la divina Malibran, quale 
è raffigurata nella miniatura offerta dagli abbo¬ 
nati della Fenice nel i 835 , appare anzichenò 
bruttina. Meno brutta, ma tutt’altro che' bella 
nel viso paffuto si mostra una danzatrice fa¬ 
mosa: la Taglioni, della quale c’è il diadema del 
quale usava abitualmente cingersi il capo. 

Dopo le cantanti e le danzatrici, i musici: 
busti e ritratti di Paisiello, Spontini, Cherubini, 
Paganini, Rossini, Verdi. Una vetrina raccoglie 
una preziosa mostra d’autografi di Lulli, Salicri, 
Pcrgolese, Paisiello, Cimarosa, Sacchini, Curala, 
Spontini, Zingarelli, Rossini. Vi sono le ultime 
note scritte da Cherubini. Vi è una curiosa let¬ 
tera di Spontini in cui si lamenta che per un'e¬ 
conomia di qualche lira sul numero degli ese¬ 
cutori, un effetto di arpa, nella sua restale riesca 
completamente diverso dalle sue intenzioni.... 

A chiudere la rassegna teatrale c’è infine un 
cimelio che attirerà particolarmente i torinesi. 
E uno di quei ventagli che il Re di Sardegna 
usava distribuire alle principali signore della no¬ 
biltà piemontese, a cui concedeva l’uso di un 
palco al I eatro Regio, e che faceva trovare nel 
palco la sera della prima rappresentazione. In 
esso erano dipinte i cinque ordini di palchi con 
1 indicazione dei titolari. Un ventaglio simile ri¬ 
salente al 1780, appartenente ad un collezioni¬ 
sta torinese fu pubblicato anni sono in occasione 
della riapertura del Regio restaurato. Questo 
dev’essere di qualche anno pili antico ; ed è pos¬ 
sesso del Musée Carnavalet. In quelle minu¬ 
scole caselle, fra i tanti nomi di famiglie spente, 
se ne ritrovano non pochi di ancor vive: i Tri¬ 
nità, i Bricherasio, i San Giorgio, i Collegno, i 
Robilant.... La mostra storica francese che a 
commemorare il cinquantenario ha condotto qui 
tanti preziosi ricordi di parentele principesche 
e di campagne di guerra, ha voluto concludere 
con un cortese ricordo delle glorie teatrali di 
I orino. Non è avventato prevedere clic questa 
mostra sarà una delle attrazioni piti vive dell’e¬ 
sposizione intera: e sarebbe bene che da questa 
iniziativa straniera, Torino traesse la spinta a 
costruire nella nostra città un museo storico 
del Piemonte, prima che lo smembrarsi e d'e¬ 
stinguersi delle vecchie famiglie piemontesi di¬ 
sperda i documenti del passato, che ancora ri¬ 
mangono. Sarebbe una immagine viva del vec¬ 
chio Piemonte: una mostra aneddotica più elo¬ 
quente ed educativa di ogni libro e di ogni ce¬ 
lebrazione rettorica. 

(Ila La Sta»,fa). ENRICO TlIOVEZ. 


Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza. 

























LE ESPOSIZIONI DEI 


i 9 I T 


20 T 


E I R K N Z E. E A M () S T R A I) E E R I T R A T T O ! T A E I A N (). 



P i e t ho R o t a r i. - Principessa Elisabetta di Sassonia. 


(U. Pinacoteca dì Presila.) 


La Mostra del Ritratto Italiano a Firenze nella magnifica sede di Palazzo Vecchio, 
inaugurata nello scorso marzo, doveva chiudersi con la fine di giugno. Ma l inteiesse 
e il successo di questa mostra cosi felicemente organizzata da l'go Ojetti, furono tali, 
che il Comune di Firenze d'accordo col Comitato, consenti a prorogarla a tutto ottobre, 


per tutta la durata cioè, delle esposizioni di Roma c di Torino. La notizia (u accolta 
con viva soddisfazione da tutti gli amici dell’arte, e potremo anche noi continuare la 
rassegna delle tele più significative e dei ritratti più interessanti che vi rimarranno 
esposti all’ammirazione del pubblico per altri tre mesi. 







2D2 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


DA TORINO A ROMA E.... VICEVERSA. 

(Nocini coy risponditi! su.) 

r Luglio. 

L’estate è venuta, finalmente! La caratteri¬ 
stica di quest’anno 1911 è, metereologicamente, 
il ritardo dell’estate. 11 fenomeno ha avuto 
sulle esposizioni la sua influenza cattiva e la sua 
influenza buona, ed anche la sua influenza com¬ 
pcnsatrice, come spiegherò. Cattiva, in principio, 
perché quando occorreva affrettare il compi¬ 
mento dei lavori, il tempaccio — affermatosi 
perverso con le nevicate fino all’8 aprile! — li 
ha ostacolati ; poi buona, perchè ha dato a mag¬ 
gio e piti ancora a giugno una stagione prima¬ 
verile, non precocemente estiva, che ha favorito 
lo sviluppo ed il concorso delle esposizioni e 
l’affluenza alle feste. 

Ora viene, con puntualità metereologica l’e¬ 
state, la quale produrrà questo effetto inevita¬ 
bile, sposterà le correnti dei visitatori da Roma 
a Torino. Non che a Roma l’estate non sia tol¬ 
lerabile ; vi è, anzi, tollerabilissima. Spira a Ro¬ 
ma, da poco dopo mezzodì, fino alla più tarda 
notte, ((itasi sempre, un delizioso venticello di 
mare, che non fa sentire affatto il caldo; le notti 
sono sempre fresche c, spesso, freschissime; è 
piìi fàcile doversi munire, la sera, di soprabito 
da mezzotempo a Roma, meglio che a Torino; ma 
non è possibile mutare una tradizione di secoli, 
per la (piale Roma d’estate si spopola, e le correnti 
dei forestieri in Italia, deviano dal sud al nord. 

1 primi a scappar via sono gli uomini politici 

— deputati, senatori, sottosegretari, ministri, di¬ 
plomatici — che non resistono in Roma al di là 
della prima quindicina di luglio, e dietro a loro 
va tutto il resto del mondo che si diverte. 

In tale periodo di “ stagione morta „ resta 
l’elemento Romano, ed io sono uno di quelli che 
trovano Roma molto pili piacevole di grande 
estate, che non nella stagione delle sue piene. 
Quest’anno la Roma dei Romani si stenderà a 
tutto godere da piazza d’armi a vigna Cartoni, 
dall’Esposizione etnografica aH’Esposizione arti¬ 
stica ed all’archeologica alle Terme; e verranno 
introdotte nella viabilità, nella facilitazione delle 
comunicazioni al maggior buon mercato, nell’u¬ 
nificazione del prezzo d’ingresso alle due espo¬ 
sizioni tante pratiche iniziative, da invogliare i 
Romani a rimanere neW'urbe, anziché sparpa¬ 
gliarsi, come negli altri anni per “ li castelli „. 

Viceversa il movimento delle correnti touri- 
stiehe nazionali ed esotiche da sud a nord au¬ 
menterà l’affluenza a forino, la quale, inoltre, 
ha il vantaggio — comune a Milano — di es¬ 
sere circondata da centri popolosi e da provin- 
cie abitatissime, le quali, specialmente dal sa¬ 
bato al lunedì, riversano nella sempre bella e 
cara capitale subalpina torrenti di visitatori. 
L’ultima domenica, per esempio, gl'ingressi al¬ 
l’Esposizione — tutti compresi — ascesero ad 
80000 e più; bellissima cifra, preludio ad altre 
più grosse e giustamente rimuneratrici di tanto 
fervente lavoro e di co-ì nobile entusiasmo di 
ideazione e preparazione. 

Eors’anche in riguardo all’inevitabile muoversi 
delle correnti visitatricì internazionali da sud a 
nord è stata prorogata la chiusura in Firenze 
dell’Esposizione del Ritratto, che è stata uno dei 
piii sorprendenti e pieni successi di quest’anno. 
Anche le più rosee previsioni sono state supe¬ 
rate; anche il pubblico meno preparato alle sen¬ 
sazioni estetiche dell’arte vi ha trovato godi- 
menti insperati ed intensi; molti intenditori ed 
amatori d’arte non ne hanno avuto a sufficienza 
di una visita, di due, e vi sono tornati ancora. 
L'altra settimana il Re — mentre a Roma co¬ 
minciava il turbinìo della discussione parlamen¬ 
tare su quella grossa corbelleria socialistico-gio- 
littiana che è il monopolio dell’assicurazioni vita 

— il re fuggiva improvvisamente dalla Capitale, 
andando a ritemprarsi in un grande godimento 
d’arte reso più sensibile dall’intellettuale comento 
orale di Ugo Ojetti, sempre elegante, sempre 
giovine, sebbene, ora, anche commendatore mau- 
riziano !... 


Un lutto improvviso, la morte della princi¬ 
pessa Clotilde, il cui commovente sagrificio con¬ 
iugale nel 1859 ne ricollega strettamente il no¬ 
me alla storia del Risorgimento Nazionale nel¬ 
l’epoca della decisiva liberazione, ha fatto rin¬ 
viare in Roma la solenne inaugurazione della 
mostra permanente del Risorgimento negli am¬ 
bulacri interni del grande monumento nazionale 
a Vittorio Emanuele 11 . La proroga accrescerà i 
pregi di questa esposizione, alla quale, da ogni 
parte d’Italia arrivano materiali preziosi, accre¬ 
sciuti da importanti acquisti fatti, in questi giorni, 
dalla Commissione Reale. 

Ma anche a Torino, in una caratteristica espo¬ 
sizione storica franco-italiana, rivive in mezzo a 
preziosi ciniciii ed a pregevolissime documen¬ 
tazioni, tutto quel drammatico e in certi mo¬ 
menti, anche tragico periodo che — dal 1792 
al 18rq, — vide unite le sorti delle popolazioni 
italiane alle sorti delle popolazioni francesi, nel 
primo periodo repubblicano, poi durante il Con¬ 
solato e l'Impero. 11 primo Bonaparte riappare 
in tutte le fasi della sua vita tempestosa; un 
grande quadro storico del Monsiau, trasportato 
da Versailles a Torino, raffigura quella famosa 
Consulta Cisalpina di Lione, che fu il primo par¬ 
lamento liberale delle provinne Italiane dalla 
Sesia, all’Adige al Po e alla Cattolica, che co- 
stituironsi in Repubblica Italiana, presieduta da 
•Bonaparte, e mutatasi in breve in Regno Italico. 
C’è molto, troppo da dire sulla dominazione del 
primo Bonaparte in Italia e sul modo com’egli 
considerò e trattò la nazionalità italiana. Anche 
i più ostinati romantici napoleonisti nostri co¬ 
minciano a distaccarsi da quel loro vecchio an¬ 
tiquato sentimentalismo napoleonico verso un 
dispotismo militare, spintosi ai più folli eccessi, 
ed il cui genio precipitò in una catastrofe che 
era assai facile prevedere, lasciando l'Italia in 
preda alla reazione di diciotto anni prima, c la 
Francia — come disse il brevemente ministro 
per la guerra, generale Goiran, al senato Fran¬ 
cese giorni sono — più piccola e più isolata di 
quanto l’aveva trovata allorché ne fu nominato 
generale. 

Quanto all’Italia, pensò essa a risvegliarsi, e, 
nel momento decisivo, un altro Bonaparte — 
Napoleone 111 - venne a fare per noi ciò che 

il I. avrebbe assai più presto e meglio potuto, 
dovuto, e non volle. 

Nell’esposizione storica Franco-italiana vi è, 
a Torino, accanto alla sala maggiore (riferentesi 
al primo periodo Rivoluzionario-Bonaparte) un’al¬ 
tra sala oblunga, che è precisamente dedicata 
ai ricordi della fortunata Campagna del 
Tutto vi è ampiamente illustrato e documentato 

- uomini e fatti, di Francia come d’Italia, e ap¬ 
pena a due anni di distanza dalle commemora¬ 
zioni e dalle mostre cinquantenarie tenute a Mi¬ 
lano, a Torino, a Genova, a Magenta, a Solfe¬ 
rino, questa mostra franco-italiana interessa, 
commuove ed appassiona. 

A Torino si è aperto al pubblico in questi 
giorni il grandioso padiglione degli Stati Uniti 
del Nord-America. La repubblica delle stelle fa 
un grande sfoggio di materiale scolastico: le 
scuole di Nova York e le università americane 
s ino presentate con tutti Fioro migliori e mag¬ 
giori elementi, come a dimostrare che il grande 
incremento di uno stato la cui formazione su¬ 
pera di poco il secolo, è dovuto al grande in¬ 
teressamento per la pubblica educazione e la 
cultura generale, alla quale sono stati piegati 
anche i negri e gl’indiani. Hanno fermata la mia 
speciale attenzione nella sala della Califormia, 
tre grandi interessantissime plasticografìe del 
Canale di Panama, la cui apertura è fissata per 
il 1915. I na plasticografìa rappresenta il grande 
serbatoio centrale, a n 5 piedi sul livello del 
mare, destinato all'alimentazione del canale; la 
seconda offre in proporzione ridotta un tratto 
del canale stesso con le saracinesche e gli altri 
particolari di costruzione; la terza mostra tutto 
il corso del canale, coll’indicazione dello stato 
attuale dei lavori. 


Poi c’c, in bellissime riproduzioni cinemato¬ 
grafiche, la visione di tutte le calatici istiche 
bellezze naturali ed architettoniche dell'Ame¬ 
rica del Nord — così da potersi credere o sul 
Niagara, o nella Florida.... senza essersi mossi 
dalla fulgida Città Bianca del Parco del Va¬ 
lentino. 

All’apertura del Padiglione Nord-Americano, 
sul Po — ha fatto pendant l’apertura dell’Espq- 
sizionc degl’italiani all’Estero, anche questa sul 
Po, ma al 'Pilonetto, cioè all’estrema ala destra 
dell’Esposizione. L’impressione sintet ca di que- 
stra mostra singolare è che la gente italiana 
lavora, facendosi onore, in ogni più remoto an¬ 
golo del mondo. 

E questo un fenomeno dal quale derivano be¬ 
nefici immensi, particolari e generali, ed anche 
mali gravissimi, funesti. Hi fronte al famoso 
mezzo miliardo di rimesse, con cui 1 Italia equi¬ 
libra alla meglio la sua bilancia commerciale 
pencolante verso il passivo, stanno la lunga se¬ 
rie di insidie, di angherie c di soprusi a cui son 
soggette le falangi emigranti, gli attentati alla 
libertà di lavoro c ai risparmi duramente rag- 
granellati, il logorìo delle ma-se lavoratrici pel¬ 
le condizioni talvolta miserevoli di vita e di 
lavoro, lo sfruttamento delle donne e dei fan¬ 
ciulli. 

Quanti insegnamenti e quante considerazioni 
inspira questa interessante esposizione del Pi¬ 
lonetto !... 


Sul Po in questi giorni la folla internazionale 
che raccogliesi in Forino è stata attirata ed ac¬ 
cresciuta dal grande Concorso e dal pieno suc¬ 
cesso delle Regate Internazionali. 

All’appello della sezione Eridanea del Reale 
Rowing Club Italiano concorse un pubblico nu¬ 
merosissimo c sceltissimo; le rive del Po erano 
letteralmente gremite di folla plaudente, i ponti 
occupatissimi. 

Parevano davvero ritornati i tempi antichi, 
quando il canottaggio, allora quasi unico sport, 
attirava le migliaia di persone presso il classico 
Eri d ano. 

La giornata del 29 giugno fu magnifica per lo 
splendido sereno, clic dava un piti lieto risalto 
al verde chiaro della bella collina, e rifletteva 
nelle acque coi raggi del sole i più bei colori. 

Pel lato sportivo fu totale la sconfìtta delle 
società torinesi, per quanto coi loro equipaggi 
in alcune gare siano riuscite ad opporsi viva¬ 
mente ed onorabilmente ai forti avversari esteri 
e nazionali. 

Torino da alcuni anni nel canottaggio non rie¬ 
sce più ad imporsi come una volta; ed ama di 
piti trionfare in altri campi: automobilismo, ci¬ 
clismo e podismo. 

E mentre il vigore dei rematori trionfava sul 
Po, nel salone della Camera di Commercio com¬ 
pievano le loro congressistiche fatiche i rappre¬ 
sentanti dell’industria tipografica d’ogni regione 
italiana. Il Comitato ordinatore riuscì ad atti 
rare molti consoci italiani ; c per tre giorni tutta 
questa brava gente ha discusso con grande in¬ 
teresse i problemi più vivi, a cominciare da 
quello del “ disciplinamcnto (iella concorrenza „. 
Una deliberazione sul “monopolio delle assicu¬ 
razioni sulla vita,, fu evitata dall’abilità del pre¬ 
sidente del Congresso, senatore Luigi Roux ar¬ 
rivato in tempo a rendere ancora un servizio 
al suo amico Gioì itti. lo fui lì per alzarmi a pro¬ 
porre un voto di lode all'uomo di Dronero per 
Ì elevazione ed il riconoscimento ufficiale del- 
l’analfabetismo trentennale mercè il suffragio 
universale, ma me ne astenni per non mettere 
in eccessivo imbarazzo l’antico direttore della 
Gazzetta Piemontese. Fu anche invocata l’istitu¬ 
zione di un ordine pili o meno cavalleresco “al 
merito per la fedeltà al lavoro. „ Facciano presto 
ad istituirlo, prima che la “ fedeltà al lavoro,, con 
1 inorgoglirsi del giolittismo socialista non di¬ 
venti del tutto una virtù di altri tempi!... 

Giorixo. 


È uscito 


F EDER ICO PE ROBERTO 


È uscito 


La Messa di Nozze 


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Un volume i n - 1 6 , di 3 3 q. pagine. 


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DIRIGERE COMIUSSIQNI E VAGLIA A. FRATELLI TRKVKS, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12 ; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68. 






























LE ESPOSIZIONI DEL ign 


a53 


T () R I N O. A T T R A V E R S () 


RADI O L I O N 1. 



Il Padiglione della Russia sulla riva sinistra del Po (fot. Fumari). 



La Sezione della Colonia Eritrea (m.Ws). 


























L E ICS POSIZIONI DICL 1911 



II. MANU I STO PER l.’ ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI UMORISMO A Ri VOLI 
del pittore Aldo Mazza, riprodotto dalla ditta Ricordi. 


L'Esposizione d'arte 

Una Esposizione d’arte umoristica? Dove? A 
Rivoli? Bisogna passarsi la parola, perchè a To¬ 
rino stessa non c’è quasi nessuno che lo sap¬ 
pia. Un comitato ha lavorato per molto tempo, 
lia raccolto tremila opere di artisti d’Italia, di 
Francia, d’Inghilterra, la mostra è pronta, e al 
momento buono si è quasi dimenticato di an¬ 
nunziarla al pubblico. Non per indolenza, ma 
per timidezza. Fu accettato un manifesto piti 
sbalorditivo che allegro e non s'ò poi avuto molto 
coraggio nel diffonderlo : intanto, nell’attesa di 
qualche cosa di nuovo, si è taciuto. Non è un 
male, forse. La sorpresa può generare nel pub¬ 
blico una più viva curiosità. 

Così, andando a Rivoli, il pubblico si accor¬ 
gerà intanto che l’allegria o almeno l’umori¬ 
smo non è cosa tanto facile a raggiungersi. Ri¬ 
sogna prendere, a Torino, una piccola ferrovia 
fumosa c tascabile, adagiarsi per mezz’ora in un 
innocente scuotimento sussultorio, metter piede 
a Rivoli — metter piede sui sassi perchè Rivoli 
è acciottolato con generosa abbondanza — e 


umoristica a Rivoli. 

lare un quarto d’ora di salita. Ma quando vi si 
è giunti, l'umorismo c’è. E anche qualche goccia 
di sudore. Poco male: il paesaggio delizioso, 
l’aria, l’esposizione ne valgono la pena. Questa 
esposizione è un'appendice di quella di Torino: 
sulle rive del Po il lavoro, qui Fallegria, o quasi. 
Per questo ne venne offerta la presidenza ono¬ 
raria all’on. Giolitti che è probabilmente il piti 
grande umorista d'Italia. E Giolitti ha accettato. 
Così l’Italia anche quando avrà voglia di ridere 
passerà per giolittiana. E nessun deputato, so¬ 
pratutto i deputati indipendenti, dirà male del¬ 
l’esposizione. Furbi, quelli di Rivoli! 

Anche la sede dell’esposizione, nella sua ma¬ 
gnificenza, è un poco ironica. Si tratta dell’e¬ 
norme e massiccio castello dove fu tenuto pri¬ 
gioniero \ ittorio Amedeo II : enorme, massic¬ 
cio, ma interrotto a metà. E una specie di gi¬ 
gante settimino: gii è mancata l’energia per svi¬ 
lupparsi completamente. Ma l’esposizione non ha 
da lamentarsi: esso offre una lunga e luminosa 
sfilata di sale che adesso si sono come animate 


di una giovinezza nuova, con tutti i quadri, gli 
abbozzi, le caricature, le statue, le macchiette che 
gli artisti vi hanno adunato. 

Certo, il bilancio dell’arte umoristica non vi 
appare completo. Parecchi artisti mancano, al¬ 
cuni forse non furono invitati o avvertiti. Ma 
l’esposizione è riuscita ugualmente assai varia, e 
piacevole, e interessante. E insegna tante pic¬ 
cole cose preziose. Una, fra le altre: quanto sia 
difficile fare dello spirito. La gente seria e per 
bene, quella brava gente posata e grave che 
giudica l’allegria come una inutile leggerezza, c 
ogni espressione d’arte allegra come una facile 
sciocchezzuola, si accorgerà quanto quella faci¬ 
lità sia diffìcile a ottenersi. Perchè, grazie al 
ciclo, molte c.ose assolutamente prive di spirito 
non mancano neppure a Rivoli. E il comitato, 
nel quale si sono dati la mano l’avv. Rossano, 
il giornalista Beniamino e il signor Leumann, ha 
fatto benissimo ad accoglierle: i confronti sono 
sempre preziosi, dice il proverbio. 

In Italia l'arte umoristica — nel disegno, nel 
quadro, nella scultura minuta — non è molto 
curata. Manca la spinta a far lavorare i disegna¬ 
tori, a muovere in loro, se c’è, quella attitudine 
alla caricatura che può diventare un’arte grande. 
Noi non abbiamo dei grandi giornali umoristici 
che pubblichino delle belle pagine a colori dove 
sia fissato con arguzia un momento della vita 
attuale. Qualche prova tentata qua e là ha sem¬ 
pre condotto al fallimento l’impresa e qualche 
volta, poveretti, anche gli impresari. Soltanto a 
Torino c’è ancora il gusto, un po’indebolito ma 
resistente, del giornale umoristico illustrato, con 
le grandi pagine a colori. . ancora un ricordo 
di vecchia città capitale: il governo ha traslo¬ 
cato, l’abitudine è rimasta. E a Forino c’è ap¬ 
punto una tradizione di arte umoristica, ci sono 
degli artisti i quali non disegnano che caricature, 
e dei dilettanti che sono divenuti artisti o al¬ 
meno disegnatori per quella via. 

Una buona parte delle sale è infatti occupata 
da piemontesi e da disegnatori tenuti in incu¬ 
bazione dal Pasquino. Del maestro, di Teja, non 
c’è niente. Non s’e voluto fare una mostra re¬ 
trospettiva. Ma ci sono i discepoli : il che vuol 
quasi sempre dire, in arte, della gente che non 
ha mai conosciuto il maestro o che almeno non 
ne segue la maniera, ma che gli resta fedele — 
fedele nel non occuparsene, e nel chiamarlo mae¬ 
stro. C’è qui una sfilata di pagine del Pasquino 
segnate con molta arguzia da Nirsoli, un artista 
che non è pittore perchè fa il medico e che in 
quanto a essere piemontese si contenta di tro¬ 
varsi a Sa vignano di Romagna: disegni con una 
ridente facilità di trovate e una buona punta di 
satira. Un altro della famiglia: il piccolo e irre¬ 
quieto Giovanni Manca, piemontese anche lui, 
ma di Sardegna. Degli antichi Stati, almeno. Egli 
ha lasciato a casa le sue pagine pubblicate, ed 
espone tutti lavori inediti — quadretti, abbozzi, 
caricature — trattati con simpatico impeto gio¬ 
vanile. Gli piacciono sopratutto le sartine: facile 
e piacevole inclinazione, a Torino. E le disegna 
con garbo, con scioltezza, con brio. Ila anche 
dei bozzetti umoristici, con relativi dialoghi in 
margine, ma quasi sempre è più spiritoso il di¬ 
segno, perchè c’è nelle figure e nei tipi una gu¬ 
stosa sobrietà di espressione. Altro figlio natu¬ 
rale del Pasquino : Golìa. Il nome gli viene dalla 
statura: si assicura che una volta, senza solle¬ 
varsi sui piedi, abbia piantato una bandiera sulla 
cima della Mole Antonelliana. Nell’intimità ha 
un nome diverso, ma non de-1 tutto economico: 
Eugenio Colmo. Stava per laurearsi in legge, 
ma preferì l’arte e cominciò a prendere in giro 
il prossimo con delle caricature carine. I la il 
segno elegante, accurato, pronto, e una piace¬ 
vole scioltezza giovanile e sbarazzina. Egli espone 
qui delle allegre caricature e una serie di ser¬ 
vette a varia tariffa, animate con gioconda vi¬ 
vezza. 

Il dilettantismo offre molte reclute all’arte 
umoristica. Il sentimento della caricatura è una 
cosa d’istinto: il privilegiato prova a fare qual¬ 
che. segno per scherzo, riesce, torna, continua, 
e diventa un artista, o un cane. Ce n’è qui un 
altro — un dilettante artista, intendiamoci — 
godibilissimo: il Musini di Parma. In un medico, 
e maltratta i medici in modo atroce: da vero 
conoscitore. I suoi quadretti sono pieni di sa¬ 
pore. Una signora va da uno specialista e dopo 
aver detto il suo male si fonde in lacrime. 

— Non pianga, signora — le raccomanda il 
medico —: ella soffre l’artrite e l’umidità le fa 
male. 


50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 






















LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


200 



In una stanza malinconica tre medici si spro¬ 
fondano nella gravità di un consulto, e il malato 
si solleva dal letto per implorare con espressione 
pietosa : 

— Lasciatemi morire di morte naturale! 

11 Musini ha fra l’altro “Il bucato nel paradiso 
terrestre,, che è di una semplicità commovente: 
Adamo ed Èva, nudi ma prudentemente voltati, 
distendono ad asciugare sopra una corda le loro 
foglie di fico. Non molti, fra gli italiani, sanno 
mettere insieme dei quadretti umoristici: quasi 
sempre sì contentano di figurine isolate, di tipi, 
di caricature. Non è piti facile, ma richiede mag¬ 
giore sforzo di fantasia. Fra quelli che si cimen¬ 
tano al quadretto c’è anche un disegnatore che 
ha trovato modo di diventare un “ numero „ di 
caffè concerto: Van Dock. Le sue composizioni 
hanno spesso uno spunto spiritoso, ma sono co¬ 
lorite in modo atroce. C’è anche un po’ di pro¬ 
cesso di Viterbo con le figure degli imputati 
messe in caricatura da Senio, gaiamente, e c’è 
una sfilata di disegni e di pitture di una signora 
bergamasca — Adriana Bisi-Fabri — segnati con 
simpatica impertinenza, e ci sono molte carica¬ 
ture di uomini di sport dovute a un simpatico 
dilettante: il Biscaretti. E ci sono, belle nitide 
aggraziate, delle eleganti caricature in bianco e 
nero di Luciano Ramo: un giovane di talento 
che sa deformare senza togliere freschezza al 
disegno. Caricature di artisti di teatro, sono : 
Titta Ruffo, Stracciali, qualche cantante. 

Ecco i due campi della caricatura italiana: la 
politica, il teatro. E forse un po’ di letteratura. 
Ma poca. Non amano molto la letteratura, i ca¬ 
ricaturisti italiani, e non la odiano abbastanza: 
la conoscono cosi poco! C’è qui tutta una sala 
dedicata al teatro italiano, sezione interpreti: l’ha 
messa insieme Luigi Rasi che s'è creato da molti 
anni amoroso archivista di memorie e di disegni 
teatrali. Per le pareti è tutto un volo di cele¬ 
brità, o quasi: artisti grandissimi — c’è perfino 
Ermete Novelli, dico! — artiste illustri per ta¬ 
lento, per toelette o per altri pregi di interpre¬ 
tazione, comiconi piacevolissimi e comichette ca¬ 
rine stretti in una fraternità artistica che in 
teatro non è molto facile raggiungere. Si sa: 
ottimi figlioli, i comici. Ma un po’ nervosi. E 
qualche volta sono, fra loro, come cani e gatti. 
Cosa stranissima perchè gatti, in arte, non ce 
ne sono. 

In questa bella raccolta c’è un po’ di tutto : 
perfino dell’indiscreto. Sotto a qualche carica¬ 
tura di attrice il disegnatore ha messo la data: 
che sconvenienza! Ecco delle belle e strane e 
fulminee improvvisazioni del povero Ugo Va¬ 
leri : un Sichel impalato, uno Zago sornione nella 
truccatura di “ Bepi Canal „, un Bracci roseo 
dovunque e sopratutto sul cranio. Ecco le tipi¬ 
che snodate nervose figure di Sacchetti, piccole 
meraviglie di disegno e di penetrazione psico¬ 
logica: un Talli impettito e dignitoso, Benini 
spaventosamente sfigurato e spaventosamente 
somigliante, la Duse piangente sotto il salice di 
un gran velo nero, e le Gramatiche delle due 
edizioni; ed ecco qualche legnosa caricatura di 
Majani tirata con quel brutto sistema di disegno 
a hi di ferro e con molte non necessarie leg¬ 
gende — effige ricorrente sopra tutte quella di 
Kasi, che ne espone lievemente compiaciuto 
cinque o sei —; ecco un impagabile Ferravilla 
del Cagnoni: quattro segni e uno sgangherato 
effetto burlone. 

Notevoli in questa sala le caricature disegnate 
dai comici. Quella dei comici caricaturisti è una 
simpatica tradizione italiana. Ernesto Rossi di¬ 
ceva che il comico deve saper fare di tutto: anche 
patire la fame, e scoprire delle pàpere impen¬ 
sate. Buggeri, Giovannini, Galvani, De Antoni, 
Mateldi, Tarulli disegnano assai piacevolmente. 
Filippo Mateldi è veramente geniale : le sue ca¬ 
ricature hanno un sapore di buon gusto, una 
bella signorilità. Ruggeri faceva degli acquarelli 
piacevoli veramente : adesso non la che delle 
interpretazioni francesi. Giovannini ha il segno 
garbato, gaio, vivace, come la sua arte di attore. 
Galvani ci tiene a fare il quadretto completo: 
l'attore si rivela nella cura della messa in scena. 
Gi sono qui alcuni vecchi schizzi a lapis e acqua 

del milanese Saletta che 
riproducono con agilità 
deliziosa TErmete Novelli 
dell’ottantasei: non è cam¬ 
biato in nulla, l'attore, 
neanche nel naso. Un al¬ 
tro milanese, ma di ades¬ 
so, il Zambelletti, ha se¬ 
gnato con freschissima 
grazia le nostre attrici 
cogliendole negli atteg- 
uiamenti abituali: la Rei- 
ter, Irma Gramatica, Ré- 


jane, Gemma Caimmi, la Borei 1 i. L'irrequietezza 
della Galli è ottenuta con un tratteggio di linee 
interrotte: una Galli al salto. 

In un’altra sala occhieggia da un quadro, die¬ 
tro al vetro e alle lenti, un Giacomo Grosso 
brutalmente paonazzo e giocondamente vero. 11 ! 
Grosso s’è aifrettato a comperarlo, torse nel ti¬ 
more che lo comperasse qualche nemico. La ca¬ 
ricatura è del torinese Grandi che vitupera con 
uguale buonumore e con buona arte Leonardo 
Bistolfi mutandolo in giovine turco, e lo scul¬ 
tore Calandra, sbiadendolo in un biondo birra. 
Senza nessuna pretesa, io spero, di fare dell’u¬ 
morismo, Viani di Livorno presenta dei buoni 
abbozzi pensosi di viandanti affaticati, e lì vi¬ 
cino si rivela in allegria il Miserocchi di Ravenna 
che è professore all’Accademia di Belle Arti, ed 
è pieno di spirito: stranezze della vita! Egli si 
è assassinato senza pietà dinanzi a un’oca in 
posa poco pulita, e offre anche uno Stecchetti 
ciclista barbuto panciuto, con certe mutandine 
lilla di un effetto oltremodo romantico, e uno 
scapolare sul petto irsuto. Povero Stecchetti, chi 
l’avrebbe detto? lui, cosi accanitamente verista! 

In mezzo a una valanga di gente che si crede 
caricaturista perchè sbaglia linee e proporzioni 
— c’è un Luccio, fra altri, che se appartiene ai 
pesci dev’essere della famiglia dei pesci-cani — 
ecco una grande ondata di umorismo vero e 
grande: Cagnoni. Il delizioso umorista non espo¬ 
ne grandi cose: alcune delle sue vecchie mira¬ 
bili "pagine del Guarino illuminate da un’arguzia 
irresistibile — la folla di San Siro sotto i raggi 
X, Milano cinese — e qualche pagina dell 'Ars 
et Labor. Pochi disegni, ma quale leggerezza di 
tocco, quanta burlona profondità di osservazione! 

Il Guerino si affaccia anche nelle molte carica¬ 
ture di Aldo Mazza, che dopo avere assunto il 
posto e la maniera del Cagnoni mette nelle sue 
pagine una saporosa comicità personale, curata 
anche nei particolari con godibile grazia: alcune 
sono dei veri quadretti pieni di significazione. 
In questo genere di artisti che mancano di ri¬ 
spetto specialmente alle autorità costituite c’è 
lo Stagliano di Torino, con la differenza che in¬ 
vece d’essere disegnatore egli è uno scultore, 
e che la sua pagina illustrata è un colossale in¬ 
numerevole gruppo di figure in gesso grandi più 
del naturale — semplicemente — tutto il Con¬ 
siglio Comunale di 1 orino, o una cosa origi¬ 
nalissima, e le caricature sono modellate con 
una vivezza e con un buonumore straordinari. J 
consiglieri comunali fremeranno, forse, c il pub¬ 
blico troverà probabilmente che sono preferibili 
questi di gesso: almeno non parlano. 

La scultura minuta, l’arte delle macchiette mi¬ 
nuscole, ha qui uno dei suoi cultori pivi noti : 
Giris, il caricaturista dei Sovrani, degli aviatori, 
della vita e dei tipi parigini. Perché Giris è pa¬ 
rigino, adesso, ma italiano sempre. A Roma, 
dieci anni addietro, si chiamava l’architetto Giri 
e lavorava anche lui intorno al monumento a 
Vittorio Emanuele. Poi vinse un paio di con¬ 
corsi di scultura e con quei soldi scappò a Pa¬ 
rigi, e c'è rimasto, prima come illustratore del- 
YAssiette mi beurre, poi come modellatore di 
macchiette. Le sue sculture minuscole sono, a 
volte, dei piccoli capolavori di spirito e di fat¬ 
tura : i suoi Sovrani rivelano in lui una perfetta 
mancanza di rispetto alle, prerogative, ma un 
talento ironico incontenibile, e i suoi apaches, 


i suoi tipi della strada sono osservati c colti 
con un senso di psicologia che non è soltanto 
allegro. Questo genere d’arte e coltivato anche 
in Italia e Luigi Rizzi fra pochi altri presenta 
delle macchiette, alcune delle quali sono pla¬ 
smate con buon gusto e con brio. Un D’An¬ 
nunzio è naturalmente nudo e sansebastianato 
è il meno che la fantasia possa suggerire — 
ma è scarnificato gaiamente. C’è un Giannino 
Automa -1 raversi in camiciotto, somigliantissimo 
quantunque non dica neppure una freddura, c’è 
un Marcora a tavola con l’onorevole Mentii, un 
Butti sdraiato e niente simbolico.... 

E adesso vediamo le sale degli umoristi fran¬ 
cesi, degli umoristi inglesi, degli umoristi ame¬ 
ricani. Siete stanchi? Anche noi. Allora ripas¬ 
seremo.... lauto: all’entrata dell’Esposizione nel 
castello di Rivoli c’è un ufficio inchiavardato che 
racchiude il “ Deposito fiduciario dello spirito „. 
E lo guarda Sua Eccellenza il ministro Facta in 
persona, vestito da guardia di finanza. C’è da 
fidarsi. 

A. Fkaccakoi.i. 

(Dal Corriere della Seni.) 


La popolazione di Torino e l’Esposizione. 

Benché le operazioni del censimento eseguito 
nella notte 10-11 giugno siano tutt’altro che 
finite, pure al Municipio di Torino si è già cer¬ 
cato di calcolare approssimativamente quanti 
siano gli abitanti della capitale subalpina. Eb¬ 
bene, pare che la popolazione torinese sarà ac¬ 
certata in una cifra che va dai 410 ai 411 mila 
abitanti. 

La popolazione di Torino sarebbe stata al 
3 i dicembre 1910, secondo i calcoli fatti dal- 
fi Ufficio municipale ili anagrafe, di 390590 abi¬ 
tanti. In meno di sei mesi la popolazione tori¬ 
nese sarebbe quindi aumentata — specialmente 
in virtù dell’Esposizione — di circa t 5 000 in¬ 
dividui. 


Il Diario delle Esposizioni c delle Feste. 

a3 giugno. - Torino. Inaugurala all’Esposizione la Mostra 
del Brasile. 

2Ó „ Roma. Nel Padiglione a Castel Sant’Angelo inaugu¬ 
rato il Congresso Nazionale della donna. 

28 „ Torino. Inaugurato il Congresso Nazionale delle Arti 
Grafiche. 

2Q „ — Inaugurato il III Congresso della società profes¬ 
sionale fra i dermo-sifilograiì italiani. 

„ „ — Inaugurato all’Esposizione il Padiglione della 

Cremazione. 

3o „ — Arrivato il giorno innanzi a Torino visita oggi 
l’Esposizione il principe ereditario di Turchia. 

I-° luglio. - Torino. Partenza dei remiganti della gara moto¬ 
nautica Torino-Pavia-Venezia-Roma. 

2 „ Roma. Solenne arrivo a Roma del principe ereditario 
ili Turchia ricevuto e ospitato dal Re. 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI - Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 

FUORI CONCORSO AErtBRO DELLA GIURIA 

































2.56 


j\ K ESPOSIZIONI DEL 1911 


Donne e fanciulle 


novelle ni 


LUCIANO ZOCCOLI 


ln-16, in caria di lasso, eoa copertina disegnala da L. Bompard : L, 3 , 50 . 


DF.I.LO STFSSSO AUTORE : 


La Compagnia della Leggera, no¬ 
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L’amore di Loredana, romanzo 3 5 o 
Farfui, romanzo.4 — 


La vita ironica, novelle. . L. 3 — 
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Il designato, romanzo . . . 1 — 


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Là fine d’un parlamento e la 
dittatura d’un ministro, co nf e. 
rtnw Antonio FRADELETTO, 

seguita da Appunti statistici sul Suffragio Uni¬ 
versale e Analfabetismo. Una Lira. 

Dirigere coni missioni e vaglia agli editori P rateili Ireves, in Milano. 


è uscito: Le F i3.be della "Vii*t 

Ù, di Alfredo Pandini, l. 3 , 50 . 

DIRIGERE COMMISSIONI F. VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MI 

.ANO, VIA PALERMO, 12; E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68. 


Nuovi Libri da leggere 

In viaggio, ai bagni e in campagna 


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Anastasi (Guglielmo). Eldorado . . L. 1 
Beltramelli (Antonio). Gli lamini rozzi 1 
Corradini 1 Enrico). La guerra lontana. 3 '>0 
Deledda (Ornzin) Anime oneste. . . . 3 

— ]l nostro padrone .4 — 

— Nel deserto .4 — 

De Roberto (E.). La messa di nozze. 3 50 

Materi (Luigi). Adolescenti .1 — 

Melegari (Dova). La Città del Giglio. 5 — 

Neera. Duello d’Anime .4 — 

Nievo (Ippolito). Angelo di bontà. . . 1 — 
Prévost (Marcello). Dietro e Teresa . 2 — 

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— Lea. Volume li de Le vergini firt. 3 — 

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Steno (Flavia), L'ultimo sogno. ... 1 — 

Vivanti (Annie). I Divoratori .5 — 

Zòccoli (Luciano). affidali, sott' u/flciali, 

caporali e soldati .. ] — 

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POESIA. 

Barrili (A. G.). Canzoni al vento ... 5 — 
Ci villini (Guelfo). I sentieri e le nuvole 4 — 
Gozzano (Guido). / Colloqui .4 — 


NOVELLE. 

Capuana (Luigi). La voluttà di creare. 3 50 
De Roberto (E ). L'albero della scienza 3 — 
Folchetto (Jacopo Capoiy). Novelle gage 3 50 
Gallarati Scotti (Tommaso). Storie dell’Amo¬ 
re sacro e dell'Amore profano. . 4 — 
Panzini (Alfredo). Le fiabe della virtù. 3 50 
Zòccoli (Luciano). Donne e Fanciulle 3 50 
TEATRO. 

D’Annunzio (Gabriele). Il martirio di San 

Sebastiano. .3 50 

Benelli (Sem). La maschera di Bruto. 3 — 

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— Tignola .3 — 

— Il Mantéìlaccio .3 — 

Butti (E. A.). Nel paese della fortuna. 3 — 

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Guglielminetti (A.). L'amante ignoto. 4 — 
Quintero-Alvarez(S e <L). L’amor e che pas¬ 
sa. - I fiori. - 1 Galeoti. - La pena. 3 — 

Praga (Marco). l a moglie ideale. . . 2 — 
Selvatico (R.). Commedie e Poesie veneziane 
precedute da u ostudiodi A.Fradeletto 
su R. Selvatico e la sua generazione 4 — 
Tumiati (Domenico). La Giovane Italia 3 — 


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Volume Primo : La Tempesta. Due Live. 


GANDOLIN (L. A. Vassallo). 

Gli Uomini che ho conosciuto. ÌS" Memorie dìino smemorato, l. 350 

Guerra in tempo di bagni, racconto. 2 — 

Dodici monologhi. Nuova edizione Treves 
coll’aggiunta di due monologhi . 2 — 


La signora Cagliostro, romanzo ... 2 — 

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il 031} 110 11 Olili d' inv'girimenta, del dot¬ 
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FASCICOLO 17. 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


T O R I N C). 


ESPOSIZION E D I 


N O T T E. 





















2.58 


LE ESPOSIZIONI D E’L i 9 i i 


Impressioni notturne alf Esposizione di Torino* 


SE 

Tra il Monte dei Cappuccini e la punta bo¬ 
scosa di Cavoretto, su quella parte di Torino che 
si distende con impareggiabile grafìa in riva al 
fiume, il cielo notturno — questo cielo scontroso 
che non vuol più mostrarci le sue stelle — è 
tutto di fuoco. Come una nebbia ardente lo as¬ 
sale senza tregua un polverio di luce che l’ar¬ 
roventa: il bagliore d’un immane incendio che 
senza schianti nè fumo divori un sobborgo. 
“Brucia l’Esposizione ! „ devono aver gridato le 
donnette dei lontani quartieri operai e i popo¬ 
lani del contorno, quando il luminoso prodigio 
è apparso la prima volta. L’Esposizione non 
brucia ma splende; sfavilla di fuochi da un capo 
all’altro, ma son fuochi disciplinati che fanno con 
giudizio il loro dovere. E dai quattro canti 
della città, il pubblico vi accorre festosamente, 
in schiere compatte, come le orde dei tempi fa¬ 
volosi attorno ai falò di gioia che accendevano 
le foreste. È una migrazione,, s’intende, di stile 
moderno; che dal tram elettrico all’automobile, 
si vale dei più rapidi e rumorosi mezzi di tras¬ 
porto; una migrazione di belle signore in jupe 
raccourcie e d’uomini in evening c/rcss; ma non 
per questo è meno tumultuosa. C’è anzi da cre¬ 
dere che, ai beati giorni della preistoria, coi 
nervi tranquilli e il tempo da perdere che ave¬ 
vano, i nostri villosi antenati fossero assai più 
calmi nelle loro pubbliche manifestazioni. A ve¬ 
derla in queste sere l’augusta capitale del Pie¬ 
monte certo non ricorda la bella dormente, la 
metropoli di provincia che conoscevamo : quella 
sottoprefettura ingrandita, dove si raccoglieva 
nei viali, nei caffè, nelle piazze austere, una folla 
ordinata che si sentiva dappertutto un po’ in fa¬ 
miglia; quella troppo vasta città dai crocicchi 
deserti, dove la vita del pedone aveva ancora 
un valore per l’impaziente chauffeur. 

Adesso moltitudine, frastuono, affannoso in¬ 
seguirsi di veicoli da cima a fondo delle sue 
strade interminabili; nelle capaci arterie batte 
ora un passo più gagliardo c circola un sangue 
più nutrito. Certi palazzi aristocratici, malgrado 
le bandiere che sventolano ai balconi, ne han 
l’aria un po’ seccata. Ma i torinesi mostrano in¬ 
vece d’esaltarsi a questa metamorfosi, ch’è il 
primo beneficio dell’Esposizione e insieme la 
prova lampante del suo successo; e corrono alle 
“ serate elettriche „, come se l’estate — fredda 
e piovosa — fosse in regola col calendario e 
l’ultima frescura alitasse sotto i tigli del Va¬ 
lentino. Manno cento ragioni. Chi ha detto che 
le esposizioni, mondiali o regionali, riuscite o 
no, sono altrettante belles-de-nuit? qualche per 
sona di spirito, senza dubbio, che preferiva le 
dolci ombre dei giardini al caldo soffocante dei 
padiglioni, il profumo delle aiuole in fiore al¬ 
l’aria greve delle gallerie, dove l’odore ambiguo 
delle vernici, delle tele, delle macchine in moto, 
ricor 'a troppo bene gli ambulacri d’un piroscafo. 
È un piacere cosi facile, un divertimento così 
leggero all’anima, quello di bighellonare tra gli 
innumerevoli edifici d’una mostra senza met¬ 
tervi piede! E guardare le belle creature o i 
bei vestiti che ci passano accanto, e ascoltare 
il cicaleccio delle signore, che di sera e all’a¬ 
perto è anche piti vivace del sol to; senza l’ob¬ 
bligo morale di veder roba su roba, d’ammirare 
il mobile e il gioiello, il ricamo russo e il cam¬ 
pione agricolo argentino, ed imparare per dia¬ 
grammi il valore igienico della cremazione o il 
regime forestale del regno serbo! Per quest'u¬ 
nico scopo di girar due ore nel recinto d’un’e- 
sposizione senza uscirne in quello stato d'insi¬ 
pienza che oscilla tra l’emicrania acuta e il son¬ 
nambulismo, le serate elettriche se non ci fos¬ 
sero bisognerebbe inventarle. Argomenti da pi¬ 
gro, direte; ma ce n’è di più elevati. (Jno per 
esempio, d’ordine schiettamente estetico. Tutte 
le esposizioni di questo mondo e dell’altro — 
parlo dell’America — sono un campionario più 
o meno assortito d’architetture iperboliche. Tem¬ 
pli greci, cattedrali magiare o gotiche, archi ro¬ 
mani, ville cardinalizie del Cinquecento, mau¬ 
solei indiani: ci si incontra un po’d’ogni stile; 
ma gonfiato, ornato, ingigantito per “ épater le 
bourgeois Questa di Torino, che voleva essere 
ed in parte è riuscita un'evocazione del barocco 
di Filippo Juvara, era naturalmente chiamata alla 
più enfatica grandiosità. Volute alle sue cupole 
e ghirlande, ai suoi archi non ne manca davvero; 
e sugli alti fastigi galoppa un esercito di qua¬ 
drighe trionfali, di vittorie coll’ali e senza. Ma 
è un grandioso da palcoscenico, che di giorno 
non convince più nessuno. Alla luce diffusa, co- 


rate eeetteioie 

lonne e frontoni, capitelli e triglifi rivelano senza 
ipocrisia la fragilità di questi monumenti di car¬ 
tapesta; e un raggio di sole che li colpisca, ne 
denunzia crudamente la povertà. Di notte, in¬ 
vece, l’occhio intravvede più che non veda, e 
volentieri si lascia ingannare. Proprio come a 
teatro, dove, all’ora della prova, sotto la diurna 
chiarità che irrompe con violenza nei lucernari, 
le scene e i costumi son ciarpame da veglione; 
mentre la sera, ai lumi della ribalta, divengono 
la reggia di l eseo e il mantello di Madame 
Sans-Gène. 

Qui, nel bellissimo parco che snoda lungo il 
Po, tra montagnole e vailette, tra macchie e pra¬ 
terie, i suoi deliziosi passeggi, quando l’ombre 
s’addensano sotto le fronde e i mille fari elet¬ 
trici battono le bianche facciate, non c’è biso¬ 
gno d’impennare la fantasia, per credersi in una 
mitica città imperiale, tutta di metalli e di mar¬ 
mo, in cui si godano i fastosi piaceri d’un’uma- 
nità superiore. Si va, si va per gli amplissimi 
viali, tra due file di reggie, di tempi, di chio¬ 
schi magici; e ad ogni svolta ci appare uno 
scenario nuovo, dove la sontuosità degli edifizì 
armonicamente si fonde con quella della vege¬ 
tazione. Dal piazzale delle Industrie artistiche, 
chiuso in una cerchia di statue, di fontane in¬ 
fiorate, si passa ai freschi silenzi dell’Orto bo¬ 
tanico, di fronte al quale 1 ’ Ungheria drizza al 
cielo le sue acute piramidi d’oro. Si saluta come 
un amico ritrovato tra una folla ignota, il ca¬ 
stello di Madama Reale, chiuso nella sua mae¬ 
stà; si sorride al villaggio alpino che, annidato 
in un folto d’abeti, ci richiama col gaio spu¬ 
meggiare delle sue cascatelle ; e s’arriva al Ponte 
monumentale. Ea meraviglia architettonica della 
Mostra, il suo centro ideale, questo imponente 
tratto d’unione, largo come una piazza e lumi¬ 
noso come una sala, gettato fra i più sontuosi 
sobborghi della grande città effimera! E la gente 
va e viene tra le sue colonne onorarie con oziosa 
compiacenza, come in un Foro moderno — un 
Foro sospeso sul fiume e scosso dal tremito in¬ 
cessante del lapis roulant che gli scorre di sotto 
— per godersi colla brezza del Po i sontuosi 
prospetti che sfolgorano alle sue testate. Da una 
parte il castello d’acqua, cogli alti campanili e 
le immense conchiglie dove crosciando preci¬ 
pitano dei torrenti; dall’altra la scalea ornata 
d’aiuole, che conduce al palazzo delle feste, ac¬ 
canto alla quale l’edificio della città di Parigi 
accende i suoi nobili contorni d’innumerevoli 
gocce di fuoco. Ma il più bel colpo d’occhio 
gliel’offrono, di là dalle bianche balaustrate, le 
sponde del “ vecchio Eridano „, dove sugli ar¬ 
gini erbosi s'allineano i palazzi delle nazioni; 
le fresche sponde folte di verzura, che a monte 
e a valle dolcemente s’incurvano come per na¬ 
scondersi. Da mezzo il ponte, se non ci attira 
la ghiotta bevanda color d’ambra che spillano a 
pochi passi le kellerine della birraria tedesca, si 
torna alla riva sinistra; per il viale che, coi suoi 
tigli dalle spesse fronde, era già dedicato ai so¬ 
spiri, ed ora risuona di musiche, d’automobili 
rombanti, di folla, si giunge al porticato d’onore 
da cui il Duca d’Aosta del Calandra sprona ar¬ 
ditamente al cielo il suo Pègaso senza penne. 
Lì accanto un boschetto d’alti frassini, dove il 
ruscello e gli usignuoli seguitano a cantare co¬ 
me niente fosse, ci persuade a scendere verso 
la pace del villaggio mcdioevalc. Povero villag¬ 
gio dell’antico Piemonte! Pel buon motivo ch’è 
un veterano di tre altre esposizioni, l’hanno 
un po’ sacrificato, creandogli attorno una fun¬ 
gaia di chioschi che lo nascondono a quanti non 
sanno i suoi discreti sentieri. La stessa qua¬ 
drata mole del Castello mostra appena i suoi 
merli e le sue pepaiole dietro un alto e nudo 
fabbricato, immaginato apposta — si direbbe — 
per mascherarlo: il palazzo della Russia che 
fronteggia quello, più piccolo ma meno econo¬ 
mico, della 1 urchia. 11 cane e il gatto della que¬ 
stione orientale, nella deliziosa conca verde che 
qui li ospita son divenuti ottimi vicini e han 
l’aria di non saper più nulla dell’Albania. 

Ma ecco la in fondo, dove biancheggiano tre 
fieri pennacchi d’acqua, l’allegro sventolio degli 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI • Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO AEAU3RO DELLA GIURIA 


IE. 

union facks! Di giorno, questi stendardi bri¬ 
tannici sono per i visitatori il più attivo richia¬ 
mo di tutta l’Esposizione, per la vastità l’ordine 
la bellezza della mostra che annunziano; e la 
sera, sebbene le immense gallerie sian chiuse, 
il pubblico s’indugia volentieri davanti alla con¬ 
cava facciata, ornata di svelti pinnacoli, su cui 
rampano il leone e l’unicorno del Regno Unito. 
Perchè c’è anche più aria e più spazio che al¬ 
trove; perchè la bella fontana, superstite della 
mostra del 98, le schiude dinanzi la sua grotta 
stillante, la sua vasca popolata di naiadi. E sullo 
stradale che lo costeggia, sfila continuamente la 
processione dei veicoli in viaggio verso le estre¬ 
me provincie del Paese delle meraviglie: quelle 
che si stendono oltre il Ponte Isabella, dove 
prima le sponde del Po avevano ancora una 
tranquilla bellezza campagnola. f-~ 

Quando si traversa la galleria aperta sotto il 
corso Dante e si lasciano gli ultimi boschetti 
del Valentino, è una sorpresa ritrovar dall’altra 
parte viali albereti corbeilles, tutte le fresche at¬ 
trattive d’un parco. Un parco, se vogliamo, ap¬ 
pena nato, colle macchie che non fan buio e le 
vette a portata di mano; ma verde ampio fio¬ 
rito. Qui dovrebb’essere il carnevale dell'Espo¬ 
sizione, perchè ci son radunati, dalla “ Ruota 
allegra,, alle immancabili Montagne russe, i co¬ 
sidetti divertimenti; ma è un carnevale che non 
dà al capo. Qui si schierano in lunga fila gli 
edifici della Metallurgia, della Guerra, delle Fer¬ 
rovie; di qui c’invita all’altra riva un ultimo 
ponte. Per capir davvero la grandiosità dell’E¬ 
sposizione, b’sogna pa-sare questo ponte, dal 
quale i palazzi del Valentino, colle loro cupole 
fatte minuscole, ci paiono già svanire all’oriz¬ 
zonte, e la stessa fiera che abbiamo appena at¬ 
traversata, ci sembra un lontano sfavillante mi¬ 
raggio; mentre di là dal fiume gli edifici del 
Piloneito, dove altre dieci mostre son raccolte, 
ci presentano i loro minareti, i loro archi, i loro 
piazzali come un nuovo e pili vasto quartiere 
della metropoli. Si pensa allora con un lieve 
stringimento che di sezione in sezione non si 
abbia da arrivare mai più ; ma tutte le cose, 
quassù, hanno fortunatamente un limite, e le 
casette della “Kermesse orientale,,, ammuc¬ 
chiate come una collezione di solidi geometrici, 
sono le colonne d’Èrcole di questo mondo prov¬ 
visorio. 

Quasi un riposo è la penombra rossigna del 
villaggio egizio-sudanese, dove dei negri sgam¬ 
bettano con aria terribilmente canzonatoria, e 
movono il docile ventre certe avide fellah che 
senza dubbio conoscono i trivii d’Alessandria o 
del Cairo; quasi un riposo, dopo il bagno di 
luce che s’è fatto. Perchè vi è della luce nella 
messa in scena della vastissima festa di notte! 
E anzi, si può dire, la protagonista dello spet¬ 
tacolo: luce bianca, rossa, viola; color di sole 
e di plenilunio, accesa in capo alle alte antenne 
o diffusa dalle luminarie dei chioschi, libera¬ 
mente irradiata nella tenebra o costretta nel 
folto, smorzata dall’opaco fogliame. E inargenta 
le fontane, saetta le vetrate, imbianca le guglie, 
suscita tra le colonne e i trofei una densa fio¬ 
ritura d’ombre; si specchia, frantumata in la¬ 
mine, in perle scintillanti, nell’acqua delle va¬ 
sche, nel fiotto delle cascate; e carezzando le 
dense masse della vegetazione, ne arrotonda 
dolcemente la forma, le colora di tutte le più 
irreali sfumature del verde, e alla chioma degli 
alberi, al viluppo dei cespugli, alle fìtte barriere 
delle siepi, dà una morbidezza di velluto che 
incanta. 

Ma il miglior riposo dalla lunga passeggiata, 
è quello d’imbarcarsi sopra uno dei vaporini che 
rievocano qui un pochetto di Venezia, per ridi¬ 
scendere il Po sulla tranquilla sua corrente. Un 
fischio, il palpito affannoso della macchina, un 
sommesso sciacquio a poppa, e il battello fila 
dolcemente sulle ondette accese di riflessi. Get¬ 
tando ogni poco i suoi sibili, bordeggia da un 
pontile all’altro come per curiosare a un tempo 
su tutte due le rive: quella di destra, chiusa 
coni' è al pubblico, coi suoi palazzi deserti in¬ 
sidiati dall’acqua, ha un po’ l’abbandono d’una 
capitale inondata. A uno a uno ci sfilano sot- 
t’occhio — sul magnifico sfondo della collina 
che li domina colle sue creste punteggiate di 
lumi — il padiglione della Serbia, tutto cupole 
e finestre; la dorata pagoda del Siam coi suoi 
tetti cornuti, il bianco edificio degli Stati Uniti, 
vestito di colonne’; il*lungo loggiato della Ger¬ 
mania, col suo cupolone che leva allo Zenit la 













LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


209 



Torino 


e l’Esposizione (fot. Pcdnm.) 


corona del Kaiser. Poi, oltrepassato il Ponte mo¬ 
numentale, si naviga alla chetichella sotto il gran 
palazzo della Francia, sotto quello, pieno di garbo 
signorile, dello Stato Belga; sotto le bizzarre 
fabbriche, da cui sbocciano delle vistose sfere 
metalliche, del Brasile c deH’America Latina. Nel 
placido andare ci scivolano accanto delle barche 
silenziose col lumino a prua, dei canotti auto¬ 
mobili che fuggono borbottando; e da terra ci 
giunge, col profumo dei giardini, qualche ven¬ 
tata di “ Principessa dei dollari „ o di “ Inno al 
sole „. Ci si sta così bene su questa lillipuzziana 
nave d’acqua dolce, che quando, salutate per 
ultime le acute guglie del Padiglione Argentino, 
si tocca l’estremo approdo, volentieri si ricorda 
quel “ navigare est necesse „ che ora si legge 
un po’dappertutto, per aggiungervi: “deambu¬ 
lare non est necesse E si tornerebbe a far 
rotta un’altra volta. • 

Pel grosso pubblico, però, il più bel diverti¬ 
mento delle serate elettriche — in cui si può 
anche smarrirsi senza parere nelle viottole fuori 
di mano, come fanno certe coppie in vena di 
sentimento; o dedicarsi alla scoperta delle bel¬ 
lezze incognite che vi passeggiano, coni' è pia¬ 
cevole occupazione dei giovinotti — resta quello 
di sedersi a sentir la musica in uno degli innu¬ 


merevoli caffè. Ce n’è davvero per tutti i gusti: 
dal Restaurant du Pare, dove si affolla il fior 
fiore e gli zingari divulgano i più recenti valzer 
di Vienna; al caffè arabo, dove si beve il me¬ 
desimo, versato da certi silenziosi personaggi 
in turbante, a suono di grammofono. Dalla bir¬ 
raria bavarese, servita da un nuvolo di kellerine 
in costume, che paion discese da un organino 
o scappate da una pagina della Jugend ; alla ta¬ 
verna “À la vieille enseigne de Saint Georges,, 
del villaggio medioevale. E lì la gente si passa 
il gusto di guardare sè stessa: che non è un 
piacere da poco, quando la moltitudine ha la 
varietà e l’animazione di questa. Tra le belle 
signore e gli eleganti del mondo torinese, tra 
gli italiani dell’Arno in su o dell’Arno in giù 
l’Esposizione ha richiamato, accanto alle comi¬ 
tive un po’ incantate dei provinciali, s’incontrano 
finalmente anche “li Forestieri,,! Quelli che in 
passato, dalla povera Torino così trascurata ne¬ 
gli orari delle ferrovie e nei Baedeker, si tene¬ 
vano prudentemente lontani; o se ci cadevano, 
avevan l’aria di essersi sbagliati di treno. 1 fran¬ 
cesi, pieni di garbo e di vivacità, sono la gran 
maggioranza; d’inglesi, secchi e taciturni, sene 
trova anche molti ; poi si vedono facce olivastre 
di sud-americani e facce rasate, piene di boria, 


d’americani del nord; qua e là qualche mas¬ 
siccio tedesco, qualche turco in fez, qualche 
orientale vestito non si sa come, venuto non si 
sa donde. C’è perfino — o delizia! — di que¬ 
gli adorabili tourìstes, in scarponi e brache corte, 
colla penna di gallo sul cappelluccio — sassoni, 
tirolesi, croati? — che a Roma ed a Venezia 
si han sempre tra i piedi e sui piedi. 

Noi di casa, che del Valentino conosciamo 
dall’infanzia ogni gruppo d’alberi ed ogni re¬ 
cesso, a vederlo popolato da questa turba eso¬ 
tica, ci proviamo un po’ il malessere di un buon 
proprietario che si veda il giardino della sua 
villetta invaso da una brigata di importuni. E 
se ravvisiamo, tra un chiosco e un padiglione, 
malgrado la luce che ne violenta l’intimità, qual¬ 
che angolo più caro al nostro cuore, ci vien 
fatto di rimpiangere — col massimo rispetto pel 
Comitato dell’Esposizione — il bel Valentino di 
prima, dolce di silenzio e di ombre, dove c’era 
il “ Chalet svizzero „ delle nostre prime avven¬ 
ture studentesche; dove erravano, tenendosi per 
mano, le coppie di vent’anni e più; dove, sul¬ 
l’oscuro fiume, filavano con qualche strillo di 
donna le barche dei canottieri.... 

Mario Sobrero. 









LE ESPOSIZIONI DEL i 9 1 1 


260 




Nel Padiglione della Città di Parigi. 

FRAGONARD - GOBEL1NS - SÈVRES. 


In questo Padiglione, ove il gusto fine, eletto, 
schiettamente francese, signoreggia, si è già for¬ 
mato quell’ambiente caratteristico noto ai fre¬ 
quentatori di questi festosi recinti; c’è già quella 
che si chiama " vita d’Esposizione „ : vita di oc¬ 
cupazione che pare ozio, vita di eleganze, di 
raffinatezze, e, un poco, di illusione, di sogno. 
1 pomeriggi, nel Padiglione parigino, sono una 
festa di mondanità squisita: un affollato conve¬ 
gno di bellezze muliebri, una magnificenza gaia 
e scintillante di toelette, che sono di per sè 
una incomparabile e deliziosa.... Mostra tempo¬ 
ranea. 

Le sale del Padiglione sono decorate e am- 
mobigliate con grandiosità e grazia impareggia¬ 
bili: la luce che piove discreta da artistiche ve¬ 
trate, dona loro una ricchezza inusitata di om¬ 
bre e di rilievi. La nostra rivista s'è occupata 
diffusamente di esse in un precedente articolo. 
E interessante ora soffermarci dinanzi ai quadri 
di Fragonard, ai Gobelìns, ai Sèvres, che tanto 
clamore di ammirazione hanno suscitato. 


Fragonard è la sintesi dell’arte francese nel 1700. 
Volendo riassumere in due caratteri essenziali la 
sua individualità artistica, si potrebbe dire che 
egli è un impressionista. Come tale, preferisce gli 


effetti straordinariamente e luminosamente cro¬ 
matici che producono sui corpi in moto o im¬ 
mobili, sia la luce lunare o siderale, sia la luce 
artificiale, nonché le tolette bizzarre e pompose 
delle donnine galanti e i vestiti dalle tinte chias¬ 
sose delle danzatrici gitane, e i luccichii aurei, 
gli agglomeramenti di cristalli, i trionfi di fiori, 
gli svolazzi di stoffe e gli sfondi arborati in 
mezzo a cui svolgonsi le feste e le ebbrezze 
delle più elevate classi sociali. Egli ricerca e 
studia, con amorevole cura, la forma dei corpi 
e degli oggetti come appaiono in lontananza, 
applicandosi, mercè un processo tutto suo, a 
fissare sulla tela le massime trasformazioni che 
si operano, così per il graduarsi e l’armoniz¬ 
zarsi spontaneo delle tinte, come per l’avvilup¬ 
pante strato d'aria e pei mille svariati giuochi 
di luce sulle case e sulle persone. Come im¬ 
pressionista, egli ricerca la bellezza cromatica 
d’insieme di un quadro, fatta di violente disso¬ 
nanze, di toni squillanti e di delicate gamme di 
sfumature, col combinare, con sicuro accorgi¬ 
mento di pittore, al quale nessun segreto della 
tavolozza è ignoto, i diversi arabeschi e le suc¬ 
cessive macchie di colore. 

Egli prova una gioia sottile, intensa nel con¬ 
templare la vera squisitezza di colorazione e la 
trasformazione delle forme degli esseri viventi 


e degli oggetti toccati od avvolti dalle differenti 
luci artificiali od anche dalle luminose traspa¬ 
renze della luce stessa: è questa gioia acutis¬ 
sima che riesce mirabilmente a trasfondere in 
coloro che sentono e gustano, la magia dell’e- 
saltante arte sua. 

Fragonard è il grande poeta della felicità e 
della bellezza.... Egli crea con la sua alata fan¬ 
tasia, e nelle sue creazioni evita il dolore, non 

10 cerca, e come non ama che venga a lui nella 
vita, così non ama che vada agli altri nell’arte. 
Noi non vediamo nelle sue tele quei volti ma¬ 
cilenti, quelle membra gracili, quegli occhi in¬ 
fossati, come nelle antiche pitture spagnuole. 
Ma ammiriamo leggiadre donzelle, baldi cava¬ 
lieri che vedono la vita forse un po’ troppo co¬ 
lor di rosa, e se la godono esuberantemente. 

11 nostro artista ha la venerazione del vero, ma 
del vero mitigato dalla sua fantasia, come egli 
lo sente nella sua complessa, irrequieta e tu¬ 
multuosa anima d’artista. La vivacità e la va¬ 
rietà del suo possente temperamento pittorico, 
gli vietano di assoggettarsi alle esigenze di una 
scuola qualunque. 

La sua pittura è tutta uno splendore. Frago¬ 
nard non fa del colore, della plastica, ma sa 
sapientemente unire, fondere, amalgamare un’ac¬ 
cozzaglia di tinte che sembrano strane, discor- 








































L E ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 


261 



il VI 


A ili." 


Ir frXVtti 

jy 



“ Gobelixs. „ - Le quattro stagioni. 


danti, assurde, del rosa tenue, del giallo oro, 
del verde cupo, e poi un cielo turchino, un tra¬ 
monto scarlatto, una barca scura, delle belle 
dame scintillanti di oro, vestite di bianco, drap¬ 
peggiate con scialli turchi, sciarpe color viola, 
nastri verdini, treccie bionde, occhi neri, visini 
rosei, e da tutta questa profusione di colori, 
vien fuori un insieme armonico, delizioso che sva¬ 
nisce in un vago chiaror di perla, che addolcisce 
e smorza le altre tinte, le sposa, senza che vi 
sia tra esse la più lieve stonatura, la minima 
volgarità. Egli adora le tinte smaglianti, i volti 
freschi, le grazie ingenue, e soffre nell ideare 
tetri colori, visi lividi e ghigni beffardi. Ama 
l’arte sua bella, sorridente, fascinatrice, e se ne 
compiace, e non sa staccarsi dalle sue adoiatc 
visioni, anzi ce le profonde a piene mani, con 
una dovizia regale, e ci consola, e c inebria, e 
ci fa sorridere, chè 1 arte sua è la vera ai te 
buona, l'arte che fa respirare come si respira 
guardando i suoi boschi e i suoi cieli ! 

O 


Tutti i prodotti esposti dalla Manifattura dei 
Colici iris nel Padiglione della città di Parigi, ri¬ 
velano una perfezione senza precedenza e senza 
rivalità, e i moderni artisti e gli operai abilis¬ 
simi di alto liccio, hanno 
il merito di non aver la¬ 
sciato cadere le gloriose 
tradizioni che onorano 
questa industria nazio¬ 
nale francese. Per qual 
prodigio di scienza tec¬ 
nica e di paziente appli¬ 
cazione un semplice araz¬ 
ziere possa con dei fili 
di lana rivaleggiare con 
la pittura, ecco ciò che 
supera 1'intendimento co- 



Fragonard. - L’amore coronato. 


munc e desta vivissimo stupore, che frequente¬ 
mente nella folla degli ammiratori si manifesta 
con una stessa esclamazione di sorpresa. Pos¬ 
sibile che quelli non siano veramente quadri? 

Certo è un gran merito quello di giungere a 
tanta potenza d’effetto, fino al punto di ingan¬ 
nar rocchio: si deve peraltro osservare che la 
perlezione del telaio, per quanto possa essere 
sorprendente, non basta a formare da sè un’o¬ 
pera veramente pregevole, ed è invece in virtù 
di qualità superiori a quella dell’esecuzione, pel 
sentimento della composizione, la grazia dello 
stile, l’armonia decorativa, che essa si impone, 
non più allo stupore del pubblico, ma alla lode 
delle intelligenze superiori. 

La qualità principale dell’arazziere è lo spirito 
che lo guida nella condotta della sua opera. Per 
lui il lavoro materiale non conta. 11 meccanismo 
del telaio è oggidì ancora ciò che era al tempo 
di Penelope, semplice, quasi primitivo: è una 
catena di fili, tesa sopra due rotoli, sulla (piale 
si fa la trama: è un lavoro da tessitore: la dif¬ 
ferenza sta nel numero delle spole. 

Veramente delicata e difficile è la parte arti¬ 
stica, quella in cui il tessitore cede il posto al 
pittore, poiché nel tessere l’arazziere fa un’opera 
di pittura. Egli modella un’imagine, ne precisa 
il contorno, la distacca dal fondo, le dà consi¬ 
stenza e colore. Con l’aiuto d’un calcolo ha ri¬ 
portato sul suo canovaccio i tratti del disegno, 
ed è tra le linee di questo che egli introduce, 
con la tessitura, i toni, secondo le esigenze della 
forma. Egli lavora sul rovescio: non vede che 
l’imagine inversa del suo lavoro, volge le spalle 
al suo modello, e vedendolo all’opera così, ci si 
rende facilmente conto della difficoltà del suo 
lavoro. 

11 pittore, quando incomincia un quadro, lo 
sbozza su tutta l’estensione della tela, lo ha per 
intero sotto gii occhi e può, con dei ritocchi, 
con alcune correzioni, modificarne incessante- 


Fragonaro. - L’abbandono. 


mente l’armonia. Da un capo all’altro della sua 
tela, dal principio alla fine della sua opera egli 
non cesm di esserne padrone. Fa giocare i toni 
a suo modo, li rinforza, li attenua, cancella, 
corregge, ricomincia. 11 contrario avviene per 
l'arazziere, il quale non ha la risorsa di para¬ 
gonare le parti del suo lavoro e di poterle ac¬ 
cordare fra loro. Egli non procede che per com¬ 
binazioni di memoria: suo compito è di ram¬ 
mentare. A misura che va innanzi nel lavoro, 
deve arrotolare la parte finita dell’arazzo per 
avere a portata di mano solo ciò che gli resta 
a fare. Così perde di vista la maggior parte 
della sua opera: non può rivederla che nella 
mente, e s’egli devia, se si lascia indurre per 


























2 Ò2 


LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 t 



Boucher. - Scene campestri. 


esempio nel comporre un mulo, a modificare 
insensibilmente le sue tinte, può, allorquando 
sciolinerà l’arazzo finito, trovare una figura qui 
troppo gialla, là troppo rossa. Il gobelin non 
sarà quindi riuscito. Un metro quadrato all’anno, 
tale è la produzione normale di un artista. La 
lentezza della fabbricazione, aggiunta al costo 
della lana tinta, rende eccessivo il prezzo dei 
lavori che escono dalla manifattura dei Gobe- 
lins. Per i più belli arazzi si calcolano cinque¬ 
mila lire al metro quadrato: ma questa non è 
quota normale, assoluta: la si applica solo alle 
opere più rare, alle copie di quadri e a tutti i 
modelli che esigono l’intervento d’artisti abi¬ 
lissimi e l’impiego d’ima trama sensibilmente 
più fine. 

■x- 

Sòvres! I francesi, quando parlano o scrivono 
della loro manifattura nazionale di ceramica, in¬ 
tuonano inni trionfali. Luigi Jourdan esclamava: 
“Levatevi il cappello! Sèvres è una delle glorie 
più sfavillanti e più incontestabili dell’industria, 
della scienza e dell’arte francese, è la scuola il¬ 


lustre che ha portato cosi in alto la riputazione 
della nostra ceramica, è il focolare da cui usci¬ 
rono a migliaia i capolavori che il mondo ha am¬ 
mirato e ammira e che i raccoglitori piti intelli¬ 
genti disputarono in tutti i tempi a prezzo d’oro „. 

La manifattura di Sèvres, destinata a studiare 
di continuo quanto ha rapporto colla fabbrica¬ 
zione della porcellana allo scopo di-diffonderne 
l’industria in Francia, ebbe momenti brillantis¬ 
simi e momenti di decadenza notevoli. Ma in¬ 
tanto nel Limosino sorgevano inspirate e gui¬ 
date da Sèvres, fabbriche di porcellana che ora 
invadono parte dell’Europa con i loro prodotti, 
eleganti sempre e a buon mercato. A poco a poco 
si ottennero nuove colorazioni, si adottarono le 
paste e gli smalti colorati e si ebbero così i 
celadons azzurrognoli, gli azzurri persiani, i blu 
verdastri, i gialli, i grigi, ecc., estendendo cosi 
di molto la gamma dei colori a gran fuoco. Si 
colorarono vasi enormi, sia in porcellana dura che 
in tenera, si ottenne la cottura delle pitture a 
una temperatura superiore a quelle precedente- 
mente usate e si creò una nuova decorazione 
detta di mezzo gran fuoco. 


Ma fu sotto la direzione di Teodoro Deck che 
la manifattura fece progressi rilevanti. Egli, clic 
aveva inventato una nuova pasta assai più pla¬ 
stica cui diede il nome di Faenza silicea, ne 
volle approfittare. 11 Deck applicò ad essa i suoi 
smalti celadons, nuovi e trasparenti. Così i toni 
divennero più svariati e i nuovi smalti ombreg¬ 
giarono con armonia le stampe e i rilievi da loro 
coperti, accrescendo l’effetto con l’accumularsi 
degli smalti nei vuoti. 

Le antichissime tradizioni di Sèvres sono tut¬ 
tora conservate, ma l’arte è esausta perchè l’in¬ 
dustria le soffoca nelle sue spire utilitarie. Sono 
rari i grandi vasi e i grandi piatti attualmente 
fabbricati che ricordino gli antichi nella loro 
splendida e sobria delicatezza. Le porcellane di 
un bianco puro, così belle e seducenti, quelle 
verde acqua e giallo aranciato, con decorazioni 
dalla grazia ingenua, dalla mollezza voluttuosa, 
dal riflesso orientale, dallo spessore pressoché 
impalpabile, si veggono ancora, ma — ahimè! 
in numero sempre più esiguo.... 



il 


* : 


Siro lina 


„ Roehe“ 


Raccomandata dalle Autorità Mediche nelle 

Malattie polmonari, 

Catarri bronchiali cronici, 

Tosse Asinina, Scrofola, Influenza 

9*~ GUARDARSI dalle CONTRAFFAZIONI 

unici fabbricanti : F. Hoffmann-La Roclie & G.° - Basilea 



•> 



































263 


F I R E N Z H. 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 
L A M O S T R A I) E L R I T R A T T O 


I T ALIA N (). 



A N G E L 1 C A K A U F K M A N N. - I.\ FAMIGLIA. 



ì 


F A B R E. 


Vittorio Alfieri e la contessa d’Albany. 
































































ROMA. ALL’ESPOSIZIONE Di BELLE ARTI 



Enrico Cole m a n. - Sul Gran Sasso d’ Italia. 


1 


% 


A. D i s c o v o i. o. - La casa dei gufi. 




Enrico Coleman. - Cavalli selvaggi. 



Giuseppe Pennasilico. — Marina, 















































266 


LI-: ESPOSIZIONI DEL 1911 


R O M A. L A S A R 


D E G N A 


A |. V E S P O S I Z I O N F. E T N O G R A F I C A. 



Ritorno ai paesi della montagna (fot. Larco), 


La Sardegna all' Esposizione Etnografica di Roma. 


PAESAGGI E COSTUMI SARDI. 


La Mostra Etnografica di Roma rimette di 
moda la Sardegna. La ricostruzione di certi an¬ 
goli di paesi sardi, gli oggetti d’uso domestico 
di quei pastori, i costumi e i corredi, le indu¬ 
strie paesane che vediamo riprodotte da uomini 


e donne venute appositamente da quell’isola, de¬ 
stano nel pubblico l’interesse più grande; e que¬ 
sto interessamento si accompagna a una strana 
meraviglia. 

Della Sardegna, infatti, e delle sue bellezze 


naturali, dei sardi e dei loro costumi noi non 
abbiamo che un’idea assai vaga e il più delle 
volte erronea, come spesso c ingiusto il criterio 
col quale consideriamo i bisogni e i mali di 
quell’ isola che a chi la visita lascia un’ impres¬ 
sione indimenticabile. Cioè di una terra italiana 
che è a sole otto ore di navigazione dalle nostre 
coste ci formiamo una immagine fantastica e mi¬ 
steriosa, quindi paurosa e assurda. 

La Sardegna sorge come un selvaggio e tor¬ 
mentato ciuffo di montagne a chiudere il mare 
Tirreno, e ben pochi amano, o meglio osano 
spingersi fra il dedalo delle sue rupi pittoresche 
a portare un saluto di amicizia a quei pastori 
che parlano ancora una delle antiche lingue più 
armoniose e metalliche. Le nostre immaginazioni 
sono già di per sè sufficientemente caratteristi¬ 
che e forti attraverso le soggettive impressioni 
che balzano dai romantici racconti della rude, 
disadorna ma possente scrittrice sarda Grazia 
Deledda, e noi amiamo follemente, penetrando 
nelle sue frementi analisi d’anime, quelle crea¬ 
ture che s’aggirano come cinghiali agili e ven¬ 
dicativi fra i boschi di sughero e nella malinco¬ 
nia delle immense desolate tanche. Ma ben più 
grande sarà l’amore che noi conserveremo tutta 
la vita per quegli amici, quando, vincendo il 
naturale e rustico loro riserbo di isolani, li avremo 
meglio conosciuti di persona, poiché ci com- 
muoverà per sempre il ricordo della semplice 
e violenta conquista ch’essi avranno fatto del 
nostro cuore con una sola stretta di mano quieta, 
precisa, ponderata, franca. 

Quando il sardo ci ha accolto nella sua casa 
noi diventiamo uno della sua famiglia, con tanta 
sincerità e intimità egli ci tratta. 

Ricordo al proposito la frase di un pastore 
di Fonni: 

— In Fanne min h’ha paura; s’stranzu e s'a- 
migu de Fonesos l’ischidi rispettare, e cioè: a 



Nelle sale del Padiglione della Sardegna (fot. Moiinari). 





























LE ESPOSIZIONI DEL 191 i 


267 


R O M A. 


LA SA R I) E G N A 


A L L’ ESPOSI Z I O N E 


E T N () G R A F I C A. 



P A STORI NELLE M O N T A G N E DE L L A B A R B A .1 A (fot. I -arco). 



Le industrie femminili nel Padiglione della Sardegna (fot. MoUnari). 






































268 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



Alla caccia del cinghiale. Bicchieri sardi. 


Formi nessuno deve conservare alcun timore; 
il forestiero e l’amico dei fonnesi è necessario 
che venga rispettato. 

Questa concessione primordiale del rispetto 
per l’ospite che è considerato ancora quasi come 
cosa sacra, lo porta naturalmente a una corri¬ 
spondente e primitiva idea dell’onestà, dell’odio, 
della vendetta. Il sardo facilmente si offende e 
per il suo selvaggio amore della libertà, ama ot¬ 
tenere da sé soddisfazione sull’offensore ; donde 
la vendetta. Il sardo macera l’odio indomabile 
nella sua affumicata tana di granito e di tufo, 
sdraiato accanto al focolare quadrangolare, per¬ 
seguitato dal ticchettìo ossessionante della ma¬ 
cina che l’asino bendato conduce intorno con 
un moto perpetuo, e poi esplode in un terribile 
colpo di fucile — che è il lacerante urlo di 
un’anima. 

E l’odio del solitario che si nutre d’erbe e di 
vendetta. Ma il sardo è buono. Cioè ama chi 
gli porta amore e cerca la sua esigua felicità in 
un ristretto cerchio di mondo: quasi in sé solo. 
I la le virtù e i vizi dell’uomo primitivo. 

Noi tutti ['ammiriamo per questa tenacia in¬ 
frangibile del suo ereditario istinto. 

Che il pastore sardo sia buono ce ne per¬ 
suadono le sue canzoni; canti di una dolcezza 
così accorata, di un languore tanto acuto e 
lacerante che noi sentiamo l’anima soffrire sul 
iilo di quelle nenie e quasi svanire mortal¬ 
mente. 

E l’uomo denutrito da una insanabile infelicità 


che cosi canta; è la creatura martoriata da ere¬ 
ditarie piaghe di cento generazioni devastate 
dalla malaria, oppresse da governi malvagi, ròse 
dalle incursioni barbariche, iniettate di fiele fra¬ 
tricida che così geme il suo languente ardore. 
Certi visi di febbre si trasmutano nel canto in 
volti di passione; alitano sulla pelle secca tor¬ 
bidi brividi di tragedia. Da un pelago di dolori 
si sublima quel canto. 

Sentiamo cosa scrive un grande poeta sardo, 
Sebastiano Satta: 

P A C K. 

Van le placide greggi per gli steli 
bianchi di luna) brillano vermigli 
fuochi dappresso e attorno su pei cigli 
rocciosi, sotto il puro arco dei cieli. 

Ammonisce il vegliardo ora i fedeli 
pastori, a lui devoti come figli : 
la sua parola suona nei consigli 
grave e solenne come nei vangeli. 

Della pace egli parla che nel cuore 
siede a colui che con le mani monde 
di sangue vive: e spargon tant’amore 
le sue parole, e versan tanta pace 
i cieli, che nelle anime iraconde 
ogni torva passione alfin si tace. 

Questo fermento d’amore ci persegue in ogni 
pellegrinaggio pei villaggi sardi, quando re¬ 
chiamo in noi un mite animo modesto, una 
semplicità di fratelli, una curiosità sincera e 
fanciullesca: quando sappiamo divenire ingenui 
e metterci in contatto con quelle menti per 
prevenirne i pensieri: il che è di una facilità 
puerile. 























LE E S P O S I Z I O X I DEL i 9 i i 


269 


L una gioia vivere fra quel popolo di pa- 
stoi i, così lontano dai nostri costumi, così re¬ 
moto dalla nostra civiltà, eppure tanto vicino 
alle, nosti e case che noi, annoiati dalla mono¬ 
tonia della vita di città, possiamo conoscere senza 
fatiche e senza intraprendere un lungo viaggio 
per contrade remote. 

Noi ritroveremo nelle sue consuetudini gior¬ 
naliere usi del popolo romano e delle tribù asia¬ 
tiche, qualche cosa che ci riporta come mille o 
duemila anni indietro; noi gusteremo nel suo 
linguaggio delle allocuzioni bibliche e delle ri¬ 
sonanze latine, greche, corsaresche; godremo 
indimenticabilmente delle pittoresche macchie di 
colore che gli svariatissimi costumi che vi si 
incontrano gettano sull’aspro paesaggio o verde, 
o giallo, di monti, di marina e di tuguri. 

Moltissime donne hanno dei volti di madonna, 
freschi e delicati, e un’andatura celere, guizzante, 
un poco perfida. Non so quanto e come amano; 
Grazia Deledda ci dice che il loro amore è si¬ 
mile all'odio dei maschi: tenace come l’edera, 
mortale. 

E gli uomini, specialmente se vecchi, portano 
certe gran barbe scabre, arruffate, impetuose, 
così caratteristiche che noi crediamo di incon¬ 
trare in ogni via qualche patriarca del popolo 
ebraico sopravissuto agli evi e inselvatichito 
nella solitudine del tempo. 

Le case dove questo popolo vive sono pic¬ 
cole costruzioni di pietra senza intonaco e nei 
paesi più montani, come Désulo, Aritzo, To- 
nàra, Donni, le capanne più vecchie restano an¬ 
cora ricoperte di sccindulc che sono scaglie lar¬ 
ghe e pe ariti di legno durissimo; esse formano 
un tetto adamitico di un curioso effetto. 

Queste dimore conservano, come quelle sulle 
montagne caucasiche e sugli altipiani di Ispahan, 
le caratteristiche delle abitazioni di un popolo di 
pastori; vi si ritrovano taglieri di legno, otri di 
pelle per il latte, cassepanche istoriate per i cor¬ 
redi, fornetti per il pane. 

Bitti, Orline, Fonni raccolgono uria ricchezza 
di greggi di settanta e ottantamila pecore. E i 
servi pastori emigrano, con questi mari di lana 
fluttuante e tiepida, ogni inverno presso i piani 
campidanesi e le molli terre di Baronia dove le 
chiese conservano tesori di sete e argenti le¬ 
vantini. Nell’estate risalgono. Le loro spose — 
le donne barbaricine alte e rigide, dalle mani 
aride e dagli occhi da colomba — vanno loro 
incontro, scendendo di balza in balza, nella lu¬ 
minosità azzurra degli alpestri panorami. 

Pranzano dove si incontrano; poi le comitive 
risalgono e sono le femmine allora, cupe di pas¬ 
sione, che riconducono per mano i cavallini 
stracchi, colmi di bisaccie, mentre l’uomo vten 
dietro, pensieroso, triste. Le valli, le cime cri¬ 
stalline si popolano di dondolii di campani; un’ar¬ 
monia indicibile di suoni fiochi e morenti on¬ 
deggia per la montagna: un poema religioso di 
tintinni, di querule voci par che fluttui fra cielo 
e terra con l’argento delle nebbie e col fumo 
delle brughiere incendiate. 

La Sardegna conserva ancora la infinita so¬ 
lennità delle antiche scene della vita sacra pri¬ 
mordiale, di certi riti compiuti in offerta alla 
natura. 

Dott. Renzo Larco. 



Bicchiere sardo. 


Coi turchi a R oma 
e con gli alpinisti a Torino 

(Nostra corrispondenza.) 

7 luglio. 

Abbiamo avuto a Roma la visita del .prin¬ 
cipe ereditario di Turchia, Jussuf Jzzedine. È un 
bell’uomo, alto, distinto, dall’aria pensosa, molto 
pensosa. Prima di recarsi a Roma, fu a Torino 
dove visitò con molto interesse l'Esposizione 
Industriale, e dalle poche e misurate parole che 
gli uscirono dalle labbra si capi che quell’insieme 
di bianchi e bizzarri edifici in mezzo al verde 
del parco del Valentino e sul declivio delle col¬ 
line gli fece una grande e piacevole impressione. 
Disse che gli pareva di trovarsi ancora sul Bo¬ 
sforo. 

A Roma, accompagnato dal Re, si è recato a 
visitare tutte quattro le Esposizioni, mostrando 
dovunque vivo interessamento. Si trattenne par¬ 
ticolarmente alla grande Mostra archeologica 
delle Terme Biocleziane ed alla Mostra storico¬ 
artistica retrospettiva di Castel Sant’Angelo. 

Era con lui I lilmi-pascià, l’ex gran visir, il 
quale rappresentava, dirò così, la parte politico- 
diplomatica di questa missione ottomana. 

Disgraziatamente Jussuf Izzedine ed I lilmi-pa¬ 
scià sono capitati fra noi in momento di grande 
confusione parlamentare, anzi, di vero marasma, 
grazie a tutte le farse di Giolitti per il famoso 
monopolio sulle assicurazioni, e il mondo par¬ 
lamentare non ha potuto interessarsi gran che 
alla loro visita. Si è aggiunta, poi, il 5 , la morte 
quasi improvvisa dell’ex regina Maria Pia di 
Portogallo, e questa triste circostanza ha fatto 
rinviar il banchetto diplomatico che il marchese 
Di San Giuliano doveva offrire ad I lilmi-pascià 
alla Consulta, susseguito da ricevimento al quale 
sarebbero intervenuti varii nostri uomini politici 
che s’interessano alla questione d’Oriente. I lilmi- 
pascià è tuttavia rimasto a Roma due giorni pici 
del principe ereditario, e le persone che lo hanno 
avvicinato hanno tratta dai Colloqui con lui la 
persuasione che la Turchia terrà conto, nella 
questicne albanese, dei desiderii delle potenze 
interessate, Austria, Russia ed Italia, e proce¬ 
derà con calma e con intendimenti conciliativi. 

Quanto alle Esposizioni romane, si può dire 
che sono al completo; ma purtroppo la stagione 
va diventando sempre meno favorevole al con¬ 
corso del pubblico, che si allontana da Roma, 
come di solito, in luglio, e va a cercare sulle 
rive del mare e nelle stazioni balneari ed alpine 
i refrigerii che, con tutto il miglior volere, nè 
Piazza d’Armi, nè Vigna Cartoni, nè Villa Bor¬ 
ghese, nè i Parioli non riescono ad offrire. 

E buono per Roma che Giolitti con quel suo 
fantastico monopolio ha trattenuto qui il mondo 
parlamentare fino a metà luglio, senza di che 
lo spopolamento estivo di Roma sarebbe stato 
più evidente e più sensibile. 

È tuttavia interessante la statistica ufficiale, 
in questi giorni pubblicata, dei forestieri che dal¬ 
l’aprile al giugno hanno visitata Roma e le sue 
esposizioni. 

Nel mese di aprile si è avuta una media di 
9000 viaggiatori al giorno, che nel maggio è sa¬ 
lita ad 11000 e negli ultimi quattro giorni di 
maggio e nei primi quattro di giugno (epoca del¬ 
l’inaugurazione del monumento a Vittorio Ema¬ 
nuele) toccò i 22 odo viaggiatori al giorno, men¬ 
tre nel resto di giugno la media si mantenne 
sui 10000. 

Il movimento complessivo dei tre mesi ha 
quindi superato il milione di viaggiatori. Anche 
al presente persiste l’arrivo di molti stranieri, 
specialmente tedeschi, francesi e americani, ed 
è preannunziato l’arrivo di varie carovane. Una 
comitiva di escursionisti russi, organizzata dal 
ginnasio Stemberg di Pietroburgo, fu per nove 
giorni a Roma visitando accuratamente la città 
e i dintorni e le Esposizioni; ora è ripartita 
pel Montenegro. Si attende anche una grossa 
comitiva di studenti tedeschi. 

Così grande numero di viaggiatori, che per 
altre città, anche fra le maggiori, sarebbe riu¬ 
scito ingombrante, a Roma invece, per il suo 
carattere speciale e per la sua preparazione ad 
ospitare numerosi visitatori, non ha fatto che 
dare un aumento di animazione, senza creare 
inconvenienti di sorta. 


A Torino, invece, cominciano all'Esposizione 
delle piene insolite. Domenica scorsa si affolla¬ 
vano sulle due rive del Po non meno di cento- 
mila persone!... Ed anche la sera, abitualmente, 
vi sono sempre all’Esposizione un diecimila a 


dodicimila persone. Disgraziatamente la bella 
Esposizione torinese è un’Esposizione troppo 
seria — non vi sono sufficienti divertimenti, suf¬ 
ficienti attractions serali: il godimento di con¬ 
templare il bellissimo chatcau-d'eau o di guar¬ 
darsi in faccia l'un l’altro alla luce delle lampade 
elettriche sul gran Ponte Monumentale è un di¬ 
vertimento relativo: se vi fossero degli spetta¬ 
coli adattati, dei divertimenti un poco fantastici, 
bizzarri, quelle attractions che fanno tirar fuori 
di tasca qualche lira di più ma che, infine, met¬ 
tono addosso allegria e divertono, il successo 
serale dell’Esposizione sarebbe più completo. 

Frattanto le inaugurazioni continuano: il gior¬ 
no 3 nel pomeriggio vi fu quella dell’Albergo 
Alpino Modello costruito sotto gli auspici del 
benemerito Touring Club Italiano, elei (piale venne 
contemporaneamente inaugurata la Esposizione 
speciale. 

Alla cerimonia volle personalmente interve¬ 
nire il presidente del Comitato esecutivo, sena¬ 
tore l'omaso Villa, Luigi Vittorio Bertarelli che, 
accanto al presidente generale, Federico John¬ 
son, è l’anima del Touring, pronunziò un bril¬ 
lante discorso che fu, giustamente, una lucida 
e pienamente apprezzata apologia dell’opera sin 
qui compiuta dal Touring per la maggior messa 
in valore di tutte le ricchezze e le bellezze na¬ 
turali ed artistiche del nostro paese, e l’eleva¬ 
zione di tutta la nostra vita. 

Tomaso Villa fece la parafrasi felicissima del 
discorso del Bertarelli, compiacendosi che il rin¬ 
novamento ascendente della vita italiana sia dal 
Touring portato e mantenuto con idealità co¬ 
stante su un terreno così assolutamente pratico 
come i mezzi di comunicazioni e di trasporto, 
la viabilità e l’abitazione. 

La numerosa comitiva, nella quale non man¬ 
cavano belle e gentili signore, passò poi — gui¬ 
data da Johnson e da Bertarelli — alla visita del¬ 
l’ampio e piacevolissimo Albergo Alpino Modello. 

Faceva indubbiamente, molto caldo, ma la sug¬ 
gestione del caratteristico ambiente riuscì tale 
che tutti ebbero l’illusione, per un’ora, di tro¬ 
varsi sull’alta montagna, figurandosi di godere 
una deliziosa frescura che, a dir vero, non era 
altro che un prodotto della entusiasmata im¬ 
maginazione. 

Giorixo. 



d‘ incendio nel Padiglione degli 

all’Esposizione di Torino. 




Sul letto del Padiglione degli Stati Uniti la mattina 
del 7 gli operai avevano l'atto liquefare del catrame pel¬ 
le coperture in tela incatramata della vòlta. 

Verso le i3,i 5 un piccolo braciere lasciato inavverlen- 
femente acceso da un operaio sul tetto del Padiglione co¬ 
municò il fuoco al tetto stesso, precisamente sopra alla 
Mostra della California. 

Le fiamme, penetrando sotto la vòlta, si estesero ad al¬ 
cune tende. 

Il primo ad accorgerò del grave pericolo fu un agente 
m unicipale. 

la guardia avvedutasi del principio d’incendio diede 
l’allarme a mezzo del telefono ed un guardiano, coadiuvato 
da altro guardiano nella Mostra della California c dal 
signor Robbin, commissario degli Stati l'niti, usando un 
idrante armato, iniziò l’opera di estinzione tosto mandata 
a compimento da una squadra di pompieri immediata¬ 
mente accorsa dal posto di servizio presso il Castello d’acqua 
agli ordini di un ufficiale. 

Il tuoco si limitò alla combustione di circa due metri 
quadrati di tetto, causando un danno di poca entità. 

Accorsero sul posto diversi agenti della forza pubblica, 
che presero tutte ie misure di sicurezza e d’ordine occorrenti. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

2 luglio. — Roma. In Campidoglio .inaugurato il XVII Con¬ 

gresso delle Cooperative italiane. 

3 „ Roma. Il principe ereditario di Turchia ha visitato 

col Re le varie Esposizioni: la sera al Quirinale è 
intervenuto al banchetto di gala. 

3 „ Torino. Inaugurato all’Esposizione l’Albergo Alpino 
modello. 

3 Pavia. La crociera fluviale remiera sul Po da Torino 
a qui, finita col perfetto arrivo di tutte le imbarca¬ 
zioni. 

4 Roma. Il principe ereditario di Turchia si è recato la 
mattina col Ke a visitare il giardino zoologico, poi a 
visitare il Campidoglio, e alle 14.10 è partito per Ve¬ 
nezia, Vienna e Costantinopoli. 

„ Pavia. Il sindaco consegna ai messaggeri della cro¬ 
ciera moto-nautica Pavia-Venezia-Roma il messaggio 
da portare al sindaco di Roma. 

5 „ Pavia. Partenza al mattino della crociera moto-nautica 

coi canotti per Cremona-Venezia. 

5 „ Roma. Il Re in Quirinale riceve la Missione diplo¬ 
matica messicana recante gli auguri per il Cinquan¬ 
tenario dell’Unità Italiana. 

8 „ Voi zi 1. Felice arrivo a Venezia dei dodici motoscafi 
della crociera moto-nautica. 


















270 


LE ESPOSIZIONI DEL 191 1 


T O R I N O. 


DADI (ì L IONI 


R E C E N T E M E N T E 


INAI' G U R A T I. 



L’ A I. B E R G O D E L T OURIN G. 



Il Palazzo della M 


ODA (fot. l'ornari). 









































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


271 


T O R I N O. 


A T T R A V E R S O 


P A 1) I G L I O N I 


I) E L L E N A Z I O N I. 




Nel Padiglione dell’Inghilterra (fot. Trovcs). 


























272 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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ROMA MODERNISSIMA, * Arturo Calza 

che descriverà Le strade e le piazze — Gli edifìci pubblici — Gli edifici religiosi — Gli edifici privati — Le industrie e i commerci 
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FASCICOLO i8.° 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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R () M A. I L 


C () N (I R E S S () F E i\l I N I S T A. 



































le ESPOSIZIONI DEL I 9 I I 


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Il Congresso feminista di Roma. 


Fra i numerosi congressi indetti a Roma nella 
ricorrenza del Cinquantenario, non doveva man¬ 
care il congresso delle donne. Venne promosso 
appunto dall’“Associazione perla donna,,, un 
sodalizio che ha un’esistenza quasi trilustre. Nei 
primi anni l'Associazione visse modestamente. 

1 tempi erano difficili, il ridicolo tentava soffo¬ 
care ogni tentativo, onde l’Associazione, navi¬ 
gando in acque infide, senti la necessità di pre¬ 
parare anzitutto il campo delle future riforme, 
guadagnando gradatamente l’opinione pubblica. 
J1 lavoro di preparazione cominciò nell’interno 
del sodalizio stesso: le socie alternativamente 
nelle adunanze riferivano sul movimento estero 
e nazionale c sui congressi cui prendevano parte. 

Da qualche tempo il lavoro dell’ “Associazione 
per la donna „ è entrato in una fase più attiva e 
più pratica. 11 primo congresso delle donne ita¬ 
liane, promosso dal Consiglio Nazionale nel 1908 
a Roma, si svolse fra la simpatia del pubblico e 
riuscì una solenne affermazione della maturità 
delle donne italiane e del progresso considere¬ 
vole che esse hanno fatto nelle loro attitudini 
non solo ma anche nello studio delle quistioni 
di diritto pubblico, amministrativo e politico. 

Il congresso svoltosi negli ultimi giorni del 
giugno scorso a Castel Sant’Angelo non riuscì 
così numeroso come quello di tre anni fa, ma 
fu assai movimentato e laborioso. Anzi, ecces¬ 
sivamente laborioso, chè troppe questioni furono 
trattate c discusse, togliendo efficacia alle deli¬ 
berazioni del convegno stesso. In tre o quattro 
giorni furono affrontate e risolte, sia pure tran¬ 
sitoriamente, coll’approvazione dei soliti plato¬ 
nici ordini del giorno, tutte le più ardenti que¬ 
stioni che si attengono al movimento feminista: 
divorzio, monogamia e poligamia, suffragio fem¬ 
minile, insegnamento scolastico, ispettorato del 
lavoro, segretariato femminile del popolo, sfrut¬ 
tamento delle donne e dei fanciulli, regine del 
mare e regine del mercato, ecc. 

Al congresso parteciparono quasi tutte le più 
note feministe della capitale: le altro città ita¬ 
liane — se si eccettua Milano, Genova e qualche 
altro centro — erano scarsamente rappresentate. 

Il Consiglio direttivo dell’“Associazione per 
la donna „ era rappresentato dalla signora Maria 
Grassi Koenen, consorte dell'illustre naturalista, 
la quale da anni si è d dicata con ardore e con 
fede alle rivendicazioni femministe, dalla signora 
fila Magliocchetti, la quale pur coltivando la pit¬ 
tura, trova il tempo e il modo di consacrarsi al 
feminismo, dalla signora Ferrari e dalle signo¬ 
rine dottoressa Sandeskv e professoressa filasi, 
segretaria zelantissima dell’Associazione. 

Abbiamo notato fra le congressiste la dotto¬ 
ressa Teresa Labriola, la fervente propagandista 
prò suffragio femminile; la dottoressa Angelica 
Volpi e Val cria Denetti; la signorina Romelia 
Troise, che si occupa specialmente del lavoro 
delle donne addette agli uffici postali telegrafici 
c telefonici; una specie di onorevole Canipa- 
nozzi in gonnella; la signora Romilda Bizzarri 
che si interessa dell’organizzazione delle sartine 
o lavoratrici dell’ago, le quali, soltanto alla ca¬ 
pitale, ammontano a diecimila; la professoressa 
Guglielmina Ronconi che all’elevazione morale 
della donna concorre coll’opera e colla parola 
tenendo frequenti conferenze tra le ininenti for¬ 
mose di Trastevere. 

Ricordiamo inoltre la professoressa Tripisciano, 
la dottoressa di Vestea, la signorina Chievo, le 
signore Lollini, Ronzio-Vaglia, Massetti-Moraldi, 
de Vincentiis, Zeppettì-Dobelli, un’oratrice for¬ 
midabile quest’ultima per facilità di parola e per 
dialettica. Un’altra congressista nata, che sa te¬ 
nere soggiogato il pubblico e conosce il segreto, 
anche in momenti burrascosi, di arginare la di¬ 
scussione è Linda Malnati, una veterana delle 
organizzazioni milanesi, la quale insieme colla 
signora Carlotta C le ri ci e colla dottoressa Mar¬ 
gherita Ancona rappresentava la Lega per gli 
interessi femminili di Milano. 

Il giornalismo e la letteratura femminile erano 
rappresentati al congresso da Paola Grasson 
Baronchelli (donna Paola), l’autrice di “ Una fi¬ 
glia del Secolo „, di “ Io e il mio lettore „ e di 
altre pubblicazioni, la quale dal banco della pre¬ 
sidenza, attraverso l’inseparabile lorgnette, rac¬ 
coglieva impressioni sulle diverse fasi del con¬ 
gresso e sui vari atteggiamenti delle sue sorelle 
in Èva per qualche suo indiavolato articolo po¬ 
lemico, intervenendo con qualche frase tran- 
citante nella discussione soltanto quando questa 


minacciava di straripare in modo allarmante. E 
accanto a donna Paola ricordiamo la professo- 
ressa Cagli della Pergola di Ancona, la quale 
sotto il pseudonimo di Fiducia, scrive brillanti 
articoli fenrnisti e di varietà; Teresita Guazza- 
roni, la giovine poetessa umbra già cara a Vit¬ 
toria Aganoor-Pompili, e Teresa Salvatori, la di¬ 
rettrice del Giornale per la donna, un’oscura 
eroina del giornalismo femminile che al suo fo¬ 
glio, nell’interesse dei postulati del feminismo, 
sacrifica tutta se stessa e ogni suo avere. 


Al convegno di Roma — come in tutti i con¬ 
gressi feministi che rappresentano un movimento 
d’avanguardia — erano prevalenti notevolmente 
le congressiste rosse, alcune delle quali appar¬ 
tenenti a partiti politici organizzati; non man¬ 
cava una rappresentaza dell’ala destra, le cosi¬ 
dette congressiste azzurre quali la contessa Spal¬ 
lati, presidente del congresso feminista del 1908, 
la marchesa Lucifero, la marchesa Pellicano e 
qualche altra. 

E allorché la discussione su qualche argo¬ 
mento minacciava di prendere una piega poli¬ 
tica, le due correnti — quella tradizionalista 
delle azzurre, e quella avvenirista delle rosse 
— si manifestavano in modo evidente dando 
luogo a qualche conflitto che veniva tosto com¬ 
posto dagli elementi direttivi dell’ “ Associazione 
per la donna „ la quale — come ebbe a dire la 
Diasi — rappresenta una passerella tra il passato 
c l’avvenire. 

Al congresso parteciparono come congressi¬ 
sti muniti di tessera, anche parecchi rappresen¬ 
tanti dell’ “ eterno mascolino brutale „, di quel 
sesso ritenuto prevaricatore rispetto alla donna, 
il quale rese invece il dovuto omaggio alle fe¬ 
ministe rivendicatrici dei loro giusti diritti. Vi par¬ 
teciparono fra gli altri i deputati Lucifero, Sca¬ 
lori, Musatti, Bocconi, Podrecca, Miliani: que¬ 
st’ultimo anzi, appartenendo ai partiti d'ordine, 
presiedette la seduta in cui si discusse del suf¬ 
fragio femminile. 

L’on. Miliani, il noto industriale della cartiera 
di Fabriano, non è un convertito dell’ultima ora 
al suffragio femminile c promise alle congres- 
sistc il suo appoggio per l’elettorato alla donna 
quando la questione verrà portata di nuovo alla 
Camera. Al Parlamento italiano, in tutti i ritrovi, 
siedono deputati favorevoli al suffragio femmi¬ 
nile: dall’on. Mirabelli all’on. Luzzatti, dall’ono¬ 
revole Pantano, all’011 Sonnino, dall’on. Turati 
all’on. Orlando c all’on. Lacava. 

Lo stesso on. Giolitti, come capo del governo, 
ebbe a dichiarare che “ in realtà la questione è 
di grandissima importanza e l’interessamento di 
tutti gli oratori di qualsiasi parte della Camera, 
e di qualunque partito, basterebbe di per se 
stesso a darne la prova „. 

Ma intanto ancora si ignora — come ebbe ad 
osservare una congressista, la professoressa Men- 
garini — se Fon. Giolitti che pure è disposto 
ad accordare il voto politico agli uomini analfa¬ 
beti, ha le stesse disposizioni almeno verso le 
donne alfabeto. 

— Sarebbe un vero oltraggio per noi — ag¬ 
giunse la marchesa Pellicano, con bell’impeto 
sdegnoso — se la nuova legge elettorale Gio¬ 
litti escludesse le donne mettendoci alla pari 
dei delinquenti!... 

Non era presente in quel momento Sua Ec¬ 
cellenza Fon. Galiini, sottosegretario al ministero 
di grazia e giustizia che era però intervenuto 
alla cerimonia inaugurale del congresso e come 
rappresentante del governo e come noto fautore 
della rivendicazione del femminismo. 

Compirà Fon. Giolitti, colla complicità degli al¬ 
tri membri del governo, compreso il feminista 
on. Galiini, il supremo oltraggio temuto dalla 
marchesa Pellicano c dalle altre congressiste, 
escludendo le donne dal voto politico? 

Non diamo una risposta immediata, per non 
sfrondare continuamente troppe illusioni. 

Pertanto una Commissione di donne è stata 
nominata coll'incarico di portare i " desiderata „ 
dell assemblea — anche nei congressi femminili 
si adoprano di queste brutte parole — alla Com¬ 
missione parlamentare che si occuperà della ri¬ 
forma elettorale. 


Sfrondato di certe superfluità e di certi ec¬ 
cessi, il movimento feminista in Italia rappre¬ 
senta un fenomeno di notevole importanza che 


gli uomini politici e i sociologi non solo come 
singoli, ma come collettività, devono prendere 
in seria considerazione. 

Le donne, per loro confessione, non vogliono 
una lotta di sesso; intendono soltanto occupare 
quel posto che a loro spetta di diritto. Non 
hanno intenzione, da quanto pare, di rubare im¬ 
pieghi, onori, dolcezze ai signori uomini. Il vero 
desiderio delle donne è che sia riconosciuta la 
loro personalità, che la loro intelligenza sia va¬ 
lutata al suo giusto valore, che sia concesso a 
tutte di rendersi indipendenti, economicamente 
e moralmente da un giogo troppo gravoso, giogo 
che non pesa soltanto sulle bianche e tor¬ 
nite spalle delle feministe perchè è maschile, 
ma essenzialmente perchè è strumento di ser¬ 
vitù. 

Così concepito il feminismo non è concezione 
di poche novatrici eccentriche od esaltate, ma 
fenomeno sancito dalla storia, creato ove mag¬ 
giore è la civiltà. 

In un avvenire prossimo o lontano — così 
profetizzò Erminia Devoto in una sua patriot¬ 
tica conferenza sul “ Feminismo italico „ tenuta 
durante il congresso — ascenderà trionfalmente 
in Campidoglio. 

Quale acconto agii onori dell’avvenire il Sin¬ 
daco di Roma invitò le congressiste a un rice¬ 
vimento appunto in Campidoglio offrendo loro 
una tazza di tè. 

Ed altri ricevimenti e feste e serate speciali 
vennero organizzate in onore delle feministe, 
parecchie delle quali assai leggiadre ed eleganti 
e non insensibili agli omaggi dell’altro sesso. 
Giacché feminismo non significa rinuncia alla 
feminilità. 

Aggirandomi fra il gaietto sciame delle con¬ 
gressiste mi venivano in mente queste parole 
che si leggono in un volume di battaglia: 

“ Tutte le donne senza eccezione cambiereb¬ 
bero le nozioni filosofiche, culturali, educative e 
pedagogiche di cui si vuol ingollarle per un 
libretto che trattasse a fondo questa questione: 
di quali sortilegi usarono le grandi incantatrici 
amate sino alla follia e al delitto. „ 

Parole certamente di un uomo e di un uomo 
ferocemente antifeminista.... No; è invece la con¬ 
fessione di una donna e di una donna accani¬ 
tamente feminista, Leonia Bernardini Goestedt, 
Fautrice della “ Revisione dei valori delle donne „. 

Giovanni Biàdene. 


ALL’ESPOSIZIONE DI ROMA 


La Sala di Mariano Benliure. 

S. M. il Re ha inaugurato, nel Padiglione del¬ 
l’Arte spagnola a Valle Giulia) la Sala d’onore. 
Le pareti magnificamente decorate da quadri di 
Cartonerò, di Moreno, di Enrique Serra, di José 
Benliure, di Sotomayor, di Sorolla sono degna 
cornice all’opera scultoria di Mariano Benliure 
che a questo grande cimento dell’ Esposizione 
romana si è preparato con tanto nobile ar¬ 
dore. 

La sala è dominata dal Coclo : grande gruppo 
in bronzo in cui è rappresentato un tragicissi¬ 
mo momento della corrida. 11 toro furibondo ha 
rovesciato il picador e il cavallo che gli giac¬ 
ca mo sotto: ma mentre il torero tentando di 
salvare il compagno afferra la coda della belva, 
questa col terribile corno ha già investito l’uo¬ 
mo caduto: il cavallo moribondo, in un folle 
impeto di dolore e di vendetta, alza la testa per 
mordere l’enorme corpo belluino che gli pesa 
sopra. Terribile e impressionante gruppo, in cui 
il realismo pittorico dell’azione è magnificamente 
raggiunto: la scena di terrore e di pietà fa ma¬ 
ledire il truce spettacolo, ma è tale il fascino 
dell’arte che la stupenda drammaticità dell’azione 
incatena e conquide lo spettatore.... 

Mariano Benlinre, nato a Valenza circa qua- 
rant’anni fa, ha già in molte città della Spagna 
collocate opere monumentali: ma egli è, d’affe¬ 
zione, cittadino romano. Qui egli diresse, prima 
di Villagas e prima di suo fratello José, l'Acca¬ 
demia spagnola del Gianicolo: qui egli ritorna 
immancabilmente ogni anno, non sazio mai di 
ammirar la bellezza del Paese e la magnificenza 
dei capolavori dell’arte. 

Ma se questi nutriscono il suo spirito,- e per¬ 
fezionano la sua tecnica, egli rimane spaglinolo 
di anima; basta guardare questa meravigliosa 
“ Danzatrice zingara „ in cui il flessuoso corpo 
ha tutti gli incanti della più maliziosa civetteria, 
e la voluttà spira dai provocanti occhi e dalle 
movenze finemente lascive. 

A. C. 










LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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R O Al A. I L C () N G R H SSO 


F E M I N I S T A. 



art n> 


Bizzarri 


Orlarti 




Alale Juja. 


t! orma. 


(Schizzi di G. Biadette.) 























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L E ESPOSIZIONI DEL 1911 



TORINO. Il grande salone nel Palazzo del Giornale e della Stampa, inaugurato il i 5 luglio (fot. Pomari). 


IL PALAZZO DELLA STAMPA A TORINO. 

(Notti ti cor rispondenza.) 

18 luglio. 

Tutto si riesce a fare a questo mondo — an¬ 
che completare un’ Esposizione come questa di 
Torino. Ora L’Esposizione è completa — e il 
complemento glielo ha dato sabato l’inaugura¬ 
zione del Palazzo della Stampa — un grande e 
bello edilìcio non destinato a sparire — un pa¬ 
lazzo che rimarrà. 

Ancora prima dell’inaugurazione una folla di 
invitati si aggirava per gli stando, ammirando, 
curiosando, comprendendo in piccola parte i se¬ 
greti di quest’arte febbrile- clic muta sempre, 
sempre si rinnova, con energie novelle, lanciando 
per il mondo idee, ammonimenti di quest’arte 
vertiginosa, che simile ad un cinematografo pre¬ 
senta le umane vicende, suscitando la curiosità, 
l’interesse, la lacrima, il sorriso. 

Tomaso Villa, vecchio giornalista di sessanta 
anni addietro, così riassunse nel suo efficace di¬ 
scorso cosa è, cosa ha voluto essere il Palazzo 
della Stampa all' Esposizione di Torino. 

“ All’arte della stampa i di cui prodotti penetrano egual¬ 
mente nella casa degli umili come in quella degli abbienti; 
che l’atta libro o giornale o semplice loglio, è accolta con 
affettuosa premura nella scuola, come nel laboratorio, nelle 
case e nelle stesse vie del più piccolo Comune, ed ali¬ 
menta in tutti i suoi minuti rapporti la vita intellettuale, 
politica, economica della Nazione; che diffonde colla più 
meravigliosa rapidità e nelle più remote plaghe il pensiero 
che nasce solitario nella celta dello studioso, andando ad 
accrescere ogni giorno il patrimonio intellettuale del Paese; 

“ A quest’arte nobilissima che nelle officine di produ¬ 
zione associa ad altissimi intendimenti le varie energie 
del pensatore e dell’operaio, che educa la pubblica opi¬ 
nione, manti ne le fedi, incoraggia le benefiche iniziative 
ed anche nei suoi traviamenti e nelle sue aberrazioni, se¬ 
condo la storica frase- del Mirabeau, simboleggia la 'ancia 
di Achille che piaga c risana; 

"A quest’arte, infine, che raccolse il grido di dolore c 
della riscossa contro le male signorie e che col suo lin¬ 
guaggio eloquente invocò le sante riparazioni ed ebbe i 
suoi martiri ed i suoi eroi; 

“ A quest’arte noi sentimmo il dovere di elevare un tem¬ 
pio ed invocare su di essa e sui suoi cultori l’omaggi > 
della Nazione intera ponendo alla vista del pub! lico l’im¬ 
menso progresso al quale pervenne ed i mirabili apparec¬ 
chi di azione dei quali si è arricchita. 


“Abbiamo voluto qualche cosa di più, abbiamo voluto 
cioè che la nostra rassegna sia viva ed animata e rievo¬ 
cando la ricostruzione storica di un’officina medioevale 
prima gloria dei nostri Comuni, abbiamo notato le prime 
orme impresse da quei sommi maestri che superando con 
grande alletto le imperfezioni dei mezzi meccanici riusci¬ 
rono tuttavia ad essere i gloriosi pionieri della nostra 
civiltà. 

“ 11 progresso fu continuo, incessante, d’ogni giorno. 11 
torchio fu con molti stenti soverchiato da una prima mac¬ 
china embrionale, c la macchina stessa fu in breve tra¬ 
vagliata dal bisogno di raggiungere una perfezione ancora 
indefinita, ma che la trasforma ormai in una specie di 
creatura vitale che raccoglie nel moto contemporanco dei 
suoi innumeri congegni le energie illuminate c concorrenti 
di centinaia di operai. 

“ E come epilogo del vasto e geniale lavoro ci siamo 
proposti di mettere sotto gli occhi del pubblico l’organi¬ 
smo vivente di quell’istituto che rispecchia fedelmente la 
vita nazionale in tutta la sua operosità, in tutte le sue 
speranze, nei suoi bisogni, nei sentimenti che la dominano, 
vogliamo dire: Il Giornale periodico. Un giornale citta¬ 
dino, la cui origine risale ai giorni del grande risveglio 
nazionale e nelle cui file militarono uomini preclari e bat¬ 
taglieri instancabili alla difesa delle libere istituzioni, tras¬ 
porta le sue tende in questo palazzo e con mirabile esem¬ 
pio di sacrificio apre agli occhi del pubblico l’interessante 
spettacolo della sua elaborazione. „ 

E l’assessore Romba, completando il discorso 
di Tomaso Villa aggiunse: 

“ Il giornale nella vita febbrile dell’oggi nessuno di noi 
può dispensarsi dallo scorrere avidamente ogni giorno, nei 
ritagli di tempo che ie occupazioni nostre ci concedono, e 
in pochi momenti ci informa di tutto quanto avviene giorno 
per giorno, ora per ora su tutta la faccia della terra! 

“ Quale altra industria od arte ci dona un prodotto si¬ 
mile? „ 

E il ministro delle poste e telegrafi, Calissano, 
parlando a nome del Governo così si espresse: 

“ Forse per la prima volta —• c non in Italia soltanto 
— in una gara cosi solenne di lavoro, fu all’arte della 
stampa ed al giornale eretto uno speciale e grandioso tem¬ 
pio, come questo, dove tu te o quasi si raccolgono le 
espressioni di quella che in sulle prime fu la fede dei 
pochi, ed è ormai fede univer ale, la forza divina del¬ 
l’uomo pensieroso rapidamente e largamente difiusa; espres¬ 
sioni che dai ricordi dei primi, umili, incerti tentativi per 
la confezione del loglio cartaceo, greggio e scolorilo, per 
la iormazione dei segni e caratteri, per la loro regolare 
composizione, per la impressione prima, per la correzione, 


per la impaginatura c la tiratura; operazioni tutte dap¬ 
prima confuse e concentrate in scarsi mezzi od in poche 
persone, giungono fino alle meravigliose, superbe e quasi 
incredibili creazioni di meccanismi per la improvvisa tras¬ 
formazione del legno in eleganti fogli, pronti a tutte le 
varietà di colori i più smaglianti, di macchine indescrivi¬ 
bili, vertiginosamente rotanti, quasi insensate e pure pre¬ 
cise come un perfetto cronometro, possenti c indomabili 
come una forza piti che sovrumana, e pure docili e pronte 
al cenno di una debole mano; tutte suddivise fra loro per 
sapiente e mirabile divisione del lavoro, e ad un tempo 
coordinate in un colossale, gigantesco accordo di armonie 
rumorose, armonie rispondenti in tutte le lingue della 
terra alle incessanti invocazioni dell’intelligenza, ai fre¬ 
miti non interrotti della volontà e della curiosità umana 
chiedente, non più a lunghi o brevi intervalli, ma in ogni 
ora, in ogni momento: — Che v’è di nuovo? 

“ Nell’anno sacro alle memorie del nostro Risorgimento, 
e dopo tante celebrazioni di nomi, d’ istituti, e di fatti, 
non poteva non mancare questa glorificazione del giornale; 
di questa stampa che, prima ancora delle proclamate li¬ 
bertà, ebbe nelle sue file, accanto ai minori ma ugualmente 
ferventi i più alti, i pi il degni cooperatori delle nostre 
riscosse; di quella stampa che sempre, e nelle ore di spe¬ 
ranza e in quelle di dubbio, nei pericoli delle impazienti 
audacie e in quelli degli indugi timorosi, quando gli animi 
degli italiani, uniti nell’altissimo fine, erano però discordi 
nei metodi e nei mezzi, ma si imponevano le ardite riso¬ 
luzioni, sempre vigilò sulle fortune della nostra Italia. „ 

Finiti i discorsi, autorità ed invitati avviavansi 
alla visita delle gallerie e degli stands di questa 
mostra originale ed interessantissima, dovuta, 
principalmente al fermo, tenace proposito del 
conte Delfino Orsi, direttore della Gazzetta del 
Popolo , che qui ha piantate — nel cospetto del 
pubblico — le sue tende, e di cui è veramente 
un trionfo. 

Ma il Palazzo della Stampa è anche il palazzo 
— non solo del giornale e della Gazzetta del 
Popolo ma di tutta l’arte contemporanea della 
stampa; è il palazzo della carta, il palazzo della 
tipografia, il palazzo del libro, e tutti gli aspetti 
di questa nobile industria vi sono rappresentati, 
e tutte le grandi manifestazioni grafiche ed edi¬ 
toriali d’Italia vi hanno il loro stand e la loro 
degna rappresentazione. 

Così, ora, T Esposizione di 'Torino è davvero 
fatta — i visitatori accorrenti da ogni parte 
cT Italia valgano a renderla compiuta ! 

Giorino. 


50 années triomphal succés: contre les TOUX usez.des Pastiiles Marchesini 

































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


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R O M A. A L L E S P O S I Z I O N E 


E T N O G R A F I C A. 



Il Palazzo delle Scuole, dei Cimelii, il Padiglione Toscano e delle Marche. 



Il Padiglione Toscano testé inaugurato (fot. Pisolili). 





















































































ROMA. LA MOSTRA DI M A R I A N O 55 B E N L U R E ALL'ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI. 







Il magnifico gruppo del toro. 


K 1 T R A T T 1. 











































































TORINO. ATTRAVERSO I 



I X T E R N O D E L 1 ’ A I) 1 G L I O X E D E L LA RePU B B L I C A A R G E N T INA. 



Interno del Padiglione degl'Itali ani all’Estero 


padiglioni dell’esposizione. 



N E L V I L L A G G IO M E D IOEV A L E. 



(Fot. ’ltcves.) 


Una sala del Padiglione Tedesco. 

































































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LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 1 


Nella Galleria delle Esperienze elettriche a Torino, 


La Galleria delle Esperienze elettriche inau¬ 
gurata alla nostra Esposizione e la dimostrazione 
chiara ed evidente che i progressi fatti in breve 
volgere di anni dalla scienza elettrica si sono 
talmente imposti e radicati colle grandi manife¬ 
stazioni della vita moderna da richiamare l’at¬ 
tenzione non solo degli studiosi ma anche dei 
profani. 

L’elettricità è alla base del mondo, dicono i 
filosofi del pensiero elettrico; l’elettricità spie¬ 
gherà il segreto della costituzione dell’universo, 
sentenza del lord Kelvin; l’elettricità gitterà il 
ponte tra la vita e la morte, dimostrerà l’unità 
assoluta delle energie naturali, ripetono molti 
altri, mentre il mite Galileo Ferraris con mente 
e cuore di poeta scrive che l’elettricità è “ l’a¬ 
gente vivificatore che tramanda dal sole alla 
terra colla luce c col calore la magìa dei colori 
e l’alito della vita, che partecipa al cuore il pal¬ 
pito del mondo esterno, che sa trasmettere all’a¬ 
nima l’incanto di uno sguardo o di un sorriso,,. 

Questi pensieri si fanno ancor più alla mente 
visitando l’interessante galleria delle Esperienze 
elettriche, presentata dal Comitato Esecutivo 
della nostra Esposizione, ma ideata ed organiz¬ 
zata con giusto criterio tecnico e scientifico e 
con entusiasmo geniale dal prof. Riccardo Arno. 
In detta mostra v’è tutto un volo d’idee mira¬ 
bili, di alte divinazioni: vi è il compendio in¬ 
teressante di tutta la storia dell’elettricità: tal¬ 
ché non si può a meno, rievocando gli inizi di 
questa scienza, di ricordare la piccola sgambet¬ 
tante rana del Galvani, maraviglioso batrace che 
apre tutta una serie di miracoli, precorre Volta 
divinatore della Pila, ed è punto di partenza 
verso un domani che s’irradierà coi nomi glo¬ 
riosi di Lentz, Faraday, Ampère, Maxwell, I Iertz, 
Ferraris, Pacinotti e mille altri. 

La Galleria così come è disposta e divisa serve 
molto bene ad addentrare il visitatore nei sacri 
misteri dell’elettricità, perchè nei vari scomparti 
figurano solo quelle esperienze fondamentali e 
tipiche che sono alla base dei vari rami dell’e¬ 
lettrotecnica. 

11 campo Ferraris è presentato in forma piana 
e nuova dall’Arnò: i cilindri metallici (posti a 
distanza dal magnete percorso dalla corrente 
polifase) roteando con grande velocità stanno a 
dimostrare l’esistenza nello spazio di forze mi¬ 
steriose, occulte, la presenza di un ingranaggio 
etereo, di una catena invisibile che l’uomo può 
creare, ma non sa divinare. E l’Arnò, accanto 
all’esperienza di Babbage, presenta l’applicazione 
della scoperta del Ferraris alla trasmissione del¬ 
l’energia a distanza, servendosi di un piccolo 
modello che dovrebbe riprodurre quei grandi 
sistemi di trasmissione c quelle grandi lince 
elettriche che scendono dalle nostre Alpi, tra¬ 
versano colli e distese, e portando per ovunque 
vita e moto, rinnovano le glorie del sole ca¬ 
lante, sopprimendo così i contini che dividono 
la notte dal giorno. E nello stesso scomparto 
che il professore Artom espone il suo campo 
rotante ad alta frequenza, ottenuto colla cor¬ 
rente di scarica di un condensatore ed utiliz¬ 
zando la risonanza fra campo primario e secon¬ 
dario; campo a diagramma dittico aperto (a dif¬ 
ferenza di quello di Ferraris) e che è tuttavia 
capace di porre in rotazione un motore del tipo 
di gabbia di scoiattolo. 

L’Arnò, nello scomparto attiguo a quello de¬ 
dicato a Galileo Ferraris, mette invece in rilievo 
l’importanza scientifica del campo elettrico ro¬ 
tante, nel quale alla corrente alternata è sosti¬ 
tuita una differenza di potenziale, ai conduttori 
un dielettrico e che è tuttavia capace (qui sta 
la bellezza del fenomeno) di compiere un lavoro 
meccanico senza corrente di conduzione. 

E quasi per concessione logica di idee vicn 
fatto di ricordare l’entusiasmo col quale il Tesla 
si e accinto a risolvere il problema della tras¬ 
missione dell’energia a distanza costruendo nel 
lontano Colorado gigantesche torri di acciaio, 
veri centri di irradiazione, collegati a complessi 
sistemi generatori : torri che ricordano tutta una 
storia di audacie e di illusioni, ma che dimo¬ 
strano pur sempre le tendenze degli studi mo¬ 
derati in questo campo. Tentativo audace quello 
del Tesla, è vero, ma non illogico perchè lo 
stesso problema in un altro campo ed in un al¬ 
tro ordine scientifico è stato praticamente ri¬ 
solto dal Marconi colla telegrafìa senza fili: il 
Marconi stesso in apposito scomparto espone 
gli apparecchi più recenti e perfezionati basati 
sul principio della sintonia, quali sono usati co¬ 


munemente nelle stazioni radiotelegrafiche mar- 
coniane. Davvero è meraviglioso pensare come 
l’uomo abbia saputo dominare in certo qual 
modo lo spazio etereo: è infatti nella scoperta 
del Marconi che l’etere s’impossessa della pa¬ 
rola umana e ne diventa gentile messaggero per 
portarla lontano, traverso ai continenti ed al¬ 
l’oceano infinito. E mentre Bellini e 1 osi colla 
bussola azimutale 1 Iertziana risolvono il pro¬ 
blema di determinare a distanza la posizione di 
stazioni radiotelegrafiche mobili, Poulsen nello 
scomparto quattordicesimo mostra in funzione 
un apparecchio che serve a produrre le onde 
elettriche continue e persistenti usate nella ra¬ 
diotelegrafia e radiotelefonia. 

Non meno geniale ed interessante è il “ Con- 
vector „ che il prof. Rossi espone nello scom¬ 
parto secondo, apparecchio di estrema sensibi¬ 
lità fondato pure esso come quello di Poulsen 
sulle leggi della risonanza, ma nel quale per la 
prima volta sono applicate le proprietà magneto- 
elastiche di un sottilissimo filo di ferro vibrante 
sotto l’influenza di perturbazioni elettriche pe¬ 
riodiche ad esso consonanti. Sempre nel campo 
delle trasmissioni a distanza il prof. Kòrn colla 
telefotografia risolse uno dei problemi più diffi¬ 
cili dell’elettrotecnica: mercè l’apparecchio Kòrn 
(scomparto nono) i disegni, le fotografìe, le fat¬ 
tezze umane, traversano per centinaia di chilo¬ 
metri i labirinti misteriosi della materia e dopo 
di essere stati scomposti, deformati, tornano, 
nella stazione ricevente, a ricomporsi in linea 
armonica per riprodurre fedelmente il modello 
originale. Questo sistema basato essenzialmente 
sulla variabile conduttività del selenio in rap¬ 
porto alla sua illuminazione, permette di ripro¬ 
durre a Berlino le fotografìe di una cerimonia 
o di un fatto successo pochi minuti prima a 
Londra od a Parigi, e fa prevedere in certo qual 
modo la risoluzione del problema della televi¬ 
sione, problema certamente difficile ma che verrà 
affrontato vittoriosamente nel futuro. Perchè è 
storia ormai risaputa che l’uomo non si arre¬ 
trerà mai davanti ai misteri che circondano l’es¬ 
senza dell'elettricità, e che cercherà con tutte le 
sue forze di scoprire l’intima ragione per la 
quale la materia spostata davanti alla materia e 
circondata da un cam¬ 
po magnetico può es¬ 
sere sede di energia 
elettrica, e di trovare 
perchè questa energia 
che passa muta e so¬ 
lenne in un semplice 
conduttore materiale 
può in certe condizioni 
assurgere a fantasti¬ 
che manifestazioni e 
diventare luce, calore, 
suono e movimento. 

È il desiderio di pe¬ 
netrare tanto mistero, 
che spinge sui sentieri 
di scienza, quasi in ga¬ 
ra di corsa, il poeta, 
il filosofo e lo scien¬ 
ziato, e li fa concordi 
nel tentare di carpi¬ 
re le eterne querele, le 
misteriose canzoni che 
1’ atomo sussurra alfa- 
tomo vicino. 

Tra i grandi pionieri 
di questi studi trovia¬ 
mo l’illustre senatore 
Righi, il vero precur¬ 
sore e maestro di Mar¬ 
coni. Infatti il prof. Ri¬ 
ghi in forma sperimen¬ 
tale (scomparto quarto) 
dimostra la identità di 
natura fra le onde lumi¬ 
nose e le onde elet¬ 
tromagnetiche, mentre 
mediante tubi ad aria 
rarefatta combina delle 
esperienze geniali sui 
raggi magnetici da lui 
scoperti, raggi che es¬ 
sendo generati in un 
campo magnetico pare 
contengano, sia pure 
transitoriamente, dei si¬ 
stemi binari analoghi 
alle stelle doppie e ri¬ 


sultano ciascuno da un ione positivo e da un 
elettrone negativo mobile l’uno intorno all’altro. 
Deduzioni queste maravigliosc nelle quali ve¬ 
diamo ioni ed elettroni seguire con bontà ed ob¬ 
bedienza la volontà dell’uomo e come tanti solda¬ 
tini di reggimenti misteriosi prestarsi a fare il 
salto mortale o quello di testa, secondo la na¬ 
tura della energia che devono produrre. Come 
corollario di tali studi stanno le esperienze re¬ 
lative alla scarica nei tubi a gas rarefatti quelli 
di Rontgen, mercè le quali l’elettricità concorre 
a semplificare il difficile compito della medicina 
pur sempre restando la grande datrice di vita e 
di morte; le esperienze brillanti del Tesla ( com¬ 
parto primo) ottenute mediante correnti aventi 
la frequenza di circa un milione di alternanze 
ed il potenziale di parecchie centinaia di migliaia 
di wolts: quelle del radio : quelle sulle proprietà 
magnetiche dell’aria liquida e molte altre, tutte 
disposte con genialità e grandiosità. 

Nella stessa galleria delle esperienze, quasi a 
dimostrare l'assoluta unità delle energie natu¬ 
rali, troviamo presentate da Duddell l’arco can¬ 
tante nel quale la luce si fa suono e parola e 
può ripetere dolci nenie o ritmi giocondi; tro¬ 
viamo Poulsen, che col telegrafono, mediante 
piccole perturbazioni magnetiche, dona vita ad 
un semplice filo di acciaio e lo rende atto a 
ricevere i messaggi telefonici per custodirli ge¬ 
losamente: apparecchio interessante dal punto 
di vista tecnico e scientifico nel quale vediamo 
il magnetismo, l’elettricità, il suono, il movimento 
e la materia concorrere all’unisono per cogliere 
la vibrazione del cervello umano, materializzarla 
e trasmetterla immutata alle età venienti. 

Ed è in cospetto di fenomeni di tale interesse 
ed importanza che il visitatore della Galleria delle 
Esperienze anche se profano, non può a meno 
di entusiasmarsi della bellezza e grandiosità della 
scienza elettrica, la quale sola potrà risolvere i 
grandi problemi che ancora tormentano l’uma¬ 
nità: cosicché ben si potrebbe, sul frontespizio 
del padiglione, scrivere a caratteri d'oro il motto 
fatidico del morto filosofo napoletano: “Qua il 
solco, qua il seme, qua la spiga „. 


Gian Giacomo Ponti. 

(D.i La Siam fa.) 


A ssociazione aperta 

air Edizione Popolare Illustra ta 

Vittorio Emanuele 

PRIMO RE D’ITALIA 

LA VITA NARRATA DA 

Giuseppe MASSARI 

ILLUSTRATA DA 

Edoardo e Fortunino MATANIA 


Per la severità del dettato, per la serenità storica, per la copia 
dei fatti e dei documenti coscienziosamente raccolti e vagliati dal¬ 
l’autore — che vide molto da vicino uomini e cose — l’opera di 
Giuseppe Massari è ad universale consenso giudicata un capo¬ 
lavoro, l’opera fondamentale che piti compiutamente rappresenta 
la vita del gran re, iUempo in cui egli visse, gli uomini che lo circon¬ 
davano, gli eventi ch'egli creò o seppe dominare per la fortuna d’Italia. 


Come per il Garibaldi, anche in questa nuova edizione del Vit¬ 
torio Emanuele, che è di lusso e popolare ad un tempo, le magni¬ 
fiche composizioni dei Matania, che sono veri quadri, vengono date 
fuori testo, in modo da poter anche essere messi in cornice. Ciò forma 

la caratteristica ed il lusso di queste nuove edizioni illustrate. 

Ogni dispensa è composta di 8 pagine di testo, e 4 pagine 
fuori testo, in carta matata, contenente due quadri . 

Ogni dispensa così composta costa solo 10 centesimi. 
. ‘ Associazione a serie di dieci dispense : Una Lira . ==• 


bono uscite VENTIDUE dispense. 

DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, IN MILANO, VIA PALERMO, 12 
































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


2 83 



ROMA. li. Padiglione della Serbia (tempio di Cossovorea) alla Mostra di Belle Arti. 

IL TEMPIO DI COSSOVO. 


11 Padiglione della Serbia, all'Esposizione di 
Roma, ha la forma di un tempio nobilmente 
barbarico “ il tempio di Cossovo „ — rotondo 
e vigilato da una sfinge di arcaica fattura. 

Il tempio non è ancora. Sarà. 

Sarà per ricordare non una vittoria, ma una 
disfatta, quella di Cossovo (1839); disfatta, ma 
che temprò il popolo Serbo, vinto dal turco, alla 
piti eroica delle secolari resistenze fino alla vit¬ 
toria finale (1804) e gli diede il dono imperituro 
della gloriosa fra le epopee, quella spontanea, 
sorta dall’animo di tutta una gente che al canto 
affidò i ricordi e la suprema speranza, al canto 
dei “ guslari „, poeti ciechi ed erranti come 
Omero. 

I guslari cantavano del grande re Lazaro 
morto a Cossovo e fatto santo, e del grande fi¬ 
glio di re, Marco, il potente, il mitico Marco, cui 
fu sacra ogni lagrima della sua gente e non 
morì, ma dormì solo nei secoli oscuri in attesa 
cleU’appello del suo popolo, quando l’ora giun¬ 
gesse. 

'Putta una epopea espressa in frammentarli 
canti nelle “ gusle „ fu tramandata così per se¬ 
coli da ciechi e vecchi poeti che recitavano alle 
adunate genti dei villaggi, condotti essi intorno 
da fanciulli scalzi. 

Signore dei canti, Marco Craglievic, Marco il 
figlio di re; l’eroe nazionale che, come ebbe 
dalle “ vile „ — ninfe e valchirie a un tempo 
delle terre bosniaca e serba — l'annuncio della 
morte imminente, salì un monte, levò la spada, 
recise il capo al suo cavallo “ che in mano turca 
non cadesse ruppe in quattro la spada, e 
si sdraiò a terra sotto un abete e giacque: giac¬ 
que sino al giorno della risurrezione. 

Poiché egli doveva, dopo il sonno dei secoli, 
svegliarsi e si svegliò, e guidò il suo popolo 
alla vittoria, il tempio di Cossovo sorge a onore 
suo e del popolo che coi fiori della sconfitta 
seppe, lento ma sicuro, preparar le corone della 
vittoria. 

L’estrinsecatore di questa idea grandiosa fu 
un giovane, giovane e gigante, artista bosniaco : 
Ivan Mestrovic. 

Egli volle evocare l'anima di una razza e pre¬ 
sentarla nelle linee di una nuova marmorea epo¬ 
pea: merito suo il concepimento quasi sovru¬ 
mano, merito del governo e del popolo serbo 
l’aver compreso quale possanza aggiunga alla 
dignità di una giovine nazione l’apoteosi del¬ 
l’arte. 

E così la Serbia ha |retto a Roma il primo 
modello del “ tempio di Cossovo „ — severo 
altare eretto all’anima di una nazione — e ha 
chiesto a Roma per esso il primo battesimo fi¬ 
duciosa che il senso suo nazionale e religioso 
sarebbe compreso, in un al di là delle nuove 
sue linee architettoniche e decorative. 

E Roma ha compreso e plaude, e il plauso 


suo profondo è bene per avere valore di com¬ 
pleta consacrazione. 

Completa consacrazione anzitutto del genio di 
un artista di sovrana potenza quale è Ivan Me¬ 
strovic, il quale per anni lavorò solo, alla sola 
luce della sua alta speranza a creare tutto il 
popolo di statue da lui, col miracolo nuovo, su¬ 
scitate. 

Egli veramente, — si può affermarlo senza 
esagerazione — “ trasse dalla profondità dei se¬ 
coli e dai profili dei nudi monti della sua terra, 
gli eroi, i martiri, le vedove, gli orfani, tutto il 
mondo di un popolo sepolto dalla catastrofe che 
Io avvolse „ ed eresse le statue _ popolatrici di 
questo “ tempio in frammenti simili ai canti spez¬ 
zati della sua gente „. 

L’interno del “ tempio „ è fatto a croce latina. 
Oltre l’entrata sono due file di cariatidi di tipo 
arcaico fra l’assiro e il miceneo, ma aventi sti¬ 
lizzato nelle linee dei volti sigillati, il profilo 
della gente serba. 

In vari reparti dell’interno sono quadri, sia 
dell’epopea di Cossovo — la lotta di Marco col 
turco e la proclamazione di Marco al popolo serbo 
— forti e nobili lavori di '1'. Krizmann; sono 
tele e pastelli e acquarelli di V. Balie, di Retar 
Pocek, il poeta del paesaggio montenegrino, di 
Mirko Rochi: ma, conviene affermarlo una volta 
per tutte, il popolo di statue del Mestrovic do¬ 
mina l’interno del “tempio,, quale leit-motiv as¬ 
soluto. 

Al centro, sotto una rotonda, è gigantesca la 
statua equestre di Marco, l’eroe mitico, che nel¬ 
l’epopea del passato, con la sua gente dormì il 
sonno greve, e con essa si destò. 

Esso sembra uscito d’improvviso, così come 
era aspettato, dal suolo stesso del popolo eroico. 
e una vera meravigliosa, sovrana forza d’unità 
in questa massa grandiosa, dove cavallo e ca¬ 
valiere sembrano creati d’un colpo, da un gesto 
di volontà! 

Intorno a questa rotonda sono, negli spazi 
delle porte, teste di turchi di fattura e verità 
nuove, sorrette, nei quadri in cui stanno, dalle 
tristi, piegate figure degli schiavi serbi. 

Nelle crociere del tempio è il posto degli eroi, 
degli schiavi, delle vedove — degli eroi com¬ 
battenti e feriti, furenti nell’impeto come Milos, 
supremi nell’ odio come Sergio “ dal cattivo 
sguardo „ (il capolavoro del Mestrovic) — delle 
vedove, taluna con l’orfano bambino fra le brac¬ 
cia, tal’al tra assorta nella stupidità del dolore o 
nell’angoscia delle ricordanze. 

E in queste figure femminili, ove il tipo della 
razza appare comune, la plastica potenza del 
Mestrovic si afferma supremamente vittoriosa. 
Egli è nel modellare impareggiabile; ed altre 
cose sue sparse (come il ritratto del padre e 
della madre, due tecniche opposte) ne sono ri¬ 
prova eloquentissima. 


Ivan Mestrovic ha una tecnica straordinaria¬ 
mente interessante: specie nelle grandi figura¬ 
zioni allegoriche l’uso degli elementi dell’arte 
assira (vedi il cavallo di Marco) della pre-elle- 
nica (cariatidi c teste femminili) e della roma- 
nico-gotica è evidente. 

Così quelli del maturo rinascimento e della 
recente tecnica rodiniana, nei nudi di donna e 
nei ritratti. 

Ma tutti questi elementi sono riassorbiti eri¬ 
creati dalla sua potenza d’artista clic sente na¬ 
turale il bisogno di assimilare tutti gli elementi 
di “ forza „ sparsi nelle tecniche dei tempi e 
luoghi che conobbe. 

E così attraverso la forza che Ivan Mestrovic 
giunge alla sua mèta di perfezione. 

Questo “ tempio „ in cui egli si leva gigante 
lo afferma; questo tempio che gli consente il 
privilegio, che nei secoli pochissimi artisti hanno 
conosciuto (e di cui il merito è stato quasi tutto 
suo) di collocar la sua opera di scultore in rap¬ 
porto e nell’armonia di una linea d’architettura, 
che a un tempo la completa e si completa con essa. 

Con il suo padiglione, con questo “tempio,,, 
sembra che il giovane popolo balcanico abbia 
voluto chiedere a Roma una sanzione più so¬ 
lenne di quella dell’Arte (fatta qui piti che fine 
a sé, strumento di nobile adorazione: quello della 
religione della terra natale) la sanzione, alla ma¬ 
dre della civiltà d’occidente, della sua rinnovata 
vita civile. 

Il caso è degno e solenne: e in tutta la sua 
grandezza e importanza esso fu bene prospet¬ 
tato dal principale ordinatore della mostra Serba. 
Egli scrisse infatti, nella monografia, che tale 
mostra dichiara e illustra: “la visita che il po¬ 
polo Serbo fa oggi all’Italia — ricordante la pro¬ 
pria gloriosa liberazione dai domini stranieri e 
la sua consolidazione in uno Stato grande e 
degno dell’immortale suo passato, ha significato 
di somma importanza sociale e storica. Giacché 
la Serbia, rappresentante ora tutta la cultura 
della sua stirpe sparsa dal Danubio all’Adria, e 
fino alle porte del Bosforo fatato, stringe in 
questo fausto giorno la mano fedele e potente 
di Roma, capitale del Regno d’Italia, sovrana e 
madre dei popoli, ed appella al suo genio e al 
suo cuore, onde l’avvenire della nazione Serba 
abbia guarentigie sicure e simpatie feconde nella 
via salutare di pacifico progresso e di civiltà. 

“ I legami che ora si riannodano fra l’Italia, 
erede dì Venezia, padrona dei mari, e la Serbia 
tendente ad aprirsi la via del benessere presso 
quello stesso mare, che diede vita e gloria in 
tempi remoti alla sua stirpe, divengono, nell’a¬ 
poteosi dell’arte mondiale a Roma, realtà vi¬ 
vente che nè tempo, nè cangiar di vicende umane 
potranno mai distruggere.... „ 

Arnaldo Cervesato. 

















284 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



Mostre della “ 

I_ - 


più grande Italia 

IL A. UVE ^ R I HST 




a Torino. 


LA MARINA.... PRESSO IL VILLAGGIO ALPINO. - I MARINAI MUSICI. - RIVISTA NAVALE A DOMICILIO. 
- LE MEMORIE DELLE 
“ DANTE „. - MARINI 


Chi ricordi il padiglione della Marina che si 
innalzava superbo dinanzi al visitatore, appena 
sceso dalla ferrovia aerea in Piazza d’Armi, al¬ 
l’Esposizione di Milano del 190Ò, può trovare 
modesto il palazzetto della Regia Marina che si 
presenta al visitatore dell’Esposizione torinese 
del 1911, subito dopo l’ingresso del Valentino, 
non lontano dal Ponte Monumentale, quasi di¬ 
rimpetto al grande salone dei festeggiamenti. Ma 
la modestia, in fatto di Marina (c sopra tutto di 
Marina da guerra) è sempre relativa.... Non ap¬ 
pare, sopra il palazzo, il grande Faro che nel 1906 


NAVI DI BATTAGLIA. - IL GIOCO DI GUERRA. 
STRANIERE. - GUGLIELMO AMMIRAGLIO. - 

simboleggiava la forza della nostra armata au¬ 
dace e vigile, ma si scorge — non lontana — 
l’antenna radiotelegrafica di una stazione Mar¬ 
coni, quasi a render più vivo il contrasto con 
un vicino, poco affine, del padiglione marinaro: 
il villaggio alpino! 

Anche il palazzo della Marina, sobrio ed ele¬ 
gante, è opera degli ingegneri Fenaglio, Molli e 
Salvadori, i costruttori della Esposizione: i la¬ 
vori furono affidati all’impresa Quadri e Colombo, 
e la costruzione fittizia è in legname, stuoie e 
stucco. Ma la costruzione non è tutta fittizia, 


IL CANNONISSIMO.... DELLA 
NAVIGARE È NECESSARIO. 

poiché si adatta in parte ad una galleria centrale 
già esistente, e permanente: la gloriosa Palestra 
Ginnastica fondata nel 1844 sotto gli auspicii 
di Re Carlo Alberto: la prima palestra sorta 
in Italia. 

E, complessivamente, l’area occupata dalla 
Mostra consta di quattromila metri quadrati: 
una superficie ragguardevole. 

La vigilano, all’ingresso, i marinai d'Italia nelle 
candide uniformi, sperduti un poco in questo 
parco del Valentino ombroso e fronzuto : a sera 
quando la Mostra si chiude, escono dalle sale 



Il Padiglione della Marina. 


interne, si raccolgono nell’atrio, guardano il gaio 
sciame delle signore torinesi che si affolla verso 
l’uscita (siamo sul viale del passeggio aristocra¬ 
tico), e uno di loro — un meridionale, certo — 
prende in mano una chitarra c tenta le corde 
nervosamente, risuscitando i ritmi d’una musica 
paesana. 

Di giorno i marinai, sempre pronti, girano per 
le sale, integrando con la loro presenza la ca¬ 
ratteristica mostra, e danno chiarimenti ai visi¬ 
tatori, alle visitataci, e sopra tutto ai fratelli 
d arme — i soldati dell’esercito, che con parti¬ 
colare interesse affollano le gallerie per studiare 
la vita dei loro compagni. Dànno chiarimenti, e 
vigilano affinchè non si prendano note! A me 
toccò di essere ripetutamente chiamato all’or¬ 
dine da un bel pezzo di cannoniere, cui pareva 
segnassi le caratteristiche della nostra artiglieria! 
Una spia, forse — pensava —; e ignorava, fi bravo 
soldato, di aver a che fare con un onesto naziona¬ 
lista, piuttosto tenero per il suo paese e per le 
forze di terra e di mare che ne sono il presidio.... 

Dopo una sosta nell’atrio non grande, in cui 
sono raccolte di riviste tecniche e di atti par¬ 
lamentari relativi alla marina (tutta la tempesta 
suscitata dalle amare Convenzioni marittime è 
fermata in alcuni grossi volumi), entriamo nella 
galleria principale, la navata maggiore del no¬ 
stro tempio del mare. Lungo iì cornicione si 


svolge una teoria di stemmi delle città marinare, 
piuttosto copiosa, talché mi vien fatto di cre¬ 
dere che — per esser comprese nella nobile 
schiera — le città marinare (ricordate il bel 
poemetto clic le magnifica, dell’Aleardi ?) non 
avranno dovuto lottare, come le città storiche 
lottarono per esser rappresentate nella base 
scultoria del monumento a Vittorio Emanuele 
in Roma.... 

E, nel centro della sala, gigantesca portata 
servita sul tavolo di un banchetto pantagrue¬ 
lico, ci si affaccia tutta la flotta. Mi spiego: la 
mensa ha 1 aspetto d'un placido mare di vetro 
azzurro (calma cipa, bonaccia, come la chiamano 
i marinai di Liguria), e sul mare navigano — 
stando ferme —tutte le unità della nostra flotta. 
E insomma la grande rivista navale di Spithead 
a domicilio, con la consolazione che la flotta è 
tutta italiana. I modelli, schematici ed eleganti, 
sono dell 1: 100, disposti su due linee di fila: 
in testa la ìrimeria, l’yacht del Re, batte la 
bandiera azzurra dei Savqja: scafo chiaro, ca¬ 
lcila agile di nave di diporto, contrastante con 
le t ai ene rudi delle navi di battaglia e con gli 
sca * ! dipinti di grigio lucente. Tutte le torpedi- 
njeie della flotta, in numero sterminato, riem¬ 
piono gli interstizii del mare libero fra un co¬ 
losso e 1 altro. Le precedono i bellissimi des- 
troyers nuovi, del tipo Granatiere. 


Ed ora non abbiamo che a socchiudere gli 
occhi, ed a compiere mentalmente il famoso 
sforzo dell’ imagine guardata a traverso un can¬ 
nocchiale capovolto: possiamo credere di pas¬ 
sare in rassegna la flotta italiana dalle alture di 
Spezia o dai bacini di Taranto. Possiamo cre¬ 
dere, ma sperare difficilmente che un giorno o 
l’altro una fiotta simile si muova per una grande 
impresa.... 

Ecco, all’avanguardia, gli scouts, gli incrocia¬ 
tori esploratori, che non sono ancora in isqua- 
dra (il primo sarà varato il 19 agosto a Vene¬ 
zia): i velocissimi Quarto, Marsala, Nino Bi.xio, 
bei nomi di audacia garibaldina; le quattro “ dread- 
noughts „ enormi (finora è in acqua soltanto la 
prima: la seconda scenderà in mare il io ago¬ 
sto): la Dante Alighieri; la Conte di Cavour, la 
Leonardo da Vinci c la Giulio Cesare. E final¬ 
mente ecco le navi di battaglia che solcano già 

1 i O O 

da tempo le nostre acque: la divisione delle co¬ 
razzate modernissime la Napoli, la Roma, la 
/ ittorio Emanuele e la Regina Elena : bei tipi 
di transizione dalla corazzata agile del periodo 
precedente la guerra nippo-russa alla corazzata 
odierna: e la Vittorio Emanuele , la Napoli, ed 
altre hanno già una storia: quella degli aiuti 
recati a Messina dopo il terremoto.... 

Poi la divisione dei quattro incrociatori co¬ 
razzati — San Giorgio, San Marco , Pisa ed 













































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


285 


Amalfi — che non hanno storia: la Pisa parve 
dovesse più volte gettar l’àncora a Tripoli o a 
Bengasi, la San Marco ritorna ora dalla rivista 
navale deU’incoronazione del Re d’Inghilterra, 
ma anche questo tipo — elegante e pure non 
felicissimo (troppo lento come incrociatore, trop¬ 
po debole come corazzata) — passerà senza 
storia, fra anni, nella nostra riserva. 

Infine, altre corazzate di squadra, le gemelle 
Benedetto Brin e Regina Margherita , due navi po¬ 
derose ai loro tempi, e le due gemelle minori, la 
Emanuele Filiberto e VAmmiraglio di Saint-Bon, 
che porta invano sul cassero la scritta ammo¬ 
nitrice: “ Exemplum ejus ducet,,; e ancora la 
squadra dei tre incrociatori corazzati, Garibaldi, 
Ferruccio, Varese, che tutte le marine del mondo 
vollero copiare: ricordate il (ristaimi Colon degli 
spaglinoli, il Belgrano degli argentini, il Fustiga 
dei giapponesi?"Fratelli tutti di questi nostri, c 
usciti da cantieri nostri.... 

Seguono gli snelli incrociatori protetti, YA- 
gordat e il Coatit, e nel primo pare ancora l’eco 
del viaggio in Crimea, e nel secondo 1 attesa di 
maggiori glorie afr cane di quella ricordata dal 
suo nome.... Ancora la squadra un po' tozza delle 
tre corazzate Sicilia, Sardegna e Re ( mberto, 
che erano per nascere quand io nacqui, c che 
vanno — poverette — già in riposo: si studiano 
in questi giorni i progetti delle navi che le sosti¬ 
tuiranno. Accanto a loro, incrociatori ormai tardi, 
il Marco Polo, il / 'citar Pisani, il Carlo Alberto, 




scandinavo, lo llvalen , che venne a. ti o.vai ci 
dalla Spezia l’anno scorso in una stazione^ bal¬ 
neare, ripartì improvvisamente e sapemmo giunto 
pochi giorni dipoi nel Mare del Noid.... 

Nelle gallerie laterali i consueti modelli,_ in 
grandezza naturale, di cabine d’ufficiali e d in¬ 
fermerie navali; esemplari di materiali di bordo; 
piani di navi; attrezzi e modelli ili coi azze, ap¬ 
parecchi metereologici e carte marine; siimi 1 
lanciasiluri. Nella sala estrema, a smisti a, su un 
»ran tavolo, il gioco di guerra: vale a dire il 
modello delle grandi tavole marine su cui gli 
ufficiali di stato maggiore muovono come pe¬ 
dine le piccole unità simboliche delle grandi 
unità navali: gioco che attende da un giorno 
all’altro di tradursi in atto sanguinoso.... 

Ancora qualche modello ridotto di macchina 
motrice; il reparto statistico ed educativo del¬ 
l’Accademia navale di Livorno; c finalmente la 
seconda galleria interessante della Mosti a. quella 
delle artiglierie. 

1 modelli in grandezza naturale di tutti i ca¬ 
libri sono qui: ecco il pezzo da 76, fisso sul¬ 
l’affusto del ponte; e il gemello, da 76, smonta¬ 
bile e collocabile (minima unità di tiro! sull af¬ 
fusto a ruote per le operazioni di sbarco; ecco 
il pezzo da 76.50; da 120; da 190; il famoso 
2o3, che fu per tanti anni la forza degli incro¬ 
ciatori corazzati (se non erro, a Milano, la Cer¬ 


che fece la famosa campagna radiotelegrafica 
con Guglielmo Marconi, e altri incrociatoli sot¬ 
tili _ 1 superstiti di una lunga schiera — (unto. 
Minerva, Partcnope, Tripoli (ahi, nome vana¬ 
mente augurale, ricordo di un successo dei bauli 
nel secolo scorso!): le navi gemelle sono scom¬ 
parse, vendute or a quella or a questa 1 epubi¬ 
blica americana. , 

Chiudono il corteggio magnifico le due navi 
ausili arie Pronte e Sterope, i quattro guardaco¬ 
ste Andrea Boria, Dandolo, Italia e Lepanto, 
che fecero della marina d’Italia — ai loro tempi 

_ la terza marina del mondo; e infine lincio- 

ciatore Montebello , nave-appoggio delle ultime 

torpediniere. . 

Un complesso di trentanove navi di battaglia 

idi cui trentadue attualmente in mare), senza cal¬ 
colare il numero cospicuo del sottile naviglio 

silurante che le circonda. . . 

E un po’d’orgoglio ritorna nell animo, al 11- 
cordo delle numerosissime navi vedute, cono¬ 
sciute ad una ad una: dalla Benedetto Brinala 
Regina Piena, dalla Boria, guardacoste a V e¬ 
nezia, all’ Italia, nave-scuola dei cannonieri alla 
Spezia, dalla Tripoli che mi ospito, alla Conte 
di Cavour, accarezzata con gli sguardi nel sue 
cantiere genovese, ancoi icii.... 


Luti Ero i lati della galleria centrale modelli 
molto più grandi e tecnicamente perfetti dei 
maggiori tipi della nostra marina, in legno od 
„ metallo: e persino quello d’un sottomarino 



La corazzata “ Saint-Bon 






































































286 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 



gono modelli di transatlantici le nostre compa¬ 
gnie mercantili ; nella Galleria del Lavoro non 
mancano le caldaie e gli apparati marini; nella 
Mostra dell’Inghilterra e della Francia modelli 
di navi costruite dall’industria privata; e sopra 
tutto nella Mostra della Germania. La quale anzi 
è l’unica che meriti un cenno, oltre il Padi¬ 
glione Italiano, in questa rassegna marinara del¬ 
l’Esposizione torinese. E non tanto per i mo¬ 
delli esposti dai suoi cantieri in una sala del 
palazzo d’oltre-Po, quanto per l’apoteosi na¬ 
vale che è simboleggiata nell’ atrio del palazzo 
stesso. 

Scendete da uno dei battolimi che percorrono 
il fiume, con agilità marina; arrampicatevi su le 
scale, entrate nell’atrio; ed ecco vi si para in¬ 
nanzi la statua d’oro di Guglielmo Imperatore e 
Re, in uniforme di grande ammiraglio. Tutto in¬ 
torno una coorte di navicelle d’argento, simili 
ad ex-voto simbolici; in alto, sotto la cupola, un 
solo motto ammonitore: navigare necesse; vi¬ 
vere NON EST N'ECESSE. 

Ancora una volta la Germania insegna. Noi 
ci siamo dimenticati, nel Padiglione della Ma¬ 
rina, di mettere Timagine del Re giovine che 
dalla Morte fu assunto Re nel Mare.... 

E Gabriele d’Annunzio, nella Laus Vita', tra¬ 
duce il vittorioso motto navale latino per altre 
genti che non sono le nostre. 


La corazzata “ Vittorio Emanuele 


Gualtiero Castellini. 


maria presentava due 2o3 in batteria nella loro 
torretta); e finalmente il 3 o 5 gigantesco, la mag¬ 
giore unità, che sulle nostre drcadnoughfs ap¬ 
parirà non più geminata, ma in triplice compa¬ 
gnia addirittura! 

11 modello che a Torino c ammirato comune¬ 
mente col titolo di “cannonissimo della Dante „ 
è presentato isolato, fuor della torre, e pesa 
tuttavia la bellezza di 64112 Kg.; è lungo 14 ,56 
metri; ha una portata di 17500, e imprime al 
proiettile una velocità iniziale di 865 metri al 
secondo ! 

Ora, ogni nazione si accontenta di avere una 
dozzina di siffatti colossi sulle proprie drecid- 
noughts ; l’Italia non se ne accontenta e ha stu¬ 
diato il modo di averne tredici! Se la Dante 
sarà armata cosi, sarà la piti potente nave del 
mondo. 

La più potente, s’intende, per far rispettare 
la pace,... 


E usciamo dal Padiglione. La visita è finita. 
Non è finita, forse, l’esposizione marinara ai- 
fi Esposizione di Torino. Poiché il Padiglione che 
abbiamo visitato è occupato soltanto dalla Mo¬ 
stra della nostra Marina da guerra. Ma.... scam¬ 
poli di marina d’ogni fatta ne troviamo per ogni 
dove. 

Nella galleria degli Italiani all’estero, espon- 


I primi acquisti dello Stato 

all’Esposizione di Roma. 

La terza sezione del Consiglio superiore di Belle Arti 
ha proposto al ministro dell'istruzione un elenco di opere 
che sarebbero degne di essere comperate per la Galleria 
di Arte Moderna. Mentre la Direzione generale delle Belle 
Arti, e per essa il dott. Arduino Coiasanti, continua le 
trattative per comperare opere di Klimt, Besnard, Anglada, 
Claus, Mestrovic e Shannon, si possono consideare defi¬ 
nitive queste altre compere. Fra gli italiani, il Nudo fem¬ 
minile, dipinto da Antonio Mancini il trittico intitolato Re¬ 
surrezione, di G. Bargellini, ratfigurante un’allegoria sulle 
idee e sul martirio di Giordano Bruno, il Focolare di Fer¬ 
ruccio terrazzi, il Ritratto dilla signora Innocenti , dipinto 
da Camillo Innocenti. Fra gli stranieri il Vecchio arzillo, 
di Ignacio Zuluaga, un nudo femminile di Anders Zorn, 
intitolato Sulla soglia del granaio ; una marina del Mesdag, 
Rito) no dalla pesca; Oreste e le finte di Franz von Stuck; 
tre pitture giapponesi: la Vista'di un porlo di Aoyama 
Suiko, risiiti di Sakakibara Shiho; Giardini in primavirci 
di Kikuchi Hobum. 

Sono anche state comprate tre sculture: un marmo del 
francese Bartholomc, Ricongiunti a! di là; uno dei migliori 
busti del Rodin, que'io dello scultore Dalou, in bronzo; 
una statuetta in legno del giapponese Yomehara Unkai, 
Offrendo una pietra preziosa. Per queste compere il Governo 
dispone di 140000 lire delle quali 40000 sulla dotazione 
ordinaria della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, c 100000 
d uno stanziamento speciale opportunamente fissato il mese 
scorso dal Consiglio dei ministri su proposta dell’onore¬ 
vole Credaro. 


Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza. 


































LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


287 


L’ ESPOSIZIONE ETNOGRAFICA A ROMA 
COMPLETATA. -1 PADIGLIONI DI TOSGANA, 
CAMPANIA, PUGLIE E LIGURIA. - LA SALA 
D’ORO DEL CASTELLO DI TORRECHIARA. 

(Nostra corrisj ondai za.) 

Roma, 15 luglio. 

Ora veramente si può dire che la grande Esposizione 
Regionale a Piazza d’Artni è completa. 

Ieri, venerdì, sono stati inaugurati, alla presenza del 
Re, gli ultimi quattro padiglioni mancanti — il Toscano, 
il Ligure, il Campano, il Pugliese, e, per giunta, la sala 
Rossa o sala d’oro nel padiglione Emiliano. 

Nel padiglione Toscano è stata interrotta quella che po- 
Ircbbesi chiamare ormai tradizione invalsa negli altri pa¬ 
diglioni, che hanno riprodotto, collegandoli quasi sempre 
genialmente, parecchi tratti fra i migliori delle architet¬ 
ture regionali. Qui invece la genialità di un uomo, colto, 
modesto e ricco di buon gusto, il prof. Ugo Giusti ha 
creato, con piena libertà, rifacendosi al carattere insupe¬ 
rato del rinascimento toscano, un’architettura clic ha tutte 
le grazie e tutto il vigore delle arti anteriori, ma è al 
tempo stesso, sempre congiunta alle concezioni ed ai gusti 
nostri. 

L’ingresso principale guarda verso il fiume. Ila un bel 
soffitto robbiano su lo spirito della cappella Pazzi. Un 
arco elegante sostenuto da colonne dà accesso al vestibolo, 
nel quale si aprono tre porte di splendida fattura. 

In fondo si accede al salone fiorentino; a destra è la 
sala di Grosseto, a sinistra quella di Arezzo. 

Sul lato più lungo, in prospetto del piazzale, è un ma¬ 
gnifico coltile elevato e circondato da un loggiato a co¬ 
lonne, sempre di rinascimento toscano. In mezzo al cor¬ 
tile, messo a prato, si ammira una riproduzione del pozzo 
di Antonio Rossellino. Il loggiato è aperto su due lati. 

In una terrazza da un altro fianco è stato composto un 
pergolato con travature su colonne, simile a quello che 
si vede al pianterreno del prospiciente padiglione lom¬ 
bardo; il loggiato, o portico, ricorre, ora visibile ed 01 a 
raccolto fra gli avancorpi, lungo tutto il padiglione. Le 
finestre poi, le scalee, i portali esterni, le cornici, gli ar¬ 
chitravi, le modanature ripetono tutti qualche miglior mo¬ 
tivo della classica architettura toscana liberamente imitato 
c sempre con la più gradevole armonia dell’insieme. 

Nel bellissimo padiglione toscano, — è soverchio dirlo 
— sono rappresentate, oltre a Firenze e Pisa le città, ca¬ 
poluogo di provincia Livorno, Lucca, Siena, Arezzo c 
Grosseto. 

La capitale della Maremma è rappresentata specialmente 
dalla salctta a destra, nella quale ò rievocato il grande 
passato etrusco. 

Nel mezzo è riprodotto in piccolo il colossale ipogeo di 
Vetulonia scavato nel vivo del monte. Architetto ideatore 
della sala è stato il Porciatti. 

La sala della Provincia di Arezzo apparisce a sinistra 
per la prima a chi, venendo dai Viale laterale della Mo¬ 
stra di Piazza d’Armi, si avvicina al padiglione toscano. 
Una riproduzione della elegante loggetta di Santa Maria 
delle Grazie presso Arezzo, il noto gioiello architettonico 
di Benedetto da Maiano, ricorre lungo i due lati esterni 
della sala, la quale è a due ripiani. 

Lassù sono abbondanza di luce e gaio movimento di 
lince architettoniche; che contrastano con la penombra c 
colla semplicità della parte sottostante che ne è come 
la base. 

Una cupola clic si slancia alla rispettabile altezza di 
ben veidi metri dal pavimento corona quella seconda sala. 

Tale singolare disposizione del doppio ambiente non 
poteva permettere un libero svo'gimcnto nella decorazione 
quale sarebbe stato concesso da un solu vano di forma 
consueta. 

11 quesito ò stato felicemente risoluto da qucll’impareg- 
giabile artista decoratore che è Galileo Chini, il quale, se¬ 
guendo un concetto di massima già ideato da uno dei 
membri del Comitato provinciale Aretino, l’ingegnere Um¬ 
berto Tavanti, ha dipinto la cupola con motivi d’arte etni¬ 
sca, trasformandola in una aurea coppa rovesciata di bel¬ 
lissimo efietto. Nei quattro pannelli sono riprodotte le fi¬ 
gurazioni di quattro fra le piìi rare monete etnische are¬ 
tine, una civetta, un vaso con le sei palle rappresentanti 
sci once, un elefante ed un canino pomero. 

botto questo cielo etrusco, in mezzo il Chini felice¬ 
mente ha riprodotto la Celeste Chimera, bronzo aretino 
nel Museo di Firenze, si svolgono sulle quattro pareti della 
sala soprastante, altrettanti paesaggi rappresentanti sim¬ 
bolicamente le quattro vallate Aretina, il Casentino, la 
Val Tiberina, il Valdarno superiore e la Val di Chiana. 

In mezzo a ciascuno dei paesaggi campeggia lo stemma 
del centro abitalo principale delle singole vallate, oppor¬ 
tunamente inquartato con quello di Arezzo che, cosi ripe¬ 
tesi ovunque e si trova affratellato con gli altri senza 
emergere da solo in alcuna. 

Nella sala inferiore ricorre un altro imbasamento di¬ 
pinto a riquadri marmorei secondo il gusto degli artisti 
aretini del Secolo XV e terminato da un piccolo fregio a 
fiori e frutti, copia fedele di un motivo esistente negli af¬ 
freschi di Piero della France¬ 
sca di Arezzo. 

Una serie di vasi corona que¬ 
sto imbasamento e dalle loro 
bocche infiorate si svolgono 
tante cartelle recanti i nomi 
immortali degli uomini che 
nelle arti, nelle lettere, nelle 
scienze, onorarono la regione 
aretina. 

Nell’Anello del foro circo¬ 
lare che divide l’ambiente in¬ 
feriore dal superiore è il motto 
di Tacito; " Ulteriora mirari 


- Praesentia segni „ a ricordare che non è soltanto alle 
glorie passate che mira la provincia di Arezzo, ma sib- 
bene anche alle presenti. 

11 gran salone centrale, dedicato a " Fiorenza che sem¬ 
pre rinnovella,,, sarà il centro di ammirazione del padi¬ 
glione, la sala per concerti, conferenze, riunioni. 

I'. un salone magnifico, ispirato a quelli del t 5 oo in 
Palazzo Vecchio, e con un assai bel soffitto. 

Dalla parte dell’ingresso è una cantoria su colonne, con 
bassorilievi che imitano quelli della sagrestia del Duomo 
c con tralori vcrrocchiani. Da un lato si ammira la ele¬ 
gantissima porta dei gigli di Benedetto da Maiano. Vi sono 
le statue di Giuliano c Lorenzo dei Medici, di Donatello 
e Michelangelo, Giuditta e San Giorgio del Donatello. 

Dalle pareti pendono tre grandi preziosi arazzi auten¬ 
tici. Compiono l’arredo del salone alcuni colossali c bel¬ 
lissimi mobili antichi, tavoli, sedili, dei cancelli in ferro 
battuto, il Dante, originale del 1400, che costò lire 24 000 
e una pregevolissima edizione della Divina Commedia. 

Nell’alto delle pareti alcuni affreschi di imitazione, inp- 
presentano i fiorentini dell’antichità che vengono a fare 
omaggio a Roma. 

11 salone fiorentino è lungo 32 metri, largo 1 5 , alto 17. 

Nel fondo gira ad abside ed è dedicato a Pisa. 

Per Pisa hanno lavorato lo scultore Gaetano Caslrucci, 
il pittore Francesco Manetti. 

Due sale ha Livorno, una al pianterreno per Livorno 
antica, l’altra al piano superiore per la moderna Livorno 
navale. 

La prima riproduce il corpo di guardia nella fortezza 
vecchia medicea, con vecchie armi, attrezzi marinareschi 
stemmi e gonfaloni della città. Penile dal soffitto il mo¬ 
dello di una caravella. 

L’altra sala ò guarnita di artiglierie moderne e di mo¬ 
delli di navi da guerra e piroscafi mercantili. Autore il 
professore Calza. 

Salendo al primo piano si arriva alla sala di Lucca, per 
la (piale hanno lavorato il prof. Campetti, direttore della 
Pinacoteca, l'architetto Bernardini, lo scultore Pctroni, il 
conte Cenami. 

Oltre al padiglione toscano, propriamente detto, vi è 
qui un Padiglione di Siena. La patria della Pia de’ To- 
lomei doveva erigere tale padiglione suo nel 1906 a Mi¬ 
lano, per rappresentare tutte le bellezze della sua arte 
edilizia ed ornamentale. Il progetto, dell’architetto senese 
Mariani, non potuto attuar allora, fu tenuto in serbo, ed 
a Roma esplicato, facendone una sezione speciale del Pa¬ 
diglione toscano. 

11 Padiglione senese è, davvero, una meraviglia, com- 
plctatrice del grande Padiglione toscano, nel quale veg- 
gonsi anche, a rappresentare Massa Carrara, un bellissimo 
pavimento in marmo, e inoltre due torsi di marmo di 
Limi ; un affresco, allegoria dello scavo c del trasporto 
della pietra; una caratteristica della triplice finestra, ri- 
produzione di altra esistente a Carrara, insieme dovuto 
all’architetto Bonanno 

Tutt’insieme cosa degna di Toscana, dell’Italia, della 
Gran Madre Roma, alla quale rivolgonsi i versi di Chiari 
Davanzati, ripetuti sulle pareti della Sala di Firenze: 

Dolci- a gaia terra fiorentina 
fontana ili valore e di piacenza 
fior ile l'altre Fiorenza. 

Qualunque ha più saver ti tien Reina 
formata fue di Roma tua semenza. 

K da Dio solo data la dottrina 
di piacimento e di valore ornata 
in sana aire et in gioia formata. 

Diletto d’ogni bene et abondosa 
gentile et amorosa 
imperatrice d’ogni cortesia. 


Dopo il Padiglione toscano fu inaugurato quello del a 
Campania, c non si può descriverlo meglio che adoperando 
le parole pronunziate davanti al Re dal Sindaco di Na¬ 
poli. 

“ Questo Padiglione ha lo stile caratteristico settecente¬ 
sco della Regione Meridionale, stile clic a Napoli, centro 
c cuore del Mezzogiorno d’Italia, assunse forma complessa 
e compiuta, rispondendo ali’organismo collettivo del po¬ 
polo, nelle sue varie manifestazioni di quel secolo nel 
quale la letteratura, musica, architettura, pittura, impron- 
taronsi tutte ad una nota di gaia eleganza o di leggiadria 
sontuosa. 

“Le tre sale laterali sono dedicate alle tre Regioni Cam 
pania, Lucania, Calabria c la grande Sala Centrale tutte c 
tre le congiunge, dedicata cornee alla sintesi del pensiero 
e dell’arte meridionale, tra il Rinascimento ed il Secolo 
decimo ottavo, riploducendo le figure di Torquato Tasso 
e Giovan Battista Marini di Porpora e Alessandro Scar¬ 
latti, di Fanzaga e Vanvitelli, di Mattia Preti e Solimene, 
di Merliano e Sanmartino, di Giovan Battista della Porta 
e Giovan Battista Vico, circondato dalle figurazioni sim¬ 
boliche delle varie arti e de'la scienza. 

“ Una commissione artistica presieduta da Giovanni Tc- 
sorone, che di sì caldo amore ama l’arte, ideò l’opera che 
inauguriamo, Pafcliitetto Curri fii pari a se stesso nel tra¬ 
durre con l’arte sua il geniale concetto. Gli architetti Guerra 
e Stampa progettarono la parte costruttiva ed il Guerra 
ne diresse la esecuzione. 

“ A Francesco Jerace si deve la parte plastica figurativa 
ornamentale, a Vetri a Volpe e De Sanctis la parte figu¬ 
rativa della decorazione pittorica coadiuvati da una sellerà 
eletta di giovani artisti che nobilmente seguono la tradi¬ 
zione dell’arte n poletana. „ 

Dopo una rapida visita al Padiglione della Campania il 
Re passò al vicino Padiglione pugliese. 

Questo padiglione fu incominciato a costruire soltanto nei 
giorni in cui in Piazza d’Armi già si inaugurava-o i pri¬ 
mi Padiglioni. 

Rappresenta la sintesi dei migliori monumenti pugliesi 
ed è tutta una armonica composizione dei motivi archi- 
tettonici dei capilavori clic riflettono con fedeltà, nella 


storia dell’arte, la storia civile di Puglia dal dominio greco 
al normanno, da questo al glorioso regno degli Svevi, che 
delle Puglie fecero la regione piìi ricca, piìi potente, più 
colta d’Italia. 

Nulla che ricordi la decadenza avvenuta nella prima 
metà della dominazione Angioiana per la infiltrazione de¬ 
gli elementi francesi. Dell’arte della rinascenza, sui motivi 
veneti e medioevali della regione si ha un ricordo nel 
Padiglione con la riproduzione dell’interno della volta del 
castello di Conversano. 

L’edificio' copre un’area di circa 5 o 3 metri quadrati, l’al¬ 
tezza della torre raggiunge i 18 metri, mentre quella del 
padiglione non supera i i 3 . II prospetto si presenta con por¬ 
tico a colonne c capitelli del Castello di Bari ; al piano 
superiore il magnifico csaforato della storica cattedrale di 
Bitonto, sormontato da un ricchissimo fregio della Catte¬ 
drale di Bari, all’ala destra dell’osservatore la bella torre 
di Gioia del Culle. Il lato nord rappresenta la faccia bel¬ 
lissima di casa Balsamo di Brindisi; al lato ovest gli ar¬ 
chi incrociati delle cattedrali di Molletta e di Giovinazzo ; 
a primo piano una finestra della Cattedrale di Conversano 
distrutta nell’incendio del io luglio. 

Nell’interno del padiglione un cortile dà adito alla sca¬ 
linata del Castello di Gioia del Colle, su esso affaccia una 
elegante finestra del seminario di Traili. Al Iato sud un 
sistema di archetti di Santa Maria di Siponto e motivi 
decorativi della cattedrale di Foggia; nell’interno le porte 
di San Francesco di frani, di San Giovanni di Brindisi, di 
San Francesco di Anùria e di Castel del Monte. 

Progettista ingegnoso del Padiglione è stato l’archi¬ 
tetto Angelo Pantaleo ispettore dei monumenti alla so- 
praintendenza di Bari, coadiuvato dall’ingegnere Ettore 
Patrono. 

La mostra ò stata diretta dal prof. Gervasio, direttore 
del Museo di Bari, dal prof. Quagliati direttore del Museo 
di Taranto, dall’architetto Panta'eo, e da Giuseppe Ba¬ 
sti na. 

Terminata la inaugurazione del Padiglione pugliese, il 
Re, sempre a piedi, si recò al Padiglione ligure. Quivi, 
fra autorità, deputati, rappresentanze, prese per tutti la 
parola il comm. Zimino. Del superbo edificio riproducentc 
le magnificenze di Genova, di questo padiglione, ha ben 
detto il suo autore, l’architetto Borzani così; “Noi ab¬ 
biamo elevato un edificio che serve ad un’idea di bellezza! 
Non ò una casa per abitarla, non è una fortezza per espu¬ 
gnarla, non è un tempio per pregarvi l'idolo; essa serve 
solo ad un’idea di bellezza e di tale sia l’idolo dei nostri 
cuori „. 

Nel Padiglione ligure era espos'.a ai pubblico l'opera 
Il Banco di San Giorgio compilata ed edita sotto gli au¬ 
spici del Consorzio Autonomo. 11 volume riccamente illu¬ 
strato, figurava nella sala di San Giorgio, clic è una fe¬ 
dele riproduzione della Sala del Capitano del Popolo. 11 
libro ò diviso in due parti: nella prima l’avv. Marengo 
espone sulla scorta di documenti in gran parte inediti il 
congegno finanziario delle Compere di San Giorgio: nella 
seconda il prof. Pcssagno illustra i particolari artistici del 
Palazzo, ed il prof. Manfrone dice della Marina c delle 
Colonie di San Giorgio. 

Ultima inaugurazione del giorno 14 fu quella della 
Sala d’Oro nel Castello di Torrechiara — tutto un canto 
d’oro e di colore, un sogno di arte delicata e spontanea, 
degna dei meravigliosi pittori quattrocenteschi. La fece co¬ 
struire il condottiero Pier Maria Rossi, in omaggio alla 
donna amata, Bianchina Pellegrini Arluno. Gli uffresehi 
delle mura rappresentano il primo incontro alla Corte di 
Milano avanti il rqSo, poi la ferita di amore, l’ofìerta 
della spada, quella ultima della corona di lauro al prode 
condottiero vittorioso. Le figurine poetiche della vòlta mo¬ 
strano la castellana Bianca in veste da pellegrina, mentre 
v : sita gli immensi posse-si ed i castelli dell'amante. In¬ 
torno alla donna gentile scintillano i soli simbolici c le 
fiamme d’oro di casa Rossi, mentre stille mura si svolgono 
i motti di “ eterna fede „ c di “ degno amore „ e in basso 
le pareti splendono per le ricche mattonelle dorate e di¬ 
pinte. L'architetto marchese Cusani ebbe l’incarico di ri¬ 
produrre alla Esposizione di Roma, tutto quel poema di 
luce e di colore. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

10 luglio. — Roma. 11 Re \isila l’Esposizione a Valle Giu¬ 

lia, trattenendosi nei padiglioni serbo, francese ed 
ungherese. 

„ „ Torino. All’Esposizione nella sezione delle macchine 

inaugurala la galleria delle esperienze elettriche or¬ 
ganizzata e diretta dal prof. Riccardo Arnaud. 

11 „ Venezia. Partenza dei motoscafi della gara autonau¬ 

tica per Roma. 

t 3 „ Torino. Prima assemblea del Congresso degli impie¬ 
gati ferroviari. 

— Da Racconigi la regina Eletta si è recata cui prin¬ 
cipini a Torino a fare una rapida visita in automo¬ 
bile attraverso l'Esposizione. 

14 „ Roma. Il Re a Piazza d’Armi ha inaugurati i nuovi 

padigliohi 'della Toscana,'della'Liguria, della Cam¬ 
pania, delle Puglie c la sala rossa o d’oro, del Pa¬ 
diglione emiliano. 

1 5 „ Torino. .Inaugurato solennemente il Palazzo della 

Stampa e del Giornale. 

16 „ — Arriva da Parigi la m ssione abissina. 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI - Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO MEMBRO DELLA GIURIA 















283 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


MOVITA [ ETTERARIE 

li edizioni treves I—✓ oscile nel primo semestre del 1911 

Romanzi e Novelle 

Ha lumi'. 

I DIVORATORI, romanzo di AlDll'e Vlvanti- . 5 — 
LA CITTÀ DEL GIGLIO, di Dora Melegari . . 5 — 
NEL DESERTO, romanzo di Grazia Deledda . 4 — 
DUELLO D'ANIME, romanzo tli Neera ... 4 — 
DONNE E FANCIULLE, di Luciano Zuccoli. . 3 5o 
GUERRA LONTANA, romanzo di E. Corradini 3 5o 
STORIE DELL'AMORE SACRO E DELL’AMORE PRO¬ 
FANO, del colile- Tomaso Gallarati Scotti 4 — 
LA MESSA DI NOZZE, di F. De Roberto . . 3 — 
L'ALBERO DELLA SCIENZA, di F. De Roberto. 3 — 
LE FIABE DELLA VIRTÙ, di Alfredo Panzini. 3 5o 
LA VOLUTTÀ DI CREARE, di Luigi Capuana. 3 5o 
IL BACIO DELLA CONTESSA SAVINA , romanzo di 
Antonio Caccianiga. Nuova ediz. in-8 ili. 2 — 

ADOLESCENTI, romanzo di Luigi Matari . B A.-7*. »>j. X 

L'ULTiMO SOGN3, romanzo di Flavia Steno . [B.A.-viili. 1 — 
RINÀSCITA, leggende e fantasie di Corrado Ricc : [13. A -80<>J l — 
ELDORADO, romanzo di Guglielmo Anastasi . [B.A.-8I2j. 1 — 

Stranieri. 

LA FIERA DELLA VANITÀ (Vanity Fair), romanzo 

di Tiiackeray. Tre volumi. 6 — 

LEA. romanzo di Marcello Prévost.3 — 

FEDERICA, romanzo di Marcello Prévost . . 3 — 

WACCjNTI D..LLA PAMPA, di Manuel Ugartj [J3.A.-7«7|. 1 — 

Li FANCIULLA DALLE PERLE, di Ride.- Hagcjard ILA. £00 . 1 — 

GIOVANNA E GIOVANNI, (li F. De Nion . . IB.A.-fOl . 1 

FRA DUE COGNATE, «li Mhs Braddon . . (B.A.->03I. l — 

CATTAGLIE INTIME, di Pietro Boborykin . |B.A.-8o7j. 1 

Lettere ed Art i 

RITRATTI D’ARTISTI ITALIANI, di Ugo Ojetti. 

Con 14 fotografie.4 — 

Al iclicl ti. Si'Monili. Ma ri uh Pictor. Dalbono. ( 'arcano. Pisi olii. 
Fai tori. Trenino' alo. Fragi&como. Serra. Pellizsjft. Ettore 
Tito l'nlandvn. riardi. 

GLI UOMINI CHE HO CONOSCIUTO, di L. A. Vassallo 

(Ga n doli n).3 5o 

CONFERENZE, di Antonio Fradeletto. . . . 3 5o 

Maialila (Parie. Ini volonlà come Forza so iale. I.a lo ie- 
intani e la Malattia d'arie. Le idealità della scienza. La 
psicologia della Ietterai ara italiana. 

NELL’ARTE E NELLA SCIENZA, di Scipio Sigitele 3 5o 

L amore e la mori»* nrH'ojiera (li Maurizio liarres. Leg¬ 
gendo Balzar. I tipi femminili nell’opera di Gabriele d'An- 
iiunzio. La Nave, Gabriele d’Aniiunzio o la folla. La tri¬ 
stezza conlemporanea. L'elogio della malattia. L’elogio 
delia nmnzogna. Itomaiiticismo depravatore. 

L’OPERA STORICA DI GUGLIELMO FERRERÒ E I 
SUOI CRITICI, di Corrado Barbagallo. . . 3 — 
SPERANZE E GLORIE. - LE TRE CAPITALI (Torino- 
Firenze-Roma), di Edmondo De Amicis . 2 — 
LETTERE A FRANCESCA MARITATA, di Marcello 

Prévost.3 — 

Attualità c Politica 

LA FINE D'UN PARLAMENTO e la DITTATURA DÌ 
UN MINISTRO, di Antonio Fradeletto . . 1 — 
LA SPAGNA E IL VATICANO, lettere s/uu/nuole di 

Romolo Murri. 2 — 

DALLA MONARCHIA ALLA REPUBBLICA, lettere/mr- 

toyhesi tli Romolo Murri. 2 — 

Storia 

GIUSEPPE MAZZINI. EPISTOLARIO INEDITO 

(1836-1864). In-8. 10 — 

FRANCESCO CRISPI: I MILLE. In -8 . . . .10 — 
MEMORIE DEL GENERALE KUROPATKINE, trad. dal¬ 
l'originale russo (sequestrato in Russia). IO — 
VITA DI GARIBALDI, narrata ai giovani da Euge¬ 
nio CllCGClli. I 11 - 8 , illustrato.4 — 

MEMORIE della baronessa Olimpia SDVi0. 2. voi. ~ 3() 
DA SAN MARTINO A MENTANA (Ricordi di un vo¬ 
lontario), di Giulio Aliamoli.N uova ediz. pop. 2 — 

Teatro e Poesia 

IL MARTIRIO DI SAN SEBASTIANO, mistero di 

Gabriele d’Annunzio.35o 

IL MANTELLACG10, poema dr. di Sem Benelli 3 — 
TIGNOLA, commedia dram. di Selli Bsneili . 3 — 
I COLLOQUI, liriche di Guido Gozzano . . . 4 — 
CANZONI AL VENTO, di A. G. Barrili (opera posi.) 5 — 
I SENTIERI E LE NUVOLE, poesie di G. Givinini 4 — 
SEMPRE COSÌ, dramma di E. A. BUTTI . . 4 — 
NEL PAESE DELLA FORTUNA, di E. A. Butti 3 — 
L'AMANTE IGNOTO, poema tragico di Amalia Gli- 

Blielminetti. 4 — 

COMMEDIESPAGNOLEdiS.eG.AlvarezQuintero 3 — 

Ifaini'i' ' *1 1 o passa. I tiori. I (talco'ti. Li | • ni. 

ph /ivrenr 1 nr Nuova tradir/., di Diego Angeli. 

SHAKESPEARE, volume i-. la tempesta 2 — 

Scienza 

ANNUARIO SCIENTIFICO E INDUSTRIALeTw^ 

XI. Vi I-t 810 ), diretto dal prof. AUUUStO Righi io — 
SCIENZA COMPARATA DELL’EDUCAZIONE, del pro¬ 
fessor Saverio De Dominicis. Due voi. in- 8 . 23 — 
IL BAGNO D’ARIA, del dottor Lalllliann, con prefa¬ 
zione ed aggiunte del dottor A. Clerici . 2 — 

IL LIBRO DELLE GIOVANI SPOSE, del dottor Fran¬ 
cesco Stura. 2 — 

Viaggi 

IL DIARIO DI UN VIANDANTE. Dal Deserto alMar 
Glaciale, di Antonio Beltramelli . . . . s_ 
LA CONQUISTA DEL POLO SUD (Il cuore dell'An¬ 
tartico). del luogotenente E. H. S 11 a Ck letO II . 3o—• 
LA OPERTA DEL POLO NORD,di R. E. Peary. t5 — 
TRANS-HIMALAJA (Scoperte ed avventure nel Tibet), 
del dottor Sven Hedin.25 — 

Varia 

INDICE DI TRZNTACINQUE ANNI DELL’ "ILLUSTrT- 
ZIONE ITALIANA (Voi. I a LXX - 1873-1908) . 20 

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lllustr. da Edoardo Matania 

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o alla campagna, o si motto in viaggio, non trascura di portarsi qual¬ 
che libro per lo oro d’ozio o di noia elio non mancano mai. Oggidì, con 
tanfo varie c bollo produzioni, o’ò imbarazzo nella scelta. \ i piacciono 

10 novità alla moda, che hanno levato grando rumore nel mondo? 
Ecco il romanzo della Vivanti 1 , il mistero di (l’Annunzio -), il romanzo 
nazionalista di Corradini % il romanzo storico della Mologari '), le no¬ 
vello delizioso del Zòccoli '), il poema tragico della Cuglielminetti '*). 
Preferite romanzi sentimentali e drammatici ? prendete l’ultimo romanzo di 
Grazia Deledda, A T d deserto (L. 4 ’, l’ultimo diNoora, Due'lo d’anime tL. 4 ), 

11 nuovissimo di Do Roberto, La Riessi <li nozze (L. 8 , 50 ), le novelle di 
Capuana 7 ), le Storio amorose del conto Callarati Scotti tra il sacro od 
il profano*), lo Fiabe delia Viriti, di quel potente umorista oh’è Alfredo 
Panzini (L. 3 . 50 ), un romanzo a sensazione di Elavia Stono "). 

Volete ridere semplicemente senza pensarci sopra ? Prendete tutto Can- 
dolin, cominciando dalla Guerra in tem/io di li gai (b. 2). e le Nove!e 
g ije di Folchetto(L 3 , 50 ), e il Capitano Tv malate'mài Giulio Bechi (L. 3 , 50 '. 

Volete qualche cosa di casto e puro per lo vostre ragazzo? Potete 
prenderò (piasi tutto il Do Amicis, tutto il Castel nuovo, tutto di Grazia 
Deledda, specialmente Anime oneste (L. 3 ), VAngelo ili bontà del Xievo (L. 1). 
tutta la Werner. 

In fatto di teatro la più grande novità del giorno è.... il vecchio 
Shakespeare nella nuova traduzione di Diego Angeli. Per ora non o’ò 
che la Te n/ieda, in edizione elegantissima (L. 2). 

Nel teatro moderno Sem Benelli dà il suo quinto dramma 10 ), Butti 
duo nuove commedie fortunatissime n ), Tumiati fa seguire il Curio Alberto 
dalla Giovine Italia (L. 3), Praga ristampa il suo capolavoro La ]\foglie 
Ideale (L. 2). Vi raccomando ancora il teatro di Riccardo Selvatico rac¬ 
colto ed annotato da Antonio EradeIetto 1:i ),e quattro commedie spaglinolo 
dei fratelli Quieterò Alvaroz riunita in un volume 1 -1. 

Volete argomenti più scrii, ma sempre trattati in modo brillante? 
passerete delle ori 1 deliziose eoi Ritraii d’Arliti dell’Ujot.ti (L. 4 ), con le 
Memorie appassionate della baronessa Sano (L. 7 , 50 ), coi saggi lettera rii, 
femministi e nazionalisti, di Scipio Sighelo l4 )- 

Per la vostra salute, potete consultare il Ragno d’aria del dot¬ 
tor Lab marni, ampliato dal nostro dottor Rv (L 2). 

Gli sposi in viaggio di nozze faranno bene a portare con sò il Libro 
del’a giovane sport del dottor Stura (L. 2), le nuove lettere di Marcel 
Prévost a Francesca maritata (L. 3), e magari la sul lodata Mes a di nozze 
del Do Roltorto. 

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2) Il Mistero di San Sebastiano. L. 3,50. 

3) La guerra lontana. L. .'■',50. 
i) J.a città del Giglio. L. 5. 

5) Donne e fanciulle. L. 3,50. 
r>) li amante ignoto. L. 4. 

7) i,a voluttà di creare. L. 3,50. 

0 Storie dell’Amore sacro r dell’Amore 
profano. L. 4. 


f) L'ultimo sogno. L. 1. 
io; li Manteltaccio. L. 3. 

H) Sci porse àella fortuna. L.3. — Sem¬ 
pre cosi. L. 4. 

I2j Commedie e poesie veneziane. L. 4. 
14) I.’Amore che, passa - I Fiori - 1 <!a- 
leoti - La Pena. L. 3. 
it) Seti"Arte e nella Sci a nza. L. 3,50. 


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FASCICOLO 19. 


LE ESPOSIZIONI DEL 


1911 


289 


R O M A. I L G R U P P O 


E T N () G R A F I C () A L I 5 I N (). 



p>l (COLSi Or} iyt\ Ol>(kDó^rwNP < ; 


(Disegno di AIdo Molinan ) 






























290 


LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 1 1 



L’INAUGURAZIONE DEL PADIGLIONE TOSCANO. - I FIORENTINI E I SENESI (fot. Abeniacar). 

L’ARTE TOSCANA A ROMA. 


Su di una fascia che percorre un lato del Pa¬ 
diglione Toscano è questo motto quattrocente¬ 
sco inciso a grandi caratteri: Fiorenza fior che 
sempre rinnovella. E sulla porta del vestibolo, 
dal cui soffitto a vòlta discende calma la luce 
turchina delle robbiane ceramiche che Luca pla¬ 
smò e pinse per la cattedrale di Pistoia, stanno 
tlue leoni, i due Marzocchi fiorentini, seduti fie¬ 
ramente, con una zampa sollevata, in atto sde¬ 
gnoso e crucciato di difesa. 

Fra il motto gentile e poetico che fa di Fio¬ 
renza e della Toscana intera un perenne giar¬ 
eino di primavera, e il simbolo di orgoglioso 
dominio è racchiusa tutta la Toscana, con la 
storia e con le arti, quale un gruppo di artefici 
nostri volle oggi, a Piazza d’Armi in Roma, raf¬ 
figurarla e compendiarla. 

Purezza splendida di magnificenza : ecco l’arte 
fiorentina. Come un gusto sopraffino alleggerisse 
ogni mole, armonizzasse ogni traccia di fasto, 
era, oserei dire, un segreto posseduto soltanto 
dai toscani, quantunque fra le città toscane Fi¬ 
renze e Pisa architettassero stili diversi, ed al¬ 
cune città minori, Lucca, Livorno, Prato, Arezzo 
si accostassero o all’una o all’altra delle due 
rivali dominatrici. Ma la vicinanza era troppa 
e i commerci e le frequenze, ed anche le bat¬ 
taglie erano così costanti, da fondere nello scam¬ 
bio di uomini i gusti d’arte, e, tranne nei par¬ 
ticolari, le differenze di stile si smussavano in 
molte generalità consimili. Tanto più che le navi 
pisane e i mercatanti fiorentini potevano impor¬ 
tare entro le loro mura una foggia di veste, o 
un’acconciatura di testa alla Francesca od alla 
levantina, ma esportavano cose d'arte la cui bel¬ 
lezza apprezzatissima preparava il cinquantesco 
esulare di non pochi nostri artefici gloriosi. 

Contro questo lusso e sfarzo di moda si sca¬ 
gliarono molti dei più puri di fiorentinità, Dante 
compreso, e molti dei più aridi di vedute, non 
escluso il Savonarola; l’eleganza però rimase e 
rimase il lusso, un po’ francesco, un po’ valen¬ 


tino, un po’ come voleva essere. Ma sopra la 
fragile instabilità della moda, l’edificio conser¬ 
vava tenacemente, anzi, direi meglio campani¬ 
listicamente, il carattere cittadino. Edificio pub¬ 
blico o privato significava assai più che luogo 
di preghiera, di consiglio, di dimora : significava 
Firenze ai fiorentini, nelle loro preghiere, nei 
loro consigli, nelle loro abitazioni, e significava 
del pari Pisa ai pisani, Siena ai senesi; anzi 
spesso significava ancor di più, poiché a quei 
del Giglio voleva dire Fiorenza in quella data 
Arte, in quella data Parte; e così a quei della 
Croce, o a quei della Balzana, e così agli altri 
tutti. 

Gli artefici recavano spesso nella città in oli¬ 
garchico arruffio le audacie dei loro monti e la 
serenità dei loro campi, o anche portavano ener¬ 
gie plebee — con buona pace di quanto asseriva 
Michelangelo divino — e scendeva dal Mugello 
il pastore Giotto di Bondone, e dal Valdarno 
salivano Masaccio e Giovanni, e dal Casentino 
Andrea Del Castagno, e dalla città figli di tes¬ 
sitori, di tintori, di sarti raggiungevano la cele¬ 
brità dell'arte, o passavano nella confusione di 
quel che oggi chiameremmo mestiere, ma che 
pure, allora seppe dare anonimi tesori d’arte. 

Ecco il segreto dell’arte toscana: questo non 
mai interrotto compenetrarsi dell’Arte al me¬ 
stiere, questa equilibrata fusione dell’aristocra- 
zia della prima alle apparenze democratiche del 
secondo; questo fluire e rifluire di vitalità che 
agli stessi commerci dava il nome di Arte. 

Così l’arte serpeggia fra plebe e popolo grasso 
fra popolo e grandi, e poi fra dominatori e do¬ 
minati, come in nessuna altra regione, e si rin¬ 
nova di secolo in secolo, da vicenda a vicenda 
ed a poco a poco, anche le città toscane ne¬ 
miche alla regina delfArno ne subiscono, sia 
pur ribelli, il predominio commerciale e artistico: 
al color compatto della pietra, altra sostituirà il 
bianco e nero dei marmi, altra modificherà le 
durezze dei due colori col rosso mattone, altra 


rabescherà snellezze di bifore o di trifore: ma 
la linea resterà ferma al tipo primo, dal Bru- 
nellesco glorificato, poiché in mezzo ad ogni vi¬ 
cenda, i grandi popolani si varranno sempre de¬ 
gli artefici per attestare nei loro edifici e mo¬ 
numenti la loro devozione alla patria, e gli ar¬ 
tisti, anche nelle audaci innovazioni, altro non 
faranno che innestare la propria audacia sul vec¬ 
chio tronco glorioso dei precursori toscani già 
celebrati in tutta la cristianità. 

E poiché gli artefici erano nello stesso tempo 
soldati e poeti, architetti e pittori, scultori e 
cantori, e si stringevano in brigate nelle quali 
ogni arte correggeva l’altra e tutte accomunava, 
un tipo doveva derivarne, di armoniosa e sug¬ 
gestiva perfezione, in cui si accoppiassero la 
gentilezza ed eleganza delle forme ad un alto e 
significativo senso di signorilità e di grandezza 
dominatrice. 

Questo tipo sopra ogni altri doveva personi¬ 
ficare il divino Brunellesco, ed a questo sovra- 
tutto si sono ispirati oggi gli artefici che a Piazza 
d’Armi vollero rappresentare la Toscana con un 
edificio che compendiasse tutta la vita civile, po¬ 
litica, artistica e familiare dei suoi secoli più fa¬ 
stosi e più gloriosi. 

* 

La città del Fiorino non poteva, in questo 
edificio simboleggiante a Roma la Toscana tutta, 
separarsi da quelle città che le fan corona, che 
ne sono quasi una mirabile gemmata cintura. 
Perciò l’architetto Giusti e il pittore Galileo Chini, 
gli artisti eletti che idearono e diressero la co¬ 
struzione del Padiglione, vollero che al nucleo 
principale dedicato a Fiorenza si appoggiassero 
le altre città, Pisa, Siena, Livorno, Pistoia, Lucca, 
Arezzo, in modo da formare un tutto complesso 
ed organico. E nell’opra grande altri fratelli di 
arte si unirono a loro, in un mirabile sforzo 
d’energie giovani e tenaci, accomunate dal de- 











































L’ A R R I V O DEI Fiorenti N I (fot. Al eniacar). 



I VALLETTI DELLA ANTICA FIRENZE NEL PADIGLIONE TOSCANO (fot. Tolentino). 




Il Re inaugura il Padiglione (fot. Moiman). 


, 


LE ESPOSIZIONI DEL 191 














































292 


LE ESPOSIZIONI DEL i 9 i i 




dell’arte toscana è nel cortile quattrocentesco ideato dal'Giusti e dal 
Chini; esso vi fa pensare ad un altro e famoso, quel di San Marco in 
Firenze, ove convenivano, nel tepore dei primaverili meriggi, i più tem¬ 
prati ingegni della Città del Giglio, protetti dal favore di Loienzo 
de’Medici, il Pericle fiorentino: ed erano Angelo Poliziano, Pico della 
Mirandola, Marsilio Ficino ; ed erano Masaccio, che allora dipingeva le 
cappelle della chiesa del Carmine e Brunelleschi, che innalzava la cu¬ 
pola del bel San Giovanni, e Ghiberti che al Paradiso rubava i modelli 
per le sue divine porte del Battisterio, e Donatello e Luca della Robbia, 
che a gara facevano nell’arte della creta; e in disparte il severo sde¬ 
gnoso Savonarola. 

In questo cortile, che a due lati si apre per una duplice teoria di 
colonne, da una delle quali si discopre nell’azzurro del cielo romano il 
profilo della cupola superba di un altro sommo artefice fiorentino, la cu¬ 
pola michelangiolesca, è la più degna rivelazione architettonica di tutto 
il Padiglione. Nel centro è il pozzo di Papa Piccolomini a Pienza; dietro 
è la scalea a giorno non molto dissimile da quella lucchese del palazzo 
Controni, con affreschi del Chini raffiguranti la vittoria di Castruccio 
Castracani su Lucca, com’ è ricordata dai versi del Cavalcanti : 


Andando poi vedemmo in piccol cerchio 
Torreggiar Lucca a guisa di boschetto 
E donnearsi col Prato e col Serchio. 




' r '• ' 




•■'•■e >. • 




» 






wm I 


Il Sindaco di Livorno, gli Assessori e il labaro 

DAVANTI ALLA TORRE DELLA FORTEZZA VECCHIA. 
(Fot. Abcni. 1 c. 1 r.) 


siderio ardente di rendere onore 
ornamenti e di linee. E fin dal 
intaglio, un geniale artefice del 
della cappella dei Pazzi a Firenze 


alla terra madre con magnificenza di 
vestibolo, con un lavoro al finissimo 
legno, il Brunori, rievoca la porta 


e dirimpetto la Cooperativa dei fale 
gnauli fiorentini, quasi a rinnovellare il ricordo delle antiche maestranze, 
scolpisce un’altra non men > pregevole porta; agli artisti del legno si ag¬ 
giungono i nuovissimi artefici del ferro, il Ridi, il Biondi, lo Smorti, che 
nel cancello d’ingresso e sulle ornamentali cancellate della gran sala 
mostrano a quale alto grado di dignità sia oggi pervenuta la decora¬ 
zione in ferro battuto. 

Ma procediamo nella grandiosa sala centrale, nel salone del popolo, 
severo e maestoso, onde s’ornavano i palagi comunali del Medio Evo. Il 
cuore della Toscana ardente vi pulsa col suo eterno ritmo di rinno- 
vantesi bellezza, nel solenne fasto della potenza fiorentina; è come un 
tempio di paganità fiorentina, che accoglie ripro¬ 
duzioni bellissime delle opere maggiori della 
scultura <• della pittura regionali; e l’amore con 
cui vi lavorarono il Giusti, che ne pensò il di¬ 
segno, e il Chini, che ne inghirlandò delle sue 
accese colorazioni le pareti con ricordi della 
scuola gozzoliana, e ne dorò fantasiosamente il 
soffitto e 
spiega la 


negli 


ne ricamò l’impiantito di mosaico, ci 
sovrana armonia che vi domina come 
antichi palazzi della Signoria toscana. 

11 salone municipale ha nel fondo una ter¬ 
razza interna che forma al disotto un vestibolo 
a colonnato, con una porta scolpita dall’Aloisi. 
Al lato opp sto, la tribuna d’onore è stata ri¬ 
serbata alla gloriosa Rt pubblica pisana, che a 
volta a volta fu dominatrice, o dominata sotto 
le zanne del fiorentino Marzocco. 

Della città oggi silenziosa che inventò l’archi¬ 
tettura e la scultura e che, con Giunta Pisano, 
cercò d ’inventare anche la pittura, della ghibel¬ 
lina città e dei suoi fasti parlano alle pareti per 
le famose catene del Cimitero, e il frammento 
decorativo in legno di una galera pisana, e i 

vessilli della Chiesa dei 
Cavalieri e il Trion fo del¬ 
la Morte fregiato dall’Or- 
cagna. Questa tribuna è 
opera 4 del pittore Ma¬ 
netti. 

Dalla saia di Fioren¬ 
za si entra nella saletta 
di Grosseto, decorata an- 
ch’essa dal Chini ed ispi¬ 
rata ^all’ arte sepolcrale 
etnisca. 

Ma il vero trionto 


Al sommo della scalea s’apre 
di Siena e di Livorno. Gli artisti 

decorazione delle sale senesi dalle cui trifore si scopre la 
sione di San Pietro e dei Palazzi Vaticani. Plinio Nomellini 
saletta 


l’azzurra veranda su cui dànno le sale 

’a 
vi- 

ornò la 
di una 


Giunti e Cavagnini immaginarono 

magica 


ivornese, destinata ad accogliere modelli di antiche navi e 


modernissima, la Pisa. Da un’altra veranda si esce poi all’aperto, su 
quella leggiadra loggia delle Grazie, ad Arezzo, che Gabriele d’Annunzio, 
vedendola cosi svelta e leggera sì che sembra voler ascendere al cielo, 
chiamò aerea. 

A Carrara, candida di marmo, è riserbata la saletta oltre la loggia, 
cui due giovani e geniali artisti, il Vatteroni e il Luporini ornarono con 
figurazioni suggerite dalla vita dei lavoratori delle cave, completando 
così armònicamente l’opera dell’architetto Buonanno. 

Arezzo occupa la sala sotto la cupola della torre massiccia che 
sovrasta l’ampio edifìcio toscano. 

Così tutte le città di Toscana sono insieme congiunte, nella gloria 
dell’artefice massimo, del Brunelleschi, a magnificare l’eternità dell’arte. 
Ma questo più che altro a noi sembra cosa degna di ammirazione: che 
l’edifìcio non si presenta come un rimpicciolimento di altri maggiori 
monumenti, ma piuttosto è di per sè solo una espressione nobile e com¬ 
pleta ed una sintesi armonica di arte toscana, con terrazze vetrate, con 
logge, con ampie tettoie a grondaie spioventi, con chiostri e pozzi di 
monasteri, con sale d’armi, con scalee monumentali, con aule di Comune, 
tutto in mirabile fantasia di linee e di colore. 

Se un appunto dovessimo fare ai costruttori, sarebbe a riguardo 
dei due angoli livornese e senese, i quali, colle loro colorazioni vivaci, 
quasi violente, e, quello livornese, con la durezza castellana dell’archi¬ 


tettura, mal s’accordano alla snella ed 


elegante 


della restante 
giusto riconoscerlo, il lato 


gaiezza 


mole di sapore brunelleschiano; per quanto, 

senese, opera dell’architetto Mariani, e il lato livornese del palazzo, 
siano, presi a sè, ciascuno una squisita, pregevolissima riproduzione 
d’arte regionale. 

rutta quest’opera di rievocazione originale e sapien'.e ci par che 
rinnovi il miracolo del sontuoso palazzo del Rinascimento, onde ormai 
s’era perduta la nozione e la pompa, il palazzo per cui gli artefici scol¬ 
pivano le statue e dipingevano i quadri, e J — ' ' 


dove 


osmi 


ritrovava in un 


ambiente signorile 


oggetto 


d’arte si 


di cose concordi. Era da aspettarsi 
che ciò fosse compiuto dalla terra di Toscana per una nuova ed alta 
di bellezza nella festa dell’Unità della P' 


significazione 


J atna. 

Mario Corsi. 


(Da T.a Tribuna.) 


mm 

.Wm. ► 










5 - 


A 


'• • • • 


y 


-V- 


Nel cortile d’onore del Padiglione Toscano. - 1 valletti delle Contrade di Siena. 

(Fot. Molinari.) 


















































LE ESPOSIZIONI DEL i 9 t 
































294 


LE E S P OJSIZIO NI DEL 1911 



Dal Castello Medioevale al Palazzo della Stampa* 

Abbiamo vagato lungamente percorrendo que¬ 
sto borgo medioevale, meravigliosa rievocazione 
cui Issogne e Fenis offrirono i motivi architet¬ 
tonici e decorativi, cui parecchi anni di costru¬ 
zione donano, per una più facile e viva illusione 
d’antichità, certe patine oscure su per i muri, 
certe muffe negli angoli ombrati, certi sgreto¬ 
lamenti incipienti qua e là. Abbiamo vagato con 
la curiosità ansiosa di sorprendere qualche ri¬ 
flesso fittizio della vita di seicento o settecento 
anni fa, di penetrarne qualche spirito artifizio- 
samente rinnovato in questa teatrale ma sugge¬ 
stiva rappresentazione. I nostri passi frusciarono 
lievi sul ponte levatoio —: con ben altro suono 
certo echeggiavano, quando questo mondo fu 
vivo veramente, lo scalpitar dei cavalli di guerra, 
il passo forte degli uomini vestiti di piastra e 
maglia! — E ci soffermammo ad udire nella 
gran vasca di pietra cantare i quattro steli di 
acqua cadenti dai beccucci ricurvi: ci fu caro 
illuderci che il borgo e il castello non fossero 
uno scenario rifatto, si monumenti autentici tra¬ 
mandatici da un’epoca eroica; e ci fu caro, illu¬ 
dendoci, ritrovar di quell’epoca una voce super¬ 
stite, una voce rimasta sempre viva ed eguale 
poiché tutte le altre s’erano taciute nei secoli. 

Ma no! Anche l’illusione trasmutò, direi, si 
intensificò: penetrati sotto il portico basso, a 


sesto acuto, incontro ci venne, vivo, un giovi¬ 
netto del tardo quattrocento; ed uno strepito 
strano, un martellare sordo ed assiduo, accom¬ 
pagnato da un assiduo sciacquio, dall'interno d’una 
delle stanze che s’aprono sotto il portico, ci 
diede l’impressione di una macchina in azione: 
non i fruscii rapidi e i crepitii metallici delle 
nostre macchine d’acciaio: qualche cosa di as¬ 
solutamente diverso, un fervore d’opera nuovo 
per noi. Entrammo. Tre poderosi magli di le¬ 
gno, mossi da una rozza ruota .di mulino su 
cui un getto d’acqua ricadeva gaiamente so¬ 
noro, pestavano e agitavano entro un’ampia ti¬ 
nozza certa broda densa, lattiginosa. Nella stanza 
accanto un uomo, il cui vestito ce Io indicava 
— poiché in questi casi l’abito deve fare il mo¬ 
naco — appartenente alla civiltà italica del se¬ 
colo XV, raccoglieva, entro un setaccio di fi¬ 
nissima trama, da un’altra tinozza la stessa broda: 
e questa, colando via l’acqua, lasciava deposi¬ 
tato sul fondo del setaccio un sottile, eguale 
strato di fibre, sminuzzate e addensate insieme 
sino a formare un foglio di umida pasta giallic¬ 
cia. Questo foglio l’uomo, con abile presta mossa, 
depositava tra due feltri assorbenti. Altri fogli, 
già tolti di tra i feltri, erano distesi ad asciu¬ 
gare su funicelle tirate attraverso la stanza e 
fuori attraverso il portico, aU’ombra. 


Uscimmo dalla cartiera; e poco più innanzi un’al 
tra stanza attrasse la nostra curiosità rievoca¬ 
trice, ci rivelò un altro lembo della visione quat¬ 
trocentesca. Un basso, cupo soffitto a cassettoni : 
pareti bianche di calce, segnate qua e là di qual¬ 
che leggenda in latino o in volgare: in un canto, 
presso un fornello affocato un uomo raccoglieva 
da un crogiuolo entro una sorta di cucchiaio 
poche goccie di miscela fusa, e la colava entro 
uno stampo; donde poi traeva un fuscello di 
metallo recante ad una estremità il rilievo d’una 
lettera dell’alfabeto. Altri uomini raccoglievano 
quei caratteri, li ordinavano entro i molteplici 
scomparti di varie cassette. Altri, poi, di là li 
traevano per comporli in fila, su di un regolo, 
secondo un testo loro proposto; quindi accosta¬ 
vano le varie righe ch’erano venuti componendo, 
le legavano strettamente, formando un rettan¬ 
golo corrispondente ad una pagina di stampa, 
facevano scorrere un rullo spalmato d’inchiostro 
sulla superfìcie ove risaltavano i caratteri; quindi 
per mezzo di un cigolante torchio di legno, che 
sorgeva in mezzo alla stanza, a dominare le cose 
e le persone accolte come il segno più potente 
e più caratteristico dell’opera che ivi si com¬ 
pieva, comprimevano contro questa superficie di 
caratteri inchiostrati un foglio di carta. Poco 
appresso, risollevato il compressore del torchio. 





di azione sicura 

perfino in Tossi,Catarri bronchiali croni 

Tosse asinina , i„n.. o « 

__dopo Influenza e Polmoni 































LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


2g5 


Le case di Alea e di Bussoleno dove è collocata l’officina tipografica. 


logio monumentale, e leva in alto, in forma quasi 
di ventaglio, una lucida cassetta di metallo, e 
offre dinanzi una tastiera simile a quella delle 
macchine da scrivere, è la linotype, una delle 
più recenti e delle più meravigliose conquiste. 
Nella sua complessità, al cui esame il nostro 
occhio si smarrisce, essa compie una funzione 
sorprendente di semplicità: compone insieme i 
caratteri, offrendo fusa l’intera linea: quella che 
vedemmo cinquecento anni fa e che avremmo ri¬ 
veduta ancora venticinque anni fa, comporre a 
mano, coi caratteri mobili, in qualche cosa più 
d’un minuto di tempo, la linotype la può com¬ 
porre in dieci minuti secondi, e in pratica, re¬ 
golarmente in venti secondi. Ecco poi le mac¬ 
chine per la stereotipia, che ci danno le intere 
pagine di giornale fuse in forma di lastre in¬ 
curvate a semicerchio. E dinanzi a noi leva la 
sua mole imponente la possente “ rotativa „ : le 
pagine incurvate vengono applicate a rivestire 
varii cilindri sovrapposti: dai due lati si svol¬ 
gono i rotoli della carta: l’ampia striscia si in¬ 
sinua tra i cilindri, li lambisce, pare carezzarne 
le superficii rugose, li avvolge. Un giuoco di 
rulli spalma le superfici dei cilindri d’inchiostro, 
regolarmente, assiduamente. La gran macchina 
si muove, rombando sordamente: la carta sfru¬ 
scia, tendendosi, scorrendo.... Dall’un lato ricade 
stampato, tagliato, piegato il giornale. È una 
pioggia continua, immensa, vertiginosa.... Quanti 
foglietti stampava il vecchio torchio in un’ora? 
Qui, in un’ora, ecco stampate ventiquattromila 
copie, di dodici pagine ciascuna. 

Così si fa il giornale. E questa del giornale, 
nella storia dell’umanità, è una conquista che 
per potenza e luce di civiltà vale forse l’inven¬ 
zione della macchina da stampa: una conquista 
che segna il termine tra un’èra meno chiara 
sorpassata e una più fulgida ora iniziata. Così 
si la il giornale, com’è dimostrato in questo pa¬ 
lazzo ad esso dedicato. O, meglio, così lo si 
compone e così lo si stampa. Perchè è degno 
ricordare che c’è poi un altro piccolo travaglio, 
il quale qui non appare, ma che pure non è 
precisamente trascurabile: quello di chi lo scrive. 

Mario Bassi, 

^ Da J.<t Stampa .) 



il foglio veniva tratto, e appariva su di esso, a stampa, il testo compo¬ 
sto. E un altro foglio, e un altro, e un altro ancora.... Nel breve spazio 
di un’ora il testo era riprodotto in trenta o quaranta copie. Quel testo? 
Oh ! una vendetta in rima, d’un poeta esule dal dolce ovile della sua 
terra, che descrive fondo all’universo e svela la gloria del Paradiso: Nel 
inezo del cantili di tirò aita.... Putto, in questa stanza, ci parve molto 
facile, infantile: quasi ci parve come un giuoco; e poche meraviglie, in 
tutti i secoli, sono valse questa, di pochi pezzetti di metallo segnati di 
lettere, d’un foglio di carta, d’un torchio.... Da sotto il compressore di 
questo torchio a mille a mille uscirono i messaggi del pensiero come 
raggi di luce, si sparsero pel mondo, lo rinnovarono: nella storia dell’uma¬ 
nità è questo torchio uno dei monumenti più sublimi, e pochi canti ri¬ 
suonarono così alti come il suo cigolio querulo. 

Interrompiamo la visita di questo borgo medioevale, riusciamo dal 
portico, riattraversiamo il ponte levatoio e il Valentino nella sua am¬ 
piezza verde. Dinanzi a noi ora si leva maestosa, in forma di un grande 
arco pieno, la facciata di un edificio moderno; e ne viene per le vaste 
vetrate aperte un rombar confuso di macchine. Sono voci che cono¬ 
sciamo, ora: voci metalliche, miste di ronzìi acuti, di fruscii regolari, di 
ticchettìi monotoni: le voci caratteristiche dei volanti, delle ruote den¬ 
tate che s’ingranano, delle cinghie che trasmettono il moto, dei rulli. En¬ 
triamo: ci invita questo canto della cività del secolo XX. 

Due amplissime e altissime gallerie, sobriamente decorate, corse ai 
lati da balconate, che poggiano su pilie quadre e che per mezzo di 
altre pilie si ricongiungono alla vòlta, si incrociano, formando un gran¬ 
dioso ambiente, che, subito dall’ingresso, si può quasi tutto compren¬ 
dere con un solo sguardo. Popolano quest’ambiente macchine diverse, 
talune colossali, altre di più modeste proporzioni: sono le macchine 
della stamperia moderna, tra cui eccellono quelle per la stampa del gior¬ 
nale. Ed anche qui noi possiamo seguire l'ingegnosa vicenda della pro¬ 
duzione, dal primo travaglio al compimento. Ecco, ricostrutto in carta¬ 
pesta e, attraverso alla vetrina che lo protegge, ridente di verzura e 
d’acque, il paesaggio minuscolo d’una piantagione di pioppi: sono comin¬ 
ciati ordinatamente i tagli: i tronchi si allineano sulla riva, presso le 
acque, e stanno per essere recati alla cartiera, che leva prossimi i suoi 
edifici. Lasciamo la riproduzione in cartapesta: un lato della galleria ci 
offre la realtà di una cartiera autentica, la quale sarà presto in azione. 
Da una vetrata ci appare fuori, presso la galleria, scavato un laghetto 
breve, ove si rinnova l'acqua per la macerazione dei tronchi. E nella 
galleria si allunga una macchina immensa, o, meglio, un complesso di 
macchine, attraverso a cui si verrà compiendo il prodigioso lavoro: il 
legno, macerato, spezzettato, sfibrato, maciullato, si risolve in pasta, in 
una gialliccia pasta, ingombra di scorie e di detriti ; e questa viene 
quindi filtrata, asciugata, infusa di colla, ridotta in foglio, in un foglio 
che si svolge per centinaia e cent'naia di metri, avvolgendosi in forma 
di rotolo gigantesco. 

Procediamo oltre. Questa macchina così complicata d’ingranaggi, dì 
minute trasmissioni, di leve, che vista da lato dà l’impressione d’un oro- 


ACCIATA DEL PALAZZO DEL GIORNALE E DELLA STAMPA. 



Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lugo di Vicenza. 
























































































296 


LE ESPOSIZIONI DEI 


I 9 T I 


R O M A. 


L A M O S T R A D E G L I 


S T R A N I E R I. 



I Cimelii Napoleonici. 



Autentico gabinetto di studio dell'imperatrice Giuseppina alle T 


UILERIES, CON I MOBILI VENUTI DA I' ONTAINEBLEAU (fot. Scavalli Veda). 




















































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


297 


tori n o. 


F l T O R I E I) E N T R O IT E S P O S I Z I O N E. 



Nella Galleria dell’ Agricoltura (fot. Trevcs), 



Il Ponte Isabella affollato di ammiratori (tot. Pomari). 














































le ESPOSIZIONI DEL I 9 11 


298 



La Mostra degli Indipendenti a Roma. 


La mostra organizzata a Roma da quegli ar¬ 
tisti che per le circostanze già note al pubblico 
non vollero o non poterono esporre nel Padi¬ 
glione italiano di Valle Giulia, occupa i tre piani 
del palazzo Theodoli al Corso e si compone di 
quasi ottocento lavori, fra tele, sculture e mo¬ 
nocromie. Darne un giudizio complessivo non è 
facile. Non è mai facile, quando si tratta di espo¬ 
sizioni d’arte nostrana, mostre campionarie pivi 
che razionali aggruppamenti artistici. Ma qui lo 
è meno che altrove, poiché il vizio tradizionale 
ha trovato un’aggravante nella fretta con cui si 
è dovuto procedere a raccogliere e a distribuire 
il materiale. Talché non di rado quadri del me¬ 
desimo pittore trovansi sbalestrati senza ragione 
apparente alle due estremità del palazzo: come 
é il caso del Balestrini che ha i numeri 3 o 6 , 408 
e 787, posti rispettivamente nelle sale XII, NIX 
e XXVII, del Bompard che con due tele va 
dalla sala VI alla XVIII, del Rivaroli che ha un 
quadro in ciascuna delle tre prime sale ed uno 
nella XVII, e del Luccioli che salta dalla XIII 
alla XXVII. 

Del qual fatto non sarebbe nemmeno equo la¬ 
mentarsi, visto che, tal qual’è, la mostra pp- 
presenta già un vero tour de force e che in 


Adolfo Ferragutti -Visconti. 


complesso lo scopo di colmare con un’ampia 
appendice le lacune lasciate dall’Esposizione uf¬ 
ficiale è stato raggiunto. I na cosa tuttavia si 
può osservare, a guisa di pregiudiziale: che 
l’appendice é riuscita troppo ampia e che la 
Commissione è incorsa nel torto opposto a quello 
cui voleva por riparo. La mostra, come manife¬ 
stazione di protesta, sarebbe riuscita molto più 
efficace se si fosse limitata a un buon nucleo di 
opere accuratamente scelte, tali da superare al 
confronto le molte cose mediocri ammesse a 
Valle Giulia dalla Commissione ufficiale e contro 
le quali si era tanto giustamente gridato. In 
tal caso essa avrebbe anche raccolto molto mag¬ 
giori simpatie e molto maggior concorso di pub¬ 
blico di quanto in realtà non abbia fatto. Invece, 
accanto a opere del Morelli, del Palizzi, del Fa- 
vretto, del Delleani, del Costa, le quali per al¬ 
tro suggeriscono il desiderio di una mostra re¬ 
trospettiva senza tuttavia soddisfarlo, poiché non 
può certamente bastare a costituire una mostra 
retrospettiva un acquarello del Morelli, due qua¬ 
dretti del Favretto e uno del Palizzi; accanto 
a questo tentativo necessariamente embrionale 
di esposizione quale avrebbe dovuto farsi e non 
| si fece a V alle Giulia, troviamo esposte opere 


- Donne Iagana lavoratrici di cestelli. 


che se il Comitato Ferrari-Pica rifiutò ebbe mille 
ragioni di rifiutare e che la commissione degli 
Indipendenti avrebbe fatto assai bene a non ac¬ 
cogliere, nemmeno a titolo di solidarietà di corpo. 
Dico, per tacer delle cose mediocri, di cinque 
deplorevoli tele riunite della sala XIII : Gli scavi 
nella Basilica Emilia di Nino Carnevali, Nau¬ 
frago di Domenico Pennacchini, Nella pineta di 
Giuseppe Monti, Fcriolo di Alfonso Muzii, Mar¬ 
mar ole da Misurina di Leonida Rossignoli; e 
poi dei Romani al Trasimeno di Lemmo Rossi 
Scotti e specialmente di quella enorme allegoria 
di Massimo Gallelli, Visione epica, tronfia e goffa, 
farcita di tutto il rifrittume retorico di un Cin¬ 
quantenario per provinciali, alla quale il Cata¬ 
logo dedica mezza pagina di una didascalia che 
vai la pena di riferire: 

“Nel giorno glorioso in cui la Patria dimo¬ 
stra a sé stessa e alle Nazioni sorelle l’opera di 
civiltà compiuta in cinquantanni di unità nazio¬ 
nale, spontaneamente il suo pensiero si rivolge 
all’Eroe che possentemente contribuì a ricom¬ 
porla col genio e coll’amore. 

Allora, in un impeto improvviso di ardenti 
memorie, l’onda gloriosa delle Camice Rosse e 
l’Italia colle sue Provincie invadono il Gianicolo, 
e, acclamando e spargendo fiori, si raccolgono 
ai piedi del Nume leggendario. 

E il momento solenne in cui la Patria prende 
morale possesso di Roma, in nome del nuovo 
diritto, che le deriva dalle opere compiute. 

11 Signifero pianta finalmente l’Aquila Romana 
sul suolo della terza Roma civile. La Vittoria 
che fu sempre ancella fedele di quell’Aquila do¬ 
minatrice, le si inginocchia dinanzi in segno di 
persistente devozione; e l’Adolescente, simbolo 
della nuova generazione, prostrato, bacia con 
ardore e riconoscenza infinita il drappo tri¬ 
colore. 

II Buccinatore depone la buccina: le lotte hanno 
tregua nell’osanna della Patria ricoscente.... „ 


Indubbiamente tanta corrività ha nuociuto alla 
mostra. Ma conviene anche osservare subito che 
le cose belle non vi fanno difetto e bastano a 
compensare largamente delle altre. Ricorderò 
anzitutto sette tele di Antonio Mancini, il trion¬ 
fatore di quest’anno, fra le quali un Ciociaro at¬ 
tira irresistibilmente per la potenza quasi ma¬ 
gnetica dell’occhio, e sette disegni di Vincenzo 
Venuto di una saldezza c di una vigoria asso¬ 
lutamente scultorie. Due piccole cose squisite, 
Pastorella _ e Guidatnce di tacchini, espone anche 
il Michetti, quasi per far maggiormente rimpian¬ 
gere i suoi troppo lunghi silenzi. Di Adolfo Fe- 
ragutti-V isconti c’è una Iagana, o, per inten¬ 
derci, una “india lavoratrice di cestelli,,, che 
mi pare abbia ancora guadagnato nei ritocchi 
subiti dopo la prima presentazione alla “ Per- 






































LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


299 



L. B o m p a r d. - Ritocco. 


Ruscello e in Lungo il naviglio si ripete tropP 0 
e peggiorandosi. Ariosissimo e netto senza lec¬ 
cature, simpatico di toni è Azzurro ligure, una 
seria benché un po’ decorativa marina di Mario 
Agrifoglio, cui potrebbe far riscontro, più mo¬ 
destamente, il Promontorio di Pesaro di Niccolò 
Severino. Notevoli ancora, in fatto di paesaggio, 
il / 'espro in Basilicata, sensazione turchina di 
Andrea Petroni, un diligente Arco di Settimio 
Severo di Paul Gutscher, un ristora di Cesare 
Bertolla, un po’ nel gusto di Pasquale Stanislao 
Mancini, un Abbeveratoio di Filippo Anivitti, Alle 
fonti del Clitumno di Francesco Santoro, e spe¬ 
cialmente due vigorosi e movimentati studi, pieni 
di franchezza e di colore, di Riccardo Galli, Ca- 
valeata di nuvole e Genova in sole. 

Per la figura va ricordato un energico, solido 
Studente, un Toreador piuttosto fotografico e Pre¬ 
gando del Fabrés, alla cui mostra è stata giu¬ 
stamente dedicata tutta una sala; una Salomc di 
Alessandro Alexeeff, Maternità di Antonio Pic¬ 
cioni, una giovine donna ridente che scherza 
col boccio di un seno, Tradita, tela abbastanza 
drammatica di Francesco Longo Mancini, Lacri¬ 
mosa, in un buon tono rosso seppia, di G. B. No- 
dari, un vigoroso Autoritratto di Natale Atta¬ 
nasio, uno dei pochi siciliani partecipanti alla 
mostra, un ritratto di signora in abito di seta 
bianca di E. Gordigiani, un ritratto d’uomo a 
bianco e nero di V. Cadel e due nudi mediocri 
di G. Amisani e di F. Pansini. 

La scultura, finalmente, è ben rappresentata 
da cinque già noti gioielli del Gemito, fra cui 
il popolarissimo Pescatore e l'Acquaiolo, da una 
collezione di venticinque statuette e piccoli grup¬ 
pi di Costantino Barbella, pieni di vita, da un 
nudo di fanciullo di Salvatore Pisani, Al mare, 
squisitamente modellato e d’una eleganza so¬ 
bria, finita senza leziosità, da alcune buonissime 
cose di F. Ximenes, da un grasso e pastoso 
bronzo di G. Barbieri, Pubertas, e da due belle 
teste pure in bronzo di Giulio Starace e di Giu¬ 
seppe Gasbarra. 


* 

Ove volesse rintracciarsi, nell’assieme sem¬ 
pre un po’ caotico di una mostra di pittura ita¬ 
liana, qualcosa come un indirizzo prevalente o 
per lo meno come una tendenza diffusa, biso¬ 
gnerebbe rifarsi a un cotal spirito di intimità che 
sembra venire informando di sé lo studio della 
figura come del paesaggio. Non saprei trovare 
altra parola per designare quella tendenza a ve¬ 
dere nelle cose l’aneddoto, lo stato d’animo, 
1’ 11 interno „, così fisico come spirituale, più che 
la linea, il colore, l’aggruppamento. E pittura di 
genere : ma non è più la pittura di genere del 
Favretto o, che so io, dell’Induno: c’è sempre 
dentro una punta di commozione repressa, fra 
il sentimentale e il sensuale, un umorismo che 
non arriva al sorriso, più spesso una pensosità 
melanconica, anche quando sembrerebbe non es¬ 
servi che del procace. Al padiglione di Valle 
Giulia la tendenza è rappresentata daH’Innocenti. 
Qui c’è un sosia dell’lnnocenti, Carlo Corsi, che 
ne rifà i motivi e la tecnica nel Cofano e in 
Scatola d’oro. Ma c’è anche il Fabrés, il quale, 
pur essendo veramente troppo versatile e aperto 
a ispirazioni d’ogni genere perchè possa chiù- 


manente „ di Milano nel 1909; Misteri della notte ; Confidenze, due don¬ 
nine sdraiate che si raccontano qualche segretuccio d’amore; e uno studio 
per quelle Anime del mare che da lungo tempo tormentano la sua ine 
quieta fantasia col loro voluttuoso e ardito scorcio di donne supine 
L’Fsposito ha una bella Manna dove cinque paranze 1 una inalila al¬ 
l’altra fuggono svelte e oblique sotto il nembo imminente. 11 I cimasi 
lico una Figlia del Fattore, bimba dagli occhi luminosissimi in un ro 
busto colorito di giovani carni dorate dal sole. 11 Sartorio la semplice atte 
di presenza con un bozzetto della Pesca del tonno e qualcuno dei suo 
prediletti studi di Campagna romana. Sentito in alcune parti 1 Autunno ci 
Enrico Serra, il quale però lascia moltissimo a desiderare nella Madon 
nina e in Ninfa, due dei soliti effetti d’acqua e di sasso ormai stucche 
voli e fabbricati di maniera. Bizzarro, benché non del tutto convin¬ 
cente, il Diefenback in Orfeo e tramonto, dove il coloie appaio 
e lisciato in insensibili trapassi di tono. ... 

Ma quanto sempre più interessante e maschio Ermenegildo 
Egli espone La famiglia del pescatore, che fu già assai favorevolmente 
notata a Milano nel 1906, Giorni d Estate, un. paesaggio pieno c 1 , 

ciò, e Le sorelle, due mezze figure di donna in abiti sgargianti e un po 
antiquati, intente a guardare fuori del quadro come persone vive, con 
occhi d’una intensità passionale bruciante e due sorrisi analoghi ma 
una gradazione sottilmente studiata e nettamente usa. te e e 
colore è trattato un po’ alla Monticelli, con do\ ì/ia e as o, ..... ‘ 

mistura di gemme, vero elemento di gioia» e d°\e u av < 1 . 

mantenuto ?on un gusto e un senso della misura personal, porosi. 
Carlo Balestrini, del quale v’ha una Nevicata a Milano, un Caccia 
una Sera in Maremma, una Stalla con mucche c ddte ft 'o> c allo 
mi pare vada facendosi invece sempre pm opaco e sp > . 

affrettato e di superficiale; e altrettanto potrebbe dirsi del Gola, elle in 


convin- 
s fumato 


Agazzi ! 



Ermenegildo Agazzi. - Le sorelle. 

























3 oo 


LE ESPOSIZIONI D.E L 1911 




L. Bompard, - Ritratto. 


La famiglia del pescatore. 


ticrsì entro uno speciale ordine d’idee, dimo¬ 
stra in parecchie delle tele esposte di posse¬ 
dere a un grado assai alto codesto spirito d’in¬ 
timità. Particolarmente espressivi mi sembrano 
i suoi due studi di intimità muliebre: Moderno 
tn toilette, una donna seduta allo specchio da¬ 
vanti a una finestra, e Toilette al sole, una bimba 
in rosa che si pettina innanzi a un caminetto. 
Sono due figurine viste per di dietro ma forse 
per tale assenza del volto più suggestive, rese 
con uno stile netto, liscio, discreto, che dà una 
impressione di fresco, come una casa di cam¬ 
pagna. Più complesso, più perturbante Luigi 
Pomparci in Ritocco e in Pastello, dove la fem¬ 
minilità è studiata con intuito se non più sot¬ 
tile certo più franco c più denso. Il secondo dei 
due lavori specialmente, una elegante signora 
in abito turchino, con due occhi che guardano 
e pensano e una rossa bocca inquietante, è 
pittura robusta e solida, perfettamente equili¬ 
brata, e, quel che più conta, “ persuasiva „ c in¬ 
dice di un ingegno maturo e simpatico. Note¬ 
voli poi un Ritratto di Fabio Cipolla, una ele¬ 
gante ragazza in veste c toque marrone, seduta 
su una poltrona di seta chiara come il fondo; 
un altro di A. Severi, ragazzina con fiore e na¬ 
stro vermiglio; Desenchantee di Aldo Mazza; e 
nella categoria bianco e nero, le illustrazioni per 
libri di Aleardo Terzi, il quale è forse uno dei 
rappresentanti piti tipici del genere, il Guido 
Gozzano delle arti figurative. 

La tendenza verso questa comprensione in¬ 
tima della realtà risulta, come ho detto, anche 
nel paesaggio. Primo fra tutti il Casciaro, arti¬ 
sta incomparabile, interprete della natura di una 
penetrazione e di una raffinatezza mai raggiunta 
fin qui ed oggi soltanto emulata dai fratelli Ca- 
scella. Di lui ci sono degli Pici grigi e argentei, 
un prato Verde di un tono giustissimo e vari 
altri pastelli, La luna, Ischia, Nel cortile. Egli 
si attiene sempre ai lavori di piccole dimensioni, 
e questa sembra una caratteristica del genere, 
quasi l’intimità sognata tema di disperdersi in 
una tela troppo vasta. Così, piccoli paesaggi 
orientali presenta M. Rava, spesso ottenendo 
buoni effetti di luminosità, e graziose minuscole 


Le ultime inaugurazioni a Torino. 


I padiglioni della città, dello sport e della strada. 


I a mattina del 18 luglio, senza cerimonia 
speciale, ma con una semplice visita di auto¬ 
rità municipali e dei membri del Consiglio 
direttivo dell’Associazione dei Comuni italiani, 
è stato inaugurato il Padiglione della Città di 
Torino. 

Questo Padiglione sorge presso il Palazzo 
delle industrie artistiche, nella parte più pit¬ 
toresca e piti ombrosa del Parco del Valen¬ 
tino, assai grazio-o nelle sue lince esterne, 
elegante c signorile nell’interno. La materia 
vi e disposta con cura e gusto, c quella pili 
arida di statistiche, di carte, di diagrammi, 
con criterio logico e persuasivo. 

Notevoli tra l’altro, le fotografie di trenta 
edifici scolastici costati io milioni, e nume¬ 
rosi diagrammi relativi a quanto si è fatto 
per la pubblica istruzione a Torino, dove 
l’antica percentuale del 22 per cento degli 
analfabeti è oggi scesa all’r.25. 

Molto interessante la sezione delle aziende 
municipalizzate: acquedotto, tramvic elettri¬ 
che, impianto elettrico, ricche di grandi fo¬ 
tografie, di disegni, di plastici e di modelli. 
Nel salone centrale s’erge una statua della 
Vittoria, dello scultore Rubino, ed è esposto 
il nuovo stendardo municipale col suo ricco 
cofano, dono delle città italiane nella ricor¬ 
renza del Cinquantenario dello Statuto, alla 
città di Torino. / Lr * 

II Padiglione dello sport sorge nella parte 
opposta a quello della Città di Torino, al Pi- 
ionctto. Nella sezione automobilistica predo¬ 
mina l’industria italiana; ma nel complesso 
degli stands predomina la Francia con una 
larga e ricca esposizione di prodotti sportivi 
o con attinenza allo spor/. 11 Padiglione non 
manca di varietà e di particolarità curiose. 
Lna ditta, ad esempio, di abiti sportivi espone 
dei mannequitts.... illustri. Ila vestito Briand 
da skiatore, presso Brisson che conduce Fal- 
lières in siiti a. 11 Presidente della Repubblica 
è in tenuta d’alta montagna, ma porta con 
molta disinvoltura la fascia della Legione 
d’Onoie a tracolla! 

In alto si librano due dirigibili ed alcuni 
aerostati, gonfiati da.... ventilatori e pruden¬ 
zialmente raccomandati ad uno speciale giuoco 
di corde. Di uno di questi aerostati può leg¬ 
gersi questo stato di servizio; io5 viaggi, tra 
cui un record d’altezza, 10.800 metri, ba - 
tuto il 3i luglio icor. Una tozza c rozza au¬ 
tomobile di 200 HP porta pure il suo stato 
di servizio: 228 chilometri e 3io metri in 
un’ora. La mostra dello sport ippico è rap¬ 
presentata da un solo cavallo, bardato, ma 
di legno. 

Attigua alla galleria dello sport ò la Mostra stradale. 
11 Municipio di Torino espone i vari tipi di pavimenta¬ 
zione cittadina, in legno, in marmo, in asfalto: la pro¬ 
vincia di Milano pubblicazioni e grafici sul servizio di ci¬ 
lindratura delle strade, sulla manutenzione, sul consumo 
chilometrico del materiale e campioni di brecciame. Mostre 
minori vi fanno altri Comuni e Provincie. Sonvi poi gli 
stands di ditte italiane; macchine poderose e strane adi¬ 
bite al perfezionamento della viabilità. 

E con queste tre ultime Mostre inaugurate l'Esposizione 
di Torino è ora veramente al completo. 


vedute di Roma G. Tinnaro. I grandi orizzonti, 
le grandi composizioni non tentano piti nessuno. 
Siamo troppo nervosi perchè l’impressione mo¬ 
mentanea non la vinca sull’impressione elabo¬ 
rata e meditata. Invece di un quadro grande e 
sintetico se ne fanno dieci piccoli e analitici. 
Certo il senso dell'intimità procede di qui. Ma 
si determinano anche delle lacune imporlanti. 
Chissà, forse arriveremo un giorno alla pittura 
tascabile.... Concetto Pettinato. 


















LE ESPOSIZIONI DEL 1 9 i i 


3 oi 


R O M A. 


ALLA MOS TRA RETR O S P ET T1V A 


DI CASTEL SANT’ANGELO. 









r?ì 







Nella Sala delle Armi (fot. Moiinarì). 


















































































302 


L E E S P O S IZIO N 1 DEL i 9 1 1 



Villaggio Somalo. - Kermesse Orientale. 


I MORETTI ALL'ESPOSIZIONE DI TORINO. 


Olororò.... Olorororò, Ah! Ali! Maria! — 
grida saltellando avanti ed indietro dinanzi al¬ 
l’ingresso della Kermesse Orientale, un moretto 
avvolto in un mezzo lenzuolo originariamente 
bianco ed ora del color delle nocciucle, mentre 
agita un piccolo scudo c brandisce una lancia 
che finge di lanciare contro le signore, le quali, 
a quella minaccia, scappano impaurite mandando 
certi gridi di cagnolino cui si pesti la coda. 

Egli si arresta soddisfatto del successo, dà 
una grattatina in testa per arrestare o fugare 
un nemico fastidioso in agguato entro la selva 
dei capelli crespini, tende la mano alle signore 
chiedendo insistentemente in pretto italiano : 
soldo, soldo, soldo, indi estrae da non so che 
tasca invisibile un pezzettino di legno di colore 
giallognolo, e con gesto rapido prende a fre¬ 
garselo sui denti e, dopo mostratone l’uso che 
è quello di pulirli e renderli bianchi, lo offre, 
fra una fregatina e l’altra, alle signore per il 
prezzo di quattro soldo; prezzo esagerato trat¬ 
tandosi.... di oggetto usato. 


Finita la sua toeletta dentifricia, l’unica che 
egli abbia mai fatto in suolo europeo, brandi¬ 
sce di nuovo la lancia e riprende a saltellare, 
ripetendo il suo monotono: 

Olorò, Olororò, Ah! Ah ; Maria! 

Parole eli colore oscuro che ricordano il Pape 
Satan, Pape Satan Aleppe del gran padre Dante 
e che forse hanno un identico significato il quale 
potrebbe essere anche quello d’invitare ad en¬ 
trare alla Kermesse od all’ Inferno. 


La Kermesse, per chi non lo sappia, è costi¬ 
tuita da un gruppo di costruzioni con pretese 
di stile orientale, chiuse entro un recinto ove, 
dopo pagato l’ingresso, si ha diritto di vedere, 
sempre a pagamento, in diversi chioschi, pic¬ 
coli spettacoli di danze e canto egiziani, di danze 
e canti giapponesi, eseguiti da gheishe.... napo¬ 
letane, ed altri spettacoli di curiosità orientali 
e nostrane, veramente commoventi.... per la mi¬ 


sera sorte che tocca a quei poveri esercenti di 
non riuscire col meschino incasso neanche a pa¬ 
gare il fitto del locale! 

Nel centro della Kermesse, entro un secondo 
recinto, è il villaggio Somalo, d’importazione e 
d’industria privata, da non confondersi con quello 
ufficiale annesso al Villaggio Eritreo, esposti en¬ 
trambi dal Ministero degli Esteri come saggio 
delle nostre miserie coloniali in Africa. 

Alla porta di questo secondo recinto è un se¬ 
condo moretto il quale, saltellando, brandisce 
la lancia, si gratta la testa, si pulisce i denti 
con un pezzettino di legno che offre poi galan¬ 
temente alle signore, come il suo compagno di 
fuori e come lui v’invita ad entrare ripetendo: 
“Pape Satan, Pape Satan Aleppe,,, cioè no: 

Olororò, Olorororò ! Ah! Ah! Maria. 

Parole di colore oscuro del valore di una lira 
— il prezzo del biglietto d’ingresso. 


Questo secondo girone dantesco si compone 
di un recinto senza capanne, attorno a cui sono 
piccole nicchie di legno fatte con tramezzi d’assi 
segnate con scritte indicanti le diverse profes¬ 
sioni di quei moretti: Fornata, Stovigliaio, Ar¬ 
maiuolo, Cuoiaio, Orefice, Scultore, Danzatrice 
dell’ Abissini a, Scuola, Operaia di paglia. Ma dalla 
fornaia che siede per terra con un marmocchio 
in braccio e vi segna col dito la pancia promi¬ 
nente per impietosirvi del suo stato interessante, 
agli scolari che all’appressarsi di ogni curioso 
ripetono una loro tiritera: Odi, Odi, Anzichenò 
soldo, soldo, ed alla Operaia.... di paglia, al la¬ 
voro di quei diversi professionisti si riassume 
nella caccia al soldo; una caccia spietata ed 
insistente a cui è impossibile resistere e sot¬ 
trarsi. 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI * Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 
FUORI CONCORSO AE/ABRO DELLA GIURIA 


Basta guardarli ed è un soldo che parte dalle 
vostre tasche per passare nella nocca di un loro 
fazzoletto sporco entro cui ciascuno di essi tiene 
il proprio tesoro. 

Davanti a ogni nicchia è un piattello per la 
questua, e ve ne ha uno persino davanti alla 
casa di Dio, un capannone a cui, forse per le 
molte mosche che alberga, vien dato nome di 
Moschea. Ivi un ministro della fede nel fervore 
della preghiera, s’inginocchia, bacia la terra e 
v’invita col gesto a deporre un soldo nel piat- 
tellino. 

1 guerrieri poi (che sono una quindicina ed 
hanno il ruolo di saltellare e vociare e fare 
mille gesti; armati di scudo e lancia, su di un 
piccolo palcoscenico in fondo al recinto di fronte 
all'ingresso), sono addirittura eroici nella caccia 
al soldo spingendo l’eroismo sino alla richiesta 
di un soldo bianco, vi circondano da ogni lato, 
offrendovi cartoline e bastoncini per pulire i 
denti, e non è facile sottrarsi a quell’assedio. 
Par d’essere dentro Makalè. 


I Io dovuto capitolare aneli’ io nonostante il 
proposito di non volermi arrendere ed ho com¬ 
prato qualche cartolina. Per mancanza di rame 
ho pagato con una moneta da due lire, e ne fui 
contento, perchè ciò mi ha dato mezzo di co¬ 
noscere i progressi di quella gente sulla via 
della civiltà. 

Alla vista del soldo bianco mi si sono fatti at¬ 
torno in parecchi per assistere alla sistemazione 
del conto. 

II venditore, disciolta la nocca del fazzoletto 
ripiena di monete di rame prese a rendermi il 
resto, silenziosamente, mentre i sopravvenuti 
contavano i soldoni che egli mi dava. 

Uno, due, tre, cinque. 

— No, quattro, — corressi, mentre i compari 
continuavano : sei, otto. 

— No, sette, — corressi di nuovo. 

Diedi loro della canaglia; ma non ebbero l’aria 
di risentirsene, agguantai la nocca del fazzoletto 
sporco del mio venditore e presi il resto da me, 
felicitandomi con loro del frutto ricavato dai 
milioni da noi spesi là giù. 

























LE ESPOSIZIONI DEL 


1911 


3 o 3 


1 Io voluto dare uno sguardo alla cucina, ed 
il cuoco, interrotta la sorveglianza sulla cottura 
di un suo intruglio che mandava odore di ran¬ 
cido mi ha teso la mano chiedendo: “soldo,,, 
idem la operaia di paglia, idem i suonatori di 
tamburello, seduti presso l’ingresso. 

Nè basta gettare il soldo entro una profonda 
vasca d’acqua che è nel centro del recinto per 
sottrarlo alla caccia; due ragazzini, guizzando 
come pesci, vanno a pescarlo sott’acqua in 
fondo. 


Finita questa prima parte del programma, 
della caccia al soldo dello spettatore, si passa 
alla seconda parte, costituita da una fantasia 
guerresca che si svolge sul piccolo palcoscenico. 

I guerrieri, scalpitano saltellano e si scontor¬ 
cono girando su sè stessi, accompagnando que¬ 
sta loro danza guerresca con un canto gutturale 
e monotono; lanciano le freccie contro un ber¬ 
saglio di legno, si dividono in due squadre e 
Ungono un assalto; per ricominciare poco dopo 
lo scalpitio ed il coro cadenzato e monotono. 

— Non le pare, — osserva filosoficamente 
uno spettatore piemontese ad una signora che 
le sta vicino, — che in loro lingua questi be¬ 
stioni ci diano del burrich ? 

— Non oserei dirle di no, — risponde sorri¬ 
dendo la signora. 

Finito lo spettacolo.... scalpitante, un cicerone, 
dal palcoscenico, v’invita ad entrare nella casa 
del capo, una baracca a cui vien dato il nome 
pomposo di harem (ingresso 25 centesimi), ove 
alcune ragazze, le meno brutte della carovana 


ballano a suon di piffero e di nacchere una spe¬ 
cie di ballo sardo. 

Il pubblico, che oramai ha esaurito la prov¬ 
vista degli spiccioli, scappa impaurito. 

Lo spettacolo è finito, se siete rimasti con¬ 
tenti fatene parte agli amici e conoscenti. 


Poco appresso alla Kermesse è la Somalia 
ufficiale annessa al Villaggio Eritreo. 

Questo secondo villaggio somalo è costituito 
da alcune capanne rotonde, coperte di paglia e 
fatte di bastoni così da parere tante gabbie co¬ 
lossali, entro cui passano la giornata, sdraiati 
per terra alcuni somali. Il villaggio è custodito 
da alcuni nostri ascari, custoditi alla loro volta 
da qualche nostro soldato il quale ha il compito 
di accompagnarli per via perchè non si facciano 
schiacciare dalle tramvie. 

L'occupazione degli ascari nei due villaggi 
somalo ed eritreo è la vendita delle cartoline la 
quale, a quanto pare, è l’unica industria del 
luogo. Vi si vede pure un ascaro a dipannare 
una matassa rossa da un arcolaio infisso su di 
un asse; ma la matassa è sempre la stessa e 
bisogna credere che egli faccia per finta o per 
esercitazione.... guerresca. 


Dal villaggio somalo, per un ponte in legno 
a cavalcioni su di una pubblica strada si passa 
al / 'illaapio Eritreo. 


entro ad una capanna di stuoie, sempre intenta 
a fabbricare cestini, avendo una grande cura di 
non lasciarsi vedere il viso ricoperto da uno 
straccio di colore, tanto deve essere brutta, e 
dal pittore cristiano. 

Egli è continuamente occupato a dipingere 
certe sue cartoline d’arte primitiva, diremo così.... 
preraflfaelliana dai colori vivi, molto apprezzate 
dai critici.... d’Abissinia e che vende in Italia 
per il prezzo di 35 centesimi l’una. 

Un prezzo enorme sul mercato di Addis-Abeba. 
Lavora pure in ritratti, ma, per un’abitudine 
della ma no dell’artista, essi rassomigliano più 
all’artista che al ritrattato. 

Per darvi un saggio della sua arte pittorica 
non osando, per riguardo a mia moglie, ripro¬ 
durre il mio ritratto per cui ho posato mezz’ora, 
vi riproduco una cartolina, da inviare con un 
saluto alla suocera per farle paura. 

Alle diciotto d’ogni giorno i due villaggi si 
chiudono ed i moretti vengono accompagnati in 
altro locale più riparato, nell’ interno della città 
ove pascano la notte. 

Alcuni ascari i più intelligenti, conoscono già 
la topografia della città e girano da soli anche 
per vie ove la loro pudicizia corre qualche pe¬ 
ricolo. 

Alla mattina alle nove sono di nuovo all'Espo¬ 
sizione per riprendere la loro parte nella com¬ 
media ufficiale in questa Mostra delle nostre mi¬ 
serie coloniali. 

Lino di essi, una mattina, giunse in vettura. 
Discese, estrasse da un gruppo del suo fazzo¬ 
letto dieci centesimi e fece per pagare. 

Il vetturale protestò dicendo che gli erano 
dovute due lire. 

Ma l'ascaro convinto del suo buon diritto, ri¬ 
batteva: Pagato sempre due soldi, sempre due 
soldi. Andare Torino due soldi. Qualcuno inter¬ 
venne per spiegargli che questo è il prezzo di 
una corsa in tramvia e non in vettura; ma non 
ci fu verso di convincerlo, e se il vetturale volei 
essere pagato dovette rivolgersi al capitano che 
ha la sorveglianza di tutta la legione ascara di 
guarnigione in Torino. 


1 torinesi li guardano con simpatia e sorri¬ 
dono di simili scenette italo-africane pur con¬ 
vinti però che lo spettacolo non vale davvero 
i milioni ed il sangue clic è costato all’ Italia. 

Toga-rasa. 


Il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

18 luglio. - Turino. Inaugurati senza cerimonie i Padi¬ 
glioni della città di Torino, dello sport e della strada. 

rp „ — Inaugurato il Padiglione della Costa Azzurra. 

20 „ Roma. Nel Padiglione in Castel Sant’Angelo inau¬ 
gurato il Congresso Nazionale della mascalcia. 

„ „ Torino. Arriva il vice-re d’Egitto, Abbas II, accom¬ 

pagnato dallo zio principe Abmed Fuard. Parte il a3. 

22 „ Roma. Violento temporale verso le i5.3o ha inon¬ 
dato tutta Roma, producendo alle Esposizioni danni 
per 3oo mila lire. 

„ „ — A tarda notte arrivata a Roma la missione abis¬ 

sina, che poi visita i monumenti e le Esposizioni. 

24 „ — Nelle prime ore del pomeriggio sono arrivati da 
Fiumicino a Roma i motoscafi della Crociera moto¬ 
nautica Venczia-Roma. 

„ „ Torino. Arriva da Venezia il re Giorgio di Grecia. 


Anche questo pseudo 
somalo si compone di 


-CHI VA Al BAGNI 

0 alla campagna, 0 si motto in viaggio, non trascura di portarsi qual¬ 
che libro per lo oro d’ozio 0 di noia che non mancano mai. Oggidì, con 
tanto varie e bollo produzioni, c’è imbarazzo nella scelta. Vi piacciono 
le novità alla moda, che hanno levato grande rumore nel mondo? 
Ecco il romanzo della Vi vanti il mistero di d’Annunzio L> ', il romanzo 
nazionalista di Corradini 3 ), il romanzo storico della Molcgari 4 ), le no¬ 
vello delizioso del Zòccoli 5 ), il poema tragico della Guglielminetti u ). 
Preferite romanzi sentimentali e drammatici ? prendete l’ultimo romanzo di 
Grazia Deledda, Net deserto (L. 4 ', l’ultimo di Neera, Jduello d’anime (L. 4 ). 
il nuovissimo di De Roberto, La Messa di nozze (L. 3 , 50 ), le novelle di 
Capuana 7 ), le Storie amorose del conte Gallarati Scotti tra il sacro ed 
il profano 3 ), le Fiabe tirila 1 'ir tu, di quel potente umorista eh’è Alfredo 
Panzini (L. 3 , 50 ), un romanzo a sensazione di Flavia Steno °). 

Volete ridere semplicemente senza pensarci sopra ? Prendete tutto Gan- 
dolin, cominciando dalla Guerra in tempo di bigiù (L. 2 ), e le Novel'e 
g ije di Folchetto(L. 3 , 50 ). e il Capitano Tremolate/radi Giulio Bechi (L. 3,50 . 

Volete qualche cosa di casto e puro per le vostre ragazze ? Potete 
prendere quasi tutto il De Amicis, tutto il Castelnuovo, tutto di Grazia 
Deledda, specialmente Anime oneste (L. 3 ), VAngelo <li bontà del Xievo (L- 1 T 
tutta la Werner. 

In fatto di teatro la più grande novità del giorno è ... il vecchio 
Shakespeare nella nuova traduzione di Diego Angeli. Per ora non c’è 
che la Tein/ està, in edizione elegantissima (L. 2). 

Nel teatro moderno Sem Benclli dà il suo quinto dramma, Il Man- 
tellaccio (L. 3 ); Butti due nuove commedie fortunatissime, Sei paese della 
fortuna (L. 3). Sempre così (L. 4 ): Tumiati fa seguire il Carlo Alberto 
dalla Giovine Italia (L. 3 ) ; Praga ristampa il suo capolavoro, La Aloglie 
Ideale (L. 2). Vi raccomandiamo ancora il teatro di Riccardo Selvatico rac¬ 
colto ed annotato da Antonio Fradeletto, Commedie e poesie veneziane (L. 4 ). 
e quattro commedie spaglinole dei fratelli Quieterò Alvarcz riunite in 

un volume (L. 3 ). ... ... 0 

Volete argomenti più scrii, ma sempre trattati m modo brillante, 
passerete delle ore deliziose coi nitrat i d’Artidi deTOjetti (L- 4 ). con le 
Memorie appassionate della baronessa Savio (L. 7 , 50 ), coi saggi letterarii, 
femministi e nazionalisti, di Scipio Sighele 1 ")- . 

Per la vostra salute, potete consultare il bagno d aria del dot¬ 
tor Lahmann, ampliato dal nostro dottor Ry (L -)• 

Gli sposi in viaggio di nozze faranno bene a portare con se il Libro 
della giovane sposa del dottor Stura (L. 2 ), lo nuo\e lettere di Maicel 
Próvost a Francesca maritata (L. 3 ), e magari la sullodata Mes a 1 1 no~~e 

del De Roberto. . „ 

Se poi non volete spendere più di una lira, avete da scegliere fra 

800 e più volumi della Biblioteca Amena, che ne ha per tutti 1 gusti. 

Non vi basta ancora? prendete il Catalogo Ire ves, che vi offre ben 
2377 volumi tutti di sua edizione, e nel Catalogo che si manda gratis 
(a chi lo chiedo con cartolina doppia) troverete pure 1 ritratti di ben 

261 autori ed autrici. 


villaggio come quello 
poche capanne, ma in 
muratura, ricoperte 
di paglia; attorno ad 
una capanna più 
grande dovrebbe es¬ 
sere la chiesa, a giu¬ 
dicarne da tre pietre 
sonore appese a tre¬ 
spoli di legno e de¬ 
stinate ad esercitare 
le funzioni di campa¬ 
ne. In ogni capanna 
vi è un professioni¬ 
sta.... sdraiato per 
terra. 

Il tessitore si puli¬ 
sce continuamente i 
denti, il cuoiaio è 
sempre intento a cu¬ 
rarsi.... i piedi, il ri- 
camatore, come le si¬ 
gnore in villeggiatura 
od ai bagni, lavora 
da tre mesi attorno 
ad uno stesso piccolo 
ricamo, 1’argentaro 
dorme sempre, sve¬ 
gliandosi solo per ti¬ 
rare schioppettate a 
chi lo richieda del 
prezzo di alcuni og¬ 
getti di filigrana che 
ha in vetrina. 

Il lavoro è rappre¬ 
sentato là dentro solo 
da una vecchia ac¬ 
coccolata per terra 


Edmondo De Amicis 

A completare la collezione Troves degli scritti di Edmondo De Amicis 
si aggiungono ora ( 1911 ) raccolte in un volume le due opero: 

SPERANZE e GLORIE. 
LE TRE CAPITALI. 

Nella prima opera sono riuniti i più importanti discorsi d’argomenti commemorativi 

e sociali, dei quali ecco l’indice : 


1) J Divoratori, rom. di Anno: N ivanti. L. 0 . 

2) Il Martirio ili San Sebastiano, di Ga¬ 

briele d'Annunzio. Mistero composto 
in ritmo francese, volto in prosa italiana 
da Ettore Janni. L. 3,50. 

3) La guerra lontana, romanzo di L.muco 

Cokkadini. L. 3,50. . 

4) La città del Giglio, romanzo storico di 

Dora Melegari. L. 5. . 

5) Donne e fanciulle, novelle di Li ciano zi c- 

coi.i. L. 3,50. 

Dirìgere commissioni c vaglia ai 


6) L'amante ignoto, poema tragico di Ama¬ 
lia Gugi.ìklminetti. L. 4. 

i) La voluttà di creare, novelle di Luigi Ca¬ 
puana. L. 3,50. 

S) Storie dell’Amore sacro e dell’Amore pro¬ 
fano, del conte Gai.i.arati Scotìi. L. 4. 

9) 7 /ultimo sogno, romanzo di Flavia 
Steno. L. 1. 

10) Reti’Arte e nella Scienza, saggi letterarfi, 
di Scino Sighele. L. 3,50. 

Pelli Treves, editori, in Milano. 


Per una distribuzione di premi. 
Per l’inaugurazione di un cir¬ 
colo universitario. 

Per la guestione sociale. 


Per il l.° Maggio. 

Per Giuseppe Garibaldi. 
Per Gustavo Modena. 
Per Felice Cavallotti. 


Nella seconda opera si trovano i tre meravigliosi scritti su le Tre C aj) itali 

(Torino - Firenze - Poma) 


Un volume in -16 di 330 pagine: DUE LIRE. 


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chino e tagli dorati. . . - . . .115 — 
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ducci. 770 jmg. a 2 colonne con 616 ine. IL — 
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Edizione di lusso su carta distinta. . 30 — 
Log. con dorso di marocch. e tagli dor. 45 
Edizione popolare, in-8, bel formato di 
libreria. Un volume di 760 pagine a 2 colonne, 
con la vita dell’autore, e 500 disegni interca¬ 
lati nel testo.10 

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Edizione per la pioventi), espurgata sia 
nel testo, sia nelle incisioni. È nello stesso 
formato in-8, 680 pagine a 2 colonne con 450 
disegni intercalati nel testo .... 10 — 
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testo, da 40 incisioni intercalate nel testo e da 
iniziali figurate ad ogni canto .... 30 — 
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o dal ritratto dell'autore, 340 pagine in-8 grande 
con 81 riproduzioni di quadri celebri . 10 — 
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volume in-4 di 5(50 pagine, con r>I incisioni 
nll’nvqnaforte e 354 incis. in legno . 60 — 
Con legatura a colori e fregi d’oro. 75 — 
ld., con dorso rii ma rocch. o tagli dor. 85 — 

L’Arte attraverso ai secoli, T*è.-°5$ 

di 544 pagine, con 518 incis. e 67 tavole. 35 — 
Gnu legatura a colori e fregi d’oro. 45 — 

JsPPIlP RnmntlP d * I’ogliadhi. 20 tavole 
Oblili nuilhlllt, in fototipia, tirate avanti 
lettera... 

Scene Medioevali, 

avanti lettera . . . 

Scene del Risorgimento Italiano, 1 ! i, I 

TANIA. 20 tav. in fot., tirate avanti lettera 10 — 

I Fìnrì 40 tavolo originali a colori di T. Che- 
l i IU11. razzi e A. Ferraguti, con testo di 
T. Gobi e A. Pucci. Legate in nn sol volume 
con coperta in tela e oro ornata a colori. 50 — 
L’opera si divide in quattro parti diesi ven¬ 
dono anche separatamente: 

Fiori ili Primavera. 10 — 

E'iori «l’Estate. 10 _ 

Plori (l’Autunno. 10 _ 

Eiori <!'In verno. 10 _ 

Architettura e Scultura, ttSsM 

pagine con 313 incisioni. 5 — 


volo in fototipia, tirate 
.. ; IO 

E. 


L o Pittnr'i di L. Chirtani. Un volume di 644 
u tinnì u, pagine con 288 incisioni - 5 — 

L’Arte moderna in Italia, 

della Principessa Maria Della Rocca. Un ma¬ 
gnifico volume dì 387 pag. in-4, con 95 disegni au¬ 
tografi di Morelli. Dalbono, Mietetti, eoe. 25 — 
Legato in tela a colori e fr egi dorati. 30 — 

SCIENZA. 

L’Elettricità e le sue applicazioni, 

opera compilala dal conte Francesco Savor- 
unan di Brazzà. In-4, con 471 incisioni o4 ta¬ 
vole colorate.8 — 

Legato in loia o oro. 

Edi zione economica 6— | In tela e oro 9 — 

k Fnrfallo sa F£ io popolare di etoria natu- 
1 ul lullb, r;vl© sugli insetti, di F. Frax- 
UEscHiM. Nnova edizione con prefazione di 
P. Lioy e numerose aggiunte. Un volume di 400 
pag ine con 320 incis ioni.g _ 

Fisiologia dell’uomo sulle AlpiTS 

Mosso. Nuova edizione aumentata di tre nuovi 
capitoli e di 17 incisioni (i898). In-8 di 4 H 0 i );i _ 
g ine, con 48 tracci ati e 59 incisioni . L. 10 — 

La temperatura del cervello,ÌÒS^fn 

voi. in-8 con 49 ine. e 5 tavole fuori testo. 7 LO 


OPERE di DE AMflCIS. 

Marocco Un vo1 ' di 412 ps?*» c °.'. 1 


10 — 
13 50 


di S. Ussi e U. Bisèo. a 
Legato in tela e oro . . . 

Costantinopoli . di segni di i;. Bisce. 10 — 

Legato in tela e oro.13 50 

Con dorso di marocchino e tagli dor. 17 — 

b ulli militerò |; " volllTlie 400 pagine, 

Vlld Iullllaie. illustrato da V. Bignami, 

E. Matanìa, 1). Paolocci, G. Amato, G. Colan- 
toni ed Eduardo Ximenes. 3/ edizione . 6 — 

Legalo in tela e oro.9 — 

Legato in siile liberty. 8 — 

Pii A miri mostrato da Ett. Ximenes. Baule 
llll AIII101. paolocci, I. Farina, G. Colantoni, 
G. Amato, G. Pennasilico. Ih.” edizione. 4 — 
Legato in tela e oro.7 — 

Qnirrirontin Un volume di 420 pagine, con 
Olili ULLuIlU. 191 disegni di Ferraguti. 10 — 
Legato in tela e oro .13 50 


Plini’P Nuova edizione popolare in-8, iIlu- 
UUUl b. strafa da 110 incisioni di Arnaldo Fer- 
ragnti, K. Nardi e G. A. Sartorio. . . 5 — 

In tela e oro 8— I In stòle liberty. 7 — 

Alle Porte d’Italia. Ì 

disegni di Gennaro Amato.30 — 

Legato in tela e oro.13 50 

In marocchino o tagli dorati ... 17 — 

Mnt/ollo Fn Y °lume di 400 pagine, illnstr. da 
HUfbllb. 100 disegni di A. Ferraguti . 6 — 

In tela e oro 9— | In stile liberty. 8 — 

Nel Regno dell’Àmore. Slf iluslr ‘ sr ' I? 


vadori e R. Pellegrini 
Legalo in fola e oro 


Amato, R. Sal- 
7 — 
9 — 


STORIA. 

Qtarin rii Domo dalle origini italiche fino 
Olili la Ul nirllla, alla morie di Teodosio il 
C!rande, di Francesco Bertouni e illustrata 
da Lodovico Fogliagli!. Un volume di 700 pa¬ 
gine in-folio con 231 disegni.20 — 

Legato in tela e oro.30 — 

Edizione di gran lusso in-folio ... 40 — 
Legato in tela e oro o tagli dorati. 50 — 
Vi sono ancora alcune copio dell’edizione in-8, 
un volume di 1060 pagine con 230 disegni, le¬ 
gato alla bodoniana 20 — I In tela e oro 25 — 


|\/| n ri in p t/n dalle invasioni barbariche fino 
iliuil 1U Cfu, a tutto il 13(0, di Francesco 
Bertouni e illustrato da Lodovico Pogliaglii, 
Un volume in folio di 720 pagine, con 96 grandi 
quadri, edizione di gran lusso . . . . 45 — 
Legato in tela e oro .5j — 

Il Rinascimento USSlT il! 

Insti-, da Lodovico Pogliaghi. Un voi. in-folio di 
600 pag. con 73 quadri, ediz. di gran lusso. 36 — 
Legato in tela e oro ...... 46 — 

11 Settecento e il primo Regno d’Italia, 

di Francesco Bertouni. illustrato da Lodo- 
fico Fogliaglii fin corso di stampai. 


Il Risorgimento Italiano, a ISSsco 

Bertouni, illnstr. da E. Matania. Nuova ediz. 
in-folio di 826 pag. con 103 grandi quadri. 20 — 

Legato in tela e oro.30 — 

Edizione di gran lusso in-folio . . . 40 — 
_Legato in téla e oro.50 — 

Garibaldi e i suoi tempi, 

tr> da K. Matania. Un volume in-4 di 8o2 pagine, 
con 82 composizioni .storiche, 5)6 ritratti, 11 au¬ 
tografi di Garibaldi, 8 carte e piante . 12 — 

Legato in tela e oro. 17 _ 

Esemplari in carta di gran lusso . '. 20 — 
Con dorso di marocchino e tagli dor. 150 — 
Nuova edizione economica in-4, colle rnede- 
jnino illustrazioni 6 — t in fola e oro. 8 50 

La Vita ed il Regno di Vittorio Ema- 

IIMpIp II il* ùssari, illnstr. da Edoardo e 

nuoto u, Fortnnino Mutania. Un volume di 640 

pagine in-folio, in carta di gran lusso, con 20 
quadri a colori e 296 incisioni in nero . 40 — 

I.DirnfA in i-rtlii n „ .. 


Legato in tela e oro. 50 _ 

_Con dorso di marocchino e tagli d'or. 60_ 

Gnrih.llHi ! : -‘ sua vi<a narrata ai giovani dà 
uui mutui, Eugenio Checcbi. Jn-8, con 52 
composizioni di E. Matania, e della riprodu¬ 
zione di 23 monumenti innalzati a Garibaldi 
in Dalia 0 all’Estero. 


Fllnrlp P Rnmn ili J. De Fai.ke. Quadro sto- 
LlldllK c nui ld, nco e artistico dell’anti- 
clula classica. Un voi. in-4 con 37(1 incis. 25 — 
Con legatura a colori e fregi d’oro. 35 — 
Nuova ediz. in-8 leg. alla bodoniana. 15 — 
Legata m tela e oro.20 — 


n. m , n *D n „t inn ricordi del viaggio di Um- 

noma e.DerlinO, bertol a Boriino e di Gii- 

fjlielmo li a Roma (1888). Elegante fascicolo 
ìii-i massimo riccamente illu strat o • • 2 

Laiiattagiia di Màhdts, fm. 

numerose carie.® 

Legato in tela e oro. . . . • ■ • o ~ 

Armi ed Armali, 


Un volume di .532 


Roma V, aitali», & v. berse- 

uuiiia, /io, f. Bosto e E. De Amici? Un vo¬ 
lume m-4 di 650 pagine, con 300 incisioni 25 — 
1 ' ,I1 legatura ;i c f oiori e fregi 4 'oro. 86 _ 

Storia della Rivoluzione Francese ,}! 

vUnmT'u U0Va e , dizi . 0lie economica in due grossi 
fn ' -n ra| ' CSSlve L’óO pagine, con 150 ri- 
uara e incisioni .... in 

_L egato in tela e oro . . .' .' ’ 15 _ 

Cristoforo Colnnihn di n. A. Lazzaroni. 

nlessive ìun ? UU,U,,1UU ’ Lue volumi di com- 
I .. ive .. 0 pagane in -8 grande, con disegni di 
Lemme Rossi Scotti. Edizione comune lò- 
J - l, ‘ l ^mne di lusso, lega ta in tela e oro. 20 _ 

,i™“ i4el,aS(ori ^^^ 

con 0 8 incisioni. 5 

Drammi della Storia Italiana, 

s iato da L . Matania e V. Bignami . 3 _ 

Da Massaun n Snnti ,li Vic ° màxtèòaz- 

sne,!i/; D r a ^ a ( 111 , za, narrazione della 
spedizione italiana in Abissinia. Un volume di 
4.xi pagi ne con ib incisioni. 6 _ 

Viaggio m) del Re a Vienna e a Berlino 

I fattffif 0 i »' 4 con 7 gn.n- 

Viaggio di, di Guglielmo I in ItolTTiS 

scicolo in—4- massimo, con 19 grandi ine. 2 LO 


Monte Amiata e il suo profeta. Sù 8 4 

tavole a colori e 5.0 incisioni.10 — 

VIAGGI. 

Passeggiata intorno al mondo, Sn e 

di IIuhner. in-i, 60i pag. e 462 incisioni. 40 — 
Con legatura a colori e fregi d'oro. 50 — 

I n Qinilio di G. Vuii.eier. Un voi. di464 pag. 
Lui ululila, con 270 disegni dell’autore. 20 — 
Legato in tela e oro.30 — 

Firenze e la Toscana, sJggi, J Mon T nm?ntt 

Costumi e Ricordi storici. Un volume in-4 di 
512 pagine, illustrato da 367 disegni. . 30 — 
Legato in tela e oro e tagli dorati. 40 — 
Con dorso di marocch. e tagli dorati. 45 - 

Le rive dell’Adriatico e il Montenegro, 

di Cardo Yriarte. Un volume in-4 di 58-x pa¬ 
gine. con 257 incisioni e 2 carte . . . 2o — 
Con legatura a colori e fregi d'oro. 30 — 

Napoli e i Napolitani, iLirStoda^'ì?: 

menise, E Dalbono e E. Matania ... 15 — 
Legato in tela e oro.19 — 

Escursioni nel Mediterraneo e gli 

emui Hi Prot'i (U Aa g EEO Musso, luì \o- 
oLaVl Ul ul Kld, lume in-8, con 187 incisioni 
0 2 tavole fuori testo.lz — 

Le origini della civiltà mediterranea. 

Saggi e ricerche di Angei.o Musso. In-8, con 
187 incisioni e mia tavola a colori . . 12 — 

Tra Mussulmani e Slavi, HI:,'™ Si; 

87 incisioni fuori testo.fi — 

1 t QtiirYorn di Woldejiako Kaden, ili. da 
Ld uVlLAbld, Alessandro e Arturo Calarne. 
Un voi. in-4 di 630 pagine con 436 incis. 10 — 
Con legatura a colori e fregi d’oro. 15 — 
Edizione di gran lusso, su carta sopraffina, 

a larghi margini.30 — 

Con legatura a colori e fregi d'oro. 40 — 

Il Rplnin diCAini.i.oLEMONNiER. Due volumi 
11 uciyiu, di complessive 870 pagine illustrato 
da 318 incisioni e una carta geografica. 20 — 

^n'unii di Carco Davii.i.ier e Gustavo 
lld ujjdyiul, DokC. In-4, di 1026 pagine, illu¬ 
strato da 1449 incisioni di Gustavo Dorè. 20 — 

Legato in tela e oro.80 

Edizione speciale sa carta di lusso. . 40 — 
Legato in tela e oro.50 — 

l ’ flrionto di Schweiger-Lerchenfei.d. Un 
li Ul Ionio, voi. di 840 pag. e 216 incis. 15 — 
Legato in tela e oro.18 — 

I ’iflfln v Liggio nell’llidia Centrale e nel Ben- 
u IUU1U, gala, di L. Rousseekt. Un volume 
m-4 di 638 pagine con 383 incisioni . . 40 — 
Con legatura a colori e fregi d'oro. 50 — 

1,3 Hhim (ìi J - Thompson e t. Choutzé. In-8 
Ud uljllld, eli 420 pag. con 167 incisioni. 3 — 
Legato in tela e oro. 6 — 

La Cina dopo il 1900, 

lume in-8, con 88 incisioni e 2 carte . . 8 — 

Giappone e Siberia. SS ‘JLZ SS 

al seguito di S. A. R. il Duca di Genova, dei ge- 
aerale Luchino Dal Verme. Un ■volume in-4 
di oOO pagine, con 223 incisioni e 12 carte. 15 — 
Con legatura a colori e fregi d’oro. 25 — 

Il Giappone moderno, KiSiSI; 

06 O pagine con 192 incisioni 

Legalo in tela e oro . . r. 

Il Giappone nella sua evoluzione, fj“ e 

ricordi duna campagna nell'Estremo Oriente 
compiuta con la R. Nave Vettor Pisani durante 
gli anni 1903-1904 da Adeeeredo Fedele. Con 
20 incisioni e 6 grandi quadri a colori . 10 — 

7 Isola di Jsnkalin (ÌI I>AOi ° labbé, con 

U r, 1 l , ùdl ><Uin, prefazione e noto del 

prof. Ricchien. Con 98 incisioni . . 3 50 

La Crociera del “ Corsaro „ alle Az- 

7firrP Cap. E. A. D’Alhertis. Un volume 

lui 10 , in-8, con 21 incisioni e 7 carte. 6 — 

La Crociera del “ Corsaro „ a San 

Rfill/fldnr Pri ma terra scoperta da Cristo- 
UtUftlUUl, foro Colombo, del Cap. E. A.D’Ae- 
iìertis. lii-8con 35 incisioni 6,5 tavole. L. 3 50 

Periplo dell’Africa, “aS' 

m-8, con .>40 incisioni e 3 carte a coloi i. 2n — 
Legato in teli e oro.22.50 

Alla ricerca delle sorgenti dei Nilo, 

viaggi celebri di Grani, Burton, Speke e Baker. 
Un volume di 638 pag 1 . con 144 incisioni. 4 — 

Diciotto mesi al Congo, 

con 2 carte c 38 incisioni. 350 

i m a • 1 . n. ■ ~ rrr--— 


DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TRE VES. 


che rii. Un volume di 3(0 pagine con 163 inci¬ 
sioni e. mia grande carta geografica. pi _ 
Legato,in tela è oro .... ' là r n 

Alla urrà dei 

regione.percorsa da G. Bianchi. Un volume di 
608 pagine illustrato da 103 incisioni ‘>n_ 
Legato in tela e oro . ’ 94 _ 

Edizione economica, illustrata ' ' V,0 

Legato in tela e oro ... . ; 22 '?q 


I viaggi di Livingstone. pagine,illustrato 

da 89 incisioni e 3 carte geografiche. . 4 — 


Come Ito attraversato l’Africa cSa. 

tlantico all'Oceano Indiano per regioni ignote 
di Serpa Finto. Due volumi di complessive 524 
pagine, con 167 incisioni e 8 carte . . 20 — 

Attraverso il Continente Nero, Tor^u 

del A ilo, i grandi laghi dell’Africa Equatoriale 
e lungo il fiume Livingstone fino all’Oceano 
Atlantico, di li. M. Stanley. Un volume in -8 
grande con 150 incisioni 0 7 carte geografiche, 
fra cui una grandiss. dell'Africa Equat. 12 — 

Viaggi alla ricerca di Livingstone, e 
Attraverso il Continente Nero, di ST A “' 

lev. Un volume in -8 di 550 pag., con 102 incis., 
il ritratto dell’autore e 5 carte geografi 4 — 

Come io trovai Livingstone, sta?;.® 3 ?: 

Viaggi, avventure e scoperte nell'Africa Cen¬ 
trale, compresi quattro mesi di residenza col 
dottor Livingstone. Un volume in -8 grande con 
58 incisioni, 5 cavie e una pianta ... 4 — 

Viaggi, avventure e scoperte attra¬ 
verso l’Africa Equatoriale, stane Vv! 

Un volume con 45 incisioni e una carta. 3 — 

Nell’Africa tenebrosa, Ri^rSinberafio: 

ne e ritorno di Emiri, governatore delia provin¬ 
cia equatoriale. Due volumi in- 8 . 3. a ediz. 25> — 
Legato in tela e oro.30 — 

Emin pascià, capitano Casati e la ri¬ 
bellione aH’Equatoria. fili priìffil eli 

avventnrenell’nltima delle provincia de] Sudan, 
di H. M. Stanley e Moenteney-Jedhson. Un 
voi. in -8 di 466 pag., con 47 incis. e 1 carta. 10 — 
Legato in tela e oro. 12 54) 

Un po’ più di luce sull’Africa tene- 

hrnCT relazione sulla Spedizione Tedesca per 
Uluod, Emin Fascia, del dott. Carlo Peters. 
Un volume di 560 pagine, con 32 tavole, 80 in¬ 
cisioni 0 una carta ........ 12-50 

Legato in tela e oro.15 — 

Nell'Affrica Italiana, 

tini. Nuova edizione riveduta dall'autore, con 

150 incisioni e 2 carte.5 — 

Legato in tela e oro. 8 — 

Una gita all’Barrar, mi u/tot™.' 

in- 8 , illustrato da 62 incisioni .... 350 

Il Marocco e l'Europa, 

me in- 8 , riccamente illustrato .... 350 

Una Crociera del yacht “Sfinge,, Se 

Marocco), di Cesare Imperiale di Sant’An¬ 
gelo. Con illus'razioni di A. Della Valle. 4 — 

Innloei 0 Rnori attraverso l’Africa Austra- 
lliyiool 0 DUbl 1, tee il Transvaal, di Adolfo 
Fossi. Con 2 n' ritratti, 60 incisioni e una grande 
carta a colori del Teatro della guerra . 2 50 

Phiponn r l’Esposizione UnircrsaleColombia- 
UlIlUiyU na del 1893, di E. Bruwaekt. 3 — 

Il Diario di un Viandante. 'fSfShv, 

di Antonio Beltramkmi. In- 8 , con 68 inci¬ 
sioni in nero e 12 tavole in tricromia , 8 — 

1,3 Vom Viaggio di scoperta del passaggio 
LiU “byti. Nord-Est tra l’Asia e l'Europa del 
barone A. E. Nordenskjold. Due volumi di 
complessive 782 pagine, col ritratto dell'autore 
468 incisioni e 18 carte . 26 — 

La nuova spedizione in Groenlandia, 

del barone A. li. Nordenskjold. Un voi. di 550 
pag. con 139 ine. e 5 carte in cromolitogr. ]2 — 

Le ultime Spedizioni Polari. 

nuli*- : La Spedi:ionc. Jlodgers alla ricerca 
della Jeannètie; La Spedizióne Qreely , 0 Gli 
affamati al l’olo Lord. Un volume di 424 pa¬ 
gine con 137 incisioni e 2 carte. . . . 13 — 

In mezzo ai ghiacci. 

1000 pagine con 321 incisioni e 1 carta delie 

regioni polari (1888) . 6 — 

Legato in tela e oro . 9 — 

Da Eschimese fra gli Eschimesi, £ 

Ki.utschak, racconto delle avventure della spe¬ 
dizione Schwatka alla ricerca di Franklin. Un 
volume di444 pag., 43 ine. e 3 carte googr. 8 — 

L'Anima del Nord. 

Lorreaia, Siena e Danimarca. Un volume in- 8 , 
con 189 incisioni . ]0 — 

il Passaggio Nord-Ovest, 

140 incisioni e 3 carte geografiche . . ]0 — 
Legato In tela e oro . . . . ’ , 13 _ 

Vprsn il Pnin del ca fi- li se. Memo- 

VKtòU II rUiU OUU, rie della Spedizione 
antartica diretta dal prof. Nordenskjold. Un 
volume m- 8 , con 148 incisioni 0 carte' . 5 — 

Alla conquista del Polo Sud.lìfS 

TON. Due voltimi in -8 grande, con 275 incisioni, 

]_ tavolo a colori e una grande carta . 30 — 
Legati in tela 0 oro . . . , . , 35 | 

La Scoperta del Polo Nord, | Sf™ 

ln- 8 . con 400 incisioni, 8 tavolo a colori’e una 
grande curta , , , .. j- _ 

Da Pekino a Parigi in automobile, 

Hoi/lm VANN1 JH ' Taiu - 13 '- In ' 8 > con 66 fotoin- 


1 1 i.iio-iiiiii/M/ 11,1 ? < ?°I ,er t 0 od avventure nel 
lino vni £, - ,lia A a J <1 * Tibet, dì Sven Redine 
Due volumi 111 - 8 , con 397 dis. e 12 carte. 25- 
■Liegati 111 tela e oro. 30 _ 


EDIT0R1 ' 1N MILAN0 - VIA 

























































































































































































































Nel grande Salone del Libro: lo stand Treves (disegno di Aldo Molinari). 


FASCICOLO 20 . 




























,io6 


LE ESPOSIZIONI DEL r 9 r i 



11 Pti h b 1 i c o a Piazza d’ Arnii. 


TIFI, 


MACCHIETTE. 


FIGIJEE. 


Lo spettacolo, vario e curioso, incomincia ad 
appassionare, dopo aver visitato numerose volte 
l’Esposizione; dopo avere, cioè, ammirato ad 
una ad una le bellezze qui raccolte, dopo es¬ 
sersi impresso nella mente le magnificenze qui 
rievocate, quando nulla di nuovo si ha da vedere. 

Allora, chi ha preso 1 abito di recarsi ogni 
giorno a gironzolare nelle varie mostre, inco¬ 
mincia a sentire il bisogno di vedere qualcosa 
di nuovo, di godere qualche altro spettacolo, di 
riposarsi un po con delle altre e differenti im¬ 
pressioni. Lei ecco clic si guarda intorno e, s’è 
dotato eli spirito acuto, s’accorge che v'è qual¬ 
cosa di originale, di curioso, di interessantissimo 
da osservare.... torse pili interessante di tutto il 
resto. 11 signor pubblico, precisamente; il signor 
pubblico che si affolla, si agita, ride, parla, sen¬ 
tenzia in un modo speciale.... nel modo del pub¬ 
blico delle esposizioni ; il signor pubblico, che 
piglia qui dei caratteristici atteggiamenti, forma 
uno spettacolo degno di studio^ uno spettacolo 
sempre allegro, sempre umoristico, sempre di¬ 
vertente. 

E non voglio parlare della solita coppia di 
provinciali, venuti qui con il biglietto d’andata 
e ritorno — durata giorni tre — dopo nume¬ 
rosi calcoli finanziari, assillati dal doppio biso¬ 
gno di veder tutto,in poco tempo e di spendere 
il meno possibile. E la coppia che conosciamo 
troppo bene, per averla vista anche in altre oc¬ 
casioni: lui grasso, rubicondo, vestito di nero, 
con un colletto di colore.... indecifrabile, ma con 
una grossa catena al panciotto; lei vestita con.,., 
eterogenei in lomenti — camicetta di seta “ come 
usava cinquantanni fa „ gonna di lana cangiante 
~ coperta da un cappello che sa le tempeste e 
che è stato rinfrescato per l’occasione. Tutti e 
due girano affrettati, stanchi, con il v iso rosso 
dalla congestione, con gli occhi spauriti, con il 
sudore che cola da ogni poro, con le gambe che 
vorrebbero piegarsi, e che debbono invece cam¬ 
minare. Entrano nei padiglioni, cercano di com¬ 
prendere qualche cosa, capiscono nulla, e si 
guardano soddisfatti. 

— Bello? 

— Bello. 

L continuano la loro via-crucis, miseri e sco¬ 
nosciuti eroi del “ biglietto ridotto „. 

Berciò non vien da ridere, vedendoli; chè 
anzi, il cuore si stringe allo spettacolo della si¬ 
gnora con il cappellino di traverso e gli abiti 


polverosi. Si pensa che anche questi poveri di 
voli avranno una loro casa, dove lei potrebl 
continuare nella sua occupazione favorita di pr 
parare le conserve per l’inverno, e lui potrebl 
divertirsi a sciogliere le sciarade. E invece. 
Più divertente è lo spettacolo del pater fami li, 
seguito dalla numerosa prole, a cui intende spi 
gar tutto con minuzia e con calma. L’Espos 
zione per questo signore deve essere un luos 
istruttivo; e per ciò si è andato preparando n 
merosi giorni avanti sulle guide speciali, che 1 
avuto cura di leggere ai suoi figliuoli. Ma il bel 
è che, venuti qui, i suoi rampolli hanno ur 
voglia matta di divertirsi e guardano con ocelli 
“in cui il desiderio passa ad ondate,, il te 
trino di pulci nella e più ancora la fabbrica 1 
confetti o il forno del pizzaiuolo napoletano. $ 
possono, scappano via, sordi ai richiami del p; 
dre che vede così fallire il suo scopo d’istri 
zione; e quando, dopo qualche tiratina d’ore< 
chia o qualche silenzioso pizzicotto, sono ricot 
dotti al dovere, essi fingono di ascoltare quant 
viene spifferando il loro genitore intorno a Is; 
bella d Estc, o alla sala dei notaci di Perugia 
ma in realtà sbadigliano pulitamente; non con: 
prendono una parola; si mostrano la lingua 
vicenda; mentre la sorella maggiore — che pos 


a signorina 


guarda con occhio languido 


a segue e che s’affanna a tii 


giovanotto, che 
fuori ì polsini e a prendere delle pose croie 

1 erchè non è a dire come sia galeotta que; 
esposizione! Scommetto che questo ottobre 
numero dei fidanzamenti — c’è una statisi 
anche di essi ? — non dico dei matrimoni, sì 
quintuplicato. 

L il fatto avviene naturalmente, senza che 
poxeia vittima abbia tempo a premunirsi e 
difendersi, i lo visto dei giovanotti — speci 
mente studenti — venuti a Piazza d’Armi c 
onesta intenzione di osservare l’Esposizioi 
onde avere materia da raccontare ai parenti 
provincia Ma.... l’uomo propone e la don 
dispone. Ecco qui un pajo d’occhi neri, una - 
pigliatili a corvina, un viso d’angelo, una g 
ziosa persona, insomma; e tutti ì propositi v< 
gono scompigliati. L’incauto giovanotto si las< 
adescare e da quel momento potete giurare c 
1 gli seguirà la.... maliarda, incapace di vede 
qualsiasi cosa, desideroso solo di ottenere u 
sguardo e un sorriso. 

L uno spettacolo che fa pena; e qualche vo 


vi verrebbe la voglia di accostarvi all’ingenuo, 
di pigliarlo sotto d braccio e di dirgli: 

— Mio caro amico, lascia stare quegli occhi, 
e pensa invece a divertirti, magari andando a 
vedere le lotte cruente di Rinaldo e di Mandriano 
al teatrino catanese. Pensa che, dopo, ti sentirai 
più allegro e che se continui così, senza avve¬ 
dertene, ti metti peruna strada tutta irta di spine 
c die conduce nientemeno che al matrimonio.... 
borse, allora l’amico si sveglierebbe; ma.... 

Naturalmente V Esposizione di Piazza d’Armi 
è il luogo preferito dalle coppie, specialmente 
quelle che sono infelicitate dalla compagnia dei 
genitori di lei. Si sa che mammà e papà sono 
sempre lieti di chiudere un occhio sulle tene¬ 
rezze dei due futuri sposini; ma, ecco, lo vo¬ 
gliono chiudere decentemente, senza che nes¬ 
suno — nemmeno, direi, essi stessi — se ne ac¬ 
corgano. E questo è il posto buono. Con tutte 
queste casette della Mostra Etnografica, con tutte 
queste viuzze spopolate, con tutte queste como¬ 
dità viene proprio il desiderio di allungare il 
bi accio attorno alla vita della compagna e di 
daile un bacio. Specialmente, poi, se le ombre 
della sera sono già scese e i rispettabili geni¬ 
to! 1 si sentano tanto stanchi ed abbiano biso¬ 
gno di 1 iposo. Che volete t Quel nuraghe de¬ 
sei to è lì a due passi; e Venezia sussurra i 
suoi inviti, e la fontana posta accanto alla stalla 
di San branceseo sa nascondere tanto bene con 
il suo chiocchiolìo il suono dei baci. 

Domandate a una simile coppia che cosa pensi 
dell’Esposizione e sentirete che elogi! Ma se vi 
sono degli incauti che vanno a vedere la Mo¬ 
sti a Etnografica e finiscono per prendere una 
cotta; vi sono pure i “professionisti,, della ri¬ 
cerca femminile. 

Si conoscono a prima vista con la loro ele¬ 
ganza molto spesso di pessimo gusto, con le 
Uno pose ila don Giovanni, con il loro sorriso 
che vorrebbe essere ammaliatore. Sono tipi che 
nella loro modestia si ritengono irresistìbili, ca¬ 
paci di far cadere fra le loro braccia una donna, 
soltanto con il rivolgerle uno sguardo; e che 
vengono all Esposizione unicamente per seguire 
la prima signora che passi loro dinanzi, e per 
poter, poi, raccontare agli amici fortunate e for¬ 
tunose avventure, che non esistono mai. Ma 
sono esempi di costanza; poiché son capaci di 
importunare con la loro presenza una donna, 
anche se accompagnata dal marito, incuranti 
























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 T i 


307 



delle occhiate di sprezzo, delle sgarberie e, alle 
volte, di qualche insolenza mormorata a fior di 
labbra. 

Una sottospecie interessantissima di questi 
poveri di spinto è formata da quella classe di 
uomini cosi diffusa e così nota a Roma, e il cui 
unico intento è di far la corte — la chiamano 
così — alle straniere. 

Per costoro la straniera, sia pure brutta, rap¬ 
presenta la quintessenza dell'ideale femminile. 
E si capisce. Di solito le straniere non capi¬ 
scono l’italiano e quindi non si accorgono di ciò 
che vanno mormorando alle loro spalle questi 
instancabili pedinatori, per cui non c’ è mai caso 
che dian loro dell’asino e dell’imbecille, come 
sogliono fare invece le romane. 

Ora, dunque, che l’Esposizione è il ritrovo 
preferito d; gli stranieri, i sullodati signori hanno 
lasciato i marciapiedi del Corso e infestano con 
la loro presenza Piazza d’Armi. Ma sono inno¬ 
cui e il Comitato ci guadagna. 

E poiché siamo in tema — diremo così — pas¬ 
sionale includiamoci anche quel gruppo di per¬ 
sone che formano “ i patiti „ gli entusiasti dei- 
fi Esposizione. Si riconoscono dall’aria beata con 
cui vanno girando, dagli occhi luccicanti di pia¬ 
cere, dalle approvazioni ad alta voce che so¬ 
gliono prodigare per ogni cosa. Sono qui in 
tutte le ore di libertà, conoscono a memoria 
ogni luogo, ma vi ritornano per entusiasmarsi 
ancora, fanno amicizia con i vari “ gruppi „, sono 
conosciuti dai guardiani, a cui domandano il nu¬ 
mero dei visitatori giornalieri, e stanno tutti 
orecchi a sentire le approvazioni degli altri, come 
se fossero rivolti ad essi. Non trovano nulla, 
non dico di brutto, ma di meno bello, all’Espo¬ 
sizione; non v’c per essi alcuno inconveniente 
che non sia scusabile e s’affannano a gridarlo 
ai quattro venti, anche a chi non voglia ascol¬ 
tarli. Guai, poi, se sentono qualcuno dir male di 
questa o di quella cosa: guardano il temerario 
con occhiate sprezzanti, come se si trattasse di 
un somaro patentato, scuotono il capo in aria 
compassionevole, e, se l’altro insiste ignaro di 
avere alle sue spalle un “ patito „ sono capaci 
di farsi avanti e di attaccar discorso per salvare 
un’ anima dall’errore. 

Sono, in fede mia, divertentissimi; ed è bello 
vederli girare per i padiglioni appena inaugurati, 
con un libricino e un lapis fra le mani, intenti 
a pigliare appunti, esclamando ogni momento: 

— Bello! Meraviglioso! Delizioso! 

In contrapposto ad essi vi sono i pessimisti, 
nemici dichiarati, feroci, dell' Esposizione. Spesso 
sono delle persone a cui il Comitato ha avuto 
il torto di negare una tessera gratuita, ma il più 
delle volte sono in buona fede. Alcuni, anzi, in¬ 


cominciarono a dir corna dell’Esposizione prima 
ancora che fosse stabilito in che cosa dovesse 
consistere, dove dovesse sorgere, quale scopo 
dovesse avere. Non ne sapevano nulla c ne par¬ 
lavano male, come usano fare gli uomini, per un 
bisogno naturale di sfogare un po' di bile. I lanno 
naturalmente rincarata la dose, poi, quando 
fi Esposizione è stata aperta.... senza che essi 
l’avessero veduta. In sul principio giurarono che 
non vi avrebbero messo piede : poi a poco a 
poco si lasciarono persuadere a soffrire almeno 
una volta dell 'orrendo spettacolo. Figuratevi le 
gentilezze espresse ad alta voce all’indirizzo del 
Comitato! Per alcuni è bastato quell'unica volta; 
altri invece hanno preso il vezzo di recarsi ogni 
giorno a Piazza d'Armi ; dove, appena vedono 
un gruppo di persone intente ad ammirare qual¬ 
che cosa, con l’aria più sorniona di questo mondo, 
incominciano a far sentire i loro non chiesti 
pareri. 

— Che indecenza! Ma si son tutti iscimuniti! 

Dove si vede che è difetto umano attribuire 
agli altri le proprie qualità.... 

Appartengono alla specie degli appassionati 
anche i provinciali, o molti di essi, venuti espres¬ 
samente a Roma per questa Mostra. Ma sono 
degli appassionati speciali. Per essi l’Esposizione 
non consiste in altro che nel padiglione della 
loro regione, che dichiarano essere il piii bello, 
il più ricco, il piti magnifico; e nel loro gruppo 
etnografico che è invariabilmente il più caratte¬ 
ristico. La loro parzialità, più che offendere gli 
altri, commuove, tanto è naturale, e tanto essi 
sono sinceri nella loro ammirazione. Quel padi¬ 
glione, quel gruppo etnografico pare siano il ful¬ 
cro di tutta la Mostra; di là incomincia e là 
finisce la quotidiana visita che il provinciale la 
all’Esposizione. 11 resto non conta, il resto è in¬ 
feriore, il resto è una cosa superflua, messa 
quasi a far da corona e da seguito a quei due 
punti principali. E quanto più povero è il padi¬ 
glione — s’intende, in relazione agli altri, poi¬ 
ché in verità tutti i padiglioni sono belli e ric¬ 
chi — quanto più é comune il gruppo etnogra¬ 
fico, tanto maggiormente cresce l'appassionata 
ammirazione. 

Meglio, meglio assai questi, del resto, che 
non il gruppo dei refrattari, di coloro, cioè, 
che vengono all’ Esposizione senza incurio¬ 
sirsi di nulla, guardando distratti ogni cosa, 
incuranti di sapere che cosa riproducono le 
diverse sale, per le quali passano lentamente 
senza comprender nulla. Non è, dunque, la 
fretta, non è dunque il bisogno di far pre¬ 
sto che impedisce loro di apprendere qual¬ 
cosa; elfi essi anzi, ritornano qui parecchie 
volte, sempre con lo stesso risultato nega¬ 


tivo. È piuttosto l’apatia del loro animo che li 
rende refrattari c indifferenti. 

Non sono certo costoro che concorreranno a 
formare quei curiosi gruppi che si vedono ogni 
giorno a girare per fi Esposizione. Sono persone 
che non si conoscono, che non si parlano, che 
non si saluteranno nemmeno all’atto di lasciarsi, 
ma che la curiosità e il desiderio di sapere ha 
riuniti. Basta che una persona un po’ pratica 
spieghi a degli amici questa o quella cosa, per¬ 
chè subito intorno ad essa si accostino altri vi¬ 
sitatori, la seguano, l’accompagnino sempre più 
numerosi, la stiano ad ascoltare a bocca aperta. 
Qualche volta — molto raramente — il mentore 
improvvisato si annoja e pianta tutti; ma di so 
lito sorride lieto della muta ammirazione, di cui 
è fatto segno; e, fingendo di non accorger i del 
gruppo che si è accodato ai suoi amici, rinforza 
la voce e.... inventa con la più bella fàccia tosta 
di questo mondo le cose più strampalate c in¬ 
credibili. 

Ma bisogna parlare del romano, che va all’Espo¬ 
sizione. 

Ah, il romano; il romano vero, il romano au¬ 
tentico, il romano che conserva le sue tradiz oni, 
è il piii bel tipo di visitatore! 

Visitatore, per modo di dire, calmo, arguto, 
desideroso di non scomodarsi troppo, ma di di¬ 
vertirsi molto, a modo suo. 11 romano viene al¬ 
l’Esposizione di domenica, visita, o meglio at¬ 
traversa, un solo padiglione per volta; dà una 
capatina al gruppo sardo dove ingolla tre o quat¬ 
tro bicchierini ili vcrnazza , fa una sosta al gruppo 
napoletano, dove non manca mai di assaporare 
la pizza ; c infine dichiara candidamente, di aver 
fame, di aver sete, e di essere stanco, tutte cose 
che conducono al bisogno urgente di cercare 
un’osteria dove fare una merenda, una piccola 
merenda. Naturalmente l’osteria è li a due passi, 
nel recinto stesso dell’Esposizione, la merenda 
dura quanto l’eternità, i mezzi litri si accumu¬ 
lano sul tavolo; e il romano è beato, e sorride 
e parla bene della Mostra. 11 caroviveri? Ma 
esiste per un romano questo spauracchio del 
caroviveri ?... 

Alfredo Labratl 




1 N T ORNO AL PaDICLI O NE Lo M B A R I) O. 














LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


3o8 


TORI N O. A T TRAVERSO I PADIGLION I. 



Interno della Galleria della Mostra collettiva dell’Industria del Lavoro. 



UELLO 




1 KAAUt.SE E I EDESC; 
























LE ESPOSIZIONI DEL 


i 9 i i 


3c>9 



Venezia a Roma. 

L’Arte Veneta all’esposizione di Roma. 

IL PADIGLIONE VENETO ALLA MOSTRA ETNOGRAFICA. 


Fra gli edilìzi regionali, sorti per incanto in 
pochi mesi di febbrile lavoro e per una opero¬ 
sità geniale di pochi uomini, il Padiglione Ve¬ 
neto è forse quello che più riflette le caratteri¬ 
stiche linee dell’architettura paesana o, per lo 
meno, che meglio le specifica, per quella sua 
severa semplicità di stile rievocatore della ve- 
nezianità più bella e più perfetta. 

E ben fece Venezia e il Veneto, che pure 
tanti esempi, e di ogni secolo, avca da cui at¬ 
tingere r ispirazione per costruirne un edilìzio de¬ 
gno e maestoso, a scegliere le forme della Log¬ 
gia di Canàio, insigne monumento dell’Oriente 
che fu veneziano, opera fra le più belle dello 
scultore Sanmicheli, oggi ridotto una misera ro¬ 
vina, mercè le provvide cure artistiche del go¬ 
verno della Mezzaluna. 

La parte dell’edificio rievocante la Loggia di 
Candia è invero la più riuscita. È qui trasfusa 
tutta la superba severità della rinascenza cui 
l’architettura veneta deve il suo periodo aureo. 
I maestosi fìnestroni, le vaste arcate, semplicis¬ 
sime nel loro contorno monocromo, le colonne 
poderose e liscie, i capitelli, l’ampia gradinata, 
ogni particolare e architettonico e decorativo 
mostrano la cura intelligente con cui l’ingegnere 
Max Ongaro compiè l'opera sua. La loggia in¬ 
terna ed il grande scalone del cortile comple¬ 
tano la parte principale del palazzo cui una 
oscura tinta discreta richiama la 

dei tempi secolar bruna carezza. 

Le ali e la Torre — che vuol ricordare quella 
famosa, se non bella, dell'Orologio, eretta a \ e- 
nezia dal bergamasco Mauro Coducci, nel 1490 
— formano con la Loggia una mole organica ed 
euritmica, intonandosi allo stile Sanmicheliano. 


LIQUORE STREGA 

Ditta G. ALBERTI - Benevento 

Esposizione Internazionale - Milano 1906 
Esposizione Universale - Bruxelles 1910 

FUORI CONCORSO AE/nURO DELLA GIURIA 


Le Sale veneziane. 

Venezia ha costrutto, per proprio conto, quat¬ 
tro sale speciali: la Sala delle Arti, la Stanza di 
Sant'Orsola, la Sala della Nave e la Sala della 
Gloria. 

11 concetto della Commissione ordinatrice della 
Sala delle Arti, a capo della quale furono l’Je- 
surum ed il Salvadori, fu di riprodurre un ricco 
salotto del 700 veneziano, ove si vollero rac¬ 
colti i saggi migliori di quelle arti che diedero 
tipico carattere ad un’epoca nella quale ebbero 
vero predominio il buon gusto, la raffinatezza 
e lo sfrenato lusso. Ed ecco i dipinti preziosi di 
Alessandro e Pietro Longhi, di G. B. Tiepolo, 
del Canaletto, di Rosalba Carriera, di Marco 
Ricci, dello Zeiss; ecco le statuette di Antonio 
Gay e gli angeli del Marchiori. E intorno, in¬ 
torno la ricca mobilia dorata, le riproduzioni 
tiepolesche del Bardella, i damaschi e le stoffe 
del Trapolin, del Bevilacqua e del Rubclli; i 
ferri battuti del Bellotto, i cuoi del De Toldo 
e del Norsa, i lavori in argento del Passoni, 
i mosaici del Gianese, i vetri finissimi del 
Toso-Borella a quelli dei Barovicr, del Ferro, 
del Corsato e del Cori. Ed ecco infine i preziosi 
merletti dell’Jesurum e della scuola di Bucano. 

La Stanza di Sant’Orsola offre la visione del 
magnifico quadro di Vittore Carpaccio, conser¬ 
vato nelle RR. Gallerie di Venezia, detto ap¬ 
punto “11 sogno di Sant’Orsola,,. Augusto Se- 
zanne, studiando la magistrale pittura del grande 
illustratore della vita veneziana della seconda 
metà del 400 , e sagacemente interpretandola, 
stabilì la pianta e i prospetti della stanza; de¬ 
dusse le forme e le misure del mobilio — bella 
opera del Dal Tedesco — i colori e le decora¬ 
zioni; ricostruì l’ambiente, diffondendovi la eletta 
e mistica bellezza suggeritagli dal veneto artista 
glorioso. 

Con la Sala della Nave il Veneto ha voluto 
principalmente rievocare la sua gloriosa epopea 
marinara, le glorie e i trionfi di quattordici se¬ 
coli, la vita di una Regione che dal mare trasse 
la sua potenza economica e politica. “ Despon- 


samus te, mare.... „ Sembra vada gridando una 
dogai voce misteriosa dall'alto della prora do¬ 
rata della Bucintoro. “ .... in signo perpetuique 
domini! „ rispondono in coro le voci eroiche di 
Angelo Emo, di Vittor Pisani, dì Lazzaro Mo- 
cenigo, di Sebastiano Veniero e del Peloponne¬ 
siaco. Echeggiano, sembra, in questa sala azzurra, 
le anime di questi capitani antichi, di questi 
condottieri che furon grandi perchè audaci, e il 
visitatore, soffermandosi ad ammirarne la mar¬ 
morea, muta effìgie, deve sentir fremiti superbi 
e rammarichi senza fine. Quanti e quali tesori 
conquistati a prezzo di sangue, quale mondo, 
un giorno tutto nostro, oggi perduto! Ma in alto, 
sulla parete della Sala ov’ è un gran trofeo 
d’armi e di bandiere, una scritta ammonisce: 
“ Patria ai Veneti tutto l’Adriatico „, e più in là, 
accanto ad un fanale di galera, un’altra voce 
tuona: “ Non è mai tardi per andar più oltre! „ 
e il manoscritto del Poeta, infine, protetto dal¬ 
l’ombra della Bucintoro è aperto ov’è il grido 
di comando: “Alle Navi! Alle Navi!,,. 

La Sala della Nave fu ideata dall’on. conte 
Piero Foscari e dal pittore Vizzotto-Alberti — 
al quale si devono il bel pannello “ Le espan¬ 
sioni commerciali e coloniali di Venezia „ e 
quello “ Venezia navale vittoriosa in guerra „ 
— e fu allestita dall’ing. conte Colombini. 

La Sala della Gloria è quella destinata per i 
ricevimenti solenni e per i trattenimenti artistici. 
Essa tende a dar saggio delle energie decora¬ 
tive venete contemporanee in quanto, pure nella 
loro libertà, derivino dalle antiche tradizioni e 
tentino di continuarle. Lo 
sforzo è, se non in tutto, 
in parte, riuscito. 

Sul soffitto, tra due 
campi quadrati, un campo 
circolare accoglie la pit¬ 
tura di Ettore Tito : “ L’ 1- 
talia erede e custode dei 
tesori marini di Vene¬ 
zia „, opera d’intonazio¬ 
ne, tizianesca, dai colori 
discreti e severi, dal di- 

































3 io 


LE ESPOSIZIONI D E L i 9 n 


lì 


segno fermo e preciso, dall’inspirazione bella e grandiosa. Uno sfon o 
della Sala è formato da un palcoscenico, l’altro è tutto preso dal pan¬ 
nello centrale del trittico di Vittorio Bressanin: “ Venezia gloriosa per 
la sua sapienza civile e politica, per l’amore alle arti c alla guerra „. La 
pittura del Bressanin può sembrare uno sforzo di colori un po’ troppo 
arrischiato, ma l’autore cjui, come altrove, si addimostra un gran maestro 
dd disegno, impeccabile nelle grandi forme figurative. Tra le colonne 
stanno i due pannelli di Cesare Vianello il “fondaco dei Turchi,, e il 
"fondaco dei I edeschi „ e quelli di Carlo Donati 1 ’ " Arsenale „ c la 
“ Marittima 

Le Sale provinciali. 

Sono sette e tentiamo di scorrerle in fretta, non adunque con quella 
calma e diligenza con cui sono veramente degne di essere visitate. 

La Sala di 7 reviso figura una Corte d'Amore di quello scorcio del 
XIII secolo, 1 epoca più splendida e più significativa della " joveuse Mar¬ 
che del courtois Trevisan 

Il dott. Luigi Coletti, ideatore della sala e ordinatore assieme al pit¬ 
tore Antonio Carlini, è riuscito a rievocare splendidamente uno di quegli 
aulici ambienti, superbi di decorazioni ed affreschi, ove risuonavano i lieti 
canti e i suoni di mandòle, nelle gaie adunanze di giovani uniti a cele- 
biaie il Maggio e a discettare d’amore. Sono le pareti ornate con gli stemmi 
dei Da Camino, dei Cobalto, con affreschi tratti dal Roman de Trave, con 
motiva tolti alle grandi sale del Palazzo del Popolo e alla Loggia dei Ca¬ 
valieri. E qui espresso veramente quel movimento artistico ed intellet¬ 
tuale che avea recato nella Marca, coi trovatori, i bei modi di Provenza, 
coi cantori di gesta le epiche idealità dell’Isola di Francia. 

la Sala Padovana riproduce una stanza da studio del 3oo, in cui 
fu apogeo della grandezza patavina, allorché sotto il principato di Uber¬ 
tino, di Jacopo II e francesco il Vecchio, le lettere, le scienze e le arti 
ebbero la lor fioritura migliore, auspice Francesco Petrarca. 

. ^ piof. Andrea Moschetti, ideatore della Sala, si è maggiormente in- 
spuato ad una miniatura tedesca del XV secolo tratta da un dipinto a 
fi < sco, attribuito al Guaricnto esistente nella Sala dei Giganti in Padova 
< i{evocante il I oeta nella intimità severa del suo studio. I motivi deco- 
'jLfj * u,on Latti dalla Cappella Scrovegni, ricordo dell’immortale genio 
di Giotto, e dalla rappresentazione delle Arti Liberali che Giusto de’ Me- 
n a buoi fresco in Padova nella Cappella Cortellieri agli Eremitani. Com¬ 
pleta la stanza una riproduzione — non mi azzardo di dire se ben pro¬ 
porzionata e riuscita — del camino esistente nel Castello di Monselice. 

a -oV ila Veronese del 400 rievoca certamente l’epoca più gloriosa 
dell ai te scaligera. Il soffitto gotico ricorda la sagoma a carena di nave 
nelle chiese di San fermo e San Zeno a Verona; il dossale di noce si 
ispira agli stalli della chiesetta di Sant’Elena. 1 quattro pannelli tripli 
svolgenti la leggenda di Giulietta e Romeo — opera del giovine pittore 
Gaetano Miolato — rievocano lo stile, il gusto squisito dell'arte del 
1 isanello. 



S A L A T R E N T I N A. 



b A L A Veronese del Pisanello 
























































































i 9 i r 


LK ESPOSIZIONI DEL 


R O M A. I L P A D I G L I O N E E N E T (). 


3 i 1 



Sala della Gloria con 


IL PANNELLO O K L B R K S S A N I N. 



Vsjf 

>* 


' A J»K\ ; 


. 'v. 


V ENI'ZIA NAVALE VITTORIOSA. L I L s 

(Pannelli di G. Yizzotto Alberti nella Sala <tdLi Nave.) 


Il commerciali e coloniali. 




















































































I 

r 


» 


ROMA. IL PADIGLIONE VENETO ALL'ESPOSIZIONE ETNOGRAFICA IN PIAZZA D'ARMI. 



Cucina Friulana del t 4 o o. 



Sala Padovana. - Studio del Petrarca. 



Salotto veneziano del 1600. 


















































































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


3 14 


La Sala Veronese del 5 oo, detta la Sala dell’Alto Adige, o me¬ 
glio ancora, la Sala Trentina , vuol rievocare una stanza di udienza di 
quell’epoca, e si ispira all’ arte del Brusasorzi. Il fregio — opera del 
pittore Savini — rappresenta una scena trionfale, una cavalcata, quella 
che accompagnò l’ingresso in Trento del nuovo Vescovo di Castello, 
Bernardo Clesio, nell’ 8 settembre iSiq. Il soffitto in legno, a lacu¬ 
nari, a fregi in legno intagliato e dorato, ha le armi clesie in campo 
azzurro. 

L’ideatore di queste due sale fu il prof. Giuseppe Geroia, trentino, 
oggi direttore del Musco Civico di Ravenna. 

La Sala di Udine ricostruisce la cucina di un Castello Friulano, che, 
per le abitudini permanenti di quella gente, a qualunque ceto essa ap¬ 
partenga, è l’ambiente della casa dove la vita si svolge con predi- 
lezione. 

li prof. Giovanni Del Puppo che ne fu l’ordinatore, non ha nulla di¬ 
menticato degli arredi tipici che ornano una di queste cucine. Dai grandi 
piatti di rame ai boccali in ceramica, dalle curiose fiorentine ai lu¬ 
mini strani, dal girarrosto al macinino del caffè, alle secchie, al mor¬ 
taio, ai vasi di droghe, tutto è in bell’ordine sulle scansie, sui tavoli, 
sulle credenze, e, quel che più conta, tutti sono oggetti dell’epoca 
(sec. XVII e XVIII). E bello e maestoso, fra questo bazar, è il gran 
caminetto, che vasto e severo come un’ abside ricorda — oh ricordo ro¬ 
mantico! — quello famoso del Castello di Fratta immortalato da Ippo¬ 
lito Nievo. 

La Sala I icendna offre la riproduzione esatta di un gioiello del suo 
Palladio: la sala d’angolo del Palazzo Thiene. Essa ha la forma di un 
tempietto circolare con quattro nicchie ove sono le statue di illustri vi¬ 
centini, tratte dalla scena del Teatro Olimpico. I 16 quadri mitologici del 
soffitto sono copie di quelli dell’India e del Canerio, e il meraviglioso 
lampadario è del Salviati di Murano. 

Questa Sala sarà ricomposta a Vicenza, per restarvi, o nel Museo 
Civico o nel Teatro Olimpico, a custodia dei disegni e dei cimeli palla¬ 
diani. Ne furono ideatori i professori Vittorio Saccardo e Luigi Ongaro. 


Io credo che opera migliore e più completa non poteva fare il Ve¬ 
neto con questo suo palazzo, ove la visione esterna della Loggia, ol¬ 
treché essere un saggio delle meravigliose forme architettoniche di cui 
vanno ricchi gli innumerevoli palazzi veneti, è anche la rievocazione di 
antichi fasti e di antiche glorie repubblicane; ove le varie sale, nell'in¬ 
terno, formano, veramente, una ordinata rassegna dell’arte decorativa 
veneta a traverso ai secoli, danno saggi del genio di artisti famosi, ca¬ 
ratterizzano ogni singola provincia della Regione; ove infine, in ogni 
manifestazione, è dato campo a rievocazioni gloriose di storia, sono in¬ 
dicate le idealità che furono e sono nell’anima veneta, è dimostrato, 
infine, quali superbe energie questa stirpe abbia aifìdate oggi alla Nazione 
italiana. 

L Gixo Lucchetti.' 



Sala di Sant’Orsola con il letto. 



La Sala della Nave. 



























STTST 



ROMA. 


Veduta Generale dell’ Esposizione Etnografica in Piazza 


D A R M I (fot. Mazzantini). 


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13 ci i n o i z i s o d s 3 :ri 















LE ESPOSIZIÓNI DEL i 9 i ) 


3 i 6 



I L P ADIGLION E D E LEA G U E R R A. 


Le Mostre della “ più grande Italia „ a Torino, 

IL - LA O-XJEPtDR^- 

AL PILONETTO. - MOSTRE TECNICHE E PARCO DEI DIVERTIMENTI. - TOPOGRAFIA 
DELLA MOSTRA BELLICA. - PER LA DIFESA DEL PAESE. - IL DIORAMA E LA MODA. 

- BRONZI ARTISTICI E BRONZI TONANTI. - I NUOVI CANNONI. - L’ARTIGLIERIA DI ADUA. 

- LA CROCE ROSSA ATTENDATA. - ESPOSIZIONI NUOVE ED ANTICHE: ALL’ARMERIA I 


Quando, all’Esposizione di Torino, chiedete a 
qualcuno: — Siete stato a vedere la tale e la 
tal’altra Mostra al Pilonetto? — c’è il caso che 
quell’amico vi guardi in faccia torvo, con un’a¬ 
ria che, tradotta in parole, vuol dire press’a poco 
cosi: — O per chi m’hai preso? — Ed è sot¬ 
tinteso che a quella mostra egli non è mai stato : 
perchè per i torinesi eleganti e per i forestieri 
snobs le mostre del Pilonetto rappresentano qual¬ 
cosa come una foresta vergine, lontana dall’a- 
bitato, ne.Ua gitale j\i AàSmùP àUldiW iknna’ li ta¬ 
glialegna a raccogliere materiale.... da ardere, ma 
non i passeggiatori metodici e prudenti. 

E i passeggiatori metodici e prudenti hanno, 
naturalmente, torto. 11 Borgo Pilonetto è un 
quartiere remoto di Torino, sito oltre Po, e a 
ridosso del quartiere popolare, ma — natural¬ 
mente — ancora nel recinto dell’Esposizione, è 
stato elevato l’edifìcio delle Mostre riunite, che 
sono in gran parte mostre tecniche di grandis¬ 
simo interesse, e alle quali si dà appunto il no¬ 
me di costruzioni del Pilonetto. 

Vi si giunge dal ponte provvisorio che si di¬ 
parte dalla sponda sinistra del Po, poco oltre 
il ponte Isabella. E vi si giunge già preparati 
— dirò — a sensazioni severe perchè il ponte 
provvisorio abbandona la sponda là dove s’erge 
l’imponente costruzione dei lavori pubblici; ma, 
tutto intorno, sia di qua che di là del Po, è un 
folleggiare di persone nel cosi detto Parco dei 
divertimenti. La spensieratezza accanto alla scien¬ 
za.... E neppure è a dire che le Mostre del Pi¬ 
lonetto siano tutte strettamente scientifiche, cioè 
aride: sono mostre particolarmente significative, 
perchè dedicate alle industrie agricole, manifat¬ 
turiere, stradali, ecc., e non mancano' mostre di 
indole affatto diversa — e di non minore inte¬ 
resse: — quelle della Guerra e quella degl’ita¬ 
liani all’Estero. 

Della prima diremo oggi, avendo recentemente 
parlato della Mostra gemella della Marina, pur 
cosi lontana, — oltre Po; della Mostra degli Ita¬ 
liani all’Estero diremo una prossima volta, chiu¬ 
dendo così con una visione dì serena potenza 
civile il nostro vagabondaggio a traverso le mo¬ 
stre dell’Italia forte, dell’Italia avvenire. 

Il gruppo di costruzioni noto col nome di 
Mostre riunite, e — come raolt’altre della espo¬ 
sizione torinese — dovuto agli architetti Molli, 
Ecnaglio e Salvadori, è intonato allo stile gene¬ 
rale di tutta l’Esposizione, ed occupa un’area co¬ 
perta di ben 65 mila metri quadrati, genialmente 
interrotta da parecchi graziosi cortiletti interni 
ed effettivamente bipartita in due grandi corpi 
da un piazzale di 9000 metri quadrati, fronzuto 
e fiorito per le molte variopinte aiuole. 


La facciata, a chi giunga dal Po, appare mae¬ 
stosa: una grande cupola centrale alta 38 me¬ 
tri, e — tutto intorno — colonnati che uniscono 
le varie fàbbriche. Nello sfondo la collina verde 
del Pilonetto: in un piano più vicino, intravisto 
fra i colonnati, il grandissimo cortile d’onore. 
La gigantesca costruzione fu assunta dalla ditta 
Pasqualin e Vienna. 

Orbene, il grande corpo di gallerie a destra 
del cortile magnifico è occupato dalle mostre 
nììnutàt't'nn’ere (^industria della seta principalis¬ 
sima) dalle vinicole, e — in fondo — da un reparto 
di mostra agraria. 11 grande corpo di gallerie a 
sinistra del cortile è occupato dalla Mostra de¬ 
gli Italiani all’Estero che si affaccia dunque sul¬ 
l’atrio trionfale, e — in seguito — dalle Galle¬ 
rie della Metallurgia, delle Industrie chimiche ed 
estrattive, dell’Agricoltura (in fondo, sì che si 
riallaccia alla sezione corrispondente di destra). 

Chiusa fra le industrie chimiche e le agrarie 
aperta per molte porte sul cortile centrale, sta 
la mostra modesta intitolata alla Difesa del Paese . 

* 

Ed ora, poi che ci siamo fatti un esatto con¬ 
cetto.... strategico della situazione della Mostra, 
possiamo recarci a visitarla. La troviamo in pieno 
assetto bellico, ma non in proporzioni tali da 
poter rivaleggiare con la mostra della Marina. 
Come gli ufficiali dell'Armata sembrano nella 
vita, dei beniamini accanto a quelli dell’Eser¬ 
cito, così — in ogni Esposizione italiana — la 
Mostra della Guerra è più modesta di quella della 
Marina: scompare nell’ombra. 1 marescialli del¬ 
l’esercito qui “ comandati „, sono meno espan¬ 
sivi dei loro colleghi di marina. 

Additano, indicano,* spiegano con dignità con¬ 
tenuta. E non c’è troppo da spiegare. La Mo¬ 
stra è esposta in bell’ordine, e disposta con di¬ 
ligenza: una gran parte del materiale ci è noto 
per aver fatto la sua comparsa a Milano du¬ 
rante l’Esposizione del 1906. 

Anche qui si è adottato il sistema suggestivo 
ed efficace dei diorami, cioè di quadri plastici 
in cui son fermati “ soggetti „ d’ambiente mili¬ 
tare. Molte uniformi, le più eleganti, sono scap¬ 
pate laggiù — lo sappiamo — nel Palazzo della 
Moda, oltre Po, e fanno pompa di sè nei saloni 
mondani. Ma anche qui sono rimasti alcuni cam¬ 
pioni eleganti della milizia, in tenuta di campa¬ 
gna, ritti intorno a un generale giovanissimo (esi¬ 
stono generali così giovani nell’esercito?) che 
spiega il risultato delle manovre su una carta. 

E sono rimasti sopratutto i campioni più vi¬ 
gorosi, disseminati in altri diorami. 

Hanno esposto, oltre ad alcune ditte forni¬ 
trici dell’esercito, 1' Istituto geografico militare 


che presenta una serie notevole di carte mili¬ 
tari ; l’Arma del Genio, che ci presenta i suoi 
pontieri in molteplici operazioni di transito e di 
sbarco; il Commissariato, che ha raccolto an¬ 
che — e questa è una novità — i plastici di 
alcune caserme modernissime. 

La sezione piti interessante è quella dell’Ar¬ 
tiglieria. Vi si accede dopo una rapida scorsa 
data ai bronzi artistici fusi dalle fonderie del¬ 
l’esercito col materiale stesso onde uscivano ì 
cannoni (quando erano di bronzo....) Ammoni¬ 
sce da lontano il magnifico gruppo statuario 
Ultimo abbraccio, che rappresenta l’eroico arti¬ 
gliere di Adua morto sul suo pezzo, spasimando, 
11 i.° marzo 1896.... 

E sfilano ora, dinanzi a noi, i cannoni moder¬ 
nissimi, in corteggio simile a quello della gal¬ 
leria della Marina: i pezzi delle vecchie e delle 
nuove batterie Krupp, il novissimo pezzo a de¬ 
formazione protetto dallo scudo mobile. 

Oltre la Mostra della Guerra, quella della Croce 
Rossa: è il controveleno, dicono i pacifisti. E 
hanno ragione. Ma i belli umori rispondono: — 
Lasciateci fare la guerra, e poi avrete i vostri 
feriti.... se no, che state a fare anche voi? 

Intanto i feriti ci sono, di stoppa. Sfilano gli 
infermieri ciclisti nel diorama agreste, t:he li 
rappresenta in atteggiamento quasi georgico; e 
nel diorama alpino, su lo sfondo delle monta¬ 
gne dirute, gli infermieri alpinisti.... 

Fuori, nel piccolo parco che ci separa dalla 
Mostra dell'Areonautica.... di là da venire, le tende 
consuete e le baracche della Croce Rossa: mo¬ 
delli italiani, francesi, tedeschi. 

Mancano soltanto — mormorano sempre i 
belli umori — le dame della Croce Rossa. Le 
quali non si espongono, è vero: ma appaiono 
di frequente invece, come dame.... visitatrici. 

La Mostra della difesa del paese non offre 
altre risorse. Ci rifaremo con un pellegrinaggio 
interminabile nelle stupende gallerie degli Ita¬ 
liani all’Estero, che costituiscono uno dei veri 
successi dell’Esposizione di Torino. Ne gioiranno 
i pacifici apostoli dell’espansione economica, che 
vedono di tanto superiore la mostra della po¬ 
tenza civile a quella dell’armi. Niente affatto. 
Questo dimostra soltanto che, nelle prossime 
Esposizioni, occorre dare maggiore importanza 
— perchè risponda alla realtà — anche alla Mo¬ 
stra della Guerra. 

Intanto, a Torino, c’è un rimedio facile per il 
visitatore non pago: esca dall’Esposizione, vada 
in Piazza Castello, salga aU’Armeria Reale.... 
Vedrà la più gloriosa mostra d’armi che gli sia 
dato desiderare. 

Gualtiero Castellini. 


50 années triomphal succés; contre les TOUX usez des Pastilles Marchesini 

















































LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


3i? 


R () M A. 


A L E’ E S P O S 1 Z 1 O N E I) I 


B E L L E A R T I. 





































































































3 r 8 


LE ESPOSIZIONI DEL 1911 


Critiche giuste e critiche assurde 

ALL’ESPOSIZIONE DI ROMA. 

Lo scarso interesse del pubblico per le Esposizioni di 
Belle Arti era stato già notato qualche giorno prima che 
non lo facessero, con singolare a fiatamento, alcuni gior¬ 
nali di ieri e di oggi; e cioè 126 anni fa. Troviamo in¬ 
fatti che nel 1785 in occasione di uno di quei Salons 
biennali che eran dovuti alla munificenza del duca d’An- 
tin, era stato stampato questo epigramma: 

I! est au Louvre un galctas 
Où, d ins un oline solitami 
Les chauve souris et les rats 
Viennent tenir leur cour pltnière. 

CVst là qu’Apollon sur l«nr |>as, 

Di s Beaux-Afts ouvrant la barrière, 

Tous Ics deux ans tieni scs états 
Et vient piacer son sanctuairr. 

Scherzi: c — forse — frutti di quel disagio c di quel 
marasma civile in cui la Francia era immersa in quegli 
anni; poco dopo, la tormenta della Rivoluzione vivificava 
anche — come accade sempre — l’arte: la quale, sia detto 
per incidenza, per fiorir davvero, ha tutt’altro che bisogno 
di calma politica: nel 1798 — dico nel 1793 — il Salone 
del Louvre riuniva 628 quadri c 182 sculture: e del resto, 
chi ne volesse altre prove, pensi alla storia dell’arte e alla 
storia politica del Quattrocento e del Cinquecento in Ita¬ 
lia. F. pensi anche — ma chi sa se questo si può dire? 

— alla calma politica ... e artistica di questo nostro prin¬ 
cipio di secolo.... 

Comunque, quando, fra le Esposizioni da tenersi a Roma 
nel 191 r, fu compresa anche quella internazionale d’arte, 
era lecito sp rare e credere che se ne sarebbero interes¬ 
sati ugualmente gli artisti c il pubblico. Avvenne invece 
che gli artisti se ne interessarono meravigliosamente — 
ma il pubblico, no. 

Andiamo avanti. All’Esposizione di Belle Arti furono 
aggiunte anche un’Esposizione etnografica, una Mostra 
d’arte e di costumi largamente retrospettiva, e un’Espo¬ 
sizione archeologica. Roma, dunque, per celebrare la com¬ 
memorazione di una data gloriosissima per lei e per l’I¬ 
talia, ha messo insieme un complesso di Esposizioni ve¬ 
ramente magnifico. 

A Valle Giulia è sorta già una ideale città dell’arte, in 
cui dodici Nazioni, le piti colte e 1 ■ piti civili del mondo, 
hanno costruito ciascuna per sò un proprio edificio, rap¬ 
presentativo, anche nelle lince esteriori, del loro carattere 
artis ico nazionale: e vi hanno posto dentro — se pure, 
qua e là, con qualche inevitabile manchevolezza — il fiore 
della loro produzione artistica degli ultimi anni. 

Qualcuno anzi — come l’Ungheria e l’Inghilterra — 
ha voluto far di più: ha voluto offrire al visitatore del¬ 
l’Esposizione romana, il modo di passare in rivista, in 
un solo edificio, le maggiori sue glorie, i pii: preziosi te¬ 
sori della sua arte, non solo contemporanca, ma passata, 
ed è riuscita a raccogliere da cento parti, da Gallerie pub¬ 
bliche, da Collezioni private, da palazzi, da case, questi 
inestimabili tesori, che mai s’erano \isti c mai pili si ve¬ 
dranno raccolti insieme: e li ha affidati a Roma — mi¬ 
rabile omaggio (come degnamente e affettuosamente scrisse 
il ministro inglese) - della figlia alla madre. 

L’Italia, da signora di grande nobiltà, ricevette gli ospiti, 
vestita, certo, assai convenientemente, ma non in grande 
toilette: e pure il suo guardaroba era magnificamente for¬ 
nito, <• non le è mancato che la volontà di frugarvi den¬ 
tro Se abbia agito saggiamente, si può anche discutere 

- e noi l’abbiamo già fatto c lo faremo ancora — ma 
l’acconciatura un po’ modesta della padrona di casa di 
fronte al lusso degli invitati, non ha certo folto nulla allo 
sfarzo veramente regale del ricevimento. Chi ha visto — 
e lasciamo stare le vecchie e le minori — le duo ultime 
Esposizioni di Parigi, sa che in fatto di Mostre di Belle 
Arti, fra quelle c la nostra tanto è la superiorità di 
questa non v’è possibilità di paragone. 

Ai Prati di Castello si era detto di voler fare un’Espo¬ 
sizione etnografica: ma in verità si è fatto assai più e 
assai meglio. Primi di tutto di una landa deserta come 
la Piazza d’Armi si è fatto un luogo bellissimo al quale, 
per essere anche amenissimo, non mancano che alcune 
cose, che vi si possono ancora introdurre, e di cui par¬ 
leremo. Ma poi, intorno ad alcuni edifici centrali, assai 
ben costrutti nel loro complesso, e ai quali manca solo 
chi sappia convenientemente e praticamente utilizzarli, si 
lece una prima corona di edifici rappresentativi del carat¬ 
tere artistico clic è particolare a ciascuna delle maggiori 
Regioni italiane. E questi edifici, a cui ogni Regione volle 
dar l’opera delle sue forze migliori, riuscirono in fatto 
quali si potei a aspettare da un popolo che d’arte s’c nu¬ 
trito sempre, c ancora si nutre — aneli • se, forse per il 
"caro-viveri,, quest’alimentazione sia ora un po’ridotta.. . 
Ma alcuni di es i riuscirono veramente meravigliosi; il 
Lombardo, per esempio, per la varietà delle riproduzioni 
dei monumenti architettonici delle sue provincie e delle 
sale dei suoi palazzi: il Veneto clic all’esterno rispecchia 
in una sapientissima sintesi la caratteristica - leganza della 
miiabile citta, e nell interno olire alcune riproduzioni di 
vecchi ambienti, ugualmente interessanti per la loro in¬ 
trinseca bc lezza e perchè sono ignoti o mal noti ai più : 
lo Emiliano, al quale basterebbe la camera d’oro di Tor¬ 
chiara — se già non ci fosse stata la riproduzioni di altri 
insigni monumenti — per essere p oclainato una meravi¬ 
glia di buon gusto e di senso artistico. E il Piemonte vi 
da, riprodotto con fedeltà impressionante di linea e di co¬ 
lore, un Castello dei conti di Challant; e le Marche una 
solida ròcca massiccia in c i non so quanti bei motivi (e 
motiietti) della multiforme architettura marchegiana sono 
fe icemente innestati e fusi, e la Toscana e l’Umbria e la 
Liguria c la Campania c la Sicilia e l’Abruzzo e la Pu¬ 


glia c la Sardegna trapiantano sulle rive del Tevere o il 
loro classico Rinascimento, o il loro austero ancor soprav¬ 
vivente Go-ico, o il loro Settecento leziosetto, o, comun¬ 
que, le loro architetture del glorioso Medio Evo-, Non ba¬ 
sta; intorno a questa mirabile manifestazione dai te pura 
si svolgono, riprodotti non da speculatori, ma da artisti 
c da uomini dotti, gli ambienti della vita quotidiana di 
paesi italiani tra i piìi caratteristici: ambienti animati da 
costumi e da industrie in azione. V’è, per dirne uno solo, 
un angolo dell'alto Campidano, con le sue stradette, con 
l’inevitabile albero di fico che si sporge dal cortile, con 
le scale e i loggiati di legno all’aperto, che dà la pei fi tta 
illusione della realtà; cosi che quando dalle basse fìnc- 
strucole si vedono, all’interno, gli uomini e le donne di 
Sardegna, nei pittoreschi costumi, lavorare ai loro ancor 
primitivi telai, non si prova nessuna meraviglia.... 

Vero è che anche questo è stato biasimato e si è pai- 
lato di contraffazione c di mascherate. Ecco: le masche¬ 
rate si fanno (piando un italiano si veste da turco o da 
cavaliere medievale: non quando dei sardi o dei siciliani 
autentici si trasportano in un altro luogo coi loro costumi 
coi loro arredi, con le loro industrie. Ma poi, bisogna clic 
gli incontentabili i quali hanno visto tutto e sanno tutto, 
pensino a quei disgraziati che hanno visto pochissimo e 
che sanno pochissimo: bisogna bene un po’istruirli co¬ 
storo, visto che non si può fornirli tutti di un biglietto 
circolare per l’Italia; e che d’altronde anche il superuomo, 
probabilmente, ha visto il tempio di Menti o la Madonna 
di Raffaello clic è a Pietroburgo, riprodotti in fotografia, 
e li ha ammirati e ne ha tratti insegnamenti: pure, anche 
la fotografia di un monumento o di un quadro è una con¬ 
trafazione.... 

E andiamo a Castel Sant’Angelo: riproduzioni, in quel 
luogo pieno di memoria e di suggestioni, di ambienti del 
Cinquecento e del Seicento con mobili e oggetti d’arte c 
tappezzerie, tutto materiale preziosissimo e scrupolosamente 
autentico, dell’epoca: e una sala michelangiolesca che fa 
pensare e fremere; e un’Esposizione dell’arte degli stra¬ 
nieri a Roma, pazientemente ordinata e raccolta in mille 
luoghi, e alla quale basterebbero i cento disegni romani 
di Walter Ciane per essere agli occhi di ogni uomo che 
ami Roma e la Bellezza, una delle più interessanti c am¬ 
maestratimi E-posizioni del mondo; e raccolte di armi e 
di stoffe e di maioliche e una meravigliosa Mostra di to¬ 
pografia romana dal Medio Evo ai nostri giorni, quale sol¬ 
tanto una grande occasione come questa poteva permet¬ 
tere di raccogliere e di ordinare. 

E alle Terme di Diocleziano i calchi — oh certo sono 
anche queste contraffazioni del vero! — dei più insigni 
monumenti “ romani „ che Roma con imperiale larghezza 
seminò per tutto il mondo allora conosciuto, dalla Spagna 
all’ Ungheria, dall’Africa all’Asia, c di quegli altri monu¬ 
menti che le Provincie eressero in omaggio a Roma: Luigi 
Adriano Milani che, senza offendere alcuno, è il più dotto 
fra gli archeologi italiani, mi diceva giorni là che si fer¬ 
mava a Roma apposta per “ studiare „ nella Mostra ar¬ 
cheologica delle ferme .. 

Questa è l’Esposizione, ossia il complesso delle Espo¬ 
sizioni che il Presidente del Comitato e i suoi collabora¬ 
tori hanno offerto agli italiani e agli stranieri per cele¬ 
brar degnamente l’anniversario di quel giorno in cui l’I¬ 
talia, lompendo già virtualmente un giogo che essa e ogni 
uomo libero abborriva, era proclamata la Capitale d’Italia. 

Magnifiche Esposizioni, dunque, guidate da concetti al¬ 
tamente civili ed educativi: delle quali tic sono assoluta- 
mente nuove ed originali e tali che solo a Roma — per¬ 
chè è Roma — potevano essere pensate e compiute: la 
quarta, quella che è, nel suo concetto, tradizionale, è riu¬ 
scita ad essere una Mostra d’arte internazionale e in parte 
retrospettiva, quale non s’era vista mai in nessuna Capi¬ 
tale del mondo. 

* 

Con tutto ciò, dicono, il concorso del pubblico è scarso, 
e il bilancio dcll’Espo izionc è in condizioni disastrose. 

Del bilancio non sappiamo niente. Ma sappiamo che la 
Esposizione è un Ente morale, sottoposto dunque a tutte 
le minuziose tutele che la legge impone a questi Enti che 
hanno una personalità giuridica: pensiamo dunque che 
non dovrebb’essere proprio a Roma, e sotto gli occhi del 
Governo, che un Ente morale — a cui il Governo ha già 
dato e dovrà dare ancora molti milioni, potrebbe — in¬ 
disturbato — compiere del e cose irregolari, o, come si 
afferma, peggio che irregolari. Vorremmo anche aggiun¬ 
gere, con molta franchezza, che Presidente dell’Esposizione 

— c non presidente " travicello „ — c un uomo che ha 
molti milioni e fama indiscussa di amministrarli bene; e 
che ci pare assai difficile che egli si sia messo al rischio 

— certo per la prima volta in vita sua — di compro- 
inetta Zie qualcuno, per aver lasciato che qualche suo di¬ 
pendente amm nistrassc male — o peggio che male il da¬ 
naro pubblico. Crediamo cosi di aver detto, su questo 
ingrato argomento, poche ma sentite parole.... 

Del resto, francamente, sarebbe ora di finirla con que¬ 
ste accuse vaghe e indetermitate, con questo dire e non 
dire, con questo accennare a fatti gravi senza specificarne 
nessuno, e senza assumere quindi mai la responsabilità di 
ciò che si dice. Si parli chiaro una buona volta: l'Espo¬ 
sizione non è una impresa privata, e il pubblico ha il di¬ 
ritto di vedere e di sapere come sono andate le cose. 

Si abbia il coraggio di accennare a fatti concreti e spe¬ 
cifici : quando que-to si faccia seriamente, noi — cinquan¬ 
tenario o no — spenderemo tutte le nostre forze perchè 
si giunga alla luce piena e completa ; perchè noi crediamo 
che nessuna considerazione patriotiica sia tale da imporre 
che cattive azioni — se ce ne fossero — sieno compia¬ 
centemente coperte. E su questo ingrato argomento ci 
pare — per nostra parte — di aver parlato chiarissimo. 

11 pubblico. Ecco, guardate: se il pubblico non va al¬ 


l’Esposizione noi facciamo come il padre che rimprovera* 
il ragazzino perchè al pugno datogli dal compagno ha 
risposto con una pedata. E cioè, lo rimproveriamo, ma, 
in cuor nostro, quasi, gli diamo ragione. 

Gli diamo ragione perchè egli è “ il pubblico „ ; ossia una 
collettività la quale nè in tutto nè in gian parte non è c m- 
posta, nè può essere, di gente straordinai iamente amante 
delle cose belle, e che sappia c voglia, per questo suo svisce¬ 
rato amóre, andar incontro a troppi disagi c a troppe spese. 

Chi sa? Pare che il Comitato, e, forse più ancora di 
lui, il Municipio di Roma credano che i romani nel 1911 
abbiano per l’arte la passione che avevano gli ateniesi del 
secolo di Pericle; i quali, del resto, per vederci loro me¬ 
ravigliosi monumenti, non pagavano nessuna tassa d’in¬ 
gresso. Ora quei due Collegi che ho nominato più sopra 
dovevano ben sapere che il concorso del gran pubblico 
: d una Esposizione, specialmente di carattere non del tutto 
popolare, doveva essere invocato c richiesto soltanto a 
certe determinate condizioni ab antica honestn pelamus ! 

Invece il Comitato ha tatto un po’.... il Luigi di Ba¬ 
viera, il quale, purché le sue rappresentazioni wagneriane 
fossero impeccabili, non si curava d’altro, beato anzi se 
in teatro finiva per andarci lui solo; e il Municipio, nel 
quale son pure tanti valentuomini, a cominciare da Er¬ 
nesto Nathan, non ha compreso che la riuscita delle Espo¬ 
sizioni — e perciò delle feste del Cinquantenario — stava 
per metà nella loro bellezza e per metà in un grandissi¬ 
mo concorso di pubblico, romano, italiano e straniero. 

Ora un pubblico a cui si offra un’Esposizione non di 
cose " popolarmente interessanti e divertenti „ ma di cose 
nobili c belle, deve essere incoraggiato a frequentarla da 
tre elementi: dal mite prezzo d’ingresso, dalla facilità de¬ 
gli accessi, e dall’amenità e dalle comodità dei luoghi. A 
Roma, a farlo apposta, queste cose sono mancate tutte e 
tre — e, per fortuna, non irrimediabilmente. 

Ed ecco come. 

Si cominciò a fare un abbonamento di 5 o lire che nes¬ 
suno ha preso : e non si pensò che con l’abbonamento a 
x 5 o al masssmo a 20 1 re, una città di 600.000 abitanti 
avrebbe certo fruttato due cose ugualmente proficue: e 
cioè molte decine di migliaia di abbonati e quindi qual¬ 
che milione nella Cassa del Comitato: e qualche decina 
di migliaia di persone, presenti ogni giorno nei padiglioni 
c nei viali dell’Esposizione, a darvi quella vita che ora 
manca e che è il maggiore e piii efficace rid iamo per gli 
altri visitatori. Non si pensò che " l’Esposizione di Ro¬ 
ma „ è unica, se anche divisa per necessità di cose in 
quattro sedi; e eie perciò un unico biglietto — a una 
lira — doveva dar accesso a tutte quattro le mos re. Non 
si pensò cite un’Esposizione a Roma bisognava aprirla a 
ottobre e chiuderla a maggio e non viceversa: cosa cosi 
chiaia che mi pare inutile di dirne le ragioni. Non si 
pensò che in tut o il mondo, da che si fanno le esposi¬ 
zioni, queste non possono essere, per il grande pubblico, 
fine a sè stesse, ma devono essere completate e integrate 
con giardini e giardinetti ameni, pieni di sedili e di quiete 
ombre: con luoghi di ritrovo, con musiche, con caffè, con 
birrerie, con ristoranti, alcuni di lusso e altri popolaris¬ 
simi; in modo che il cittadino o il forestiere, dopo aver 
visto per un’ora le cose esposte, che — inevitabilmente — 
non sempre e non tutte lo interessano, abbia modo di 
passare gradevolmente un’intiera mattinata o un pome¬ 
riggio, giustificando cosi esuberantemente davanti alla sua 
coscienza di economo borghese, la spesa fatta. Valle Giulia 
e Piazza d’Armi sono invece quel che sarebbero due de¬ 
serti con del'e oasi, sia pur frequenti e meravigliose: il 
pubblico, che lo sa, per non affrontare il deserto, finisce 
a fare a meno anche delle oasi.... 

E i trams ? Non ne parliamo: sono una vergogna 
del Municipio di Roma. E pure, a risolvere quasi com¬ 
pletamente le difficoltà bastava aggiungere alle linee che 
ci sono — municipali e private — una linea, a frequen¬ 
tissimi viaggi, e s’intende con l’intera corsa a due soldi 
che partendo da Piazza del Popolo andasse per la via 
Flaminia, con una breve diramazione per Valle Giulia, a 
Piazza d’Armi; c percorrendo poi l’ampio e bellissimo 
Lungo Tevere arrivasse a Castel Sant’Angelo. Che nuova 
e pulsante vita non avrebbe recato alle tre grandi Espo¬ 
sizioni questo rapido mezzo di accesso e di colleganv nto ! 

È finita la requisitoria? forse non del tutto: ma ce n’è 
abbastanza. E 1 ’ ho fatta tanto e >enza cercar eufemismi 
in quanto i gravissimi difetti delle Esposizioni ai quali 
— specialmente se non in tutto — si deve il loro man¬ 
calo “ successo di pubblico „, possono essere per gran 
parte rimediati, e tanto presto che i rimedii potrebbero 
esser pronti per l’ottobre. Perchè, se abbiamo giudizio e 
buona volontà, tutto si può rimettere: la nostra “ vera „ 
stagione dell’Esposizione dev’essere e sarà dall’ottobre al 
uiaggio prossimo: otto mesi, nei quali mo'te piaghe, o 
quasi tutte, potranno essere sanate. Purché, s’intende, si 
provveda senza indugio agli accennati inconvenienti; c 
purché anche — diciamolo francamente — il sindaco Na¬ 
than c e parla troppo e se ivc troppo (perfino nella rela¬ 
zione del bilancio) si persuada che il sindaco di Roma non 
può e non deve, in questa sua qualità, dir tutto quello 
che potrebbe c vorrebbe dire il signor Ernesto Nathan, 
Gran Mae>tro o no della Massoneria italiana. 

(Dal Giornali: d'Italia.) 


il Diario delle Esposizioni e delle Feste. 

24 luglio. - /w una. Solenne arrivo al Ponte dell’ Esposi¬ 
zione dei motoscafi della crociera motonautica. 

a 5 „ — Arrivo al ponte dell’Esposizione del Sea-Bird 
di sir I hotnas Fleming Day partito il io giugno da 
Nova York. 

29 „ 7 ormo. Festoso arrivo della comitiva degli studenti 
tedeschi. 

1." agosto. — Inaugurata a Torino la Mostra della Persia. 
„ „ httnzc. Arrivata la comitiva degli studenti tedeschi. 


Stampato su carta delle CARTIERE BERNARDINO NODARI in Lupo di Vicenza. 













I 



TORINO. Il Palazzo del Brasile (acquarello di Carlo Foilini). 


K S P O S I Z I O N I I ) LC 1 
























LE ESPOSIZIONI DEL r 9 n 


320 


_ a uff a 7i o M E DIRO IVI A CAPITALE 

ROMA, LA CAPITALE D'ITALIA 

— di v. Bersezio, F. Bosio, Edmondo De Amicis 


Alle quattro parti in cui quest'opera era divisa: , 

ni ROMA MODERNA, di Vittorio Bersez.o 
iv ROMA LIBERA, di Edmondo De Amicis 


i. ROMA ANTICA, di Vittorio Bersezio 
il. ROMA PAPALE, di Ferdinando Bosio 

^l. ,i„ r x pii’nnera un «rande carattere di attualità 
si aggiungerà una quinta parte che dara all opera un gnu 

Arturo Calza 


ROMA MODERNISSIMA, 


di 


' * .... . .,• _ oli B(1ifici religiosi - Gli edifici privati - Le industrie e i commerci 

Che descriverà ^«^ad^e le piazzerò # . Mu8(ji _ Le novità deU’Archeolo g ia_ ———— 

Quest’opera esce a fascicoli di 24 pagine in-folio, riccamente illustrata: UNA LIRA il faSClCO 0 . 

È uscito il VENTICINQUESIMI O fas cicolo. __ 

--—-- , , , TD T\7ircc UDITORI MILANO, VIA PALERMO, 12 ’, E GALLERIA VITTORIO EMANUELE, 64-66-68. 

DIRIGERE COMMISSIONI E VAGLIA AI FRATELLI TREVES, EDITORI, MILANO, v r ’ ’ _— 

IVI E IVI O R. IE Rece ntissi ma pubblicazione 

della Baronessa OLIMPIA SAVIO 

pubblicate con note dall’Avv. Prof. 

= Raffaello RICCI 


è uscirò: 


Le FIABE della VIRTÙ 

di Alfredo PANZINI 


Lire 3, 50. 


I> e I ni elicsi 

LA LANTERNA D 
II 1859 . DaPlombières 
a Villafranca. L. 3,50 

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I DIOGENE . l. 3,50 

Piccole storie del 
mondo grande L. 1,— 

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dii Treves, editori, in Milano, Via Palermo, 12. 


1 

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edizione 



poema drammatico in 4 atti ili 

Sem Benelli. 

TRE LIRE. 


DELLO STESSO AUTORE : 

La maschera di Bruto. ó.° mi¬ 
gliaio.L. 3 — 

La Cena delle Beffe. 19.° mi¬ 
gliaio .3 — 

L’amore dei tre re. 12.° mi¬ 
gliaio .3 — 

Tignola. 3.° migliaio. . 3 — 


\aglia agli edit Treves, Milano. 


Nei Regno dei Cervino 


b 

Nuovi racconti e bozzetti, di 

Ed mondo De A micis 

Nel Regno del Cervino. - Ricordi di Na¬ 
tale. - La tuia officina. - L’ultimo amico. 
-Nel giardino della follia. - L a posta d’un 
poeta. - Un’illusione. - Musica mendi¬ 
cante. - li segreto di Gigina. - 1 vicini 
d’albergo. - La “ prima elementare alla 
doccia „. - 11 sogno di Rio Janeiro. - La 
guerra. - 11 saluto. 


Due volumi in-i6: 

Lire 7,50 


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ROMANZI 
i AVVENTURE 

ver la tiOVeiltll 

riccamente illustrati da 

G* cTAmato 

e con coperta a colori 


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L'amante ignoto, 


poema tragico 


in tre atti, di Amalia GUGLIELMINETT1. L. 4 

ln-16, in carta a mano, con coperta a colori di Eduardo Rubino. 


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ai Luigi MOTTA 

L’Occidente (l'Oro, av- 
venture fra i Pelli-Rosse 
del Canadà .l.5 

il Dominatore della Ma¬ 
lesia . L.5 

Edizione economica . L. 3 

L’Onda turbinosa, l .4 

Edizione economica . L. 2 
In preparazione : 

Il tunnel sottomarino, 
Principessa delle rose. 

di Emilio SALGARI 

(a L. 3 ciascuno). 

La Scimitarra di Budda. 
I pescatori di balene. 
Naufraghi dei Poplador. 
La città dell’oro. 


Angelo Mosso 


Escursioni 

nel Mediterraneo 
e gli Scavi di Creta 

Nuova Edizione del 1910, con l’aggiunta di 
tre capitoli, di numerose incisioni, e di due 
tavole a colori. Un volume in-8, di 368 pa¬ 
gine in carta di lusso, con 176 incisioni 
intercalate nel testo, due tavole in nero 
e due tavole colorate fuori testo. L. 12 — 


Vaglia agli edit. Treves, Milano. 


Le origini della civil¬ 
tà mediterranea 

SAGGI e RICERCHE. Un volume in-8, con 
187 incisioni intercalate nel testo e una 
tavola a co’ori fuori testo. ... L. 12 — 

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Il Cestello piccoli ‘ai A* S* Novaro, 

Edizione di gran lusso, con 96 illustrazioni in nero e a 
colori di Domenico I turarti. — Un volume tn-S, in 
carta di lusso legato in tela .Dieci Lire. 

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FEDERICO DE ROBERTO 


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La M essa di Nozze 


- ROMANZO 

Un volume in-16, di 334 pagine. 


Lire 3,50. 


L'Albero della Scienza 


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Un volume formato bijou in carta di lusso. 


TRE LIRE. 


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